La Cassazione, ripercorrendo un orientamento già noto nella giurisprudenza di legittimità, ha di recente affermato la struttura bifasica del giudizio delle opposizioni esecutive chiarendo la ratio della necessaria preventiva fase cautelare dinanzi al G.E. La vera novità della decisione, per quanto dubbia, si individua nel richiamo del vizio nella nullità del procedimento incardinato dinanzi ad un giudice diverso.
Sommario: 1. L’esame del caso concreto. – 2. Rationes della struttura bifasica delle opposizioni esecutive. – 3. Conseguenze in caso di non conformità dell’atto di opposizione: la nullità dell’atto.- 4. Osservazioni conclusive.
1. L’esame del caso concreto.
La Cassazione è di recente intervenuta sul rapporto tra giudizio sommario e giudizio di merito delle opposizioni esecutive, questione di grande rilevanza, anche per la nota diversificata prassi degli uffici giudiziari.
L’analisi del caso di specie è emblematica e esemplificativa: in particolare, l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione era stata avanzata con ricorso ex art. 186 bis disp. att. c.p.c., direttamente in sede di merito al giudice della cognizione, omettendo il preventivo svolgimento della fase sommaria prevista dagli artt. 617 co.2 e 618 c.p.c.
La parte opposta aveva eccepito l’irregolarità del giudizio per la mancata proposizione dell’istanza cautelare, ma il giudice di merito aveva respinto l’eccezione statuendo che la fase preliminare sommaria davanti al giudice dell’esecuzione, prevista dalle norme del codice di procedura civile citate, non è necessaria, ma è prevista nell’interesse della sola parte opponente.
Più chiaramente, secondo questo orientamento, è solo la parte opponente a dover valutare se richiedere al giudice dell’esecuzione l’emissione di provvedimenti cautelari. Ove non intenda procedere in via cautelare, la stessa parte opponente sarebbe quindi libera di instaurare direttamente la fase di merito davanti al giudice competente.
La Cassazione, chiamata ad intervenire sull’argomento, ha ribaltato le conclusioni del giudice di merito.
In particolareil Supremo Consesso ha chiarito che la fase sommaria del giudizio di opposizione davanti al giudice dell’esecuzione, prevista dagli artt. 615 co.2 c.p.c. (per l’opposizione all’esecuzione), 617 co. 2 e 618 (per l’opposizione agli esecutivi) e 618 c.p.c. (per l’opposizione di terzo all’esecuzione), non è meramente facoltativa, ma al contrario necessaria. Anzi, anche nel caso in cui la parte opponente non intenda richiedere provvedimenti cautelari è comunque necessario introdurre l’opposizione con ricorso al giudice dell’esecuzione con l’instaurazione del contraddittorio in seno al processo esecutivo, prima di instaurare il giudizio di cognizione ordinaria.
2. Rationes della struttura bifasica delle opposizioni esecutive.
Si disegna, così, la “struttura bifasica” delle opposizioni esecutive: al contrario di quanto affermato dal giudice di merito, infatti, si rileva che il giudizio di opposizione è crocevia di diversi interessi, non solo riconducibili a quelli della parte opponente, ma anche (e soprattutto) di rilievo pubblicistico e di tutela delle altre parti del processo esecutivo. Esigenze che non possono essere rimesse alla sola volontà della parte opponente e che si pongono con speciale rilievo, risultando ancor più radicalmente inderogabili, con riferimento all’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 co. 2 c.p.c., dal momento che in tal caso deve essere sempre consentita al giudice dell’esecuzione l’emissione di eventuali provvedimenti urgenti ai sensi dell’art. 618, co.1 e 2, c.p.c.
Nel dettaglio, la previsione di una necessaria fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione risponde a diverse finalità:
i) Incentivare l’utilizzo di strumenti deflattivi.
In tal senso, l’interpretazione del testo legislativo è chiaramente quella di disegnare una fase di opposizione di merito solo eventuale e da evitare, se non necessaria, favorendo piuttosto la risoluzione all’interno del processo esecutivo: la previsione generalizzata di una fase sommaria preliminare è volta proprio ad incentivare l’utilizzo di strumenti deflattivi, dando modo alla parte di valutare se effettivamente dare corso ad una fase di merito.
ii) Rendere edotto dell’opposizione il Giudice dell’esecuzione.
In particolare, la struttura bifasica permette di rendere il giudice dell’esecuzione il vero dominus dell’azione esecutiva, consentendogli l’eventuale esercizio di poteri officiosi di verifica della regolarità dello svolgimento dell’azione esecutiva e l’esercizio del suo potere direttivo potendo concludersi lo stesso con l’emanazione di provvedimenti tali da rendere superfluo un esame nel merito.
iii) Far conoscere l’avvenuta proposizione dell’esecuzione a tutte le parti del processo esecutivo.
La preliminare opposizione da svolgere in sede esecutiva consente una conoscenza effettiva dell’avvenuta opposizione a tutte le parti del processo esecutivo, anche se non interessate direttamente o se intervenuti: si pensi al caso in cui con l’esecuzione si contesti solo il diritto di procedere in via esecutiva e non anche il diritto dell’interventore munito di titolo esecutivo. Quest’ultimo, però, ha un chiaro interesse a conoscere dell’opposizione, pur non essendo litisconsorte del relativo giudizio . Ancor più rilievo ha, poi, la conoscenza dell’opposizione da parte di soggetti terzi, che non sono parti del processo esecutivo, ma che possono avere degli interessi (basti pensare agli interessati all’acquisto di beni pignorati che possono conoscere dell’avvenuta opposizione consultando il fascicolo dell’esecuzione).
Quanto affermato trova riscontro, secondo la Corte di Cassazione, in un’analisi sistematica: la previsione dell’assegnazione, da parte del giudice dell’esecuzione ed al termine della preliminare fase sommaria, di un termine perentorio per l’instaurazione del giudizio di merito, non avrebbe senso se si potesse prescindere dalla fase sommaria per mera volontà della parte. La mancata o tardiva introduzione della fase di merito ha poi, secondo giurisprudenza costante, conseguenze di rilievo tanto sulla procedibilità dell’azione di cognizione quanto in relazione al processo esecutivo.
Secondo la Corte, in particolare, “ la conseguenza della improcedibilità della fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione, nel caso in cui non siano correttamente osservate le modalità di introduzione e di prosecuzione del procedimento, secondo la struttura bifasica normativamente delineata, non può che condurre (a più forte ragione, determinandosi in caso contrario una evidente incoerenza sistematica) alla medesima conclusione nell’ipotesi in cui la fase sommaria innanzi al giudice dell’esecuzione sia addirittura omessa. Anche in tal caso, cioè, la fase di merito a cognizione piena del giudizio di opposizione sarà improcedibile (e quindi la relativa domanda improponibile), in quanto non preceduta e correttamente raccordata con la necessaria ed indefettibile preventiva fase a cognizione sommaria del medesimo giudizio davanti al giudice dell’esecuzione”.
In conclusione, la struttura bifasica dell’introduzione delle opposizioni esecutive costituisce una disciplina processuale non derogabile.
3. Conseguenze in caso di non conformità dell’atto di opposizione: la nullità dell’atto.
Il Collegio, a questo punto, individua le conseguenze della proposizione di un atto di opposizione non conforme al modello legale, situazione che viene a configurarsi quando i) l’atto introduttivo abbia una forma diversa dal ricorso; ii) la domanda giudiziale che tale atto veicola non è rivolta al giudice dell’esecuzione, ma al Tribunale o meglio al giudice competente a conoscere il merito; iii) quanto l’atto non viene depositato nel fascicolo dell’esecuzione, ma sia iscritto direttamente al ruolo degli affari contenziosi formando un diverso fascicolo processuale.
Con riferimento a tutte le ipotesi la Suprema Corte afferma chiaramente che si configura la nullità dell’atto, atteso il suo discostamento dal modello legale che, non consentendo l’immediata conoscenza del contenuto dell’opposizione da parte del giudice dell’esecuzione, risulta inidoneo a raggiungimento del proprio scopo.
La nullità però può essere oggetto di sanatoria ex art. 156 co. 3 c.p.c. nel caso in cui, con la trasmissione al giudice dell’esecuzione, sia raggiunto comunque lo scopo e gli sia consentito conoscere il contenuto dell’opposizione. E’ cioè “necessario e sufficiente che l’atto introduttivo difforme dal modello legale pervenga agli atti del fascicolo dell’esecuzione”.
La sanatoria è operante diversamente a seconda che l’eventuale ritardo dell’inserimento dell’atto introduttivo dell’opposizione nel fascicolo dell’esecuzione sia imputabile o meno alla parte opponente: i) nel caso in cui il tardivo inserimento dell’atto non sia imputabile all’opponente la sanatoria “potrà operare fin dalla data del deposito del ricorso”; ii) ove il tardivo inserimento sia dipeso da errore o scelta processuale della parte la sanatoria opererà dal momento in cui il giudice di merito, rilevata la nullità, provveda a trasmettere gli atti al giudice dell’esecuzione o da quando la parte, accortasi dell’errore, chieda la trasmissione al giudice dell’esecuzione, così sanando la nullità.
In conclusione, secondo la Suprema Corte, la domanda di merito andrà dichiarata improponibile quando:
i)Il giudice di merito non abbia rilevato la nullità e il relativo giudizio sia proseguito. In tal caso la nullità si traduce in motivo di impugnazione del provvedimento di definizione del giudizio di merito;
ii)La parte non abbia fatto rilevare la nullità chiedendo la trasmissione degli atti al giudice dell’esecuzione o il suo rilievo sia intempestivo.
4. Osservazioni conclusive
La pronuncia, specie nella parte in cui ricostruisce il vizio dell’atto in termini di nullità, pone taluni problemi già rilevati dalla dottrina e dalla giurisprudenza di merito[1] più attente che distinguono i presupposti di validità o procedibilità del processo dalle questioni relative alla forma contenuto dell’atto, di cui senza dubbio fa parte la nullità e che di solito si sviluppano quando il processo è stato validamente instaurato. E’indubbio che la decisione richiamata potrebbe essere solo la prima di un dibattito giurisprudenziale destinato ad ampliarsi. E’stato subito evidenziato, infatti, che pur volendo ritenere che l’atto introduttivo sia affetto da nullità e cercando un coordinamento del vizio individuato con le norme del codice di procedura civile, la richiamata conclusione non è esente da dubbi.
Riprendendo esattamente quanto scritto, “si può ipotizzare, non senza qualche forzatura
- che l’atto sia nullo per essere omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 1) dell’art. 163 c.p.c., nel senso che la domanda è rivolta ad un Giudice diverso da quello cui andava correttamente indirizzata;
- che l’atto sia nullo per essere omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 3) dell’art. 163 c.p.c., poiché nella individuazione del petitum la parte non ha chiesto il preventivo vaglio dell’opposizione da parte del G.E. (vaglio cui è inderogabilmente strumentalizzata la celebrazione della fase sommaria).
In ambedue i casi, però, sarebbe la parte a dovere, su ordine del Giudice, rinnovare la citazione entro un termine perentorio (si badi, con conseguenze diverse, nell’una e nell’altra ipotesi, quanto alle decadenze maturate medio tempore); nel mentre la pronuncia in commento afferma che è il provvedimento del Giudice (adottabile anche d’ufficio) a determinare la sanatoria, con ripercussioni (in caso di errore imputabile) perfino sulla tempestività o meno della sanatoria medesima e, quindi, sulla decidibilità in merito (o meno) della domanda”.
[1] Alessandro Auletta, Giudice del Tribunale di Napoli Nord, “La necessaria natura bifasica delle opposizioni esecutive cd successive al vaglio della Corte di Cassazione”, in “In Executivis la rivista telematica dell’esecuzione forzata”, del 17/10/2018