Giustizia insieme, in linea con la sua linea editoriale, ospita due approfondimenti di diverso orientamento sul tema dell'obbligo vaccinale e del Green pass a firma del Prof. Antonio Ruggeri, emerito di diritto costituzionale dell'Università di Messina e del dott. Aldo Rocco Vitale, culture della materia in biogiuridica. La redazione 15.9.2021
Perché la Costituzione impone, nella presente congiuntura, di introdurre l’obbligo della vaccinazione a tappeto contro il Covid-19
di Antonio Ruggeri*
La questione – come si sa – è animatamente discussa sia tra gli operatori politico-istituzionali che tra gli studiosi, e non solo: nella stessa società le divisioni sono marcate, alcuni difendendo a spada tratta la campagna vaccinale ed altri (i c.d. “no-vax”) ad essa opponendo una resistenza anche in forme abnormi ed illecite. Francamente stupisce che a questa seconda schiera appartengano anche esponenti del mondo sanitario che dovrebbero essere ben consapevoli del fatto che il vaccino è, e a tutt’oggi rimane, la migliore risorsa di cui disponiamo per difenderci dal virus e – questo è il punto – l’unica che possa alimentare la speranza di poterlo debellare una volta per tutte o, per il caso che – come temo – dovesse divenire endemico, di preservare la salute e la stessa vita di coloro che periodicamente se ne avvarranno, così come si fa con altri vaccini, per fortuna loro (e di tutti noi) non gravati da polemiche gravemente pregiudizievoli.
Ora, la tesi evocata dal titolo dato alla succinta riflessione che mi accingo a rappresentare, riprendendo ed ulteriormente sviluppando alcuni argomenti altrove esposti[1], potrà apparire radicale e temeraria; e mi corre l’obbligo qui di confessare che sono pervenuto a certe conclusioni dopo non poco travaglio interiore, persuaso del fatto che – fin dove possibile – l’autodeterminazione della persona sia un bene prezioso, come tale bisognoso di essere preservato ed anzi incoraggiato ad esprimersi magis ut valeat[2]. Ne va infatti non soltanto la salvaguardia della libertà di ciascun individuo di poter definire i propri progetti di vita e portarli ad effetto – la condizione prima per l’ottimale sviluppo della personalità – ma, per ciò stesso, anche quella dell’intera collettività e, dunque, la salvaguardia della essenza e dell’identità stessa della Repubblica quale ordinamento liberal-democratico (nella sua più densa e significativa accezione). E, tuttavia, come ci è stato più volte e ancora di recente rammentato dalla più alta carica dello Stato, la libertà di ciascuno di noi finisce laddove comincia quella degli altri; e lo stesso vale – è bene mettere subito in chiaro – anche per la salute. Posso, infatti, scegliere di non curarmi – si tratti di un semplice raffreddore come di un male devastante[3] – ma di certo non godo più della facoltà di scelta se, a causa del mio non vigilato o, diciamo pure, colpevole comportamento, metto a rischio la salute e la vita stessa degli altri.
È bene al riguardo sgombrare subito il campo da un equivoco.
È vero che l’art. 32 della Costituzione, ad una sua prima (ma affrettata e sostanzialmente inesatta) lettura, parrebbe lasciar intendere che la decisione di sottoporre un individuo a trattamenti sanitari obbligatori sia il frutto di opzioni rimesse all’apprezzamento politico-discrezionale degli organi della direzione politica, tradottesi quindi in previsioni di legge (statale, non essendo dato al riguardo alle Regioni di poter far luogo a discipline peculiari idonee ad incidere sulla libertà personale dei destinatari)[4]. Accreditati studiosi hanno poi fatto notare che alla eventuale introduzione dell’obbligo vaccinale a tappeto si dovrebbe pervenire con gradualità, ponendosi quale extrema ratio, una volta acquisita la conferma della vanità degli sforzi prodotti con misure meno invasive della libertà della persona. E in quest’ordine di idee mi pare che si riconosca lo stesso Governo, come risulta da ripetute dichiarazioni in tal senso del Ministro della salute R. Speranza[5].
Mi chiedo: ma questa conferma non l’abbiamo già? I dati che quotidianamente ci vengono trasmessi dai grandi mezzi d’informazione non sono forse sufficientemente eloquenti nella loro inquietante evidenza?
Non è inopportuna al riguardo una duplice avvertenza.
Per un verso, non pochi sono i casi in cui il parametro costituzionale evocato in campo in occasione di vicende processuali particolarmente complesse e spinose risulta non esclusivamente da materiali di fattura normativa bensì anche (e talora persino soprattutto) da altri fattuali che si immettono nel “contenitore” costituzionale variamente e sensibilmente impressionandolo. D’altro canto, il sindacato di ragionevolezza sulle leggi, in una delle sue più salienti espressioni, rimanda proprio ad una verifica di congruità della norma al fatto, quale prende forma nel contesto complessivo in cui si manifesta[6].
Per un altro verso, poi, non poche sono le questioni aperte di rilievo costituzionale la cui soluzione non può essere apprestata unicamente dai chierici di turno. Il giurista (e, specificamente, il costituzionalista) non dispone, infatti, molte volte degli strumenti tecnico-scientifici di cui necessita per dare la risposta giusta a domande che implicano la conoscenza di nozioni attinte ab extra. La qual cosa si rende particolarmente visibile proprio con riguardo ai diritti il cui godimento è condizionato dallo sviluppo scientifico e tecnologico[7].
Venendo al caso nostro, la statistica è – come si sa – una scienza e dice chiaro e tondo che la stragande maggioranza delle persone contagiate non si era vaccinata o aveva fatto solo la prima dose e che la stragande maggioranza di coloro che abbisognano di ricovero ospedaliero e, tra questi, di coloro che perdono la vita a causa del virus rientra nella categoria in parola. È questo un dato oggettivo o è il frutto di una fantasiosa opinione?
La scienza medica, che pure si presenta al proprio interno non di rado divisa, conviene sul fatto che ad oggi non v’è risorsa più efficace del vaccino per contrastare la dilagante diffusione del virus, ovviamente accompagnata dalle altre misure di salvaguardia (in ispecie, il distanziamento interpersonale, la mascherina, l’igiene soprattutto delle mani e del volto)[8].
Stando così le cose non possono aversi, a mia opinione, dubbi o tentennamenti di sorta.
Il “può” presente nell’enunciato costituzionale a riguardo dei trattamenti sanitari obbligatori non significa affatto che questi ultimi possono aversi come non aversi, a discrezione appunto del decisore di turno. La lettura corretta è invece un’altra: senza la legge non è consentito mettere in atto il trattamento in parola. Il punto è, però, che al ricorrere di certe condizioni l’adozione della legge stessa è obbligatoria, non già meramente facoltativa, essendo in gioco beni costituzionalmente protetti di cruciale, vitale rilievo.
Certo, nessuno può costringere manu militari una maggioranza politica riluttante a vararla ed a dotarla dei contenuti giusti, congrui rispetto al fine da raggiungere (nel caso di specie, alla previsione dell’obbligo dovrebbe, a mio modo di vedere, accompagnarsi una severa sanzione penale per la sua eventuale inosservanza)[9].
È bene, ad ogni buon conto, rammentare che in diritto costituzionale non sono pochi i casi in cui si può (e deve) riconoscere la sussistenza di un obbligo di facere a carico del legislatore, così come è ormai provato che la mancata previsione di sanzioni per la sua violazione nulla toglie alla doverosità del comportamento, in ultima istanza passibile di andare soggetto al meccanismo usuale della responsabilità politica (che da noi, purtroppo, funziona male, per ragioni la cui illustrazione ci porterebbe tuttavia troppo oltre l’hortus conclusus entro il quale questa succinta riflessione è tenuta a stare e richiederebbe un lungo discorso, già peraltro molte volte fatto, in merito ai guasti ed alle complessive carenze del sistema politico-istituzionale del nostro Paese).
Ebbene, se si danno, in via di principio, casi di produzione legislativa doverosa, come non ammettere che quello di cui qui si discorre sia uno di essi? Come negare che l’ostacolo frapposto dall’autodeterminazione soggettiva alla messa in atto della misura più efficace di lotta al virus porti diritto al sacrificio di vite umane che, grazie alla misura stessa, sarebbero fatte salve? Che, insomma, ogni giorno che passa molte vite vanno perdute e che, quando pure quest’esito tragico non si abbia, possono ugualmente aversi danni incalcolabili e a volte permanenti per la salute individuale e collettiva? Che, diffondendosi ad ondate ricorrenti il virus, si è quindi costretti a varare misure gravemente pregiudizievoli per l’economia, molti operatori essendosi trovati sul lastrico e molti altri vi si troveranno per effetto della decisione di… non decidere?
L’obiezione ricorrente nella bocca di alcuni (e che poi è anche causa della indecisione di altri o nell’atteggiamento pilatesco e, diciamo pure, egoista di attendere che si formi la c.d. immunità di gregge per ottenere il beneficio senza alcun rischio[10]) è che sottoporsi al vaccino comporta dei pericoli anche seri per la salute e la stessa vita di chi vi si assoggetta. Un calcolo, questo, però, sbagliato, secondo quanto è ancora una volta dimostrato dai dati elaborati da tecnici e scienziati. Soppesando o – come suol dirsi – “bilanciando” i benefici, acclarati in modo certo, che vengono dal vaccino con i rischi ai quali per effetto dello stesso ci si potrebbe trovare esposti si ha sicura riprova che i primi sono di gran lunga maggiori dei secondi. È chiaro che alcune persone, per ragioni di salute e ad oggi di età (ma sono persuaso che presto quest’ultima sarà via via abbassata), non possono sottoporsi al vaccino; al di fuori di esse, però, per ogni altra la via è una sola, obbligata.
Non regge, poi, l’obiezione[11], apparentemente inoppugnabile ma in realtà fuori centro, avanzata da chi, non rinvenendo buoni argomenti in grado di superare i rilievi appena fatti, obietta che nessuno è in grado di prevedere gli eventuali effetti nocivi di lungo termine conseguenti alla vaccinazione. Un rilievo che si confuta da sé, sol che si ammetta – come devesi ammettere – che, senza il vaccino, purtroppo è da temere che non ci sarà un futuro per l’umanità nel quale poter avere la risposta al quesito lasciato in sospeso…
Sbaglia, dunque, i conti e rischia grosso chi, potendosi vaccinare, adotta una tattica attendista o, peggio, di rifiuto: per sé e per coloro che gli sono cari. E, comunque, non è consentito di fare quest’errore madornale ai responsabili della cosa pubblica che – come si è venuti dicendo – devono al più presto rompere gli indugi e varare la legge di cui si è qui discorso, non limitandosi dunque a far luogo a soluzioni compromissorie dalla dubbia utilità[12] ovvero alla mezza misura, comunque opportuna[13], della graduale estensione dell’obbligo di green pass[14], del quale al momento in cui licenzio per la stampa questo scritto si prefigura l’utilizzo in tutti gli ambienti di lavoro[15]. E, poiché è ormai provato che nel tempo della “globalizzazione” – come suole essere chiamata (sia pure con una certa improprietà) – l’obiettivo non può essere centrato se non a mezzo di sforzi congiunti e poderosi posti in essere in ambito internazionale e sovranazionale, se ne ha che coloro che da noi hanno responsabilità di governo devono altresì sollecitare con vigore l’Unione europea e la Comunità internazionale a far luogo a decisioni in linea con l’indicazione qui data che non soltanto non trovano ostacolo alcuno nei principi fondamentali della Carta costituzionale a far ingresso nell’ordine interno ma anzi si pongono, per la loro parte, nei loro riguardi in funzione immediatamente servente.
L’obbligo di legiferare nel senso qui patrocinato discende, infatti, non dal solo art. 32 ma, ancora prima e più a fondo, dall’art. 54 della Costituzione, vale a dire da quel dovere di fedeltà alla Repubblica che, unitamente al dovere di solidarietà di cui è parola nell’art. 2, autentico pilastro portante dell’edificio costituzionale, col quale fa “sistema”, chiama ciascuno di noi e l’intera collettività (a partire da chi ha responsabilità di governo) a spendersi fino in fondo per assicurare l’integra trasmissione nel tempo della Repubblica stessa, con tutto ciò che ne dà la cifra identificante e qualificante[16].
È per ciò che, a ben vedere, l’obbligo di cui qui si discorre dispone di “copertura” nell’intera Carta costituzionale, pur rinvenendo la sua specifica espressione nei disposti sopra richiamati. Perché qui è in gioco – piaccia, o no, dobbiamo averne piena consapevolezza – la sopravvivenza stessa della Costituzione, nell’insieme dei valori fondamentali in essa positivizzati e nelle norme che vi danno voce e svolgimento, e, con essa, della società e dello Stato al quale tutti apparteniamo.
Sarebbe bene non scordarselo.
* Prof. Emerito di Diritto Costituzionale nell’Università di Messina.
[1] V., dunque, volendo, il mio La vaccinazione contro il Covid-19 tra autodeterminazione e solidarietà, in Dir. fond. (www.dirittifondamentali.it), 2/2021, 22 maggio 2021, 170 ss.
[2] Maggiori ragguagli nella mia voce Autodeterminazione (principio di), in Digesto/Disc. Pubbl., VIII Agg. (2021), 1 ss.
[3] In realtà, in altri luoghi ho ritenuto di dover prendere le distanze dal modo perentorio con cui la libertà di cura è usualmente vista; non insisto, tuttavia, qui nel riproporre una tesi che richiederebbe un lungo ed articolato svolgimento argomentativo a suo sostegno.
[4] Sulla ratio della previsione costituzionale, di recente, A. Mazzola, Il diritto alla salute tra dimensione individuale e dovere sociale, in Consulta OnLine (www.giurcost.org), 2/2021, 22 luglio 2021, 572 ss., spec. 578 ss.
[5] Sulla “prudente strada” seguita dai Governi, tra i quali il nostro, v., di recente, S. Curreri, Sulla costituzionalità dell’obbligo di vaccinazione contro il COVID-19, in La Cost.info (www.laCostituzione.info), 28 agosto 2021. Quanto poi alle ragioni che hanno indotto a non far luogo a tutt’oggi all’obbligo vaccinale generalizzato, v., ora, R. Romboli, Aspetti costituzionali della vaccinazione contro il Covid-19 come diritto, come obbligo e come onere (certificazione verde Covid-19), in Quest. giust. (www.questionegiustizia.it), 6 settembre 2021. V., inoltre, utilmente i contributi al forum Sulla vaccinazione in tempo di Covid-19, in Riv. Gruppo di Pisa (www.gruppodipisa.it), 2/2021, 257 ss.
[6] Si pensi solo ai giudizi di costituzionalità che si hanno in situazioni di emergenza, nella varietà delle sue espressioni, laddove discipline legislative in astratto meritevoli di essere caducate (e il giudice costituzionale non lo cela) sono invece mandate assolte proprio in quanto quest’esito si giustifica (e, anzi, impone) in considerazione della situazione di fatto che ne ha determinato l’adozione (richiamo al riguardo qui solo la nota vicenda maturata al tempo del terrorismo interno che aveva indotto il Governo a far luogo ad un’abnorme dilatazione dei termini di carcerazione preventiva, nel timore che persone detenute e sospette di appartenere alle BR potessero essere rimesse in libertà riprendendo a fare di persone innocenti bersagli della loro follia omicida: una misura, questa, dal giudice costituzionale pudicamente qualificata “insolita” – rectius, incostituzionale – e nondimeno fatta salva proprio in ragione della emergenza: sent. n. 15 del 1982).
[7] Sul “rinvio alla scienza” v., ora, A. Mangia, Si caelum digito tetigeris. Osservazioni sulla legittimità costituzionale degli obblighi vaccinali, in Riv. AIC (www.rivistaaic.it), 3/2021, 9 settembre 2021, 432 ss.
[8] È, poi, un dato di comune esperienza quello per cui le misure in parola non sono rispettate in modo scrupoloso da molti, senza che peraltro il comportamento irresponsabile di chi vi fa luogo sia molte volte sanzionato come si deve.
[9] Non si trascuri, nondimeno, la differenza che si ha tra un’omissione assoluta ed una relativa del legislatore: nell’un caso, è praticamente impossibile porre rimedio al difetto di una disciplina normativa quale che sia; nel secondo, di contro, a volte si può confidare nell’aggiustamento di una disciplina carente per mano del giudice costituzionale, in ispecie nell’aggiunta di norme indebitamente mancanti, tanto più poi nella presente congiuntura segnata da un iperattivismo del giudice stesso emblematicamente testimoniato dal disinvolto superamento del limite delle “rime obbligate”, in occasioni viepiù frequenti, rimpiazzato da una normazione iussu iudicis in “versi sciolti” (per riprendere l’efficace qualifica datane da una sensibile studiosa, D. Tega, La Corte nel contesto. Percorsi di ri-accentramento della giustizia costituzionale in Italia, Bononia University Press, Bologna 2020, spec. 101 ss. Di un “progressivo commiato dal teorema delle ‘rime obbligate’” ha poi, non molto tempo addietro, discorso un autorevole studioso e giudice costituzionale, F. Modugno, Le novità della giurisprudenza costituzionale, in Lo Stato, 14/2020, 101 ss., spec. 115. Della discrezionalità del legislatore tratta infine L. Pace, L’adeguatezza della legge e gli automatismi. Il giudice delle leggi fra norma “astratta” e caso “concreto”, Editoriale Scientifica, Napoli 2020, 114 ss.).
[10] Opportuno, però, è il monito ancora non molto tempo addietro venuto da una sensibile dottrina che ha rammentato che dell’immunità in parola “tutti egualmente ne beneficiano se tutti vi contribuiscono” [Q. Camerlengo - L. Rampa, Solidarietà, doveri e obblighi nelle politiche vaccinali anti Covid-19, in Riv. AIC (www.rivistaaic.it), 3/2021, 30 giugno 2021, 210].
[11] …ancora da ultimo affacciata da A.R. Vitale, Del green pass, delle reazioni avverse ai vaccini e di altre cianfrusaglie pandemiche come problemi biogiuridici: elementi per una riflessione, in questa Rivista, spec. § 2. V., inoltre, A. Mangia, op. cit., spec. 443 ss.
[12] …quale quella, caldeggiata da C. D’Orazi, Se è legittimo imporre il vaccino contro il Covid-19, fra autodeterminazione e necessità, in Riv. AIC (www.rivistaaic.it), 3/2021, 23 giugno 2021, 22 s., della previsione come obbligatoria unicamente della prima dose del vaccino, eventualmente accompagnata dalla mera raccomandazione relativa alla seconda.
[13] …e bisognosa di essere mantenuta pur dopo l’auspicata introduzione dell’obbligo vaccinale, rendendo la certificazione in parola conferma del suo avvenuto adempimento. Un’argomentata difesa del certificato in parola è in R. Bin, nella sua replica al documento anti-green pass di Questione giustizia, dal titolo Sul dovere costituzionale e comunitario di disapplicazione del c.d. decreto green pass, in La Cost. info (www.laCostituzione.info), 9 agosto 2021.
[14] Rilievi fortemente critici sul punto in G. Scarselli, Note sul decreto legge 105/2021 che estende il green pass a attività e servizi della vita quotidiana, in questa Rivista, 30 luglio 2021.
Eccessivo, ad ogni buon conto, sembra essere il giudizio di chi, come A.R. Vitale, op. cit., § 3, vede nel green pass la fonte di “seri pregiudizi di carattere sistematico sull’intera struttura dei fondamenti ordinamentali e sulla concezione dello stesso Stato di diritto”. Di contro, com’è stato fatto notare dalla più avvertita dottrina, trattasi di una misura resasi indispensabile per l’esercizio di diritti che altrimenti non potrebbero trovare il modo per farsi valere: emblematico al riguardo l’esempio addotto da R. Romboli (nella intervista resa a L. Milella, sotto il titolo Sì all’obbligo se tutela la salute di tutti, per La Repubblica, 12 settembre 2021) degli stadi ai quali è possibile accedere proprio grazie al certificato verde, l’alternativa realisticamente prospettabile essendo quella della loro chiusura, così come peraltro si è già avuto in passato. Una opportuna replica a quanti hanno osservato che il green pass produrrebbe effetti discriminatori tra i cittadini è di recente venuta da A. Poggi, nell’Editoriale dal titolo Green pass, obbligo vaccinale e le scelte del Governo, in Federalismi (www.federalismi.it), 21/2021, 8 settembre 2021, IX, che, ribaltando la critica, ha rilevato come si tratti piuttosto di uno strumento idoneo a dar voce al principio di eguaglianza. Cfr., nella stessa Rivista, il punto di vista di C. Bertolino, “Certificato verde Covid-19” tra libertà ed eguaglianza, 15/2021, 16 giugno 2021, 1 ss.; v., inoltre, il confronto su Micromega tra A. Barbero e P. Flores d’Arcais, Green pass: discriminazione o libertà, 8 settembre 2021.
[15] Non si trascuri, tuttavia, che in tal modo resterebbe esclusa proprio la fascia delle persone avanti con gli anni che rientra tra quelle maggiormente esposte. Sull’obbligo vaccinale negli ambienti di lavoro, tra gli altri, v. M. Massa, Lavoro e vaccinazione contro il Covid-19. Note costituzionali su un dibattito giuslavoristico, in Quad. cost., 1/2021, 89 ss.; A. Maresca, La vaccinazione volontaria anti Covid nel rapporto di lavoro, Editoriale, in Federalismi (www.federalismi.it), 8/2021, 24 marzo 2021, IV ss.; nella stessa Rivista, inoltre, M. Giovannone, La somministrazione vaccinale nei luoghi di lavoro dopo il D.L. n. 44/2021, 14/2021, 2 giugno 2021, 103 ss., e C. Della Giustina, La vaccinazione contro il Covid-19 tra facoltà ed obbligo nel rapporto di lavoro subordinato. Riflessioni giuspubblicistiche, 18/2021, 28 luglio 2021, 71 ss.
[16] Sulle plurime e rilevanti valenze espresse dal dovere di fedeltà, v., part., A. Morelli, I paradossi della fedeltà alla Repubblica, Giuffrè, Milano 2013. Quanto, poi, al dovere di solidarietà, riferimenti da ultimo nello scritto sopra cit. di A. Mazzola, 585 ss., e, per il rilievo che esso acquista nella dimensione sovranazionale, tra gli altri, F. Medico, Il ruolo della Carta di Nizza e la questione sociale: ci può essere solidarietà senza integrazione politica?, in Riv. AIC (www.rivistaaic.it), 3/2021, 16 luglio 2021, 236 ss., e G. Comazzetto, La solidarietà nello spazio costituzionale europeo. Tracce per una ricerca, 258 ss., nonché G. Saltelli, Solidarietà, sussidiarietà e diritti fondamentali del cittadino europeo nel processo di integrazione politica dell’Europa, 26 luglio 2021, 339 ss., spec. 347 ss. Lo qualifica un “male necessario” F. Grandi, L’art. 32 nella pandemia: sbilanciamento di un diritto o “recrudescenza” di un dovere?, in Costituzionalismo (www.costituzionalismo.it), 1/2021, 17 maggio 2021, 84 s. Infine, specifica attenzione alla solidarietà nelle politiche vaccinali è prestata da Q. Camerlengo e L. Rampa, op. cit., 199 ss.
Dal dovere di solidarietà – giova qui rammentare – linearmente discende altresì l’impegno al quale anche il nostro Stato, unitamente ad altri, è chiamato verso quei Paesi nei quali la vaccinazione è ad oggi in forte ritardo, anche per la carenza di risorse, umane e materiali, necessarie per farvi fronte [sugli sviluppi che si attendono lungo questo versante, v., per tutti, A. Spadaro, che ne ha trattato a più riprese: ad es., in L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fondamentali fra ragionevolezza e globalizzazione, in Forum di Quad. cost. (www.forumcostituzionale.it); Dai diritti “individuali” ai doveri “globali”. La giustizia distributiva internazionale nell’età della globalizzazione, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, e I diritti sociali di fronte alla crisi (necessità di un nuovo “modello sociale europeo”: più sobrio, solidale e sostenibile), in Riv. AIC (www.rivistaaic.it), 4/2011, 6 dicembre 2011].