Il green pass (per i soli magistrati) negli uffici giudiziari
di Federica Resta*
Il d.l. 127 del 2021 ha introdotto un obbligo generalizzato di possesso del green pass ai fini dell’accesso dei lavoratori (dei settori pubblico e privato) al luogo di lavoro. Analogo obbligo è stato previsto ai magistrati, ai fini dell’accesso agli uffici giudiziari. Tale estensione a un ambito del tutto peculiare, quale quello giudiziario, determina, tuttavia, implicazioni particolarmente rilevanti e alcuni dubbi applicativi, che la conversione in legge del decreto-legge o, per aspetti diversi, la circolare del Ministero della giustizia potranno chiarire.
Sommario: 1. Il green-pass - 2. Il d.l. 127 del 2021 - 3. Il green pass quale requisito per l’accesso dei magistrati agli uffici giudiziari.
1. Il green-pass
Tra le varie problematiche connesse al governo dell’emergenza (pandemica), quella relativa all’uso della tecnologia a fini di prevenzione sanitaria si è rivelata una delle più complesse.
La definizione dei limiti da porre alla tecnica, per favorirne un uso “sostenibile” tale da non degenerare in forme di sorveglianza massiva ha, infatti, rappresentato uno degli elementi discretivi dell’approccio europeo al contrasto della pandemia, rispetto ad altri modelli fondati su di un ampio ricorso al digitale, ma anche sul controllo capillare dei cittadini.
La “differenza europea”, su questo terreno, è emersa con particolare nettezza rispetto a due importanti misure di contenimento dei contagi: il contact tracing digitale e il green pass.
Già dai primi mesi di pandemia, infatti, con la scelta di un sistema di contact tracing che tracciasse i contatti, non le persone e il rifiuto della georeferenziazione costante dei cittadini, l’Europa ha delineato un equilibrio democraticamente sostenibile tra salute (nella sua duplice componente di diritto fondamentale e interesse collettivo), tecnica e libertà.
Lo stesso bilanciamento è, del resto, sotteso alla disciplina europea delle certificazioni verdi, che con il Regolamento 2021/953 ha promosso uno strumento (temporaneo) di prevenzione dei contagi profondamente diverso dai “passaporti sanitari” o dalle altre misure di biosorveglianza proprie, ad esempio, del sistema cinese. Le componenti essenziali del green pass europeo rappresentano, anche in questo caso, il frutto di un ricorso lungimirante alla tecnica, tale da realizzare uno strumento di contenimento dei contagi efficace, ma anche idoneo a minimizzare l’impatto sulla privacy. Garantendo riservatezza sul suo presupposto (vaccino, guarigione, negatività al tampone), il green pass ha anche impedito forme, dirette o indirette, di discriminazione nei confronti di quanti non possano o non vogliano vaccinarsi, pur rappresentando indubbiamente, esso stesso, una forma di “nudging”, di promozione della vaccinazione.
La previsione di presupposti, alternativi alla vaccinazione, suscettibili di determinare il conseguimento del green pass ne esclude, tuttavia, la configurabilità alla stregua di obbligo surrettizio di vaccinazione, assimilandolo invece alla figura giuridica dell’onere[1]. Tale, infatti, è stata la qualificazione fornita dalla Corte costituzionale (sent. 137 del 2019) della previsione di una legge regionale relativa alla subordinazione dell’accesso, da parte del personale sanitario, a determinati reparti ospedalieri, alla sottoposizione a vaccinazioni solo raccomandate dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale.
E anche sulla base di tali garanzie che, sia in Italia che in Francia, sono state respinte le principali eccezioni d’illegittimità di tale istituto. Con pronuncia n. 824 del 5 agosto, infatti, il Conseil Constitutionnel ha escluso profili di illegittimità della disciplina francese delle certificazioni verdi, in quanto di carattere temporaneo, conforme al canone di ragionevolezza e proporzionalità perché efficace in termini di prevenzione sanitaria e non tale da imporre un obbligo terapeutico coercitivo, non essendo il vaccino l’unico presupposto per il rilascio del titolo.
Argomentando, poi, proprio sulle garanzie di privacy offerte in particolare dalla disciplina attuativa (d.P.C. M. 17 giugno 2021), l’ordinanza n. 5130 della Terza Sezione del Consiglio di Stato ha potuto escludere la sussistenza di “lesioni della riservatezza sanitaria” in relazione all’obbligo di esibizione del green pass ex art. 9, c.10. d.l. 52 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla l. 87 del 2021 - v. su questa Rivista Green pass e protezione dei dati personali (nota a Cons. Stato, Sezione Terza, 17 09 2021 n. 5130)-.
Sono state (anche) le garanzie di riservatezza assicurate dal green pass ad averne favorito la graduale estensione, anche in Italia, a partire dal d.l. 52 del 2021 e con i successivi dd.ll. 105, 111, 121, che ne hanno interpolato il testo con l’effetto di ampliare l’ambito applicativo dell’istituto dapprima agli spostamenti tra regioni di colore diverso (d.l. 52 stesso), poi alla partecipazione ad eventi o attività suscettibili di determinare una significativa concentrazione di persone o, comunque, condizione di potenziale circolazione virale (d.l. 105), quindi al settore dell’istruzione e dei trasporti (d.l. 111), al personale esterno di scuole e r.s.a. (d.l. 121, rifluito in emendamento al d.d.l. di conversione del d.l. n. 111).
2. Il d.l. 127 del 2021
L’estensione più significativa dell’ambito applicativo del green pass si è determinata, indubbiamente, con il d.l. 127 del 2021 (il cui disegno di legge di conversione è attualmente all’esame della 1^ Commissione del Senato, in prima lettura). Con tale provvedimento, infatti, il possesso (e l’esibizione, su richiesta) di una certificazione verde in corso di validità è stato previsto come requisito necessario per l’accesso ai luoghi di lavoro per il settore pubblico (in regime contrattualizzato o meno, ivi inclusi gli organi a rilievo costituzionale), il settore privato e, per i soli magistrati (ma di ogni giurisdizione) agli uffici giudiziari. L’obbligo di possesso del green pass si estende anche ai titolari di cariche elettive o istituzionali di vertice, nonché - sulla base delle previsioni autonomamente emanate- agli organi costituzionali.
Il principale elemento innovativo del d.l. 127 concerne il suo riferire il possesso di una certificazione verde valida non già a un settore o a un’attività ma, unilateralmente, ai lavoratori.
Nei provvedimenti precedenti, infatti, la titolarità del green pass è stata concepita, essenzialmente, quale condizione per l’accesso a determinati luoghi o lo svolgimento di determinate attività e, anche quando ha riguardato i lavoratori è stata generalmente prevista anche per i soggetti fruitori della prestazione lavorativa (come per gli studenti universitari, soggetti a controlli pur a campione: art. 9-ter, c.4, ultimo periodo, d.l. 52).
Con il d.l. 127, invece, il possesso di una certificazione verde valida assurge ad onere da soddisfare per l’accesso al luogo di lavoro e, dunque, requisito necessario per lo svolgimento, in presenza, dell’attività lavorativa, pena la qualificazione come ingiustificata dell’assenza e la sospensione della retribuzione, pur con diritto alla conservazione del posto di lavoro e l’esclusione di conseguenze disciplinari (previste invece in caso di accesso in violazione degli obblighi).
Lo schema-tipo su cui si modella, nelle parti comuni ai vari settori, la disciplina di cui al d.l. 127, prevede in linea generale l’effettuazione dei controlli “prioritariamente, ove possibile” al momento dell’accesso al luogo di lavoro, “anche a campione” (commi 5 degli articoli 9-quinquies e 9-septies, rispettivamente per il settore pubblico e per quello privato, nonché, per gli uffici giudiziari, c. 5 dell’articolo 9-sexies, che a sua volta rinvia al comma 5 dell’articolo 9-quinquies), nonché con le modalità di cui al d.P.C.M. adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10, del d.l. 52 del 2021.
Sulla base di quanto previsto dal d.P.C.M. 17 giugno 2021, attuativo del citato art. 9, c.10, che dunque rappresenta al momento la disciplina di riferimento delle modalità di svolgimento dei controlli, oggetto della verifica – mediante l’app ufficiale Covid-19 - è (oltre al nome, al cognome e alla data di nascita dell’intestatario) il solo qr code attestante il possesso di una certificazione in corso di validità, senza alcun riferimento al presupposto del certificato (vaccinazione, guarigione, tampone). Questa previsione consente di evitare la conoscenza, da parte dei terzi, della condizione sanitaria o, comunque, delle scelte vaccinali del soggetto.
Per minimizzare l’impatto delle verifiche sulla riservatezza individuale, si è poi espressamente esclusa la registrazione, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell'intestatario della certificazione (art. 13, c.5, d.P.C.M. 17 giugno 2021). La circolare del Ministero dell’interno del 10 agosto 2021 ha, peraltro, chiarito che l’identificazione dell’intestatario del green pass, attraverso il raffronto con il documento identificativo, ai sensi dell’art. 13, c.4, del d.P.C.M. 17 giugno, non deve intendersi come sistematica ma va svolta su base discrezionale e, in particolare, nei casi di manifesta incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione.
Un ulteriore elemento comune ai vari settori (e, in linea generale, a tutti gli ambiti applicativi delle certificazioni verdi) è l’esclusione dell’obbligo di possesso del pass per i soggetti esenti dalla campagna vaccinale in ragione di controindicazioni cliniche rispetto alla somministrazione del vaccino (art. 9-bis, c.3; 9-quinquies, c.3; 9-sexies, c. 7, 9-septies, c. 3, d.l. 52).
Non è stata, tuttavia, ancora attuata (con dPCM) la disciplina di carattere tecnico per la gestione digitale delle certificazioni di esenzione. Tale lacuna determina la proroga dell’utilizzo (concepito come transitorio) delle attestazioni cartacee, per le quali la circolare del 4 agosto 2021 del Ministero della salute esclude, doverosamente, la possibilità d’indicazione della motivazione clinica dell’esenzione. Tuttavia, anche questo accorgimento non rende le certificazioni cartacee di esenzione del tutto equivalenti, in termini di garanzie, a quelle digitali e soprattutto al green pass, dal momento che presuppone comunque la rivelazione a terzi di un dato sanitario quale quello dell’incompatibilità con il vaccino, per ragioni cliniche.
Il certificato digitale dovrebbe, invece, essere concepito come l’equivalente del green pass, dunque con un qr code che, senza rivelare la condizione di esenzione del soggetto, semplicemente ne “documenti” il diritto all’accesso ai luoghi soggetti a restrizione. Questo, almeno nella misura in cui per i soggetti esenti non è previsto l’obbligo di tampone, come rileva l’audizione del prof. Boscati dinanzi alla 1^ Commissione del Senato.
3. Il green pass quale requisito per l’accesso dei magistrati agli uffici giudiziari
L’articolo 9-sexies del d.l. 52 del 2021, introdotto dall’articolo e d.l. 127 del 2021, dispone che dal 15 ottobre fino al 31 dicembre 2021 (termine di cessazione dello stato di emergenza), i magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari e onorari[2], nonché i componenti delle commissioni tributarie non possono accedere agli uffici giudiziari, ove svolgono la loro attività lavorativa se non possiedono e, su richiesta, non esibiscono la certificazione verde COVID-19. Rispetto alla formulazione utilizzata dagli articoli 9-quinquies e 9-septies, quella in esame si differenzia per la previsione “in negativo”, non già di un obbligo di possesso (della certificazione verde), quale condizione per l’accesso al luogo di lavoro, ma di divieto di accesso in assenza del green pass.
L’obbligo di possesso ed esibizione del green pass non si applica ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base della certificazione medica di cui si è detto.
Il comma 2 dispone le medesime conseguenze già illustrate per le altre categorie di lavoratori, in caso di carenza o mancata esibizione della certificazione, ovvero la qualificazione dell’assenza come ingiustificata, con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro e sospensione della retribuzione (o altro compenso o emolumento, comunque denominati).
Diversamente da quanto previsto per il lavoro pubblico e privato, per i magistrati non è previsto che l’assenza dovuta a carenza di green pass non comporti sanzioni disciplinari. La ragione di tale mancata previsione potrebbe ricondursi alla tipicità degli illeciti disciplinari dei magistrati (segnatamente, degli ordinari), che non contemplano l’ipotesi (prevista invece dagli altri codici disciplinari) dell’assenza ingiustificata. Ma anche non volendo accedere a tale interpretazione, ritenere che tale mancata previsione comporti, di per sé sola, l’applicabilità di sanzioni disciplinari nei confronti dei magistrati impossibilitati ad accedere agli uffici giudiziari per carenza di green pass sarebbe del tutto irragionevole e, peraltro, contrastante con l’espressa qualificazione (art. 9-sexies, c.3) dell’accesso senza green pass come illecito disciplinare. Tale disparità di trattamento rispetto agli altri lavoratori non avrebbe, infatti, giustificazione alcuna, considerando anche che l’esclusione di conseguenze disciplinari in caso di assenza da carenza di green pass è motivata dall’esigenza di non penalizzare, ulteriormente, la posizione di quanti abbiano scelto di non vaccinarsi.
In ogni caso, in sede di conversione del decreto-legge questo aspetto potrebbe essere ulteriormente precisato, al fine di escludere ogni possibile dubbio interpretativo.
La verifica del rispetto di tali obblighi spetta ai responsabili della sicurezza interna degli uffici (il Procuratore generale presso la Corte d'appello[3] per la giustizia ordinaria), con possibilità di delega (a soggetti che peraltro, sotto il profilo privacy, dovranno essere designati come specificamente autorizzati ai sensi degli articoli 29 del Regolamento 2016/679 (UE) e 2-quaterdecies del d.lgs. 196 del 2003 e s.m.i.).
Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità di cui al comma 5 dell’articolo 9-quinquies ovvero con le già illustrate garanzie previste dal d.P.C.M. 17 giugno 2021 (mediante lettura del solo qr-code con l’app ufficiale, senza registrazione dei dati). Ulteriori modalità di verifica potranno, tuttavia, essere stabilite con circolare del Ministero della giustizia. Sul punto, va osservato come tali modalità ulteriori non potranno determinare una regressione in termini di garanzie (anche) sotto il profilo privacy[4]: presupposto necessario anche per evitare un’indebita rivelazione a terzi della condizione sanitaria o, comunque, delle scelte di profilassi vaccinale del soggetto e, quindi, anche per contrastare il rischio di discriminazioni.
La circolare ben potrà determinare, invece, le modalità organizzative di effettuazione dei controlli, che potranno essere anche a campione (art. 9-sexies, c.5, penultimo periodo, nella parte in cui rinvia al comma 5 dell’articolo 9-quinquies) individuando, dunque, anche i criteri in base ai quali formare i campioni stessi.
L’accesso dei magistrati agli uffici giudiziari in assenza di green pass è qualificato come illecito disciplinare, sanzionato per i magistrati ordinari ai sensi dell’articolo 12, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 e per quelli appartenenti alle altre giurisdizioni secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza. Si prevede, inoltre, che il verbale di accertamento della violazione sia trasmesso senza ritardo al titolare dell’azione disciplinare.
L'accesso agli uffici giudiziari in violazione dell’obbligo di possesso del green pass e la violazione degli obblighi di controllo integrano gli estremi di un illecito amministrativo, sanzionato con sanzione amministrativa pecuniaria, irrogata dal Prefetto.
Una soluzione, questa, che potrebbe presentare aspetti delicati, se si considera che proprio l’attribuzione al Procuratore generale presso la Corte d'appello delle funzioni di controllo del rispetto della sicurezza interna degli uffici e, per quanto qui interessa, dei poteri di verifica sull’assenza di green pass risponde allo scopo di garantire l’autonomia della magistratura rispetto ad ingerenze di autorità esterne.
Il comma 8 dell’articolo 9-sexies esclude espressamente l’obbligo di green pass per l’accesso agli uffici giudiziari da parte dei soggetti diversi dai magistrati, anche onorari, ivi inclusi gli avvocati e gli altri difensori, i consulenti, i periti e gli altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia, i testimoni e le parti del processo.
Come rileva la relazione illustrativa, tale esclusione muove "dall’esigenza di chiarire che l’intervento intende regolare solo il rapporto tra l’amministrazione e i suoi dipendenti, al più con estensione per chi in favore della stessa svolge un’attività analoga a titolo onorario". L’esclusione potrebbe, prima facie, apparire irragionevole, nella misura in cui, imponendo l’obbligo di possesso del green pass soltanto a una parte di coloro che frequentano abitualmente gli uffici giudiziari senza alcun tipo di restrizione ad ogni altro (eccezion fatta per il personale amministrativo, soggetto agli obblighi di cui all’articolo 9-quinquies), è idonea a depotenziare la finalità di contenimento dei contagi perseguita dalla misura.
Tale esclusione (probabilmente fondata anche sulla caratterizzazione della normativa in esame come volta a disciplinare in via principale la posizione dei dipendenti delle diverse strutture e non dei fruitori del servizio) ha, tuttavia, una sua ragione tutt’altro che trascurabile, legata all’esigenza di evitare che l’eventuale impossibilità di accesso per testimoni, consulenti, difensori e persino per le stesse parti processuali determini conseguenze processuali pregiudizievoli, con il rischio di una vera e propria paralisi dell’attività giudiziaria.
Meno ragionevole, tuttavia, appare la mancata ricomprensione, tra i soggetti obbligati, dei giudici popolari, i quali pure partecipano, come recita l’art. 102 Cost., all’amministrazione della giustizia, ma che non possono rientrare nella categoria dei magistrati come definita al comma 1 dell’art. 9-sexies, né nella categoria della magistratura onoraria. Su questo aspetto il legislatore, in sede di conversione, potrà probabilmente fornire qualche precisazione.
Per altro verso, essendo il possesso del green pass configurato quale condizione per l’accesso, da parte dei magistrati, agli uffici giudiziari, esso non potrà estendersi in via interpretativa a fattispecie diverse quali, ad esempio, l’accesso ad altri luoghi ove essi svolgano, sia pur temporaneamente, le proprie funzioni (si pensi, ad esempio, al carcere per le convalide di arresti o fermi o per le attività proprie del magistrato di sorveglianza). In quanto obbligo straordinario, di carattere eccezionale (oltre che temporaneo) esso non può, infatti, che essere di stretta interpretazione.
Per quanto ragionevole in un contesto di perdurante emergenza pandemica, infatti, il divieto di accesso dei magistrati privi di green pass agli uffici giudiziari configura sostanzialmente una sia pur peculiare sospensione dal servizio, che come noto l’art. 107 Cost. subordina alla previa deliberazione dell’Organo di governo autonomo, “per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario”.
La previsione, con norma di legge ordinaria, di quella che in effetti appare una specifica ipotesi di sospensione dal servizio (seppure conseguente al mancato adempimento dell’obbligo del magistrato di dotarsi del certificato abilitativo conseguibile agevolmente da chiunque), senza il coinvolgimento del CSM, si fonda sulla cogenza delle esigenze di sanità pubblica tuttora sussistenti. Esigenze che hanno legittimato, del resto, analoga previsione anche per i titolari di cariche elettive negli organi costituzionali, sulla base di disposizioni dagli stessi adottate nell’esercizio della loro autonomia. Se si considera che, per i parlamentari, l’assenza di green pass potrebbe determinare- ove le delibere camerali confermassero le anticipazioni- l’impossibilità d’ingresso in Aula, con conseguente mancato esercizio del diritto di voto e delle altre prerogative connesse alla funzione, si comprende dunque quanto il fine di contenimento dei contagi, perseguito con misure quali, appunto, il green pass in primo luogo, assuma nel contesto attuale un ruolo davvero preminente.
*dirigente del Garante per la protezione dei dati personali. Le opinioni contenute in questo contributo sono espresse a titolo esclusivamente personale e non impegnano, in alcun modo, l’Autorità
[1] I. MASSA PINTO, Volete la libertà? Eccola, pubblicato il 3 agosto 2021 sulla Rivista on line di Questione giustizia; v. anche N. ROSSI, Venerdì 6 agosto 2021. Esordisce la certificazione verde, in Questione giustizia, 6.8.21. Circa l’onerosità economica della sottoposizione a tampone per i soggetti non vaccinati cfr. audizione del prof. Boscati dinanzi alla 1^ Commissione del Senato in data 6 ottobre 2021, che si chiede se non si tratti, in tal caso, di monetizzazione dell’esercizio di una libertà.
[2] Ai quali le norme sulle sanzioni da irrogarsi in caso di accesso in violazione degli obblighi e sulle conseguenze del mancato possesso del green pass si applicano “in quanto compatibili”.
[3] Individuato dal decreto del Ministero di grazia e giustizia del 28 ottobre 1993 quale autorità competente ad adottare i provvedimenti per la sicurezza interna delle strutture in cui si svolge l'attività giudiziaria
[4] Cfr. memoria del Presidente del Garante per la protezione dei dati personali depositata in 1^ Commissione del Senato il 5 ottobre 2021, nell’ambito delle audizioni sul ddl AS 2394.