La lotta alla mafia durante la pandemia da Covid-19: ricognizioni, errori e prospettive*
di Andrea Apollonio
Sommario: 1. La lezione del Covid-19 - 2. Al posto dello Stato - 3. La mafia che “aiuta” - 4. La mafia che si fa “impresa” - 5. Gli errori e le prospettive.
1. La lezione del Covid-19
La gravissima crisi economica in cui il Paese è sprofondato nel marzo 2020, dettata dall’emergenza sanitaria per la diffusione pandemica del virus Covid-19[1], sembra ormai alle spalle, almeno a voler considerare i dati confortanti sulla crescita del PIL per l’anno 2021[2]. D’altro canto, la capillare diffusione del rimedio vaccinale e degli strumenti connessi, quale il Green Pass, consente ragionevolmente di ritenere non più praticabili le politiche governative di rigido e generalizzato confinamento personale, di limitazioni agli spostamenti e, conseguentemente, delle attività economiche; le quali, adottate a momenti alterni tra il marzo 2020 e il giugno 2021 per fronteggiare le c.d. "ondate" del virus[3], tracciano un arco temporale che oggi, e comunque col passare del tempo, può cominciarsi ad osservare non più in chiave acritica, coeva e contingente, ma con maggiore cognizione e con riferimento agli effetti che in concreto la pandemia ha determinato sul piano socio-economico.
La stagione emergenziale - che possiamo osservare ancora da vicino, ma in ogni caso fuori dal periodo più critico e certamente imprevisto delle prime "ondate" e delle conseguenti limitazioni della libertà di movimento e di impresa - è stata infatti un banco di prova per le politiche economiche e sociali, intese come tentativi di governare, da parte dei poteri pubblici, il mondo degli investimenti, dell’imprenditoria, del lavoro. La pandemia ha innescato cambiamenti attesi e inattesi, ha accelerato trend in ogni campo; ivi compreso quello dei fenomeni criminali poiché, a ben vedere, la lezione del Covid-19, che già adesso possiamo trarre e che sicuramente gli studiosi di domani sapranno meglio valorizzare, riguarda in particolar modo le disfunzioni della società (la disoccupazione, il lavoro nero, le economie sommerse, e via così fino ad arrivare all’attività illecita dei gruppi mafiosi) tanto da collegarle tutte[4].
Cosicché, neppure lo studio e l’osservazione delle mafie può prescindere da quella che è stata la lezione del Covid-19: un evento talmente dirompente da poter essere utilizzato quale lente convessa dei percorsi intrapresi da quella criminalità mafiosa che oggi si cela prevalentemente dietro i colletti bianchi; onde registrarne le mutazioni, captarne i cambiamenti e le evoluzioni[5].
Non va taciuto che la storia delle mafie percorre la storia del Paese degli ultimi ottant’anni, segnata nel profondo da gravi tragedie sociali e calamità naturali: tutte parimenti tappe dell’evoluzione del fenomeno mafioso. Così come il movimento indipendentista siciliano del dopoguerra è stato strumentalizzato da cosa nostra quale arma di ricatto per le nascenti istituzioni democratiche, così il terremoto dell’Irpinia del 1980 ha determinato uno scontro violentissimo all’interno della camorra per l’accaparramento degli appalti pubblici, dando vita alla sanguinosa guerra tra la nuova camorra organizzata e la nuova famiglia[6]. Come pure, il più recente terremoto dell’Emilia del 2012 ha fatto emergere, sul piano investigativo prima e giudiziario poi, la presenza operativa delle cosche mafiose calabresi in quell’area, ormai spinte alla delocalizzazione, al decentramento degli interessi mafiosi ed economici, alla pesante infiltrazione nel tessuto imprenditoriale[7]. Sono solo alcune delle tappe dell’evoluzione del fenomeno mafioso connesse ad eventi di grande rilievo nazionale.
Partendo da questi presupposti, un evento planetario, epocale e disastroso come lo scoppio della pandemia da Covid-19 è, per sua stessa natura, un’ulteriore tappa della lunga storia criminale delle mafie italiane; e adesso può cominciare ad essere osservato ed analizzato in quanto tale.
2. Al posto dello Stato
La storia delle mafie è la storia della sostituzione di un potere ad un altro potere: della sostituzione del potere statuale con quello mafioso. È un dato storico oramai accertato che la mafia sia nata e si sia sviluppata in virtù di un’esigenza di protezione espresso dalle più svariate fasce sociali: dalle più basse e povere alle più facoltose, dalle più reiette, fino ad arrivare a soggetti istituzionali[8]. I latifondisti siciliani e calabresi di metà ottocento dovevano proteggere i frutti della terra e controllare la vasta manodopera, in un contesto socio-politico in cui lo Stato (borbonico prima, sabaudo poi) era impalpabile: e per questo si servivano di gabellotti mafiosi che riscuotevano gli affitti e soffocavano ogni forma di ribellione[9]. E poco più tardi, sempre in Sicilia, i mafiosi sarebbero diventati la mano armata delle istituzioni che fronteggiavano il brigantaggio: «La mafia che esiste in Sicilia non è pericolosa, non è invincibile di per sé, ma perché è strumento di governo locale» , rivela nel 1871 il magistrato siciliano Diego Tajani[10], poi divenuto ministro della giustizia dell’Italia liberale.
Anche col novecento ogni vuoto sociale lasciato dallo Stato viene riempito dalla mafia. Lo scrittore siciliano Andrea Camilleri ha raccontato che suo nonno, proprietario di due miniere di zolfo, mandava i soldi per i pagamenti dei minatori in contanti con un uomo che viaggiava tranquillo perché nei punti più pericolosi c’era qualcuno a lui invisibile che con un fischio gli segnalava il via libera. «Chi erano i fischiatori? Erano mafiosi pagati da mio nonno per proteggere il percorso che veniva fatto settimanalmente. Allora non era previsto che la polizia o i carabinieri ti scortassero mentre effettuavi i pagamenti... quindi quello era un sistema che già si sostituiva allo Stato» [11].
Le stesse dinamiche si registravano, lungo i decenni, in Calabria con gli ‘ndranghetisti e nel napoletano con i camorristi. D’altro canto, l’immagine più veridica e nitida della mafia sta nella commedia di Eduardo de Filippo, Il sindaco del rione sanità (1960): don Antonio Barracano è un personaggio temuto e rispettato da tutti i cittadini, i quali si rivolgono a lui per comporre liti e chiedere giustizia, ben sapendo che lo Stato, nelle procedure attivate nei tribunali, non è in grado di assicurare giustizia con la stessa celerità e la stessa efficacia[12].
Sul finire degli anni settanta, con lo sviluppo del traffico di droga e l’avvio della globalizzazione delle attività criminali, quando la mafia da soggetto sociale si tramuta anche in soggetto economico con elevata capacità di guadagno e di spesa, comincia - nel senso sopra detto - a sostituirsi allo Stato anche sul piano della regolamentazione dell’economia[13]. La mafia diventa impresa surrogando con i propri metodi la libera concorrenza, ma al contempo creando facile ricchezza e posti di lavoro; assume le vesti di ente assistenziale, sostituendosi allo Stato, nei confronti delle popolazioni da soggiogare: la cosca mafiosa si eleva così, con un modello operativo che arriva fino ai giorni nostri, a punto di riferimento primario per chi non ha fiducia nella disciplina pubblica e ricerca mezzi di sussistenza oppure occasioni per avvantaggiarsi.
Lo spaccato proposto, che abbraccia oltre un secolo e mezzo di storia italiana, aiuta a comprendere più concretamente quali siano i rischi che oggi corre il Paese, da quasi due anni alle prese con l’epidemia Covid-19 e dai connessi, vertiginosi problemi socio-economici. Il propagarsi del virus ha infatti costretto lo Stato ad adottare rigorose misure di contenimento sanitario e di confinamento personale; misure diversamente graduate a seconda del periodo e della gravità della situazione pandemica, che nel complesso hanno penalizzato la gran parte degli operatori commerciali. Un’ampia fetta degli operatori economici si è ritrovata improvvisamente priva di entrate.
Lo Stato ha cercato di limitare i devastanti rilfessi economici su di una popolazione segregata nelle proprie abitazioni, e alle prese con un drammatico distanziamento sociale, con una politica di ristori confluiti nel mondo del lavoro[14]. Si è tenuto conto delle perdite di fatturato, rispetto agli anni precedenti, del singolo operatore: ma in ogni caso sono state erogate risorse insufficienti, distribuite sulla scorta di meri dati contabili (gli unici, d’altronde, obiettivamente verificabili) e senza considerare quell’ampia fetta di lavoro "nero"; che pure, al Sud comprende numeri di primaria grandezza. Lo Stato insomma, per suoi limiti funzionali, non è riuscito a fornire le adeguate prestazioni assistenziali richieste a gran voce dalla collettività e dagli operatori commerciali, che nel pieno della pandemia versavano in obiettiva difficoltà[15].
È in questo contesto che le mafie riescono ad avvantaggiarsi, sostituendosi allo Stato sul piano economico e socio-assistenziale: venendo incontro alla gente comune con piccoli aiuti in denaro e facendo leva sulle difficoltà per offrire lavori utili alla filiera mafiosa (si pensi alle c.d. "vedette" nello spaccio di sostanze stupefacenti, oppure all’utilizzo di prestanomi per l’intestazione fittizia dei beni)[16]. Ma anche venendo incontro agli imprenditori in stato di bisogno, mettendo a disposizione il loro denaro "sporco". Così facendo, le cosche raggiungono un triplice obiettivo: fidelizzare il comune cittadino e l’operatore economico; speculare sui prestiti concessi fino, al limite, a rilevare l’impresa beneficiata; riciclare capitali illeciti immettendoli nel sistema commerciale.
Non solo. In un momento di asfissia economica, con il contestuale allargamento delle maglie dei finanziamenti statali ed europei, le mafie (che per loro stessa natura dispongono di ingenti risorse conseguite in modo illecito ed anticoncorrenziale) hanno la possibilità non soltanto di aiutare, ma anche di farsi impresa, sovvertendo per tale via tutti gli equilibri del mercato[17]: approfittando proprio della maggiore propensione degli enti pubblici a finanziare, finanche a fondo perduto. La storia delle mafie ci insegna che nessuno meglio dei mafiosi-imprenditori riesce a muoversi tra le normative di stimolo dell’economia, spesso lacunose e incoerenti, divenendo costoro i primi destinatari delle misure.
La storia ci insegna, per questa via, che le mafie sono essenzialmente fenomeni politico-sociali[18] tesi a individuare rapidamente i mutamenti radicali di una società: il loro è, storicamente, un punto di vista privilegiato da cui scorgere in tempo reale i vuoti, a volte le voragini, che si aprono sul manto sociale ed economico. La rapida diffusione del virus Covid-19 ha colto tutti gli attori istituzionali (le Regioni, lo Stato, l’Unione Europea, le organizzazioni internazionali) impreparati, ad eccezione appunto delle mafie, che si sono mostrate pronte a raccogliere le enormi opportunità di profitto connesse all’epocale sfida alla pandemia: sia aiutando gli altri attori economici e sociali, sia facendosi impresa. Queste le due direttrici delle considerazioni che seguiranno.
3. La mafia che “aiuta”
Parlare di mafia che aiuta può apparire un paradosso: le mafie infatti operano col metodo mafioso (se così non fosse, non sarebbero tali), ovverosia facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo. Un gruppo mafioso riesce a conseguire una egemonia economico-territoriale proprio grazie alla capacità di assoggettamento che riesce ad esprimere tramite la violenza e la minaccia[19]. La presenza mafiosa è una forza prevaricatrice che si impone sul territorio e contrasta con metodi feroci chi vi si oppone: tanto da condensare un «ordinamento parallelo a quello ufficiale, caratterizzato dall’uso della violenza» , come tradizionalmente affermano gli scienziati sociali[20]. Eppure le mafie, dopo un certo periodo di esercizio della violenza, al fine di radicarsi più profondamente nel tessuto sociale assumono, in superficie, una immagine benevola; specularmente, cambiano anche le forme in cui si dispiega il metodo mafioso.
I teorici del fenomeno mafioso ci insegnano che il radicamento sul territorio di una mafia passa attraverso due essenziali passaggi storici, che tengono in conto un diverso rapporto con le popolazioni da soggiogare. Semplificando, potremmo dire che in un primo tempo il gruppo mafioso si impone esercitando violenza e intimidazione. E’ interessante al proposito l’affermazione di un importante storico del fenomeno: «Le quattro organizzazioni mafiose hanno avuto dall’inizio un metodo comune: utilizzare la violenza privata in tutte le sue espressioni (intimidazione, minaccia, ricatto, attentati, omicidi ma anche protezione pagata, mediazione forzosa e parassitaria che dà luogo a tangenti e a percentuali varie) come strumento di arricchimento e mobilità sociale» [21].
Dopo questa prima fase, la cosca per poter operare indisturbata deve evolversi: tende a diventare un elemento connaturato al contesto sociale di riferimento, e per riuscirci ricerca il consenso della popolazione[22]. E’ questo lo stadio - in cui tutte le mafie italiane oggi si trovano - ove i mafiosi si mostrano subdolamente come benefattori, spesso col volto pulito dei colletti bianchi; come coloro che "aiutano" la popolazione: sul piano economico, con piccoli e grandi prestiti a comuni cittadini e ad imprenditori, con l’agevolazione nell’assegnazione di appalti, con l’elargizione di posti di lavoro, con la pronta solvenza dei crediti; sul piano sociale, ponendosi come autorità in grado di fare giustizia, di dirimere le controversie, di fronteggiare efficacemente la micro-delinquenza[23]. Un compito sociale di mediazione tra la popolazione sempre più spaventata, diffidente, impaurita, dalle pulsioni illogiche e irrazionali [24] e la politica disattenta e lontana dai bisogni dei cittadini che, in tempo di crisi, viene ad essere più rilevante.
Ebbene, in questa fase di sviluppo del fenomeno mafioso, oggi in essere, il relativo metodo non è accantonato, ma viene accuratamente celato. Ma è un rapporto che nasconde in realtà forme di soggiogamento, esercitate non con la violenza ma con l’inganno: perché i mafiosi tendono la mano soltanto laddove l’opera prestata si tramuta in un beneficio tangibile per la cosca. E quello del Covid è, per i mafiosi, il periodo storico più propizio per intrecciare con la - sempre più ampia - fetta di popolazione bisognosa un vincolo di silente tolleranza del fenomeno mafioso, riconosciuto persino più utile e necessario dello Stato.
I quasi due anni di pandemia, causando la perdita del lavoro per molte categorie di persone ed acuendo situazioni di disagio e povertà, dimostrano che la popolazione abbandonata dalla mano pubblica è sempre più propensa ad andare incontro a chi è in grado comunque di elargire prontamente le risorse: specularmente, questo periodo mostra un aumento del potere mafioso, in termini di capacità di far fronte nell’immediato ai bisogni primari della gente più svantaggiata.
Già si è accennato alle piccole somme elargite da esponenti delle cosche a chi versa in stato di bisogno, utili anche solo a pagare le bollette o a fare la spesa; nell’ultimo periodo, a seguito del disagio finanziario vissuto da molte famiglie, è inoltre emerso un ulteriore aspetto a sostegno del ruolo di mediazione[25] delle mafie e della spregiudicata avidità degli affiliati, che non esitano a sfruttare misure assistenziali come il reddito di cittadinanza: indebitamente conseguite per sé o per altri soggetti estranei all’associazione, che a questa si rivolgono per la compilazione truffaldina delle pratiche necessarie. Le mafie, grazie anche alla filiera di professionisti e colletti bianchi di cui dispongono, ottengono rapidamente benefici economici continuativi per sé e per altri, determinando la gratitudine e, quindi, la messa a disposizione del percettore[26].
Si è anche fatto cenno ai posti di lavoro di cui una mafia dispone, direttamente o indirettamente: un dato che in questo frangente storico deve particolarmente allarmare gli attori del contrasto al fenomeno. Sul punto, va ricordato che tra i pochi settori per i quali si è registrato un forte incremento degli utili vi è appunto l’edilizia, a cui il Governo - già in pieno lockdown - si è rivolto individuando apposite misure di rilancio in forma di "bonus" da riconoscere a seguito di ristrutturazioni e costruzioni eco-sostenibili: ma si tratta di un settore che da sempre suscita gli appetiti anche delle mafie, perché è quello che permette di ottenere ampi margini di guadagno e di innescare più agevolmente meccanismi di riciclaggio di denaro, grazie alla mole di forniture necessarie ed alla possibilità di effettuare pagamenti non tracciabili (es. alla manodopera retribuita a giornata). Ma anche perché nell’ambito dell’edilizia i mafiosi dispongono di numerosi soggetti economici, direttamente o indirettamente controllati: basti pensare alla "protezione" che, nelle aree a controllo mafioso, si impone sui cantieri pubblici e privati; ma anche - forse sopratutto - all’assegnazione pilotata di grossi appalti ad imprese in odore di mafia per mano di amministratori pubblici collusi, che è da sempre il principale strumento di controllo economico del territorio da parte di un gruppo mafioso[27].
In quest’ambito, assecondando le previsioni del mercato, la domanda di lavoro a seguito della pandemia è risultata in forte crescita, e ciò ha permesso ai mafiosi di favorire assunzioni regolari o "in nero", o anche soltanto di offrire la paga per manodopera a giornata; si tratta di merce di scambio utile al conseguimento degli obiettivi primari di una mafia: radicamento e consolidamento su di un territorio.
Le mafie quindi aiutano direttamente, con favori ed elargizioni; contribuiscono all’ottenimento di benefici assistenziali e posti di lavoro nei settori economici da queste controllate (quale l’edilizia). Ma non solo.
Le cosche tendono la mano non soltanto attingendo dalle imprese direttamente o indirettamente controllate, dal proprio patrimonio di capitali illeciti, ma anche utilizzando fondi pubblici gestiti in maniera clientelare[28]. Dovendo ancora considerare le misure emergenziali adottate durante la pandemia, si pensi ai c.d. "buoni spesa": un aiuto straordinario per contrastare l’indigenza adottato nella primavera del 2020 dal Governo, che ha destinato ai comuni quasi mezzo miliardo di euro per iniziative assistenziali. Tuttavia, senza alcun controllo a monte sull’elargizione di tali buoni, nelle amministrazioni comunali infiltrate si è assistito ad una gestione personalistica degli aiuti, destinati soltanto ai soggetti che i gruppi mafiosi intendevano favorire[29]. Le cosche, tramite i loro esponenti nelle amministrazioni comunali, riuscivano così ad accrescere il consenso sociale anche con aiuti provenienti dallo Stato.
In questo modo la mafia, sostituendosi a compiti propri dello Stato, che ha quale primaria missione istituzionale quella di supplire alle disfunzioni dell’economia e ad una (per quanto possibile) equa ripartizione della ricchezza, grazie anche al favore mostrato dalla cittadinanza, sfrutta al massimo grado la situazione pandemica, la condizione di indigenza e bisogno della collettività: "aiuta" la popolazione e si infiltra nel tessuto economico-sociale del Paese, determinando gravi rischi per la tenuta democratica.
4. La mafia che si fa “impresa”
Poche settimane dopo lo scoppio della pandemia, con due distinte circolari, la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato[30] segnalava la necessità di prestare grande attenzione alle infiltrazioni della criminalità organizzata e mafiosa nel settore degli appalti pubblici e, più nello specifico, nelle forniture sanitarie. Il repentino congelamento dei consumi aveva infatti indotto il Governo ad adottare normative che agevolassero, in deroga, gli affidamenti diretti di lavori pubblici alle imprese, accentuando il trend che era partito l’anno prima con il decreto c.d. "sblocca-cantieri". L’obiettivo dichiarato era ridurre significativamente le tempistiche delle procedure di aggiudicazione: ciò, al fine di stimolare l’economia - se non altro sul fronte delle commesse pubbliche - agevolando e semplificando le gare d’appalto, i cui procedimenti venivano ritenuti troppo farraginosi.
In questo contesto, un’ulteriore semplificazione delle procedure di gara è stata predisposta per garantire nell’immediato, alle strutture ospedaliere, la disponibilità dei dispositivi di protezione individuale, quali mascherine e guanti protettivi, e di dispositivi medici (in particolare ventilatori polmonari), ma anche di infrastrutture d’accoglienza adeguate. Sopratutto nelle prime settimane dell’emergenza - in cui, come si ricorderà, sono stati adibiti e costruiti in poco tempo ampi spazi per la degenza dei malati Covid-19, o addirittura veri e propri "Covid hospital" - nel settore sanitario sono state adottate procedure emergenziali, la cui scarsa trasparenza degli affidamenti veniva controbilanciata dall’urgenza del momento.
Il richiamo degli organi di polizia ad innalzare la soglia di attenzione si collega appunto all’allargamento delle maglie dei controlli nelle procedure di affidamento di lavori e servizi da parte di enti pubblici; che, come detto, sono sotto la lente di ingrandimento delle associazioni mafiose, bramose di sottrarre - con i propri metodi conniventi, corruttivi e anticoncorrenziali - risorse allo Stato per raggiungere gli obiettivi di prevaricazione e di arricchimento.
A distanza di molti mesi da quei moniti rivolti dagli organi del contrasto, sono oggi emerse evidenze di indagine che confermano il tentativo (spesso andato a buon fine) da parte delle mafie di inserimento nei settori maggiormente coinvolti dall’emergenza da virus Covid-19: sono stati ad esempio scoperti redditizi giri d’affari di imprese di diretta derivazione dai clan mafiosi che si erano subito convertite in operatori di sanificazione degli esercizi commerciali e pubblici, con l’immancabile ausilio di prestanome cui fittiziamente intestare le società[31]. E con riferimento alle strutture sanitarie, è stato anche confermato il pericolo di infiltrazione mafiosa (e in particolare ‘ndranghetista, in una terra - la Calabria - in cui ben due aziende sanitarie provinciali sono state commissariate per mafia), con una spinta alla corruzione dei dirigenti delle strutture agevolata dall’implicita minaccia dell’esercizio del metodo mafioso da parte degli agenti corruttori[32].
È doveroso a questo punto ricordare che il legislatore del 1982 ha così descritto l’associazione mafiosa: "L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali". Tra le altre caratteristiche del gruppo mafioso, il legislatore dunque non ha certo lasciato in ombra la mafia che si fa impresa[33], mediante la disponibilità di una riserva di capitali "sporchi" e prestanome, con l’esercizio dei pieni poteri sociali ovvero la compartecipazione "a distanza" di società sane, che si servono dei mafiosi per sbaragliare la concorrenza[34]. Ed infatti, la mafia che si fa impresa è tesa ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici: la mafia è in questi termini descritta dal legislatore come un’impresa che tende al monopolio sfruttando, all’occorrenza, il proprio metodo d’intimidazione; e un obiettivo talmente ambizioso non può fare a meno degli appalti pubblici, né degli aiuti di Stato.
In tempi di pandemia di notevole interesse sono le proiezioni dell’impresa mafiosa: crisi e mutamenti di regole e di percorsi ordinari che consentono all’impresa mafiosa di operare sul mercato con maggiore spregiudicatezza, sfruttando le condizioni più favorevoli del mercato. Proiezioni che coprono un ampio spettro d’azione: la mafia "impresa" non è solo quella che cerca di aggiudicarsi appalti pubblici, ma anche quella che, al pari delle altre imprese in difficoltà, cerca di avvantaggiarsi dalle nuove forme di credito rapido (quali quelle garantite dallo Stato varate a seguito della depressione economica scaturita dal Coronavirus) - con la differenza sostanziale che l’impresa mafiosa non può subire alcun tracollo, considerata l’iniezione continua nelle sue casse di liquidità illecita. Essa non può fallire: l’impresa mafiosa non è mai, realmente, sullo stesso piano degli altri soggetti economici, perché è appendice di un gruppo dedito ad attività criminali; eppure, riesce (truffaldinamente) a mostrare le difficoltà legate alla contingenza storica, al pari delle altre imprese, per accedere agli aiuti di Stato.
Si consideri, al riguardo, il c.d. "decreto credito" varato nell’aprile del 2020, con cui si forniscono gli istituti bancari di strumenti che agevolano il ricorso al credito, con una garanzia in parte pubblica. La misura è stata ideata per consentire alle piccole e medie imprese italiane di tamponare le perdite e superare le contingenti difficoltà: nondimeno, da più parti[35] è stato segnalato il rischio che a fruire di un tale beneficio siano anche le imprese mafiose, dietro il cui schermo societario possono nascondersi soggetti condannati per mafia o per altri reati sintomatici (es. contro la pubblica amministrazione) oppure sottoposti a misure di prevenzione personale o patrimoniale antimafia. D’altro canto, i primi mesi di applicazione di questa speciale disciplina creditizia hanno messo in luce quanto difficile sia accertare, dietro l’organigramma societario, gli effettivi beneficiari dei fondi; e ancor più difficile verificare se la liquidità erogata sia stata effettivamente destinata ad arginare i danni prodotti dalla ridotta mobilità sociale. Lo strumento adottato insomma, che si pone a metà strada tra il prestito (privato) e l’erogazione (pubblica) a fondo perduto, sfugge tanto alle verifiche bancarie in ordine alla tenuta finanziaria del richiedente, tanto ai controlli normalmente connessi agli aiuti elargiti alle imprese.
Autorevoli esponenti della magistratura[36] hanno segnalato che, in tal modo, si attiva una gigantesca iniezione di liquidità nel mercato delle imprese, eppure nessuno strumento tecnico-giuridico viene previsto quale riparo dal rischio di finanziamento pubblico di imprese mafiose: questo strumento creditizio rinuncia per es. alla tracciabilità dell’uso del finanziamento, attraverso il ricorso obbligatorio a conti dedicati, in grado di facilitare l’individuazione di anomalie e rischi di riciclaggio; come si è rinunciato a subordinare l’accesso al credito agevolato al preventivo assolvimento di un obbligo dell’imprenditore di attestare, innanzitutto, di non essere sottoposto a procedimenti per gravi delitti, innanzitutto di criminalità organizzata, corruzione, frode fiscale. Ne consegue la possibilità che ad essere soddisfatti siano, oltre alle imprese effettivamente bisognose, anche gli interessi speculativi di strutture mafiose; e, in ultima analisi, del rafforzamento per quella mafia che si fa impresa.
Proseguendo sul versante dell’imprenditoria mafiosa: la pandemia, avendo generato una crisi di liquidità senza precedenti, ha inoltre accentuato il fenomeno dell’usura, che consente alle mafie di impadronirsi di nuovi soggetti economici. La crisi asseconda in questo senso la vocazione monopolista delle mafie: spinge da un lato gli imprenditori a richiedere risorse liquide e immediate a uomini dal volto pulito e amichevole, dietro cui si nascondono le cosche. L’imprenditore mafioso ha, di primo acchitto, un atteggiamento benevolo: offre aiuto all’impresa in difficoltà, con prestiti facili dai tassi d’interesse apparentemente allettanti. Un’ offerta che l’imprenditore insolvente non è quasi mai in grado di rifiutare; salvo scoprire, subito dopo, di dovere restituire somme esorbitanti e, in mancanza di liquidità, spesso finisce col cedere l’intera azienda[37].
D’altronde, la crisi è il momento in cui il sistema economico opera una sorta di selezione naturale, tra chi è in grado di reggere il peso delle difficoltà, e di uscirne rafforzato, e chi invece perisce, per essere espulso definitivamente dal mercato. Ecco perché è talvolta l’impresa mafiosa a cercare - o meglio: anticipare - l’operatore economico, proponendo offerte apparentemente vantaggiose per superare il momento di difficoltà: non solo prestiti usurai, ma anche strategie di evasione fiscale sicura o di ottimizzazione dei costi d’impresa con attività fraudolente. Il fine è sempre lo stesso: spingere all’indebitamento con gli stessi soggetti mafiosi, imporsi dentro l’impresa in difficoltà ed acquisire nuove fette di mercato a discapito di chi patisce la crisi.
L’infiltrazione nel tessuto economico dei mafiosi imprenditori e dei loro capitali illeciti è silenziosa, ma continua e costante, e aiuta le cosche a riciclare l’ampia riserva di denaro sporco generato dalle attività delittuose dell’associazione, attivando modalità di reimpiego in grado di convertire il denaro "sporco" in denaro "pulito"; e il reinvestimento dei profitti è un’attività assolutamente necessaria in tempi ordinari, e di gran lunga agevolata - per le ragioni sopra accennate - nel periodo storico che stiamo vivendo.
5. Gli errori e le prospettive
L’aver anzitutto ricordato alcuni dati storici incontestabili - ed in particolare che la mafia si pone al posto dello Stato in quanto soggetto politico per sua stessa natura - è stato necessario per individuare, in termini generali ma già col conforto di numerose evidenze giudiziarie a disposizione, il modo con cui le mafie si mostrano e operano in tempi di profonda crisi economica e sociale, quale quella scaturita dalla pandemia. Si è visto come le mafie operino su due direttrici: quello dell’aiuto (subdolo) ai soggetti in difficoltà e quello del rafforzamento delle proprie posizioni economiche. Ma si è anche visto come le mafie non cessino mai di essere entità predatorie, e sempre in questo duplice senso: in una stagione di aiuti economici i fondi vengono depredati per sé o per altri (è la mafia che aiuta) oppure per rafforzare la propria posizione imprenditoriale (è la mafia che si fa impresa). Sono essenzialmente queste le direzioni del crimine organizzato mafioso che si registrano in tempi di Covid-19.
Non è ancora possibile quantificare il grado di penetrazione delle compagini mafiose nella società e nell’economia italiana a seguito della spaventosa crisi generata dal virus: non è possibile quantificare il numero dei soggetti beneficiati dalle cosche mafiose (in cambio di una contropartita che, presto o tardi, verrà pretesa), di persone rimaste vittima del fenomeno usuraio perpetrato col metodo mafioso; il numero di aziende e imprese in difficoltà finite nelle mani delle organizzazioni mafiose, né la consistenza dei capitali illeciti messi in circolazione attraverso le attività lucrose delle imprese mafiose[38]. Eppure in buona parte già lo rilevano le risultanze investigative e processuali fin qui disponibili, in cui le attività mafiose di carattere economico-imprenditoriale mostrano un notevole incremento: emerge adesso con maggior forza un «interesse per l’impresa nelle indagini di criminalità organizzata»[39], tanto da suggerire l’abbandono «di una prospettiva per così dire "mafiocentrica", per puntare l’attenzione su quei fattori di contesto che consentono alla mafia di prosperare» . Bisogna quindi andare a guardare, oggi, il contesto in cui le mafie operano, che non è più soltanto quello economicamente asfittico del Meridione (in cui pure i soggetti economici ben conoscono l’esistenza dell’organizzazione e dell’impresa mafiosa e, talvolta, vi si affidano, per necessità o per convenienza), ma è anche quello del ricco Nord Italia, ove si guarda più alle capacità economiche che all’esercizio della violenza: sempre più terreno di coltura delle nuove forme mafiose, derivate o meno dalle compagini tradizionali[40].
Le prime risultanze investigative sul periodo coperto dalla pandemia quindi confermano una pesante infiltrazione delle mafie nelle economie legali. Un dato che si evince in positivo (in relazione alle indagini appunto messe a segno dagli organi inquirenti) ma anche in negativo: «l’aumento delle cancellazione di imprese sane può considerarsi il diretto portato dell’operatività dei soggetti economici mafiosi, che deviano la concorrenza, egemonizzando i settori di mercato in cui sono inseriti» [41].
Certamente può dirsi che il ritorno della questione mafiosa in relazione all’economia, nei provvedimenti giudiziari e nelle osservazioni degli organi di controllo e degli studiosi, fanno intendere che la prepotente domanda di legittimazione sociale delle mafie, di riconoscimento delle loro leadership sociali ed economiche di fronte agli stravolgimenti epocali vissuti a partire dal 2020, è stata soddisfatta: perché se è vero che le mafie, storicamente, sono state caratterizzate da un andamento carsico[42], è vero, per converso, che la cosca «sembra scomparire nei periodi di forte repressione, per riapparire, più forte e determinata nelle fasi di debolezza delle istituzioni e di crisi economica» [43]. Nè può escludersi che il meccanismo interno dell’attività mafiosa abbia, a seguito della comparsa del Covid-19 e delle relative - e sopra percorse - "occasioni" di rafforzamento e di guadagno, definitivamente abbandonato la violenza quale modalità d’azione: da attuare, per il mafioso sempre più homo oeconomicus, solo se strettamente necessario. E questo muta - come è già mutato - l’approccio dell’analisi e del contrasto del fenomeno, certamente resi più complessi.
Non è possibile neppure parlare di "errori", tali da aver determinato questo infausto risultato; piuttosto, come emerge dagli aspetti gestionali della crisi sopra ripercorsi, si evince un approccio superficiale alle misure di crescita, sotto l’aspetto legalitario, che non tiene conto dei risultati acquisiti in decenni di rigoroso contrasto alle cosche - non tiene conto, in particolare, della imprescindibile lezione di Giovanni Falcone, secondo cui le mafie sono sì fenomeni umani, ma sopratutto economici[44].
Può dirsi che da parte dei decisori pubblici, almeno fin qui, è stata compiuta la leggerezza di avere sottovalutato il rischio, da un lato, che al welfare state potesse subentrare il c.d. "welfare mafioso di prossimità"[45], ovvero quel sostegno attivo alle famiglie, agli esercenti commerciali, agli imprenditori in difficoltà, in cambio di connivenza, condivisione dei profitti, conquista di posizioni di mercato; dall’altro, che le misure di stimolo dell’economia potessero avvantaggiare, in primo luogo, proprio le imprese mafiose.
Come già si è ricordato: era il 1980 quando la camorra riusciva a mettere le mani sul business della ricostruzione del terremoto in Irpinia; erano ancora gli anni ottanta quando cosa nostra si sedette allo stesso tavolo della politica per inaugurare una imponente stagione di opere pubbliche realizzate in deroga di bilancio, in Sicilia, con l’obiettivo di riallineare il Sud al Nord; ed è stato ancora un terremoto, quello emiliano del 2012, ad aver sollecitato l’intervento degli imprenditori mafiosi presenti nell’area (in collegamento, in particolare, con le cosche calabresi). La storia delle mafie ci insegna che è nei periodi di emergenza, sfruttando le incertezze del legislatore e dell’esecutivo, che i gruppi mafiosi adottano con la massima efficacia i loro metodi, le loro politiche anticoncorrenziali; rafforzandosi sul piano economico e sociale.
Ancora si fronteggiano da un lato l’esigenza di garantire ossigeno e sostegno finanziario alle imprese e al sistema economico in genere, dall’altro la necessità di snellire le procedure di gara per stimolare l’economia e di agevolare l’erogazione di aiuti e sussidi, per tamponare l’indigenza. Ma questi obiettivi non possono andare a discapito dei controlli sugli effettivi utilizzi e sugli effettivi beneficiari dei denari pubblici; che, nel panorama attuale, andrebbero invece rafforzati. I presidi di legalità nelle procedure di affidamento di appalti o di concessione di benefici, procedure che interessano le mafie dal volto benevolo che mediano tra poteri pubblici e privati, dovrebbero essere implementati, non depotenziati. E quanto all’attuale spadroneggiamento delle imprese mafiose: come di recente ha segnalato un autorevole organo di controllo[46], è essenziale il monitoraggio dei ruoli chiave delle imprese per cogliere se, negli assetti proprietari, manageriali e di controllo, vi siano soggetti privi di adeguata professionalità che appaiono come prestanome.
Rispetto ai provvedimenti e alle misure ripercorse, sul piano della prevenzione suppliscono alle carenze normative i prefetti, con l’emanazione - in esponenziale aumento nell’ultimo anno - di interdittive antimafia: un provvedimento che vieta in radice alle aziende che celano rapporti con le mafie di partecipare ad appalti pubblici e di avere rapporti con la pubblica amministrazione[47]. Ma si tratta di una misura tampone, certamente inidonea a contrastare l’infiltrazione nell’economia pubblica e privata da parte delle mafie. E’ invero opportuno che sia il legislatore a maturare la consapevolezza dei rischi che il Paese sta correndo in questo frangente, le cui ulteriori incertezze nel prevenire il dissipamento delle risorse potrebbero essere pagate a caro prezzo da cittadini e da imprenditori negli anni a venire: è quindi necessario rivedere i moduli emergenziali fin qui adottati e assecondare istanze di controllo e di tracciabilità dei fondi nelle stesse leggi che istituiscono le risorse; oppure stipulare dei protocolli di legalità a margine di ciascun aiuto economico a privati e imprese, a margine di ciascuna procedura di gara semplificata per ragioni emergenziali.
Ci muoviamo, peraltro, in un orizzonte temporale dominato dal c.d. "Recovery Fund", il fondo per la ripresa che l’Unione europea a fine luglio 2020 ha messo sul piatto per rilanciare le economie dei 27 Paesi membri travolte dalla crisi del Covid-19[48]. Com’è stato segnalato dagli studiosi, la concreta gestione di queste risorse è un’opportunità, tanto per il progresso unitario del Paese, tanto per i propositi delle mafie, non solo d’arricchimento dei propri sodali, ma anche d’infragilimento della collettività: che quanto più si mostra disgregata, quanto più è propensa ad accettare le condizioni di subdolo sviluppo dettate dai mafiosi[49].
Nei prossimi mesi l’Italia sarà destinataria di questi fondi (una parte di contributi a fondo perduto, una parte di prestiti): e ci si chiede se sia possibile fare in modo che la più poderosa immissione di liquidità degli ultimi settant’anni nel sistema economico, con investimenti programmati dalle pubbliche amministrazioni di inedita portata, non conduca ad ulteriori situazioni di vantaggio per le mafie imprenditrici. Sarebbe un imperdonabile scacco, non solo sul piano economico, ma anche sul piano sociale e della tenuta democratica del Paese.
*Il presente contributo arricchisce ed amplia, con ulteriori argomentazioni e l’aggiunta di note, la relazione tenuta al convegno di studi Mafie tra continuità e mutamento: analisi, esperienze, narrative organizzato dall’Università di Messina - Centro studi sulle mafie, il 27-28 settembre 2021.
[1] Che si sia trattato di una delle più grandi crisi economiche - a livello planetario - degli ultimi decenni lo confermano gli analisti: cfr. Mitigating the COVID Economic Crisis: Act Fast and Do Whatever It Takes, a cura di Baldwin e Weder DiMauro, Centre for Economic Policy Research, London, 2020, con un focus sulla situazione italiana svolto da Alesina - Giavazzi, The EU must support the member at the centre of the COVID-19 crisis, p. 51 ss.; Report on the comprehensive economic policy response to the COVID-19 pandemic, Consiglio Europeo – comunicato stampa n. 223/20, 9 aprile 2020; ancora, sull’Italia, cfr. Produzione industriale italiana in calo di oltre il 50% in marzo e aprile. Una caduta senza precedenti, report del Centro studi Confindustria, 4 maggio 2020, rinvenibile su www.confindustria.it.
[2] Le previsioni di crescita del PIL del Paese per l’anno 2021 si attestano infatti attorno al 6% (a fronte del crollo della ricchezza nel 2020 nella misura del 9%), in linea d’altronde con i trend di crescita degli altri paesi europei (cfr. Banca d’Italia, Bollettino economico, 4, 2021, p. 51 ss.): ciò comporta il definitivo superamento della fase più critica della depressione economica vissuta nel 2020.
[3] L’espressione "ondata epidemica" con riferimento al virus Covid-19, che certamente connota la gravità del fenomeno, è stata inizialmente adottata nel report Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente - anno 2020 (Istituto nazionale di statistica - Istituto superiore di sanità), Roma, 2020, e poi penetrata nel linguaggio comune.
[4] Oltre a incidere pesantemente sulla crescita economica dei paesi coinvolti, la pandemia ha anche innescato ovvero contribuito ad accelerare processi potenzialmente idonei a modificare radicalmente il contesto socio-economico di riferimento. Sul punto, cfr. La crisi Covid 19. Impatti e rischi per il sistema finanziario italiano in una prospettiva comparata (report CONSOB), a cura di Linciano, Roma, 2020; Banca d’Italia, Indagine straordinaria sulle famiglie italiane, Roma, 2020, rinvenibile su www.bancaditalia.it.
[5] Al riguardo e` indicativo quanto ha affermato il Ministro dell’Interno alla Camera dei Deputati l’8 aprile 2020: «L’attuale fase di emergenza che stiamo vivendo sta incidendo profondamente anche sul tessuto economico e sociale. In tale contesto, è necessario mantenere alta la guardia, per scongiurare possibili rischi di infiltrazione della criminalità organizzata nella fase di riavvio delle diverse attività economiche attualmente in sofferenza. [...] Particolare attenzione dovrà essere rivolta verso determinati reati spia, indici di fenomeni di infiltrazione criminale, anche mafiosa, nelle pieghe economico-finanziarie, tra le quali l’attività estorsiva, l’usura, l’attività di riciclaggio» (Resoconto stenografico dell’Assemblea, XVIII legislatura, seduta n. 324 dell’ 8 aprile 2020, rinvenibile su www.camera.it). Il rischio dell’infiltrazione mafiosa nel sistema economico piagato dal Covid-19 è stato fin da subito sollevato da autorevoli commentatori, quali De Raho, Il procuratore nazionale antimafia De Raho: “I clan hanno necessita` di collocare i soldi liquidi: ecco come si approfitteranno della crisi”, in Corriere della Sera, 2 aprile 2020; De Lucia - Petralia - Sava, Infiltrazioni mafiose e Covid-19 (intervista a cura di Apollonio), in Giustizia Insieme (web), 20 aprile 2020.
[6] Per l’approfondimento in chiave storica di tali eventi cfr. Ciconte, Storia criminale. La resistibile ascesa di mafia, ‘ndrangheta e camorra dall’Ottocento ai giorni nostri, 2008, Soveria Mannelli, p. 159 ss. e p. 306 ss.; cfr. anche Sales, Storia delle mafie italiane. Perché le mafie hanno avuto successo, Soveria Mannelli, 2015, spec. p. 53 ss.; Paoli, Fratelli di sangue. Cosa nostra e ‘ndrangheta, Bologna, 2000, p. 20 ss.
[7] Vd. Pignedoli, Operazione Aemilia: Come una cosca di ‘Ndrangheta si è insediata al Nord, Reggio Emilia, 2015; Soresina, I mille giorni di Aemilia. Il più grande processo al Nord contro la ‘Ndrangheta, Roma, 2019.
[8] «Interpretando la protezione come una merce vera e propria è possibile spiegare il senso di molte attività mafiose» (Gambetta, La mafia siciliana: un’industria della protezione privata, Torino, 1992, p. 62). Nell’opera, che teorizza il concetto di protezione mafiosa, si evidenzia peraltro che quando trasformazioni economiche significative – come un boom in un mercato locale o una transizione da un sistema di contrattazione ad un altro – non sono governate dalle autorità danno origine ad una domanda di protezione cui si collega, nelle aree piagate dal fenomeno, immancabilmente un’offerta mafiosa in tal senso.
[9] Cfr., per tutti, Arlacchi, Mafia, contadini e latifondo nella Calabria tradizionale. Le strutture elementari del sottosviluppo, Bologna, 1980, p. 128 ss.
[10] Tajani, Mafia e potere. Requisitoria del 1871, Pisa, 1993, p. 45.
[11] Camilleri-Lodato, La linea della palma, Milano, 2003, p. 31.
[12] Il tema, reso artisticamente da De Filippo, è ben trattato, sotto l’aspetto scientifico, da Fiore, La politicizzazione della camorra. Le fonti di polizia a Napoli (1840-1860), in Meridiana, 78, 2013, p. 134 ss. nonché da Di Majo, I grandi camorristi del passato, Napoli, 2012; vd. anche Mascilli Migliorino, Povertà e criminalità a Napoli dopo l’unificazione: il questionario sulla camorra, in Archivio della provincia napoletana, 3, 1980, p. 290 ss.
[13] Ciò è ben illustrato nello studio di Arlacchi, La mafia imprenditrice. L’etica mafiosa e lo spirito del capitalismo, Bologna, 1983, p. 55 ss.; Becchi-Rey, L’economia criminale, Roma-Bari, 1994, p. 32 ss. Per uno spaccato criminologico attuale della questione vd. Savona, La regolazione del mercato della criminalita`, in Aa.Vv., Verso un nuovo codice penale: itinerari, problemi, prospettive, Milano, 1993, p. 203 ss.
[14] Ristori che hanno contribuito a sostenere: i) le imprese, per contenere l’incremento del tasso di insolvenza, il crollo degli investimenti e il calo della produttività anche collegato all’eventuale mantenimento di misure di distanziamento sociale necessarie per prevenire successive ondate di contagio; ii) le famiglie, in modo da mitigare la contrazione del reddito disponibile e dei consumi; iii) il sistema bancario, in modo da mitigare gli effetti di un peggioramento della qualità del credito sulla stabilità delle banche e sull’erogazione di crediti a famiglie e imprese (vd. La crisi Covid 19. Impatti e rischi per il sistema finanziario italiano, cit., p. 17). Cfr. anche Misure fiscali e finanziarie per l’emergenza Coronavirus - Camera dei Deputati - Servizio Studi, 25 giugno 2021, in www.camera.it
[15] L’insufficienza del sostegno pubblico nel contesto epidemico si registra su scala planetaria: si veda il rapporto Oxfam Shelter from the storm. The global need for universal social protection in times of Covid 19, a cura di Barba, van Regenmortal e Ehmke, Oxford, dicembre 2020.
[16] «Uno dei principali obiettivi delle mafie è quello di sostituirsi allo Stato nel sostegno alle fasce più deboli della popolazione, aumentando in tal modo il proprio consenso sociale, sia utilizzando "risorse" proprie, che gestendo i fondi che gli stessi decreti anticrisi destinano allo scopo» : De Lucia, in De Lucia-Petralia-Sava, Infiltrazioni mafiose e Covid-19, cit. Una lettura del fenomeno mafioso in termini di capitale sociale poggiato sul consenso è stata promossa efficacemente in Italia da Sciarrone, Mafie vecchie, mafie nuove. Radicamento ed espansione (nuova edizione), Roma, 2009, p. 48, fino al piu` recente lavoro di Sciarrone-Storti, Le mafie nell’economia legale. Scambi, collusioni, azioni di contrasto, Bologna, 2019, p. 69 ss.
[17] Come infatti è stato sottolineato, «Un imprenditore legittimo, costretto ad operare in regime di concorrenza con colleghi "criminali" dotati di ricchissime fonti di denaro liquido, è destinato a soccombere» (Zanchetti, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 52); sul profilo anti-concorrenziale del riciclaggio dei proventi mafiosi vd. anche Riciclaggio e imprese. Il contrasto alla circolazione dei proventi illeciti, a cura di Arnone e Giavazzi, Milano, 2011, p. 10 ss.; Masciandaro, Analisi economica della criminalità, teoria della regolamentazione e riciclaggio finanziario, in Mercati illegali e mafie, a cura di Zamagni, Bologna, 1993, p. 243 ss.
[18] La dimensione politica è costitutiva del fenomeno mafioso. Da questo punto di vista, la mafia si caratterizza come un gruppo politico in senso weberiano, poiché presenta le caratteristiche principali di tale categoria di gruppo, vale a dire un sistema di regole e di norme, un apparato in grado di farle rispettare, una dimensione territoriale, la coercizione fisica (Santino, La borghesia mafiosa. Materiali di un percorso d’analisi, Palermo, 1994, p. 125). Vd. anche Id., La mafia come soggetto politico. Ovvero: la produzione mafiosa della politica e la produzione politica della mafia, in La mafia, le mafie tra vecchi e nuovi paradigmi, a cura di Costantino e Fiandaca, Roma-Bari, p. 118 ss.
[19] Com’è noto, il metodo mafioso si condensa nelle modalità d’azione dei partecipi di cui al terzo comma dell’art. 416-bis c.p.: «L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri» .
[20] Hobsbawn, I banditi, Torino, 2002, p. 34; cfr. nei medesimi termini Romano, L’ordinamento giuridico, Firenze, 1917; tale concetto accede poi ai successivi studi sulla fenomenologia mafiosa: tra questi, si veda Cerami - Di Lello - Gambino, Istituzioni, mafia e realtà politico-sociale, in Aa.Vv., Mafia e istituzioni, Roma, 1981.
[21] Tranfaglia, La mafia come metodo, Milano, 2012, p. 9.
[22] Il riferimento sociologico più utile e illustrativo sul tema lo si rinviene nel pensiero di Lupsha, che individua non due ma tre stadi di affermazione del crimine mafioso: lo stadio predatorio, in cui il mafioso, per imporre condizioni di assoggettamento, è costretto ad utilizzare in maniera indiscriminata e costante la violenza; lo stadio corruttivo, in cui si infiltrano i poteri pubblici costituiti; ed infine lo stadio simbiotico, in cui l’ente mafioso viene visto oramai come parte integrante del contesto sociale, come elemento "utile" di governo dell’economia e della società: cfr. Lupsha, Transnational Organized Crime versus the Nation State, in Transnational Organized crime, 48, 1996, p. 21 ss.
[23] Un altro dei compiti che l’organizzazione mafiosa si prefigge: vd. Sciarrone, Mafia e potere: processi di legittimazione e costruzione del consenso, in Stato e mercato, 3, 2006, p. 369 ss.
[24] Cfr. CENSIS, 55° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2021, Roma, dicembre 2021.
[25] Va ricordato che la mafia emerge nell’Ottocento come forma di mediazione: cfr. le tesi, piuttosto consolidate tra gli studiosi, di Ferrarotti, Rapporto sulla mafia: da costume locale a problema dello sviluppo nazionale, Napoli, 1978; Gribaudi, Mediatori, Torino, 1980.
[26] In Direzione Investigativa Antimafia (DIA), Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento, luglio-dicembre 2020, consultabile su www.senato.it, p. 23, che è lo specchio della più recente attività giudiziaria e di contrasto al fenomeno mafioso (e che per tale motivo verrà più volte citata nel prosieguo), si fa riferimento alle numerose evidenze d’indagine che riguardano l’indebita percezione di benefici assistenziali da parte di soggetti mafiosi ovvero di soggetti a questi vicini e da questi "aiutati".
[27] Nell’importante studio di Gambetta, La mafia siciliana. Un’industria della protezione privata, Torino, 1992, p. 302, l’interesse delle mafie in quest’attività è legato al fatto che è statisticamente più facile che l’edilizia e il suo indotto siano inquinati dalle offerte truccate e dalle intese collusive; la mafia favorisce e protegge gli accordi sia di corruzione sia di collusione, agevolando ed amplificando le storture del mercato mediante l’immissione di denari "sporchi" e l’esercizio del suo metodo.
[28] Anche questo tema ha un rilievo socio-criminologico: secondo La Spina, Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno, Bologna, 2005. p. 171, i politici meridionali piuttosto che amministratori capaci di impiegare efficacemente le risorse di cui dispongono, sono visti prevalentemente come mediatori tra centro e periferia e a livello locale, tra concessione e richieste di benefici economici.
[29] Cfr. Direzione Investigativa Antimafia (DIA), Relazione del Ministro dell’Interno, cit., p. 23.
[30] Si tratta di due circolari del DCA datate 27 marzo e 4 aprile 2020, indirizzate a tutti i Questori d’Italia, che segnalano la necessità di prestare grande attenzione e, quindi, contrastare le prevedibili infiltrazioni mafiose ed attività corruttive nel settore degli appalti pubblici e delle forniture sanitarie conseguenti alle misure restrittive adottate per contrastare la diffusione del coronavirus.
[31] Vds. il Report 4/2020 dell’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione dell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso, Roma, dicembre 2020, spec. p. 87 ss., ove si accenna al ruolo determinante dei prestanome in tutti i casi in cui occorre aggirare verifiche preventive (es. la stipula di protocolli di legalità) e riscontri successivi da parte dell’autorità giudiziaria.
[32] Cfr. Direzione Investigativa Antimafia (DIA), Relazione del Ministro dell’Interno, cit., pp. 12-13; l’esercizio solo eventuale del metodo mafioso da parte degli affiliati impegnati in pratiche corruttive con pubblici funzionari è un tema esplorato, volendo, in Apollonio, Rilievi critici sulle pronunce di "mafia capitale": tra l’emersione di nuovi paradigmi e il consolidamento nel sistema di una mafia soltanto giuridica, in Cass. Pen., 2016, p. 130 ss.; Id., Estorsione "ambientale" e art. 416-bis.1 c.p.al cospetto dei modelli mafiosi elaborati dalla giurisprudenza, in Cass. Pen, 2018, p. 3483.
[33] Oltre al già citato studio di Arlacchi, La mafia imprenditrice, cit., va richiamato lo studio sull’impresa mafiosa di Pellegrini, L’impresa grigia. Le infiltrazioni mafiose nell’economia legale, Roma, 2018, p. 74 ss.
[34] Ed in tale ambito è stato di recente registrato come numerosi imprenditori, a seguito dello scoppio della pandemia, abbiano favorito l’ingresso nelle imprese di soggetti appartenenti alle cosche mafiose per beneficiare del loro peso criminale e delle loro tecniche intimidatorie, al fine di garantirsi, illecitamente, una vantaggiosa posizione di mercato (ma si pensi, anche, al difficoltoso recupero dei crediti in tempi di crisi economica): cfr. Report 4/2020, cit., p. 87.
[35] Sul punto si veda la Circolare del ministro dell’Interno ai Prefetti del 4 maggio 2020, Emergenza epidemiologica da COVID-19. Misure urgenti in materia di accesso al credito delle imprese, reperibile su www.interno.it, in cui si evidenzia che è stato sottoscritto un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze, e la società SACE, «strutturando un modello collaborativo in grado di consentire, ad un tempo, la completa funzionalità dello strumento e l’esigenza di impedire il beneficio di qualunque utilità di fonte pubblica a vantaggio di un’ impresa in odore di condizionamento malavitoso» ; tuttavia, lo strumento "privilegiato" di controllo rimarrebbe l’auto-certificazione del possesso dei requisiti da parte del richiedente; sul punto vd. anche Saviano, Coronavirus. Perche´ la mafia vuole prendersi cura dei nostri affari, in La Repubblica, 26 aprile 2020; ed anche, volendo, Apollonio, Non rischiamo che le mafie si prendano il Paese, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 25 aprile 2020.
[36] Greco - Melillo, Greco e Melillo: “Ecco perche´ il Decreto Credito e` pericoloso”, in La Repubblica, 11 aprile 2020; Morosini, Emergenza socio-economica e pericolo mafioso, in Quest. Giust. (web), 16 ottobre 2020.
[37] Segnala il concretizzarsi del rischio di usura, e di acquisizione diretta o indiretta delle imprese da parte di organizzazioni criminali, nel periodo storico attuale, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), Prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria connessi con l’emergenza da Covid-19, 11 febbraio 2021.
[38] E’ significativo che lo United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), The impact of Covid-19 on organized crime - Research brief, report rinvenibile su www.unodc.org, distingua i settori economici vulnerabili all’infiltrazione del crimine organizzato tra quelli in difficoltà (Economic sectors vulnerable to infiltration by OCGs due to their financial distress caused by the COVID-19 crisis) e quelli con previsioni di crescita (Economic sectors vulnerable to OCG infiltration because of their opportunities to benefit from the COVID-19 crisis).
[39] Così il Procuratore di Milano Francesco Greco in Direzione Investigativa Antimafia, Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento, cit., p. 282.
[40] Sulle mafie al Nord si guardi il ricognitivo lavoro Riconoscere le mafie. Cosa sono, come funzionano, come si muovono, a cura di Santoro, Bologna, 2015, ed in particolare il contributo di La Spina, Riconoscere le organizzazioni mafiose, oggi: neo-formazione, trasformazione, espansione e repressione in prospettiva comparata, ivi, p. 95 ss.; per i problemi tecnico-giuridici che il fenomeno solleva cfr. Balsamo-Recchione, Mafie al Nord. L’interpretazione dell’art. 416 bis c.p. e l’efficacia degli strumenti di contrasto, in Dir. pen. cont. (web), 18 ottobre 2013.
[41] Così Michele Formiglio, Prefetto di Mantova, in Direzione Investigativa Antimafia, Relazione del Ministro dell’Interno, cit., p. 283.
[42] In letteratura il primo ad utilizzare questa espressione, relativamente al fenomeno mafioso (camorristico) è Sales, La camorra, le camorre, Roma, 1988, p. 74.
[43] In questo senso, secondo Catino, La mafia come fenomeno organizzativo, in Quaderni di Sociologia, 14, 1997, «La visibilità dell’organizzazione sembra essere un indicatore negativo dello stato di sviluppo di un sistema sociale» .
[44] E, ancor più incisivamente: «la mafia, essendo in prima istanza un fenomeno socioeconomico, non può venire efficacemente repressa senza un radicale mutamenti della società, della mentalità, delle condizioni di sviluppo» (Falcone, Cose di cosa nostra, in collaborazione con Padovani, Milano, 1995, p. 153).
[45] La mafia infatti oggi si accredita «presso imprenditori in crisi di liquidità ponendosi quale interlocutore di prossimità, imponendo forme di sostegno finanziario e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale» (Direzione Investigativa Antimafia, Relazione del Ministro dell’Interno, cit., p. 12).
[46] Vd. Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), Prevenzione di fenomeni di criminalità finanziaria, cit.
[47] Si registrano peraltro proficue interazioni e collaborazioni con i locali uffici di Procura che consentono approfondite istruttorie in tema di interdittive antimafia: cfr. Direzione Investigativa Antimafia, Relazione del Ministro dell’Interno, cit., p. 237.
[48] L’Italia, prendendo atto del fallimento delle politiche di sostegno adottate (talvolta compulsivamente) nel periodo emergenziale, grazie anche alla concessione di cospicui aiuti euro-unitari, ha redatto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), pubblicato il 5 maggio 2021 su www.governo.it: trattasi del più grande piano di pacchetti economici mai varato dal dopoguerra. Di interesse quanto dichiarato dal Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho all’ANSA il 28 aprile 2021: «Le mafie, diversamente dalle imprese sane, non hanno bisogno di liquidità ma piuttosto hanno l’esigenza di collocarle. Laddove lo Stato, l’Europa, intervengono per aiutare la ripresa dell’economia, già si esclude in parte il rischio che le mafie intervengano con i propri fondi per appropriarsi da dentro delle imprese e quindi di infiltrarsi. D’altro canto vi è anche l’ulteriore finalità delle mafie, quella di intercettare i flussi finanziari che provengono dallo Stato e dagli altri enti pubblici» .
[49] Sales, Il Recovery e il divario del Sud, in La Repubblica, 3 dicembre 2021, sottolinea - sulla scorta dei dati storici e previsionali a disposizione - che senza un radicale mutamento d’approccio nella gestione dei fondi pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni del Meridione, il PNRR e la relativa mole di finanziamenti destinati al Paese rischia di divaricare ulteriormente la distanza Nord-Sud e di frammentare ancora di più il corpo sociale: a tutto vantaggio delle organizzazioni mafiose.