I morti non muoiono recensione di Franco Caroleo
L’invasione degli zombie secondo Jim Jarmusch. Un divertissement cinefilo, aspettando (pur tra qualche sana risata) il colpo d’ala che non arriva.
Diciamolo da subito: non è il miglior film di Jim Jarmusch. E siamo lontani da quella perla horror vampirista che era stata Solo gli amanti sopravvivono.
I morti non muoiono (film di apertura del Festival di Cannes 2019) racconta della vita di un tranquillo paesino statunitense (Centerville, “davvero un bel posto” recita il cartello all’ingresso), stravolta dall’invasione degli zombie, che riemergono dalle tombe a causa della deviazione dell’asse terrestre (provocata da una spietata multinazionale).
In questa zombie comedy (perché qualche risata, e pure di gusto, la si fa) ritroviamo tutti gli stilemi tipici del cinema di Jarmusch.
Ecco così il cast stellare e feticcio con Bill Murray (l’imperturbabile sceriffo del paese), Adam Driver (il giovane e razionale poliziotto), Steve Buscemi (uno scorbutico redneck di campagna), lo zombie Iggy Pop, il saggio eremita Tom Waits e una strepitosa Tilda Swinton (nelle assurde vesti della responsabile dell’agenzia di pompe funebri, con un etereo accento scozzese e una katana à la Kill Bill).
Ecco anche la vena ironica e surreale che lambisce i dialoghi (Driver, dopo aver ribadito per l’ennesima volta che la storia finirà male, spiega candido: “Lo so perché Jim mi ha mostrato la sceneggiatura”), il citazionismo di livello (alcuni turisti di passaggio guidano una Pontiac del 1968, anno dell’uscita della Notte dei Morti Viventi di George Romero), la cinefilia ammiccante (su tutti, il gestore della pompa di benzina: un nerd con la maglia di Nosferatu che sa perfettamente come comportarsi con gli zombie) e il ricorso divertito all’intertestualità (il personaggio di Driver si chiama Peterson, con una sola vocale diversa dal precedente Paterson, e sfoggia un portachiavi di Star Wars...).
Eppure, è nel sottotesto politico che il regista pare decisamente svogliato: la polemica ambientalista assume toni piuttosto fiacchi (si parla di fracking dei poli ma il tema sembra gettato lì quasi per caso) e la critica al consumismo (gli zombie, più che desiderosi dei cervelli dei viventi, invocano insaziabilmente alcolici, dolciumi, caffè e wi-fi) rasenta il didascalismo.
No, dimenticatevi le metafore dei morti viventi di Romero.
I non-morti di Jarmusch (oltre a ispirare l’eponima canzone country di Sturgill Simpson che accompagna affettuosamente tutti i personaggi) fanno più che altro da sfondo ad un divertissement che, pur tra qualche notevole trovata autoriale e alcune battute azzeccate, langue sul piano contenutistico e ci lascia più di un rimpianto.
Spoiler per gli appassionati di splatter: le teste degli zombie non esplodono, come nella migliore tradizione, ma esalano fumo nero.