Araldica e nomodinamica: Recensione a Gli ordini cavallereschi “non nazionali” nella legge 3 marzo 1951 n. 178 -ed, Jouvence Historica, Roma, 2020- di Maurizio Reina de Jancour
di Angelo Costanzo
Sommario: 1. L’Ordine al Merito della Repubblica e altri Ordini - 2. Il libro di Maurizio Reina de Jancour - 3. Il mutevole valore dei valori nella società acefala.
1. L’Ordine al Merito della Repubblica e altri Ordini
Anche quest’anno, in occasione della Festa della Repubblica, il Capo dello Stato ha nominato nuovi cavalieri della Repubblica.
In realtà, caduta (da tempo) la monarchia, disconosciuti i titoli nobiliari (XIV disposizione transitoria e finale della Costituzione), non è venuto meno il desiderio di un riconoscimento sociale formalizzato anche nella Repubblica.
Soprattutto nel dopoguerra, molti cittadini mostrarono interesse per i titoli onorifici fino a acquistarli da principi e sovrani spodestati (a volte veri, a volte falsi). Questo convinse il legislatore che anche lo Stato repubblicano doveva conferire riconoscimenti onorifici a coloro che meritavano di essere ricompensati per le “benemerenze acquistate verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell'economia e nel disimpegno di pubbliche cariche e di attività svolte ai fini sociali, filantropici ed umanitari, nonché per lunghi e segnalati servizi nelle carriere civili e militari».
Lo dispose con l’art. 1 della legge 3 marzo 1951 n. 178 che ha istituito l'Ordine "Al Merito della Repubblica Italiana". Il Capo dell'Ordine è il Presidente della Repubblica che nomina su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, i suoi appartenenti divisi in cinque classi: Cavalieri di Gran Croce, Grandi Ufficiali, Commendatori, Ufficiali e Cavalieri. Per altissime benemerenze può essere eccezionalmente conferita ai Cavalieri di Gran Croce la decorazione di Gran Cordone. Invece, perde l’onorificenza l'insignito che se ne renda indegno.
L’art. 488, comma 2, cod. pen. punisce l’usurpazione di titoli e onori e l'art. 8 della legge del 1951 stabilisce che "salvo quanto è disposto dall'art. 7, è vietato il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati: il conferimento, non consentito di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, include non solo l'atto unilaterale di assegnazione del titolo ma anche la cerimonia di investitura quale modalità con cui il conferimento si attua (Cass. pen. Sez. 3, n. 9737 del 16/06/1999, Mariano, Rv. 214615).
2. Il libro di Maurizio Reina de Jancour
La legge n. 178 del 1951 attua un precetto costituzionale (art. 87 ultimo comma Cost.) potenzialmente derogatorio del principio di uguaglianza, sicché il legislatore nel dettare le norme ha voluto attribuire alle onorificenze conferite dalla Repubblica Italiana, fondata sul lavoro, un significato eminentemente morale e, per questa ragione, ha ridotto al massimo la possibilità di utilizzarne altre subordinando l'uso di quelle "non nazionali" a un'autorizzazione.
In questo quadro, il libro di Maurizio Reina de Jancour Gli ordini cavallereschi “non nazionali” nella legge 3 marzo 1951 n. 178 illustra la genesi e l’evoluzione del concetto di “ordini cavallereschi non nazionali” espresso nella legge n. 178 del 1951 e – utilizzando, con un accurato lavoro di ricerca, anche molto documenti inediti – l’incremento degli ordini cavallereschi “indipendenti”.
Lo studio esamina doviziosamente: la situazione anteriore al 2 giugno 1946 e il diritto dinastico, le vicende della legge speciale, il ruolo del Presidente della Repubblica, gli interventi del Consiglio di Stato, le posizioni del giudice Aldo Pezzana, l’operato delle Commissioni istituite presso il Ministero degli Affari Esteri.
Il lavoro apre anche alcuni spiragli interessanti (sociologicamente) sull’ambiente dei “nobili militanti” e sul loro rapporto con il “sentire collettivo della Nazione” (p.377).
Reina de Jancour (già autore di: Plebei e altri animali. Il razzismo segreto della nobiltà cattolica contemporanea, 2017) osserva che ancora oggi il Ministero degli Affari Esteri autorizza il porto delle insegne di alcuni Ordini cavallereschi “dinastici” conferite dai discendenti di famiglie ex regnanti italiane in base a una nozione di “sovranità affievolita” che egli ritiene, a conclusione di puntuali argomentazioni, priva di riscontro nel diritto internazione e nel diritto delle altre Nazioni europee (p. 345 ss.).
La tesi dell’Autore - sviluppata richiamando la dottrina e la giurisprudenza (ampiamente citata nel volume) degli anni successivi alla legge del 1951 - è che si è affermato un “orientamento interpretativo eversivo del monopolio statale delle onorificenze voluto dal legislatore” (pp.374 ss.).
A questo proposito viene opportunamente richiamata l’opinione di Arturo Carlo Jemolo: “un sovrano spodestato non dà onorificenze se non in quanto affermi di continuare a essere il Re legittimo ed il suo intento di riprendere il potere; e lo Stato che lo ha deposto non può considerare che come un atto di ribellione quello di chi accetti tali onerificenze”.
3. Il mutevole valore dei valori nella società acefala
Libertà, ricchezza, uguaglianza, sicurezza, piacere, obbedienza sono valori individuali e sociali. La valutazione della loro importanza è fondata su premesse eterogenee ma diventa necessaria quando accade di dovere stabilire una gerarchia fra i valori veicolati dai dati normativi.
Gli studi sulle motivazioni sociali individuano i prototipi dei sistemi di valori[1]. Alcuni valori focalizzano la dimensione sociale (quella considerata dalle onorificenze al merito della Repubblica): le tendenze all’universalismo (comprensione, tolleranza, rispetto e protezione del benessere di tutte le persone e della natura) inclinano verso la autotrascendenza e la benevolenza (mantenimento e miglioramento del benessere delle persone direttamente conosciute). Altri valori focalizzano la dimensione personale: sicurezza e conformismo, successo, potere, autoaffermazione, edonismo, individualismo. Poiché i valori non possono mutare radicalmente da una generazione all’altra, è ragionevole supporre che quando, per le condizioni contestuali, un valore non può essere adeguatamente attuato, se ne cerchi il soddisfacimento con forme complementari o surrogate. Se i valori che focalizzano la dimensione sociale devono scontare il declino dell’universalismo, allora è prevedibile un rafforzamento di forme scarsamente istituzionalizzate di benevolenza. Se i valori che focalizzano la dimensione personale non trovano sbocco nella possibilità di una sua effettiva soddisfazione, allora è prevedibile che della stessa si coltivino immagini del tutto estrinseche.
A quali specifiche esigenze psicologiche (ma non possono escludersi anche interessi pratici) si colleghi la ricerca di riconoscimenti formali scollegati da reali tradizioni familiari (che possono spiegare il desiderio di ricostruire una continuità storica) o da effettivi meriti personali non è semplice dire.
In ogni caso, non stupisce che, in alcune subculture, fra le molteplici che compongono la variegata società italiana, dell’onore - che (occorre pur dirlo) appare al momento un valore recessivo - si cerchino implausibili surrogati (il fenomeno, infatti, non riguarda solo i titoli nobiliari e ognuno può trovarne esemplificazioni variegate e, a volte, inattese).
Di tutto questo certamente non beneficia l’araldica, disciplina (non priva di pregi estetici) che, quando analizza e interpreta gli stemmi, fornisce concreti strumenti per ricostruire le vicende dei loro possessori e così contribuisce alle ricerche storiche: alla sigillografia, alla numismatica, alla genealogia, alla bibliografia, favorendo la datazione o la provenienza geografica di reperti, l’attribuzione di beni e la individuazione dei committenti di opere d’arte.
[1] S.H.Schwartz-W.Bilsky,Toward a universal psychological structure of human values, in: Journal of Personality and Social Psychology, 1987, 53, 550-562; S.H. Schwartz, Universals in the content and structure of values: Theory and empirical tests in 20 countries, in M.Zanna (ed.), Advances in experimental social psychology vol.25,1-65. NewYork, Academic Press. 1992; S.H.Schwartz, Are there universal aspects in the content and structure of values, in: Journal of Social Issues, 1994. 50, 19-45. C.Capanna- M.Vecchione-S.H.Schwartz, La misura dei valori: un contributo alla validazione del Portrait Values Questionnaire su un campione italiano. In: “Bollettino di Psicologia Applicata”, 2005.