Recensione a Gianfranco Viesti, Riuscirà il PNRR a rilanciare l’Italia?, Donzelli Editore, 2023, pag. 131 [1].
Sommario: 1. Il volume di Gianfranco Viesti: Riuscirà il PNRR a rilanciare l'Italia? - 2. Parte prima, i dati: il Regolamento UE del 12 febbraio 2021 n.241 - 3. La formazione del PNRR in Italia - 4. Il contenuto del PNRR italiano - 5. La disciplina di attuazione del PNRR italiano, ovvero il d.l. 31 maggio 2021 n.77 - 6. Parte seconda, le mie osservazioni personali - 7. Segue: e l'invito allo studio degli aspetti giuridici del PNRR.
1. Il volume di Gianfranco Viesti: Riuscirà il PNRR a rilanciare l'Italia?
Noto, e non credo di essere l’unico, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza è tanto importante quanto poco studiato, soprattutto tra i giuristi.
Se si fanno eccezioni per alcuni contributi [2], direi che pochi studi ad oggi si sono dedicati a questa grande novità.
Tra questi, mi fa piacere segnalare la monografia di Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari, uscita per i tipi di Donzelli Editore.
Il libro è diviso in 14 piccoli capitoli, ognuno dedicato ad un aspetto del PNRR, oltre una premessa e una bibliografia finale.
Con la premessa Gianfranco Viesti asserisce che: “Questo libro prova a fornire una lettura e una valutazione d’insieme del Piano nazionale di ripresa e resilienza a distanza di due anni dalla sua formulazione”; la bibliografia che si trova in calce al libro, se si vuole, conferma poi che l’argomento, almeno al momento, non è di interesse per i giuristi, poiché tra i testi indicati non ve ne è uno che provenga da tale ambito scientifico.
Il libro ha il pregio, a mio parere, di essere completo nell’esposizione, e al tempo stesso semplice e breve, e quindi alla portata di tutti coloro che siano interessati all’argomento, a prescindere dalla loro formazione.
E poiché il PNRR costituisce: “una novità di grande importanza per l’Italia, perché si tratta di un investimento di dimensione molto ampia che influenza tutte le politiche pubbliche del nostro paese” (così la premessa, pag. VII), l’idea di un volume semplice, in grado di illustrare le varie problematiche anche a chi sia meno attrezzato, credo sia apprezzabile.
“Il libro”, infatti, si legge nella seconda di copertina: “può aiutare tutti i cittadini a capire meglio quel che è successo e può accadere”.
Gianfranco Viesti apre il volume con un capitolo sull’Europa, visto che tutto prende le mosse dal Regolamento dell’Unione del 12 febbraio 2021 n. 241; successivamente dedica un capitolo all’Italia e al Next Generation, per poi, nei capitoli ancora successivi, passare alla descrizione del Piano, ai rapporti tra territori e Regioni, ai principi attuativi, e al ruolo del sindaci e dei comuni.
Dal capitolo settimo, ogni capitolo è dedicato ad un aspetto settoriale del PNRR: le infrastrutture (cap. 7), le città (cap. 8), la scuola (cap. 9), le università (cap. 10), le imprese (cap. 11); e poi infine gli ultimi tre capitoli sono dedicati alle riflessioni di sintesi sull’avvio del Piano per il miglioramento delle condizioni dei cittadini: “L’Italia non si rilancerà se non attraverso un confronto politico aperto sulle strade; da un confronto democratico informato e partecipato. Potrà rilanciarsi grazie alle scelte che ne potranno derivare sul suo modello di sviluppo, sulle modalità di intervento pubblico, sulle politiche per ridurre le grandissime diseguaglianze generazionali, di genere e territoriali che rischiano di persistere indefinitamente. Un Piano senza queste scelte può rappresentare una tappa utile, ma non un cambiamento decisivo” (pag. 121).
Il volume, direi, si caratterizza così per una posizione equilibrata: non nega i vantaggi e i lati positivi del PNRR, ma al tempo stesso non ne lesina le critiche quando queste devono essere sollevate.
E il pensiero di Gianfranco Viesti può riassumersi con la seconda di copertina, ove si legge che: “Nel libro emergono le potenzialità e i limiti del PNRR, il suo assetto fortemente accentrato e i suoi meccanismi attuativi, con l’enorme potere che essi hanno concentrato nelle mani dei ministri del governo Draghi”.
Orbene, ciò premesso, dividerei questo mio scritto in due parti: una prima, più ampia, e con l’ausilio di Gianfranco Viesti, dedicata alla ricostruzione dei fatti; una seconda, più breve, avente ad oggetto le sole mie personali osservazioni.
E poiché ritengo sia necessario che i giuristi prestino ogni più ampia attenzione al PNRR, mi sia consentito riportate, sempre a titolo di introduzione, le parole di una costituzionalista quale Elisabetta Catelani, che così circoscrive il PNRR (pag. 210): “Interventi finanziari decisi a livello di UE e finanziati da risorse esterne, ma che hanno imposto, e impongono in maniera pressante, l’adozione di una serie di provvedimenti normativi regolatori e atti amministrativi esecutori che non sempre rispondono ai principi generali del nostro ordinamento costituzionale. A ciò si deve aggiungere, infine, che l’uso di questi fondi di finanziamento graveranno, se non ben impiegati e non adeguatamente capaci di produrre incrementi del PIL significativi, sui debiti che le generazioni future saranno obbligati a restituire all’Europa e ai mercati”.
A queste tematiche, dunque, le pagine che seguono.
2. Parte prima, i dati: il Regolamento UE del 12 febbraio 2021 n.241
A seguito della crisi economica dovuta al Covid 19, il Parlamento e la Commissione europea decidono di intervenire a sostegno degli Stati membri.
La reazione dell’Unione europea è rapidissima, potremmo dire immediata, se si considera che il dibattito per i sostegni economici agli Stati membri già si sviluppa a Bruxelles nell’estate del 2020, ovvero in piena pandemia, e nell’inverno del 2021, in contestualità con l’arrivo dei vaccini, si giunge all’approvazione del Regolamento del 12 febbraio 2021 n. 241, che al punto 6 del preambolo precisa infatti che: “L’insorgere della pandemia di Covid 19 all’inizio del 2020 ha cambiato le prospettive economiche, sociali e di bilancio nell’Unione e nel mondo, richiedendo una reazione urgente e coordinata sia a livello di Unione che a livello nazionale per far fronte alle enormi conseguenze economiche e sociali”.
Ciò è ben sottolineato da l’A., il quale scrive: “L’Unione ha reagito con prontezza a questa situazione” (pag. 3), e: “La pressione della pandemia e la forza dell’intesa franco-tedesca hanno portato in poche settimane la Commissione europea a disegnare i dettagli e il Consiglio ad approvarlo” (pag. 4).
Il Regolamento c.d. RRF (Recovery and Resilience Fund), mette a disposizione degli Stati membri ingenti somme di denaro, precisate nell’art. 6, da utilizzare all’interno di un piano detto di ripresa e resilienza.
Queste risorse, come precisa l’A.: “sono decisamente cospicue, circa 750 miliardi, esse scaturiscono da un indebitamento comune: è l’Unione che le raccoglie sui mercati dei capitali, con la fine degli anni venti e gli anni trenta, ponendo a garanzia il bilancio comune” (pag. 4).
Dunque, l’Unione mette a disposizione questi denari agli Stati membri a sua volta raccogliendoli sul mercato dei capitali, ovvero da privati che finanziano l’Unione affinché questa finanzi gli Stati membri.
Il meccanismo è confermato anche dal PNRR italiano, che a pag. 9 precisa: “Le componente più rilevante del programma sono reperite attraverso emissioni di titoli obbligazionari dell’UE, facendo leva sull’innalzamento del tetto della Risorse Proprie”.
Gli Stati membri, se interessati a ricevere questi denari, devono presentare domanda ai sensi dell’art. 12 del Regolamento e possono così ottenere un contributo finanziario nei limiti fissati dal precedente art. 11.
L’art. 18 statuisce che: “Lo Stato membro che desidera ricevere un contributo finanziario in conformità dell’art. 12 presenta alla Commissione un piano per la ripresa e la resilienza quale definito all’art. 17, paragrafo 1”, ovvero un piano che definisce: “Il programma di riforme e investimenti dello Stato membro interessato”.
In seguito (art. 19): “La Commissione valuta il piano per la ripresa e la resilienza” e determina “l’importo da assegnare allo Stato membro interessato”, e, nel farlo, “La Commissione valuta la pertinenza, l’efficacia, l’efficienza e la coerenza del piano”.
L’A. ci ricorda che: “le risorse sono distribuite fra gli Stati membri in base all’impatto che ciascuno di essi ha subito dalla pandemia……..e sono in parte contributi a fondo perduto, in parte prestiti che gli Stati membri dovranno in ogni caso restituire” (pag. 5).
Fondamentale è poi che i denari ricevuti non possono essere spesi dagli Stati membri in modo libero e/o discrezionale, ma devono essere utilizzati esclusivamente all’interno di precise aree di intervento.
Ad esempio, per la giustizia i fondi non possono essere spesi per l’aumento del numero di magistrati e cancellieri, ma devono essere spesi per l’ufficio del processo; nei trasporti, i fondi non possono essere spesi in strade e aeroporti, ma devono essere spesi per le ferrovie, e così di seguito.
L’art. 3 del Regolamento fissa gli ambiti di intervento in sei pilastri, e precisamente: “a) transizione verde; b) trasformazione digitale; c) crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; d) coesione sociale e territoriale; e) salute; f) politiche per la prossima generazione”.
Ed infatti: “I piani sono rigidi. I piani rappresentano una risposta allo scock Covid e quindi vanno realizzati in un arco di tempo molto ristretto” (così l’A., pag. 7).
E addirittura, con riferimento ai primi due pilastri, il Regolamento fissa in modo tassativo quote di risorse a loro destinate con l’art. 16 del Regolamento: “La Commissione europea ha tuttavia imposto che una quota minima delle risorse debba essere destinata alla transizione verde (37%) e digitale (20%) e che nessuna misura debba danneggiare l’ambiente” (così, l’A., pag. 6).
A seguito di esecuzione del piano nazionale da parte del Consiglio UE, i pagamenti agli Stati membri avvengono per tranche, in misura dei traguardi di volta in volta raggiunti.
Dispone l’art. 20: “La Commissione stabilisce il contributo finanziario da erogare a rate successivamente al conseguimento soddisfacente, da parte dello Stato membro, dei pertinenti traguardi e obiettivi individuati in relazione all’attuazione del piano per la ripresa e la resilienza”.
Precisa l’A. che: “I pagamenti dall’Unione agli Stati membri sono condizionati al raggiungimento progressivo di una lunga serie di traguardi (legislativi, amministrativi) e obiettivi (spese e realizzazioni concrete) concordati con la Commissione europea” (pag. 7).
Ovviamente, poi, art. 22: “Gli Stati membri, in qualità di beneficiari o mutuatari di fondi, adottano tutte le opportune misure per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione” e verificano: “regolarmente che i finanziamenti erogati siano stati utilizzati correttamente in conformità di tutte le norme applicabili”.
E infine soprattutto l’art. 23: “Una volta che il Consiglio ha adottato una decisione di esecuzione, la Commissione conclude con lo Stato membro interessato un accordo, che costituisce un impegno giuridico specifico ai sensi del regolamento finanziario”.
Direi che in tale accordo sono disciplinate le modalità e i termini delle restituzioni all’Unione, da parte degli Stati membri, dei denari ricevuti in prestito, nonché degli interessi da pagare per simili percezioni.
Su questo, infatti, niente si trova da nessuna altra parte nel Regolamento
3. La formazione del PNRR in Italia
Al tempo dell’approvazione del Regolamento dell’Unione, in Italia vi era il Governo Conte II.
Il Governo vede subito con favore l’idea di accedere ai finanziamenti previsti da detto Regolamento, ed anzi lo fa ancor prima che il Regolamento venga approvato.
Scrive al riguardo l’A.: “Il governo Conte II ha appoggiato convintamente la proposta della Commissione e si è adoperato perché avesse successo” (pag. 11); e poi ancora: “Nel gennaio 2021 il governo Conte II ha inviato al Parlamento una prima bozza del piano, creando un’occasione preziosa per una discussione approfondita e per proposte di modifica e integrazione, sollecitata anche da autorevoli interventi. Ma il governo di lì a poco è stato sostituito dall’esecutivo guidato da Mario Draghi” (pag. 14).
Esattamente, il 15 settembre 2020 il Governo Conte II trasmette al Parlamento una prima proposta di Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il Parlamento si mette al lavoro, e giunge all'approvazione di due distinte risoluzioni, una della Camera e l’altra del Senato, che si hanno in data 13 ottobre 2020.
Sulla base di tali risoluzioni, il Governo Conte II elabora una nuova Proposta di Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che viene ancora trasmessa al Parlamento il 15 gennaio 2021, e che doveva rappresentare un ulteriore passo verso la stesura definitiva del documento in vista della presentazione all'UE.
Di lì a poco, però, il governo Conte II cade e si va a formare il nuovo esecutivo guidato dal Presidente Mario Draghi.
Ciò avviene il 13 febbraio 2021, in esatta concomitanza con l’approvazione del Regolamento europeo.
L’A. solleva il dubbio che una delle ragioni del cambio di Governo sia stata proprio quella degli ingenti finanziamenti provenienti da Bruxelles, e scrive: “Il Pnrr è stato uno dei motivi che hanno causato il cambio di governo? Una domanda a cui è impossibile rispondere; il desiderio di controllare e di indirizzare questo ingente flusso di risorse potrebbe aver giocato un ruolo non marginale” (pag. 14).
Ad ogni modo, è certo che le aperture che il governo Conte II aveva manifestato per coinvolgere il Parlamento nelle decisioni riguardanti il PNRR si perdono in modo categorico con l’avvento del nuovo Governo.
Sempre l’A.: “Il governo Draghi si è caratterizzato per una chiusura ancora più assoluta al dialogo sui contenuti del piano. La sua redazione si è ancor più inabissata all’interno dei ministeri” (pag. 14). E poi ancora: “Il dibattito politico, il confronto pubblico, sono stati quasi inesistenti, anche a causa della grande maggioranza dei mezzi di comunicazione, tutti caratterizzati da un’assoluta fiducia nelle capacità, nella competenza e nell’azione di Mario Draghi e più in generale in quello che taluno definiva il Governo dei migliori” (pag. 15).
Nei fatti, il Presidente Draghi trasmette alle Assemblee di Camera e Senato il nuovo testo del PNRR in data 25 aprile 2021. Il dibattito parlamentare è praticamente nullo se si pensa che solo due giorni dopo, ovvero il 27 aprile 2021, il testo viene approvato con due risoluzioni, una della Camera, la n. 6/00189, e l’altra del Senato la n. 6/00188.
Successivamente, il 30 aprile 2021, il PNRR dell'Italia viene ufficialmente trasmesso dal Governo alla Commissione europea, e da questa approvato con talune modificazioni il 22 giugno 2021, e reso esecutivo dal Consiglio in data 13 luglio 2021.
Al riguardo, scrive l’A.: “Il piano è stato inviato alle Camere il 25 aprile 2021; il 27 aprile la risoluzione che lo approvava è stata votata a larghissima maggioranza. I parlamentari non hanno avuto quindi neanche il tempo materiale di leggere il corposo documento; tantomeno di discuterne. È stato poi inviato all’Unione europea il 30 aprile, approvato dalla Commissione il 22 giugno e dal Consiglio il 13 luglio ed è entrato in vigore” (pag. 18, 19).
Il PNRR, poi, non solo non ha coinvolto nella discussione il Parlamento e l’opinione pubblica, ma neanche gli enti locali, considerato che nessuna partecipazione delle Regioni è stata ritenuta necessaria.
Ancora l’A.: “Con il piano si è abbandonata la prassi di governo multilivello, cioè di decisioni prese di concerto tra governo e regioni. Le regioni hanno avuto scarsissima voce in capitolo nella sua redazione. Il governo ha rinunciato alle conoscenze e alle esperienze delle amministrazioni regionali nelle politiche attuate sul loro territorio” (pag. 15). “I progetti quindi cadono dall’alto. Il Pnrr non prevede interventi modulati territorialmente per rispondere alle diverse esigenze dei contesti locali e regionali” (pag 38).
Ed inoltre per l’A.: “Alcuni ministri tecnici (Giovannini, Bianchi, Messa, Colao, Lamorgese) insieme a due politici (Giorgetti e Speranza) hanno goduto fino alla caduta del governo Draghi di un potere straordinario, di gran lunga superiore a quello dei loro predecessori per l’intera seconda Repubblica” (pag. 32). “Un pugno di persone ha compiuto scelte che plasmeranno a lungo l’Italia” (pag. 33).
4. Il contenuto del PNRR italiano
Ma cosa prevede in concreto il PNRR italiano?
Chi abbia voglia di leggerlo, lo trova oggi in un portale denominato Italia Domani, curato dal Governo.
Il PNRR è un documento lunghissimo, composto di ben 273 pagine; esso è ripartito in più capitoli: un primo dedicato agli obiettivi generali, e poi un secondo relativo alle riforme e agli investimenti, ovvero alle missioni, che si sviluppano secondo le stesse indicazioni del Regolamento europeo. Tra le missioni spiccano quelle della digitalizzazione e della transizione verde ed ecologica, che appaiono, sotto tutti i profili, gli obiettivi primi e principali di tutto il PNRR. Infine vi è un terzo capitolo dedicato all’attuazione e al monitoraggio, e un ultimo avente ad oggetto la valutazione dell’impatto macroeconomico.
Il Piano gestisce un importo totale di 191,5 miliardi di euro, una somma enorme.
L’importo si divide in contributi e in prestiti: i contributi sono a fondo perduto, ovvero l’Italia non li deve restituire, e ammontano ad 68,9 miliardi di euro; i prestiti invece sono somme che vanno restituite con il pagamento aggiuntivo di interessi, e ammontano a 122,6 miliardi di euro.
Tuttavia questi aspetti non sono chiariti in modo sufficiente né nel Regolamento europeo, né negli atti interni italiani, e per l’A., di nuovo: “L’informazione e la trasparenza su questo insieme di provvedimenti e sui processi attuativi è stata fin dall’inizio assai modesta. Il governo ha varato un portale dedicato Italia Domani, ma esso contiene solo una piccola parte delle stesse disposizioni attuative e solo pochi dati d’insieme in formato aperto. Ha attivato il sistema Regis con i dati di spesa, ma questi risultano, anche per oggettive difficoltà di caricamento, incompleti e tardivi” (pag. 32).
Circa poi l’assegnazione delle somme a disposizione ai singoli Stati membri, l’A. sottolinea che: “Le regole di riparto europeo hanno destinato all’Italia la quota più ampia di contributi e prestiti attivabili. E ciò perché l’Italia è l’unico grande paese europeo che ha deciso di utilizzare integralmente sia i contributi (68.9 miliardi) sia i prestiti (122,6). Pochissimi altri paesi hanno deciso di utilizzare integralmente i prestiti. Questo ha prodotto un’evidente sproporzione: i 191 miliardi di risorse europee dell’Italia vanno comparati ai 69 della Spagna, ai 41 della Francia, ai 39 della Polonia, ai 30 della Grecia e ai 28 della Germania” (pag. 21).
È un dato da tenere in debito conto: l’Italia è l’unico paese che decide di utilizzare per intero i prestiti e decide di farlo senza alcuna discussione al riguardo, né parlamentare, né attraverso il dibattito pubblico con le forze politiche e la cittadinanza.
È un interrogativo non trascurabile, e al riguardo l’A. scrive: “La decisione italiana di utilizzare interamente i prestiti disponibili è stata di grande rilevanza, ma, sorprendentemente, non è stata oggetto di discussione” (pag. 22).
È bene poi precisare che le somme su indicate degli altri Stati europei non attengono ai prestiti, come per l’Italia, ma solo ai contributi; la Germania ha 25 miliardi di contributi, la Francia 39 miliardi di contributi (v. anche la tabella, in I. MACRI’, Il PNRR italiano per la digitalizzazione e l’innovazione della pubblica amministrazione, in Aziendaitalia, 2022, 40, 41).
Se non vado errato, dunque, Germania e Francia non hanno somme da restituire; l’Italia al contrario deve restituire l’importo non certo modesto di 122,6 miliardi di euro oltre interessi.
Da segnalare, ancora, che questi denari devono essere impiegati nelle sei missioni fissate dall’art. 3 del Regolamento europeo.
L’A.: “Il piano è organizzato in 6 missioni, tutte molto ampie e diversificate” (pag. 29). Ed ancora: “Tutto va attuato entro il 2026. A tal fine al piano sono collegati ben 527 impegni attuativi concordati con la Commissione europea” (pag. 27; da segnalare che una piccola parte di questi impegni sono stati oggi integrati dal governo di Giorgia Meloni).
5. La disciplina di attuazione del PNRR italiano, ovvero il d.l. 31 maggio 2021 n.77
Una menzione a sé merita, a mio avviso, il decreto legge 31 maggio 2021 n. 77, il primo atto legislativo esistente relativo al PNRR.
Si tratta di un decreto del Governo Draghi, emanato in piena campagna vaccinale, che disciplina l’attuazione del PNRR, e che il Parlamento ratifica con la legge 29 luglio 2021 n. 108.
Non è un decreto che approva il PNRR, poiché nel maggio del 2021 lo stesso era già stato da tempo inviato a Bruxelles; è solo un decreto di Governance, come si legge nell’intestazione dello stesso, ovvero un atto di regolamento della disciplina pratica.
Il PNRR, infatti, non gode di alcun atto avente forza di legge che lo approvi, visto che il Parlamento, nei soli due giorni che separavano il 25 dal 27 aprile 2021, si era limitato alla pronuncia di due risoluzioni ma non ad emanare una legge; tuttavia esiste una legge di conversione di un decreto legge che disciplina gli aspetti attuativi del PNRR, cioè disciplina l’attuazione di un piano che precedentemente non era stato espressamente approvato.
Il decreto accentra sul Governo e sul suo Presidente una miriade di poteri relativi alla gestione del PNRR (direi) mai precedentemente immaginati.
Scrive in proposito l’A.: “Le modalità di governo e di attuazione del piano, definite con il dl 77/2021, sono fortemente centralizzate. È stata creata una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, che ha un ruolo centrale……Può attivare poteri sostitutivi in caso di ritardo nell’esecuzione dei progetti”. (pag. 30, 31).
Il decreto, infatti, all’art. 2, istituisce la c.d. Cabina di regia, alla quale partecipano, oltre al capo del governo, i Ministri e i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio competenti in ragione delle tematiche affrontate, e che hanno così, sostanzialmente, la Governance del PNRR.
Ma il decreto non si limita alla istituzione di questa Cabina di regia poiché istituisce una infinità di nuovi organi attuativi del PNRR, tutti riconducibili al Governo.
Tra questi il Tavolo permanente per il parternariato economico, sociale e territoriale (art. 3), la Segreteria tecnica per il supporto alla Cabina di regia (art. 4), la Unità per la razionalizzazione e il miglioramento della regolazione (art. 5), il Servizio centrale per il PNRR (art. 6), un Ufficio dirigenziale di livello non generale avente funzioni di audit del PNRR (art. 7), una Apposita unità di missione di livello dirigenziale generale (art. 8), l’ideazione dei Soggetti attuatori del PNRR (art. 9), l’istituzione della Commissione tecnica PNRR – PNIEC (art. 17), la Soprintendenza speciale per il PNRR presso il Ministero della cultura (art. 29), l’Agenda Italia digitale e il Difensore civico digitale (art. 41), ecc…..
Una particolare attenzione va poi data agli artt. 12 e 13 relativi ai Poteri sostitutivi (art. 12) e al Superamento del dissenso (art. 13).
Come può comprendersi sul PNRR non è ammessa discussione e, evidentemente, le regole ordinarie della gerarchia della PA non sono sembrate sufficienti.
Così si è statuito che nell’ipotesi vi sia un: “mancato rispetto……..il Presidente del Consiglio dei ministri………assegna al soggetto attuatore interessato un termine per provvedere non superiore a trenta giorni. In caso di perdurante inerzia il Consiglio dei ministri nomina uno o più commissari ad acta ai quali attribuisce, in via sostitutiva, il potere di adottare gli atti o provvedimenti necessari” (art. 12, 1° comma).
Il commissario ad acta “provvede all’adozione dei relativi atti mediante ordinanza motivata….in deroga ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale…….Tali ordinanze sono immediatamente efficaci e sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale” (art. 12, 5° comma).
Il decreto non precisa se tali provvedimenti siano esclusi o meno dai normali controlli giurisdizionali; tuttavia l’articolo successivo disciplina il Superamento del dissenso, e certo una opposizione in sede giudiziale potrebbe essere considerato un atto di dissenso.
L’art. 13 recita che: “In caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente…..la Segreteria tecnica di cui all’art. 4…….propone al Presidente del Consiglio dei Ministri di sottoporre la questione all’esame del Consiglio dei Ministri per le conseguenti determinazioni……Ove il dissenso provenga da un organo della Regione……in mancanza di soluzioni condivise il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dei ministri le opportune iniziative ai fini dell’esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 117 quinto comma e 120 secondo comma della Costituzione”.
Possiamo solo aggiungere che questo decreto legge, il principale, e poi gli altri che si sono succeduti (d.l. 152/2021 e d.l. 36/2022) e gli altri ancora che ne hanno preparato il terreno (d.l. 59/2021 e d.l. 80/2021) sono stati “tutti convertiti in legge attraverso l’apposizione della questione di fiducia escludendo completamente ogni dibattito con il Parlamento” (così ancora E. Catelani, op. cit, 212).
E di nuovo con l’A.: “Questo processo si è svolto nell’ultimo anno del governo Draghi, fra l’estate del 2021 e quella del 2022; come già detto, i singoli ministri hanno goduto di un enorme potere nel condurlo” (pag. 45).
Ed ancora: “La parte delle riforme del PNRR è dunque divenuta lo specchio di quella che è stata definita l’Agenda Draghi” (pag. 16). “Vi è stato dunque un periodo nel quale è esistita la famosa stanza dei bottoni evocata da Pietro Nenni nel 1962; un luogo nel quale vi era un effettivo, grande potere di compiere scelte e allocare risorse” (pag. 45).
6. Parte seconda, le mie osservazioni personali
E qui vengo, come anticipato, alle mie personali osservazioni.
6.1. La prima cade proprio sul raffronto tra il Regolamento UE del 12 febbraio 2021 n. 241 e il nostro d.l. 31 maggio 2021 n. 77.
Il Regolamento UE, come abbiamo visto, non imponeva niente agli Stati membri, ma anzi lasciava loro la libertà di accettare o meno le proposte, di individuare la misura di un eventuale prestito, e infine la libertà di determinare le modalità concrete con le quali procedere all’attuazione delle direttive.
L’Italia ha scelto di accedere al prestito massimo, e lo ha fatto con modalità che hanno concentrato sul Governo ogni potere, escludendo così da ogni determinazione non solo il popolo ma anche il Parlamento.
Il Regolamento UE non chiedeva niente di ciò, e certo, tra le molte cose, non chiedeva sicuramente che il governo di uno Stato membro accentrasse tutto su di sé, oppure creasse una serie infinita di nuovi organismi alle sue dipendenze (pensate, siamo arrivati addirittura al Difensore civico digitale), né che escludesse gli enti locali, o ancora impedisse ogni forma di discussione e/o sanzionasse ogni dissenso.
In breve, tutto ciò che si trova nel d.l. 31 maggio 2021 n. 77 va oltre, e non ha niente a che vedere, con il Regolamento UE circa il PNRR; è stata la lettura che di esso ha dato il governo Draghi, poiché tutto, al contrario, poteva essere gestito in modo più democratico e aperto.
I dubbi di costituzionalità sono pertanto numerosi, e possono qui essere ricordati:
- Poteva il PNRR essere inviato a Bruxelles senza una legge che lo approvasse?
- È legittimo privare il Parlamento di ogni potere su un affare di quasi 200 miliardi che impegnerà gli italiani per anni?
- È legittimo creare con decreto legge un’infinità di nuovi organi pubblici che si assumono compiti che altrimenti sarebbero di altri e che addirittura possono intervenire in deroga ad ogni disposizione di legge? (così l’art. 12, 5° comma, d.l. 77/21). Può un organo pubblico agire in deroga alla legge?
- È legittima, in proposito, la creazione di un nuovo apparato chiamato Cabina di regia, che nella sostanza prende il posto del Consiglio dei ministri, ma alla quale non partecipano tutti i ministri?
- E, conseguentemente, è legittimo che si attribuiscano all’interno dello stesso governo poteri al suo presidente che sembrano esorbitare le funzioni che la Costituzione gli riconosce con l’art. 95?
- È legittimo che gli enti locali siano stati del tutto esclusi da determinazioni che li riguardavano anche in base allo stesso art. 117 Cost.?
- È legittimo che il governo assuma impegni che poi obbligano per gli anni a venire l’intero apparato dello Stato (come espressamente assunto, peraltro, nella direttiva del 21 luglio 2022), limitando così la sua sovranità?
- È legittimo che il governo disponga Poteri sostitutivi (art. 12) e il c.d. Superamento del dissenso (art. 13), immaginando che nessuno, a nessun livello, possa discutere e/o mettere in dubbio le scelte e le spese relative al PNRR?
6.2. Accanto agli aspetti più prettamente giuridici, vi sono poi quelli economico/finanziari.
Qui a me sembra restino in ombra due questioni che viceversa meriterebbero maggiore luce: sono l’individuazione degli investitori che forniscono il denaro alla UE affinché questa possa erogarlo agli Stati membri, e sono le modalità con le quali gli Stati membri restituiranno il denaro alla UE.
Mi sembrerebbe scontato che nessuna idea precisa è possibile avere sul PNRR senza conoscere al meglio questi dati; al contrario essi non appaiono né nei testi normativi, né nel portale Italia domani.
Io, personalmente, non sono riuscito a trovare sui punti altre informazioni oltre alle seguenti:
a) gli investitori sono (sembrano essere) dei privati, lo stesso PNRR italiano a pag. 9 precisa che: “Le componente più rilevante del programma sono reperite attraverso emissioni di titoli obbligazionari dell’UE”.
Esistono poi due link per alcune, minime informazioni: uno, del Parlamento europeo, in lingua inglese, si chiama Financing the Recovery and Resilience Facility: EU Bond and Bill issuance; l’altro, della Commissione europea, in lingua italiana, è titolato NextGenerationUE, reperiti 20 miliardi di euro nella prima operazione per sostenere la ripresa dell’Europa.
Riporto quanto si legge in quest’ultimo: “Oggi la Commissione europea, nella sua prima operazione nell'ambito di NextGenerationEU, ha raccolto 20 miliardi di euro tramite un'obbligazione a 10 anni con scadenza il 4 luglio 2031 per finanziare la ripresa dell'Europa dalla crisi del corona virus e dalle sue conseguenze. Si tratta della maggiore emissione di obbligazioni istituzionali mai effettuata in Europa, della più grande operazione istituzionale in un'unica tranche mai realizzata e dell'importo più elevato reperito dall'UE in una singola operazione. L'obbligazione ha suscitato un forte interesse da parte degli investitori in Europa e nel mondo, il che ha permesso alla Commissione di ottenere condizioni di prezzo assai favorevoli, analogamente a quanto avvenuto con le successive emissioni, dagli ottimi risultati, nell'ambito del programma SURE”.
Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “Oggi è davvero una giornata storica per l'Unione europea. Abbiamo condotto con successo la prima operazione di finanziamento per NextGenerationEU. Come Unione forte, stiamo reperendo fondi sui mercati insieme e investendo in una ripresa comune da questa crisi. Si tratta di un investimento nel nostro mercato unico e, ancora più importante, di un investimento nel futuro delle prossime generazioni dell'Europa, che devono affrontare le sfide della digitalizzazione e dei cambiamenti climatici”.
Tra gli investitori che finanziano l’operazione si rilevano: banche centrali (23%), gestori di fondi (37%), assicurazioni (12%), tesorerie delle banche (25%), ecc…..
Ovviamente resterebbe da comprendere qual è l’interesse di questi privati a dare dei denari all’UE affinché questa li dia agli Stati membri, e quali sono le conseguenze per gli Stati membri nel rendersi debitori di questi organismi per dette importanti somme.
b) Quanto all’obbligo di restituzione dei denari da parte dello Stato italiano, ciò dipende, come si rileva dal Regolamento UE, da un contratto stipulato tra la parte creditrice UE e lo Stato membro debitore; ma questo contratto non è pubblico.
In un altro link si rileva che l’ex Ministro Raffaele Fitto inviava una richiesta alla commissione UE per comprendere se fosse possibile rendere pubblico l’accordo di prestito Italia-commissione UE.
V’è, al riguardo, la risposta dell’allora Presidente Paolo Gentiloni, secondo la quale il documento può essere pubblicato previa autorizzazione della Commissione a seguito di istanza formale di accesso agli atti secondo le regole sulla trasparenza.
Al momento, salvo che non vada errato, non mi sembra tuttavia che il documento sia stato reso pubblico e/o sia consultabile.
6.3. Messe poi insieme le questioni giuridiche con quelle economico/finanziarie, forse non sarebbe stato male spiegare all’opinione pubblica, in modo semplice e chiaro, i nodi dell’operazione, e ciò all’evidente fine di raccogliere da essa un orientamento circa le decisioni da prendere.
Al contrario, nessun mezzo di informazione ha ritenuto di doverlo fare, evidentemente tutti convinti che le decisioni non spettassero al popolo ma solo al governo; e il governo, da parte sua, si è guardato bene di rendere chichessia compartecipe del PNRR.
Si trattava, in sostanza, di porre al popolo italiano due semplici domande:
- Volete un prestito dall’Unione finalizzato a spese per la digitalizzazione e la transizione verde ed ecologica?
- Volete che la misura di questo prestito ammonti ad 191 miliardi di euro, di cui 122 miliardi da restituire, considerato che la Germania non ha chiesto alcun prestito ma solo ottenuto a titolo di contributo 25 miliardi, e egualmente non ha voluto alcuno prestito la Francia ma solo ha ottenuto a titolo di contributo 39 miliardi, e che quindi questi Stati, diversamente da noi, non avranno niente da restituire?
Coinvolgere il popolo doveva considerarsi condizione naturale, costituzionalmente dovuta, considerato che i denari, in ultima battuta, sono proprio dei cittadini, che li dovranno restituire attraverso le imposizioni fiscali.
E invece di tutto questo non è stato investito nemmeno il Parlamento, che del popolo è il rappresentante.
7. Segue: e l'invito allo studio degli aspetti giuridici del PNRR
Penso, infine, si possa esprimere sul PNRR, seppur assai brevemente in questo contesto, anche un giudizio nel merito; e penso che con riferimento al merito i parametri da tenere in considerazione siano due: giustizia sociale e libertà.
V’è infatti da chiedersi se il PNRR renda giustizia sociale e/o protegga e/o migliori la libertà dei cittadini.
7.1. Circa il primo aspetto, è chiaro che se con il PNRR si riesce a migliorare il sistema ferroviario, modernizzare le infrastrutture idriche e dei rifiuti, migliorare la fruibilità di musei e biblioteche, investire nell’edilizia scolastica e giudiziaria, rimuovere barriere architettoniche ancora esistenti e/o compiere altri interventi pubblici di questa natura, le attività che si vanno a fare non possono che essere condivise, e sarebbe disonesto voler negare i benefici che tali interventi portano all’intera popolazione.
Se però la valutazione si sposta sui metodi adottati e le scelte politiche effettuate, lì allora il giudizio può assumere connotati diversi.
Sotto quest’ultimo profilo mi limito a riportare, di nuovo, quanto ha scritto Gianfranco Viesti: “Il Pnrr non sembra affrontare a sufficienza alcuni grandi nodi economico-sociali dell’Italia: le diseguaglianze, specie di genere e generazionali, la povertà, la grande deriva demografica; non sembra offrire ai diciottenni, e soprattutto ai diciottenni del 2026, uno scenario particolarmente diverso da quello dei lavori precari, spesso sottopagati e con modesta copertura previdenziale che prevalgono oggi. Così come non affronta i grandi nodi della collocazione dell’economia italiana, della sua industria e dei suoi servizi” (pag. 17, 18).
Ed ancora: “La scelta del metodo dei bandi competitivi tra amministrazioni pubbliche per allocare molte risorse del PNRR è assai discutibile” (pag. 49); “Mettendo a gara un così rilevante ammontare di risorse il governo ha rinunciato a indirizzarle con finalità di equilibrio, o riequilibrio territoriale. Il governo Draghi non ha indirizzato secondo propri criteri politici gli investimenti nelle varie aree del paese……..vi è il rischio di acuire, piuttosto che di ridurre, le disparità territoriali esistenti in Italia” (pag. 50). “Ma vi è di più. Il Piano avrebbe dovuto mirare a far realizzare nuovi nidi ai comuni che ne sono privi, nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti ai gestori del servizio che non ne dispongono o che hanno impianti obsoleti. Ma proprio i soggetti che non ne dispongono, con tutta probabilità, non ne hanno mai progettato uno, mentre per chi già li utilizza realizzare un nuovo progetto per candidarsi al finanziamento potrebbe essere stato decisamente più semplice” (pag. 51).”Con il rischio, lo si è già detto, di determinare così una maggiore allocazione di risorse verso le amministrazioni meglio attrezzate” (pag. 59).
7.2. Sul tema delle libertà, a me personalmente preoccupano le missioni relative alla digitalizzazione e alla transizione verde ed ecologica.
Sicuramente una certa digitalizzazione è necessaria, ed egualmente la tutela dell’ambiente è un valore che nessuno può negare, e tutti noi abbiamo infatti il dovere morale e giuridico di mantenere il pianeta nella migliore condizione possibile.
Tuttavia, è evidente, che questi obiettivi, di per sè giusti e nobili, possono però essere strumentalizzati, e una certa misura venir utilizzati in modo deviato per il raggiungimento di fini che, al contrario, non sono né giusti né nobili.
Si tratta allora di vigilare su questi meccanismi, e si tratta altresì di immaginare degli equilibri che debbono necessariamente darsi tra le libertà fondamentali garantite dalla nostra Costituzione e i limiti che a dette libertà debbano darsi a vantaggio di nuovi interessi generali che via via stanno emergendo.
Da qui la necessità che tutte queste tematiche siano attentamente studiate dai giuristi e non solo lasciate alla discrezionalità della politica, se non oggi addirittura alla discrezionalità dei grandi gruppi che stanno finanziando il PNRR.
Per mia parte, con contributi pubblicati in questa stessa rivista, ho già invitato ad una riflessione sulla digitalizzazione della scuola (Il piano scuola 4.0., una rivoluzione che i giuristi non possono ignorare), sulla digitalizzazione della giustizia (Note in tema di intelligenza artificiale e di digitalizzazione delle attività umane) e sulla costituzionalizzazione della tutela dell’ambiente (I nuovi artt. 9 e 41 Cost.).
Questo scritto intende inserirsi in quel contesto.
Non pretendo di dare risposte ai molti problemi che ci stanno di fronte; è tuttavia indispensabile che le questioni siano attentamente studiate, poiché il futuro di tutti noi dipenderà infatti dagli equilibri che riusciremo a trovare.
[1] Mentre lo scritto era in corso di pubblicazione, ho appreso che la Corte costituzionale tedesca, con decisione del 15 novembre 2023, ha dichiarato costituzionalmente illegittima la manovra finanziaria del suo governo per 60 miliardi di euro finalizzata alle spese della transizione verde e della digitalizzazione.
Si tratta di una nuova importante decisione per ogni riflessione sui temi oggetto del presente scritto.
Non tutti, evidentemente, ritengono corretto indebitare gli Stati oltre certi limiti e/o oltre certe regole.
[2] V., fra questi, E. CATELANI, PNRR e ordinamento costituzionale: un’introduzione, in Rivista ACI, 3/2022, pag. 201 e ss., nonché gli altri interventi che si sono svolti nel seminario romano del 22 maggio 2022 su iniziativa dell’Associazione italiana dei costituzionalisti.
V. anche CLARICH, Il piano nazionale di ripresa e resilienza tra diritto europeo e nazionale: un tentativo di inquadramento giuridico, Corr. Giur., 2021, 1025; I. MACRI’, Il PNRR italiano per la digitalizzazione e l’innovazione della pubblica amministrazione, in Aziendaitalia, 2022, 38; G. IELO, Nuove disposizioni per l’attuazione, in Aziendaitalia, 2023, 847.