GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Brevi considerazioni sul nuovo rito civile in Cassazione e sui suoi riflessi sull'organizzazione della Sezione Lavoro

    Brevi considerazioni sul nuovo rito civile in Cassazione e sui suoi riflessi sull'organizzazione della Sezione Lavoro [1]

    di Vincenzo Di Cerbo

    La legge 25 ottobre 2016 n. 197, di conversione del decreto-legge 31 agosto 2016 n. 168, recante, in particolare, “misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione” ha introdotto alcune norme che incidono profondamente non solo sul processo civile presso la Corte di legittimità ma anche sull’organizzazione della Corte.

     Sommario: 1.Premessa.- 2. Ius constitutionis e ius litigatoris. - 3. Brevi cenni sugli effetti della riforma sull’attività delle sezioni civili della Corte di cassazione.- 4. Riflessi della riforma del 2016 sull’organizzazione della sezione lavoro.

     1.Premessa. La legge 25 ottobre 2016 n. 197, di conversione del decreto-legge 31 agosto 2016 n. 168, recante, in particolare, “misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione” ha introdotto alcune norme che incidono profondamente non solo sul processo civile presso la Corte di legittimità ma anche sull’organizzazione della Corte.

    La principale novità introdotta dalla nuova legge consiste certamente nella distinzione tra giudizi aventi rilevanza nomofilattica, che sono destinati alla trattazione in pubblica udienza, e quelli che sono privi della suddetta rilevanza, che vengono trattati nella camera di consiglio non partecipata. Si è affermato in proposito (PUNZI[2]) che con la riforma del 2016 viene invertito il rapporto esistente nel codice del 1940 tra la trattazione in pubblica udienza, che trova la sua conclusione in una decisione in forma di sentenza, e la trattazione in camera di consiglio con decisione in forma di ordinanza. Con la nuova formulazione dell´art. 375 c.p.c. la trattazione in camera di consiglio e la decisione con ordinanza sono divenute la forma ordinaria laddove la trattazione in pubblica udienza costituisce la forma eccezionale di svolgimento del procedimento dinanzi alla Corte di cassazione (concorda con quest’ultima affermazione, in particolare, COSTANTINO [3]).

    Le considerazioni che seguono riguardano, in particolare, gli effetti di questa novità sull’organizzazione della Sezione lavoro della Corte di cassazione.

     

    2. Ius constitutionis e ius litigatoris. Appare utile premettere che, come è stato più volte sottolineato, non solo in dottrina, la nostra Costituzione (art. 111) attribuisce alla Corte di cassazione un duplice compito: quello di custode della nomofilachia per cui la Corte deve assicurare, come stabilito dall´art. 65 ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941, n. 12), “l’uniforme interpretazione della legge, l´unità del diritto oggettivo nazionale” e quello del giudice dello ius litigatoris, al quale è demandato di controllare la legalità del caso singolo. È stato esattamente sottolineato (LOMBARDO[4]) che si tratta di compiti affatto diversi: il controllo di legalità della sentenza riguarda il caso singolo e la sua soluzione giuridica non supera il recinto della fattispecie concreta e dell’interesse delle parti. La funzione nomofilattica ha un respiro molto più ampio: partendo dalla soluzione del caso concreto essa mira a dettare un principio di diritto idoneo a diventare precedente destinato ad indirizzare gli altri giudici nella soluzione di future, analoghe controversie.  

    La diversità delle suddette funzioni comporta altresì che mentre la prima (il controllo di legalità delle sentenze) comporta l’obbligo della Corte di pronunciarsi tutte le volte che venga richiesto il suo intervento, la funzione nomofilattica implica la necessità di una previa selezione, finalizzata ad individuare le questioni che, per il loro carattere paradigmatico, possono essere rilevanti come precedente per le future interpretazioni giurisprudenziali.

    La riforma del 2016 nasce dalla consapevolezza del legislatore della necessità di prendere atto delle difficoltà in cui si trova la Corte di cassazione ad assolvere con lo stesso rito le due funzioni sopra indicate, difficoltà rese evidenti dal sempre crescente numero dei nuovi ricorsi proposti anno dopo anno nel settore civile [5]  e dal crescente numero delle cause pendenti nonostante il netto miglioramento dell’efficienza della Corte nella decisione dei ricorsi[6].  Difficoltà che sono state risolte solo parzialmente dalla precedente riforma del 2009 (legge 18 giugno 2009 n. 69) che ha istituito l´” apposita sezione” (art. 47, comma 1, lett. b, che ha modificato l´art. 376, primo comma, cod. proc. civ.) col compito di decidere con rito camerale i ricorsi inammissibili, o “manifestamente infondati” o “manifestamente fondati”. 

    La nuova legge, pur mantenendo la speciale sezione prevista dall´art. 376 c.p.c., (la sesta sezione civile), della quale ha tuttavia parzialmente modificato il rito, ha imposto alle sezioni civili ordinarie l’adozione di un nuovo modello processuale e organizzativo. 

    Il fatto di aver previsto, con la nuova formulazione dell´art. 375 cod. proc. civ., che la trattazione in udienza pubblica riguarda solo quei ricorsi per i quali sussiste una “particolare rilevanza della questione di diritto” sulla quale la Corte è chiamata a pronunciare, implica, come si è in precedenza accennato, che la trattazione camerale diventa la modalità più comune e diffusa del processo civile di cassazione, modalità che si caratterizza, in particolare, per il fatto che il rito è più veloce e la decisione viene adottata con ordinanza.

    Nel disegno del legislatore della novella del rito di legittimità, pertanto, l'udienza pubblica (art. 379 cod. proc. civ. come modificato dalla citata legge n. 197 del 2016) è il "luogo" dedicato all’esercizio della funzione nomofilattica, luogo cioè in cui si assume la decisione sulla “questione di diritto” di “particolare importanza”. Decisione destinata a costituire un precedente e ad incidere, pertanto sulla evoluzione della giurisprudenza successiva.

    Coerentemente alla scelta della pubblica udienza, che consente, o meglio, implica la discussione orale della causa, preceduta dalle conclusioni del pubblico ministero, il legislatore ha stabilito che l’esito decisorio deve avere forma di sentenza, provvedimento che, anche se redatto in forma sintetica (così come, del resto, previsto dal combinato disposto degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.), consente il pieno dispiegarsi del percorso logico-giuridico che è posto alla base del principio di diritto espresso dalla decisione. Principio di diritto che, per le ragioni sopra indicate, esprime l’interesse generale alla funzione nomofilattica.

    Ove la questione sottoposta all’esame della Corte abbia unicamente una valenza individuale, a tutela dello ius litigatoris, la relativa trattazione avviene in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti. La nuova disciplina prevede che della fissazione dell’udienza in camera di consiglio viene data comunicazione agli avvocati delle parti e al Pubblico Ministero almeno quaranta giorni dalla data stabilita; il P.M. può depositare le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell’adunanza in camera di consiglio e le parti possono depositare le loro memorie successivamente e, in particolare, nel termine di dieci giorni prima dell’adunanza stessa. Coerentemente è previsto per la decisione la forma dell’ordinanza che, come è stato condivisibilmente affermato in dottrina (LOMBARDO, op cit. 38) si distingue dalla sentenza soprattutto in relazione al contenuto della motivazione (rispettivamente, artt. 134 e 132, n. 4, cod. proc. civ.). La motivazione dell’ordinanza può ridursi a meri enunciati di risposta alle questioni sottoposte, potendo limitarsi a richiamare i precedenti già affermati dalla Corte di legittimità; la motivazione della sentenza esige un percorso argomentativo, ancorché sintetico, completo ed esaustivo che esamina tutti gli argomenti sottoposti all’esame del collegio decidente.

    L’opzione per il rito camerale e la forma dell’ordinanza adottata dal legislatore per le relative decisioni puntano evidentemente alla velocizzazione del giudizio di cassazione e quindi all’aumento della capacità della Corte di esaurire i processi pendenti.

     

    3. Brevi cenni sugli effetti della riforma sull’attività delle sezioni civili della Corte di cassazione. Con riferimento all’intero settore civile nel corso del 2018 le pervenienze (e cioè il numero dei nuovi processi iscritti a ruolo) ammontano (al 31 dicembre) a complessive 36.881 unità. Nello stesso periodo dell’anno precedente le pervenienze erano arrivate a complessive 30.298 unità. Dobbiamo registrare pertanto un incremento delle pervenienze di 6.583 unità. Incremento che ha riguardato sostanzialmente la prima sezione civile (+ 4.899 rispetto all’anno precedente) e la sezione tributaria (+ 1.114).

    Negli stessi periodi sono stati eliminati con provvedimento definitivo pubblicato rispettivamente: a) nel 2018 n. 32.477 ricorsi, dei quali 21.511 nelle sezioni civili ordinarie (ivi comprese le Sezioni Unite) e 10.966 nella Sesta sezione civile. Deve pertanto registrarsi un saldo negativo di 4.404 ricorsi con conseguente ulteriore aggravio delle pendenze complessive pervenute alla cifra record di 111.275 ricorsi; b) nel 2017 n. 30.255, dei quali n. 18.013 nelle sezioni civili (ivi comprese le Sezioni Unite) e n. 12242 nella Sesta sezione civile.

    Da questi dati emerge una prima osservazione, a mio avviso di notevole interesse: nel 2018 le sezioni civili hanno aumentato la loro produttività rispetto al corrispondente periodo (+ 2.222) e il saldo negativo è riconducibile pertanto esclusivamente agli incrementi delle pervenienze sopra descritti.

    Ciò trova conferma nel fatto che l’indice di ricambio (eliminazioni/pervenienze) delle sezioni seconda, terza e quarta (su quest`ultima  si rinvia al paragrafo successivo), e cioè di quelle sezioni che hanno avuto un numero di pervenienze sostanzialmente stabile è positivo, laddove quello delle sezioni prima e tributaria è negativo.

    L’indice di ricambio di tutte le sezioni civili è pari a 0,88.   (Se non si fosse registrato il suddetto incremento delle pervenienze e quindi immaginando invariato il numero delle stesse rispetto a quelle risultanti al 31 dicembre 2017, l’indice di ricambio di tutto il settore civile sarebbe positivo: 1,07).

    A mio avviso tale risultato è stato reso possibile, oltre che dal costante impegno dei magistrati della Corte, anche, in qualche misura, dagli effetti dei miglioramenti organizzativi indotti in tutto il settore civile dalla riforma del 2016. 

     

    4. Riflessi della riforma del 2016 sull’organizzazione della sezione lavoro. La riforma in esame si inserisce in uno schema organizzativo già precedentemente adottato in sezione lavoro e che nel corso dell’anno 2017 aveva già cominciato a produrre lusinghieri risultati. Schema organizzativo basato sulla ripartizione dei Collegi in tre aree specialistiche (Area 1: impiego pubblico privatizzato, Area 2: previdenza e assistenza, Area 3: rapporto di lavoro privato).

    Nella condivisa convinzione che il numero delle sopravvenienze annue ed il peso delle cause pendenti impongono l’adozione di misure efficaci per la gestione del contenzioso, e al fine di garantire, nei limiti del possibile, il rispetto dei principi del giusto processo da un lato e della ragionevole durata del processo dall’altro, la Sezione lavoro ha valorizzato, specialmente negli ultimi anni, l’attività dell’esame preliminare dei ricorsi (c.d. spoglio) consapevole che solo la previa conoscenza, sia pure schematica, del contenuto degli stessi e delle problematiche giuridiche che essi sottopongono alla valutazione della Corte di legittimità, consente una loro gestione ottimale.

    E’ stata di recente all’uopo creata una nuova struttura (SCO), acronimo di Struttura di Coordinamento Organizzativo della quale fanno parte, oltre i componenti dell’Ufficio spoglio sezionale (3 consiglieri; 6 magistrati addetti al massimario), anche gli stagisti avviati al periodo di formazione teorico-pratica presso la Corte ai sensi dell’art. 73 del d.l. n. 69 del 2013 (convertito dalla l. n. 98 del 2013) e i tirocinanti di cui all’art. 37, commi  4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011 (convertito in l. n. 111 del 2011), nonché un consigliere incaricato di collaborazione interna destinato al supporto del Presidente titolare nel coordinamento delle attività delegate alle singole aree ed ai Presidenti non titolari.

    Il tutto in conformità con le previsioni delle Tabelle di organizzazione dell’ufficio tuttora vigenti, che contengono anche indicazioni sulla elaborazione del “programma di spoglio/selezione degli affari pendenti” di competenza del Presidente titolare (Tabelle, § 31.bis 1), sulle direttive all’Ufficio spoglio del Presidente titolare (Tabelle, § 31. 3 e 31.bis 3), sul coordinamento delle attività di collaborazione dei Presidenti non titolari nelle attività funzionali sia all’esercizio della nomofilachia che all’organizzazione della sezione (Tabelle, § 10). L’apporto degli stagisti e dei tirocinanti, da affiancare altresì alla partecipazione alle udienze, è corrispondente alle previsioni dettate dal Regolamento di questa Corte per lo svolgimento dei tirocini formativi e dal bando 2017 per il relativo reclutamento, provvedimenti che prevedono una presenza in ufficio per almeno due giorni lavorativi a settimana.

    Compito della nuova struttura è quello di procedere non solo all’esame preliminare dei ricorsi ma anche quello di individuare ed accorpare, con l’aiuto dello strumento informatico (e, più in particolare, sfruttando al massimo, la tecnologia del SIC) quei ricorsi che presentino problematiche analoghe. Ciò al fine di consentire una gestione del contenzioso che, anche in deroga al tradizionale criterio della trattazione dei processi secondo l’ordine cronologico stabilito dalla data di presentazione del ricorso, consenta l’agevole accorpamento delle cause sulla base dell’identità delle questioni giuridiche trattate, delle materie affrontate e delle relative problematiche.  Ciò in coerenza, del resto, con le indicazioni contenute nelle Tabelle ove viene esplicitamente espresso un orientamento favorevole ad un modello organizzativo che privilegi, nell’ambito della singola sezione, oltre alle udienze seriali, anche le udienze monotematiche.

    La sezione lavoro ha cercato di cogliere le potenzialità gestionali offerte dalla legge 26 ottobre 2016 n. 197, aumentando l’impegno relativo all’esame preliminare dei ricorsi garantito dall’Ufficio spoglio sezionale, in stretto coordinamento con quello sotto sezionale corrispondente presso la Sezione Sesta, e all’inserimento dei relativi risultati nel sistema informatico della Corte.

    In particolare è stata ripensata l’attività di spoglio nel senso che questa, non è finalizzata unicamente a individuare le specifiche questioni da trattare, a indicare il numero dei motivi di ricorso (principale e/o incidentale) ed a provvedere a eventuali accorpamenti, ma deve fornire anche una indicazione per il presidente o per il magistrato delegato alla formazione dei ruoli di udienza circa la natura del singolo ricorso al fine di indirizzarlo all’udienza pubblica (ove lo stesso meriti una pronuncia rilevante dal punto di vista nomofilattico) o all’adunanza camerale (negli altri casi).

     

    5. Effetti concreti delle misure organizzative adottate. L’evoluzione dei dati numerici concernenti la Sezione lavoro può, a mio avviso, essere considerata positiva e dimostra un costante miglioramento via via che le misure organizzative alle quali ho accennato hanno esplicato la loro efficacia.

    Ed infatti, a fronte di complessivi n. 5.574 nuovi ricorsi iscritti nel corso dell’anno 2018, sono stati eliminati con provvedimento definitivo pubblicato n. 7.300 ricorsi, dei quali n. 5233 in sezione e 2.067 nella corrispondente sottosezione della Sesta sezione civile. Deve pertanto registrarsi un saldo positivo di 2067 ricorsi. L’indice di ricambio (che esprime il rapporto fra numero dei ricorsi eliminati e il numero delle sopravvenienze nel corso dell’anno) si attesta quindi a 1,31. I processi pendenti al 31 dicembre 2018 ammontano a complessivi 18.724, dei quali 12.942 in sezione, 2.803, presso la sottosezione lavoro della sesta sezione civile e 2.979 presso la cancelleria centrale civile.

    Analogo risultato positivo deve registrarsi nel corso del 2017, primo anno di vigenza della riforma, nel corso del quale, a fronte di un numero di pervenienze sostanzialmente analogo (5.527 nuovi ricorsi iscritti a ruolo) sono stati eleminati nello stesso anno ben 7.282 ricorsi, con un indice di ricambio pari a 1,31. I processi pendenti al 31 dicembre 2017 ammontavano a complessivi 20.378.

    Nel corso del 2016, e cioè nell’anno immediatamente precedente l’entrata in vigore della riforma (che di fatto ha cominciato a produrre i suoi effetti soltanto a partire dai primi mesi del 2017) le pervenienze sono state pari a 5.615 ricorsi; i ricorsi eliminati sono stati 6.877 (dei quali 4.575 in sezione e 2.302 nella sottosezione della Sesta sezione civile). L’indice di ricambio è stato pari a 1,22. I processi pendenti al 31 dicembre 2016 ammontavano a 22.226.

    In sostanza nel corso di due anni, e cioè dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2018 i processi pendenti in Corte di cassazione concernenti la sezione lavoro sono calati di 3.502 unità.

    Il progresso dei dati appare ancora più evidente ove vengano considerati esclusivamente il numero dei provvedimenti emessi in sezione (al netto cioè di quelli emessi dalla sottosezione della sesta sezione civile); come si è prima accennato, infatti, la riforma ha riguardato più direttamente l’organizzazione e il rito della sezione ordinaria.    Si è passati da1 4.575 provvedimenti definitivi emessi nel corso del 2016, ai 4.758 emessi nel corso dell’anno 2017 e, infine, ai 5233 emessi nel corso del 2018. 

    Particolarmente significativo per la presente trattazione è il rilievo concernente le modalità con le quali la Sezione lavoro ha applicato la riforma del 2016 (al netto di quanto fatto in sede di sottosezione presso la Sesta sezione civile).

    Nel corso del 2018 il numero dei ricorsi decisi con ordinanza (all’esito di adunanza camerale) è stato superiore a 2.600 e quindi ha nettamente superato quello dei ricorsi decisi con sentenza (meno di 2.500) all’esito di udienza pubblica. Nel corso dell’anno 2017 le ordinanze avevano superato di poco le 1.700 unità a fronte di quasi 3.000 sentenze. (Le differenze rispetto ai totali dei procedimenti decisi è data, quasi interamente, dai decreti emessi ai sensi dell´art. 391 cod. proc. civ. nei casi ivi previsti di rinuncia al ricorso).

    Queste cifre inducono ad alcune considerazioni.

    Il numero delle adunanze camerali (e conseguentemente il numero dei ricorsi decisi con ordinanza) è in progressiva crescita, ed è destinato ad aumentare considerevolmente nel corso del 2019; tale crescita è stata finora attuata (e lo sarà anche nel corso del 2019) in modo graduale. Il numero delle cause decise in sede camerale, dimostra la prudenza con la quale sono stati fissati i ruoli in sede di prima applicazione della legge. Prudenza suggerita dal fatto che occorre realizzare un mutamento culturale che riguarda in primo luogo i giudici della Corte di cassazione che devono adeguare la loro attività alle importanti novità processuali e organizzative introdotte dalla riforma; il mutamento culturale riguarda, in particolare, i giudici addetti allo “spoglio” ai quali viene affidato, come si è in precedenza accennato, anche il compito di selezionare, nella massa dei ricorsi, quelli che, avendo valore nomofilattico, devono essere decisi in pubblica udienza.

    Tale gradualità appare inoltre opportuna per superare perplessità manifestate dal Foro, e che hanno trovato notevoli riscontri anche in dottrina, concernenti i più rilevanti aspetti della riforma. In estrema sintesi le perplessità riguardano: la mancanza di pubblicità che caratterizza l'adunanza camerale, e che impedisce la difesa orale; la forma dell'ordinanza che autorizza, secondo le tesi alle quali ho prima accennato, una motivazione sintetica. In sostanza la velocizzazione e semplificazione del giudizio affidate alla trattazione camerale inciderebbe direttamente sulla qualità delle decisioni della Suprema Corte e quindi sulla loro persuasività e autorevolezza. A mio avviso l’esperienza maturata nel corso di questa fase di prima applicazione della riforma legittima il superamento delle suddette perplessità. Da un lato il deposito delle memorie consente alle parti e al pubblico ministero di sviluppare pienamente le loro tesi; dall´altro la camera di consiglio dell´adunanza camerale non è qualitativamente meno approfondita e articolata di quella che segue l´udienza pubblica, le uniche differenze dipendendo dalla diversità dei ricorsi e delle problematiche giuridiche che devono essere affrontate per la decisione; di fatto ciascun ricorso viene esaminato e discusso con le stesse modalità adottate per la trattazione a seguito di udienza pubblica. Del resto la lettura delle ordinanze dimostra con assoluta evidenza il livello di approfondimento posto a base delle decisioni.

    Sotto altro profilo è stato del resto più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass. n. 8869 del 2017) che il procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice, disciplinato dall´art. 380 bis.1 cod. proc. civ. è pienamente rispettoso sia del diritto di difesa delle parti, le quali, tempestivamente avvisate entro un termine adeguato del giorno fissato per l’adunanza, possono esporre compiutamente i propri assunti, sia del principio del contraddittorio, anche nei confronti del P.G., sulle cui conclusioni è sempre consentito svolgere osservazioni scritte.

    Le cifre sopra indicate dimostrano inoltre che trova piena applicazione il principio secondo cui ogniqualvolta, nel corso dell’adunanza camerale, emerga il carattere di “particolare rilevanza” ai sensi dell´art. 375 cod. proc. civ. della questione sottoposta al collegio, la causa viene rinviata in pubblica udienza. Deve ricordarsi in proposito che, come affermato, da ultimo, da Cass. n. 19115 del 2017 e Cass. n. 5533 del 2017, ciò non è impedito dalla circostanza per cui il ricorso sia stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, potendosi fare applicazione analogica dell'art. 380-bis, comma terzo, cod. proc. civ. e, comunque, non essendo il Collegio vincolato dalla valutazione sulla rilevanza della questione operata dal Presidente della sezione.  La trattazione in pubblica udienza, oltre che disposta di ufficio, può essere richiesta inoltre anche dalle parti con le memorie previste dal citato art. 380 bis.1 o dal pubblico ministero in sede di conclusioni scritte ai sensi della norma da ultimo citata. 

    Un’ultima considerazione si impone.

    L’ampliamento delle possibilità di gestione del contenzioso, già previsto dalle Tabelle e certamente potenziato dalla riforma del 2016, consente di operare ed attuare scelte suggerite dal diverso rilievo, oltre che nomofilattico, anche sociale delle tipologie del contenzioso.

    Così, sotto un primo profilo, si è realizzato un canale di comunicazione con la corrispondente sottosezione della Sesta sezione civile chiamata a trasmettere in sezione immediatamente, segnalando l’opportunità di una sollecita decisione, tutti quei ricorsi che presentino interesse nomofilattico e la cui soluzione possa avere un interesse deflattivo anche per i giudici di merito.

    Sotto altro profilo ha consentito di affrontare con priorità alcune materie di specifico impatto sociale.  Ad esempio, in materia di licenziamento non solo sono state affrontate alcune importanti questioni attinenti all’interpretazione della legge Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92), fissando alcuni importanti principi di diritto, in particolare in tema di processo e soprattutto in materia di conseguenze derivanti dall’illegittimità del recesso, ma sono stati sostanzialmente eliminati tutti i ricorsi iscritti a ruolo negli anni 2015, 2016 e 2017. Ciò ci consente, in questi primi mesi del 2019, di decidere ricorsi in tema di licenziamento iscritti a ruolo nel corso dell’anno appena trascorso nel rispetto dei vincoli temporali imposti dalla legge Fornero, ma avendo previamente eliminato pressoché tutti i licenziamenti intimati prima dell´entrata in vigore della suddetta legge.

     

     

    [1] Relazione riveduta e aggiornata tenuta all’incontro di studio del 30 ottobre 2018 dal titolo “Il nuovo rito civile e i riflessi sull’organizzazione degli uffici della Corte e della Procura Generale” organizzato dalla Formazione decentrata presso la Corte di cassazione.

    [2] PUNZI, La nuova stagione della Corte di cassazione e il tramonto della pubblica udienza, Riv. Dir. Proc., 2017, 4 ss.

    [3] COSTANTINO, Note sulle misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di cassazione, Foro it., 2017, V, 9.

    [4] LOMBARDO, La nomofilachia nel giudizio di cassazione riformato, Giust. Civ., 2017, 1, pagg. 1 ss.

    [5] Il numero complessivo dei ricorsi depositati nell’anno 2016 nell’intero settore civile ammontava a 29.693; nel 2017 il numero è salito a 30298; nel 2018 sono stati depositati complessivamente 36.881 ricorsi (dati ricavati dal Sistema informativo della Corte di cassazione - SIC).

    [6] Le pendenze relative al settore civile, che, al 31 dicembre 2016 ammontavano a 106.885, sono arrivate alla cifra record di 111.275 al 31 dicembre 2018, nonostante il costante progresso, in termini numerici, del numero dei processi esauriti con provvedimento definitivo (nel 2016: 27.382; nel 2017: 30.255; nel 2018: 32.477; dati tratti dal SIC).  

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