Le cause di incompatibilità a presidio dell’imparzialità del giudice amministrativo (nota a Cons. St., sez. V, 6 aprile 2021, n. 2759)
di Vinicio Brigante
Sommario: 1. La vicenda processuale. Rapporti di parentela, persistenza e decadenza dei profili di incompatibilità. - 2. Il Consiglio di Stato 2759/2021. A presidio dell’imparzialità della giustizia amministrativa. - 3. L’immutabile attualità dei profili di incompatibilità. Brevi note conclusive su obblighi motivazionali (ingiustificatamente) differenziati.
1. La vicenda processuale. Rapporti di parentela, persistenza e decadenza delle cause di incompatibilità
La sentenza in commento si pone quale occasione di riflessione sul regime delle cause di incompatibilità poste a presidio dell’imparzialità[i] del giudice amministrativo[ii], tema che non smarrisce ma accresce il suo fascino con l’evolversi del sistema di giustizia amministrativa[iii].
La compiuta strutturazione del processo amministrativo operata dal codice del processo amministrativo e l’attenuazione della distinzione tra giurisdizione ordinaria e amministrativa rafforzano l’esigenza di assicurare il rispetto del principio del giusto processo[iv] e sottolineano, come strutturale e coerente corollario, la necessità di garantire e preservare il ‘giudice giusto’.
Nel caso del giudice amministrativo, il profilo si rivela particolarmente problematico se solo si considera che è comune l’osservazione per cui l’indipedenza della giurisdizione intesa in termini di principio fondante, di cui all’art. 104 Cost., deve essere graduata, poiché il modello elaborato dalla Costituente prevede un’indipendenza ‘forte’ per la magistratura ordinaria, e una ‘sufficiente’ per le altre magistrature[v] (amplius, v. infra par. § 3).
Preliminarmente, si rende necessaria la ricostruzione storico-processuale della vicenda, al fine di poter apprezzare le specifiche caratteristiche del caso e, in che modo e con che intensità le stesse incidano sulla fondatezza dell’emergere di cause di incompatibilità del giudice amministrativo.
La vicenda dedotta in giudizio ha ad oggetto un profilo di incompatibilità legato alla sussistenza della relazione familiare di un magistrato - nelle more della sua partecipazione, come istante, a diversi interpelli, tra cui quello a presidente di un ufficio giudiziario mono sezionale - con la figlia, avvocato nello stesso foro in cui è sito l’ufficio giudiziario, titolare di diverse cause pendenti dinanzi all’unica sezione del T.A.R. per la quale è presentata la domanda.
Il magistrato in questione ha partecipato agli interpelli per il conferimento degli incarichi di presidente del T.A.R. Marche, ufficio mono sezionale - circostanza che ha un suo autonomo rilievo operativo rispetto ai profili di incompatibilità, come intuibile - e di presidente della Terza sezione del T.A.R. Lazio, esprimendo preferenza per la prima soluzione di interpello.
La competente Commissione consiliare, dopo aver respinto la proposta del relatore di accertare la causa di incompatibilità[vi], connessa alla circostanza che la figlia dell’appellante svolgesse la professione di avvocato nel foro di pertinenza del T.A.R. Marche - con nove liti pendenti dinanzi allo stesso plesso giurisdizionale - ha proposto in ogni caso al Plenum la nomina, che lo stesso Plenum, tuttavia, respingeva.
In primo grado, si deduceva l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per travisamento dei fatti e vizio della motivazione, poiché, in precedenza, rispetto ad altre vicende, il C.G.P.A. aveva escluso la persistenza dell’incompatibilità, allorquando emergesse in maniera chiara l’impegno a rimuovere la causa di incompatibilità, quindi, nel caso di specie, in presenza dell’impegno della figlia ad astenersi da ogni attività dinanzi al T.A.R. Marche- impegno che era stato formalizzato e reso conoscibile dalla stessa figlia - si sarebbe dovuti giungere alla medesima soluzione. Come si vedrà, la peculiarità ambientale della vicenda non consentiva di percorrere tale strada interpretativa.
Il T.A.R. ha accolto il ricorso, con relativo annullamento, per difetto di motivazione e di istruttoria, del decreto di nomina. Per il giudice di prime cure, il C.G.P.A. ha esaminato il profilo di incompatibilità ambientale, ma con evidenti lacune istruttorie; nello specifico, ha omesso di considerare l’impegno della figlia del ricorrente a non esercitare, in alcuna forma, attività legale o di consulenza, rispetto a liti pendenti dinanzi all’ufficio giudiziario di interesse per la vicenda, ossia il T.A.R. Marche.
Per il giudice di prime cure, il C.G.P.A., a fronte di un impegno di astensione come quello palesato, avrebbe dovuto ritenere rimossa la causa di incompatibilità, fermo restando che qualora lo stesso C.G.P.A. ravvisi la reviviscenza dello stato di incompatibilità, è tenuto ad accertarlo con adeguata istruttoria e a legittimarne la relativa persistenza con specifica motivazione.
Si deve osservare che l’incompatibilità di sede per i rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione legale rinviene il proprio fondamento, in termini di razionalità della previsione, nel carattere di indipendenza[vii] della giurisdizione, che non tollera neppure ‘apparenze di condizionamenti’, poiché si pone quale presidio di carattere preventivo, diretto a preservare il profilo dell’imparzialità in tutti i suoi aspetti, anche solo potenziali.
Inoltre, la circolare adottata dal C.G.P.A. il 12 ottobre 2006 sul tema si propone di operare un bilanciamento tra interessi confliggenti, con una graduazione che si basa su diversi parametri e fattori, tra cui la dimensione dell’ufficio e del foro locale, la funzione esercitata dal magistrato e il settore d’esercizio dell’avvocato; per il T.A.R. emerge il regime di incompatibilità più severo e serrato proprio per i dirigenti degli uffici giudiziari - posizione per la quale è presentato interpello - ma, per mitigare ciò, si impone la necessità di adeguare e graduare tale regime alle dinamiche proprie e peculiari della giurisdizione amministrativa, specie per ciò che riguarda gli uffici mono sezionali.
Il giudice di prime cure ha pertanto escluso che il regime giuridico così delineato si presenti in termini assolutamente ostativi rispetto al conferimento dell’incarico direttivo, poiché si rende necessario indagare concretamente lo stato concreto delle dinamiche relazionali e proprio il C.G.P.A. è obbligato a esprimere, dopo adeguata e motivata istruttoria, la sussistenza nel tempo delle cause di incompatibilità.
Per tale ragione, il T.A.R. ha ritenuto che il C.G.P.A. abbia esaminato il profilo dell’incompatibilità ambientale rispetto alla procedura generata dall’istanza per l’interpello, senza istruire adeguatamente la vicenda e, nello specifico, senza considerare adeguatamente l’impegno del familiare che esercita la professione forense di non esercitare attività di consulenza legale, anche stragiudiziale, così da rifuggire anche dalle apparenze di condizionamenti cui si è fatto cenno.
Rispetto a tale impegno, radicale poiché comprende anche la rinuncia alle cause pendenti, l’incompatibilità non può essere rilevata, se non in casi specifici e eccezionali e, in ogni caso, dopo adeguata istruttoria e motivazione.
Tale dichiarazione di volontà e di intenti da parte del parente del magistrato, anche qualora si tratti di uffici mono sezionali, impone che il C.G.P.A. lo consideri alla stregua della rimozione dello stato di incompatibilità ambientale. La persistenza di un pericolo per l’imparzialità dell’ufficio giudiziario deve essere - a giudizio del T.A.R. - in ogni caso, adeguatamente oggetto di istruttoria e deve essere specificatamente e dettagliatamente motivato, al fine di palesare l’iter logico motivazionale del bilanciamento in concreto operato[viii].
2. Il Consiglio di Stato 2759/2021. A presidio dell’imparzialità della giustizia amministrativa
L’appello presentato avverso la sentenza di primo grado, oltre a porre una interessante questione circa i c.d. effetti demolitori ‘domino’ con conseguente e necessaria distinzione tra conseguenzialità organizzativa e diacronica, si basa sull’asserita erronea e falsa applicazione, da parte del giudice di prime cure, dell’art. 18, 3° e 4° comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, che avrebbe portato ad attribuire un’impropria efficacia ‘scriminante generalizzata’ rispetto al tema dell’incompatibilità parentale, basandosi sulla semplice dichiarazione di astensione rilasciata dal familiare che svolge la professione forense, inoltre in forma individuale.
Proprio questa dichiarazione di impegno comporta l’emergere di una presunzione di compatibilità, che onera, in ogni caso, il C.G.P.A. ad operare un supplemento istruttorio, volto a escludere la persistenza di cause contrarie; si tratta, a ben vedere, di una presunzione che richiede un’istruttoria, non solo supplementare, ma autonoma, che, come tale, non solleva il C.G.P.A. dall’accertamento concreto della vicenda.
La sentenza di primo grado avrebbe, in altri termini, svalutato la portata incondizionata dell’art. 18 citato, rispetto alle ipotesi di applicazione della norma agli uffici mono sezionali e ai ruoli direttivi.
Per il Consiglio di Stato, l’appello è fondato, poiché la dichiarazione di impegno del familiare atipica ed espressa in forma privata, a rinunciare formalmente al mandato in tutti i giudizi pendenti e a non assumere futuri incarichi, anche stragiudiziali, per tutto il lasso di tempo in cui il genitore rimanga in carica nel ruolo di presidente dell’ufficio giudiziario comporta una semplice presunzione di superamento dell’incompatibilità, ma non il superamento in sé, subordinato ad adeguata istruttoria che deve essere condotto dal C.G.P.A., al fine di dimostrare concretamente la sussistenza di profili di incompatibilità ambientale.
La disposizione in tema di incompatibilità di sede, quindi di carattere territoriale, rispetto ai rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense, ha carattere generale e provvede ad indicare i criteri di verifica della ricorrenza delle cause, che tengono in considerazione, tra gli altri, la dimensione dell’ufficio giudiziario - con riguardo ai profili di organizzazione tabellare - la materia trattata dal magistrato e dall’avvocato con cui sussiste il rapporto di parentela e la funzione specialistica dell’ufficio giudiziario.
A corredo di tali criteri, il C.G.P.A, come osservato, rimette la scelta discrezionale all’organo di autogoverno[ix], rispetto a dimensioni di ufficio e foro locale, alle funzioni direttive del magistrato e altri fattori utili alla valutazione.
Le regole più rigorose in tema di incompatibilità, tuttavia, fissate dalla norma - art. 18 cit., 3° comma - ricorrono rispetto agli uffici giudiziari mono sezionali - la cui ratio è evidente, poiché non vi sarebbero opportunità di sostituzione a seguito di astensione[x] - che comporta una riduzione del margine di valutazione discrezionale in capo all’organo di autogoverno, poiché si palesa la presunzione iuris et de jure dell’incompatibilità in tali uffici giudiziari.
Inoltre, il 4° comma dello stesso art. 18 citato comporta la presunzione della sussistenza della situazione di incompatibilità per i magistrati preposti a incarichi direttivi dell’ufficio giudiziario.
Entrambe le situazioni ricorrono nella ipotesi in esame.
Il combinato disposto delle due disposizioni nega, a priori, il carattere di idoneità della soluzione prospettata dal T.A.R., ossia valorizzare l’impegno personale del parente che svolge la professione forense a rinunciare ai carichi pendenti e futuri, anche relativi all’attività stragiudiziale. Tale impegno non è adeguato a rimuovere lo stato di incompatibilità previsto dalle disposizioni, non solo a tutela imparzialità in quanto tale, ma anche rispetto alla ‘semplice apparenza dell’imparzialità e della terzietà del magistrato’.
Emerge un’anticipazione della soglia della tutela, diretta non solo a rimuovere strutturalmente la causa di incompatibilità, ma anche a evitare che permangano dubbi, anche solo apparenti o percepiti, sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario. È valorizzato e perseguito il più persistente grado di fiducia che deve intercorrere tra cittadini e potere giudiziario, peraltro rispetto a ipotesi nelle quali i profili che minano l’imparzialità sono percepiti come insuperabili.
Si tratta, in altri termini, di garantire e preservare il necessario rapporto di affidamento che sussiste tra cittadini e plesso giurisdizionale, esigenza che emerge anche dall’analisi di disposizioni sovranazionali, rispetto all’elemento distintivo del c.d. diritto al giudice (art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 6 CEDU)[xi].
Si osserva l’esistenza di un regime di incompatibilità assoluto, legato alle circostanze menzionate dai commi 3° e 4° dell’art. 18, e, come tale, si palesa una preclusione rispetto a eventuali prove contrarie, poiché è un regime che opera per categorie e non sulla base dell’istruttoria, che non può sovvertire tale assetto.
Tale circostanza è assorbente ai fini del decidere, ma appare opportuno svolgere qualche breve riflessione rispetto agli altri motivi di appello, diretti a contestare la configurabilità dei difetti di motivazione e istruttoria della delibera del C.G.P.A.
Il diniego di proposta di nomina è motivato, pur nella forma sintetica che caratterizza strutturalmente le delibere collegiali, poiché sia l’ufficio mono sezionale del T.A.R. Marche, sia il relativo foro, sono di contenute dimensioni e, pertanto, l’incompatibilità è, come notato, anche rispetto all’affidamento ingenerato nei cittadini, tendenzialmente insuperabile.
Un ufficio così piccolo - e un corrispondente foro analogamente piccolo nelle dimensioni - palesa una situazione nella quale la decisione del Plenum non richiede l’assolvimento di un onere motivazionale specifico e dettagliato, poiché non vi è un margine di scelta, di esercizio di ponderazione, da richiedere tale sforzo motivazionale.
Per tali ragioni, il Consiglio di Stato accoglie l’appello delle amministrazioni e riforma la sentenza di primo grado, affermando, in concreto, la sussistenza e la non superabilità delle cause di incompatibilità.
3. L’immutabile attualità dei profili di incompatibilità. Brevi note conclusive su obblighi motivazionali (ingiustificatamente) differenziati
La decisione in commento si lascia apprezzare per diversi aspetti, specie rispetto alla vicenda concretamente dedotta in giudizio, ma si rendono necessarie sintetiche notazioni su alcuni profili critici emersi e, di fatto, irrisolti nella loro complessiva portata problematica.
Le disposizioni a presidio dell’imparzialità della giurisdizione nel suo complesso sono deputate a una funzione ineludibile, ossia salvaguardare il grado di fiducia che intercorre tra cittadini e uno dei tre poteri dello Stato moderno. Si tratta di disposizioni, che hanno ovviamente mutato veste, adattandosi ai tempi, ma che mirano in ogni caso a preservare il tratto che connota la legittimazione del giudice rispetto alle parti in causa, l’equidistanza dagli interessi dedotti in giudizio.
Il tema deve essere calato nel contesto della giustizia amministrativa, in base al relativo, ma sempre discusso[xii], carattere di specialità, come noto, non ritenuto unanimemente necessario e vantaggioso[xiii].
L’elemento maggiormente critico, meritevole pertanto di apposita analisi, riguarda il tema della motivazione e le difformità degli obblighi relativi che incombono, con diverso grado precettivo, su giurisdizione ordinaria[xiv] e amministrativa, rispetto alle cause di incompatibilità, poiché emerge un evidente divario che persiste tra concezioni garantiste e riduzioniste della motivazione[xv].
Rispetto alla vicenda in commento, si osserva una ipotesi di declino di decisione motivata[xvi], poiché le disposizioni concernenti i profili di incompatibilità assorbirebbero in sé la scelta amministrativa e renderebbero superflua una motivazione dettagliata. Su tale profilo occorre svolgere almeno una breve considerazione.
La motivazione, come noto, rappresenta elemento posto a presidio della legittimazione del potere, ma pare che, rispetto a ragioni pratiche di un peculiare modo di interpretare il buon andamento e il principio di efficienza - per quanto di interesse, rispetto alle vicende processuali - anche degli organi di autogoverno della giustizia, la stessa debba avere carattere regressivo.
Corredare con apposita e adeguata motivazione il provvedimento con il quale si attesta l’esistenza o meno delle cause di incompatibilità poste a presidio della legittimazione del potere giudiziario sarebbe auspicabile, in primo luogo, per garantire la certezza nel tempo del provvedimento, e per consentire di valutare, in un secondo momento, la attualità o la necessità di sottoporlo a riesame. Solo un’adeguata motivazione può palesare i singoli elementi di fatto della circostanza concreta, a tutela non solo del destinatario, ma del valore che il provvedimento intende perseguire, l’imparzialità degli uffici giudiziari per quanto di interesse.
In secondo luogo, intuitivamente, la motivazione veicola l’attività amministrativa e consente di attivare un sindacato reale sull’attività svolta[xvii].
Da questo punto di vista non si apprezzano ragioni sufficienti a giustificare tale scollamento tra la motivazione dell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa e quello preposto al medesimo ruolo per la giustizia ordinaria, posto che il valore presidiato dal provvedimento è il medesimo[xviii]. Ci si deve, pertanto e in termini preliminari, chiarire rispetto al connotato stesso di specialità del diritto amministrativo e della giurisdizione a presidio della relativa azione; se tale carattere viene meno, devono scongiurarsi deroghe e regimi giuridici differenziati.
Si deve garantire che “la giurisdizione si esplichi con serenità e senza condizionamenti da invincibili pregiudizi[xix]”, ma si deve assicurare, analogamente, che tale obiettivo sia oggetto di adeguata motivazione, per evitare di incorrere in disposizioni che si tramutino in insuperabili petizioni di principio.
L’amministrazione e la giustizia amministrativa moderna dovrebbero tollerare di mal grado tutte le ipotesi di svilimento della motivazione, poiché allo stesso potrebbe associarsi un pericolo che andrebbe in ogni caso a detrimento dell’amministrato[xx].
Il tema è troppo ampio e articolato e richiede analisi accurate che si premurino di analizzare il tema in un contesto di contemporaneità e di consapevole complessità.
La motivazione diretta a palesare la persistenza o il venir meno delle cause di incompatibilità concorre a legittimare la decisione degli organi di autogoverno delle diverse giurisdizioni e si pone, in via mediata, a presidio dello stesso canone di imparzialità, stretto, a sua volta, tra esigenze di legalità e di giustizia sostanziale[xxi].
L’imparzialità non dovrebbe ammettere graduazioni, poiché si pone a presidio dell’ultimo baluardo di tutela avverso il potere pubblico; l’attività giurisdizionale, solo qualora sia scevra da qualsiasi tipo di condizionamento, anche solo apparente e potenziale, può garantire un sindacato deputato alla tutela dell’obiettività dell’attività amministrativa e, di conseguenza, come effetto indiretto, alla difesa degli amministrati.
[i] Sul tema, insuperata è l’analisi di A. Orsi Battaglini, Alla ricerca dello Stato di diritto. Per una giustizia non amministrativa (Sonntagsgedanken), Milano, 2005, 73 ss.; M. Mazzamuto, Per una doverosità costituzionale del diritto amministrativo e del suo giudice naturale, in Dir. proc. amm., 2010, 143 ss.
[ii] Si v. M. Protto, Le garanzie di indipendenza ed imparzialità del giudice nel processo amministrativo, in G. Piperata, A, Sandulli (a cura di), Le garanzie delle giurisdizioni: indipendenza e imparzialità dei giudici, Napoli, 2012, 95 ss., 98.
[iii] In chiave diacronica su tale evoluzione, cfr. F. Francario, Riflessioni a margine del sistema di giustizia amministrativa di Umberto Borsi, in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, IV, Padova, 2007, 167 ss., 170.
[iv] M. Chiaviario, Giusto processo ad vocem, in Enc. giur., XVII, Roma, 2001, 3 ss.
[v] G. Verde, L’unità della giurisdizione e la diversa scelta del Costituente, in Dir. proc. amm., 2003, 343, 346; di recente, A. Police, Lezioni sul processo amministrativo, Napoli, 2021, 7 ss.
[vi] Le cause di incompatibilità di cui all’art. 18, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, ‘Ordinamento giudiziario’, sono applicabili, in via estensiva, anche ai magistrati amministrativi, in virtù dell’art. 28, l. 27 aprile 1982, n. 186, ‘Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali’, rubricato ‘Incompatibilità di funzioni’, che stabilisce che “Ai magistrati amministrativi si applicano, anche per quanto riguarda l’esercizio di compiti diversi da quelli istituzionali e l'accettazione di incarichi di qualsiasi specie, le cause di incompatibilità e di ineleggibilità previste per i magistrati”; sul tema, di recente, in termini generali, P. Tanda, Profili istituzionali, processuali e comparatistici dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice amministrativo, in Giur. it., 2020, 697 ss.
[vii] Sul profilo della razionalità del requisito in esame nell’ambito delle disposizioni costituzionali, cfr. A. Travi, Rileggendo Orsi Battaglini. Alla ricerca dello Stato di diritto. Per una giustizia ‘non amministrativa’, in Dir. pubbl., 2006, 91 ss., 93., l’A., rispetto alla nota opera di Orsi Battaglini, conferma la necessità di perseguire la tesi, invero radicale ma condivisibile, per la quale la specialità del giudice amministrativo non sia foriera di deroghe di nessun genere che possano minare i principi generali posti a presidio del potere giurisdizionale.
[viii] La soluzione sarebbe coerente con il tema della distribuzione ‘a sorte’ dei fascicoli, come osservato da B. Tonoletti, Il giudice naturale e l’organizzazione della giustizia amministrativa, in Giorn. dir. amm., 2013, 375 ss., mentre, come nel caso di specie, perde efficacia rispetto agli uffici mono sezionali.
[ix] Cfr., sul punto, F. Francario, Autogoverno della magistratura e tutela giurisdizionale. Brevi cenni sui profili problematici della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi dei magistrati, in questa Rivista, 2018, il quale osserva una disarmonia tra giustizia amministrativa e ordinaria che incide sui principi informatori del sistema complessivamente considerato.
[x] Si v. N. Pignatelli, Profili costituzionali dell’astensione e della ricusazione del giudice amministrativo, in Quad. cost., 2013, 635.
[xi] Diffusamente, B. Randazzo, Giudici comuni e Corte europea dei diritti, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2002, 1303 ss., 1310 (spec. par. § 1.4).
[xii] Ex multis, G. Berti, La giustizia nell’amministrazione pubblica, in Studi economico-giuridici (Vol. LIX), In memoria di Franco Ledda, I, Torino, 2004, 119, “l’amministrazione non è un ordinamento speciale, secondo le antiche ed ora ripudiate visioni della dottrina, ma l’altra faccia dell’ordinamento generale fondato sui diritti. La giustizia amministrativa si ripresenta dunque come struttura giustiziale appropriata al versante giuridico della responsabilità nell’ambito del generale ordinamento costituzionale”.
[xiii] Emblematicamente, S. Satta, Giurisdizione. Nozioni generali ad vocem, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 226, la giustizia amministrativa svela il suo carattere di specialità - e le relative deviazioni rispetto al modello del processo civile - solo per la presenza della pubblica amministrazione; M. Ramajoli, Giusto processo e giudizio amministrativo, in Dir. proc. amm., 2013, 102.
[xiv] Si v. la Circolare del CSM, n. P-12940, 25 maggio 2007, modificata con delibere del 1° aprile 2009 e 9 aprile 2014; si v., con riferimento al tema dell’autovincolo, M.R. Spasiano, Nomina dei componenti togati del Comitato Direttivo della Scuola superiore della magistratura: è l’auto-vincolo a imporre il procedimento selettivo a carattere comparativo, in questa Rivista, 2021, il quale analizza anche il tema del sindacato del g.a. sugli atti del CSM; si v., rispetto al controverso tema della individuazione della apposita giurisdizione, E. Zampetti, Postilla a Il controverso requisito della permanenza in servizio del consigliere C.S.M. la decisione spetta al giudice ordinario, in questa Rivista, 2021, il quale analizza la portata discrezionale delle delibere del CSM. In tema v. anche Il Consiglio di Stato (e la) nomina (del) Presidente e (del) Presidente aggiunto della Corte di Cassazione (Consiglio di Stato, Sez. V, 14 01 2022 nn. 267 e 268), in questa Rivista, 15 gennaio 2022.
[xv] Si v. G. Tropea, Conferimento di incarichi del CSM e giudice amministrativo: il lungo addio all’ineffettività della tutela (Nota a Cons. St., sez. V, 15 luglio 2020, n. 4584), in questa Rivista, 2020, sul tema, controverso, del conferimento degli incarichi direttivi o semidirettivi; rispetto a una delle conseguenze plausibili in tema di incompatibilità, ossia il trasferimento, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 5 agosto 2021, n. 9277, l’amministrazione gode di un’ampia discrezionalità in ordine alla valutazione delle ragioni di opportunità che giustificano i trasferimenti per incompatibilità ambientale, i quali, proprio per questa ragione, non necessitano nemmeno di una particolare motivazione; ne consegue che il giudice chiamato a valutare la legittimità dei provvedimenti che dispongono questa misura deve limitarsi al riscontro dell'effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità venutasi a creare ad avviso dell'amministrazione (e costituente presupposto del provvedimento) nonché della proporzionalità del rimedio adottato per rimuoverla. Infatti, in tali tipi di controversie il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi ad una valutazione di legittimità ab extrinseco, non essendo ammissibile una valutazione sull'opportunità delle scelte dell'amministrazione.
[xvi] Si riprende il titolo dell’analisi svolta da M. Ramajoli, Il declino della decisione motivata, in Dir. proc. amm., 2017, 896, che osserva che si tratta di “un processo generale, in quanto riguarda sia gli atti amministrativi vincolati, sia gli atti amministrativi discrezionali (e in quest’ultimo caso risulta maggiormente criticabile); un processo complesso, in quanto investe la mai risolta dialettica tra legislazione, amministrazione pubblica e giurisprudenza; un processo articolato, in quanto assume manifestazioni concrete diverse, che spaziano da un particolare modo d’intendere la motivazione per relationem al reputato grado di sufficienza della stessa, dall’inquadramento del difetto di motivazione tra i vizi formali all’ammissibilità dell’integrazione della motivazione nel corso del processo; un processo inedito, in quanto va tenuto distinto dalla c.d. dequotazione della motivazione del provvedimento”.
[xvii] R. Villata, M. Ramajoli, Il provvedimento amministrativoIIed, Torino, 2017, 269 ss.
[xviii] Sul tema, per apprezzare le ragioni di fondo, si condivide l’analisi di L. Ferrara, Attualità del giudice amministrativo e unificazione delle giurisdizioni. Annotazioni brevi, in Dir. pubbl., 2014, 561 ss.
[xix] M. Chiaviario, Giusto processo, cit., 8.
[xx] Particolarmente puntuali, come sempre, sono le parole di G. Berti, Le trasformazioni della giustizia amministrativa, ora anche in Scritti scelti, Napoli, 2018, 577 ss., 583, la giustizia amministrativa è una faccia necessaria dell’esserci e dell’agire secondo una visione altamente sociale dell’uomo e della collettività.
[xxi] Cfr. F. Pinto, Il giudice amministrativo di fronte ai diritti fondamentali tra legalità e giustizia, in Amministrativamente, 2019, “nel chiuso della camera di consiglio, sollecitato da istanze che, sempre più, cercano di trascinare nelle aule giudiziarie conflitti, che forse andrebbero risolti altrove, il giudice appare oggi sempre più tentato dall’assumere il ruolo di chi fa giustizia, di chi risponde, cioè, a bisogni sostanziali, sentendo di incarnare - e forse è - l’espressione di un potere legittimato direttamente dalla legge”; G. De Giorgi Cezzi, Interessi sostanziali, parti e giudice amministrativo, in Dir. amm., 2013, 401 ss., 422, “ruolo attivo del giudice e centralità del contraddittorio vanno dunque nella stessa direzione e rispondono a un’esigenza logico-pratica del processo che utilizza la dialettica processuale come metodologia della rilevanza e teoria della confutazione secondo il punto di vista di un giudice imparziale”.