GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    La disorganica riforma della magistratura onoraria

    La disorganica riforma della magistratura onoraria di Angelo Costanzo

    1. Lo schema di disegno di legge recentemente elaborato dal Governo contiene alcune modifiche al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 denominato “Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57” lascia irrisolte le questioni relative al regime della magistratura onoraria nel sistema giudiziario italiano.

    L’assunto di base è che senza la magistratura onoraria l’amministrazione della Giustizia non può funzionare (molti uffici non potrebbero reggere) e se le risorse umane (le persone) che la compongono sono utilizzate in modo inadeguato si producono effetti negativi per tutti.

    Lo schema del disegno di legge va studiato in rapporto al decreto legislativo che si propone di migliorare e, per sua natura, resta aperto alle modifiche. Allora, è bene che Giustiziainsieme ritorni a occuparsi di questa materia la cui regolazione è ancora suscettibile di evoluzioni e che incide in modo rilevante sulla azione giudiziaria ordinaria.

    I nodi problematici principali non sciolti dal decreto legislativo del luglio 2017 e dallo schema di disegno di legge riguardano:

    a) la condizione di prolungata precarietà dei magistrati onorari per decenni rinnovati nelle loro funzioni (quelli in servizio alla data del 15/08/2017);

    b) il senso funzionale complessivo della magistratura onoraria nel sistema giudiziario.

    Valgono, in prima battuta e fatta salva l’opportunità di ulteriori approfondimenti, le seguenti considerazioni.

     2. Ai magistrati onorari per decenni rinnovati nelle loro funzioni è ora consentita la permanenza illimitata in servizio fino a 68 anni, ma la disciplina delle possibilità del loro impiego depotenzia la valenza della modifica perché risulta insoddisfacente per le giuste aspettative economiche e non valorizza compiutamente risorse umane che hanno consolidato esperienze e capacità idonee a fronteggiare gravi difficoltà (soprattutto negli uffici più piccoli e esposti alle scoperture di organico dei magistrati togati). Il mancato ricorso allo schema legislativo usato nel 1974 per i vicepretori spreca l’occasione per un intelligente e pragmatico intervento legislativo (più economico, peraltro, dell’aumento dell’organico dei togati).

    La funzione di supporto di questa categoria - prevedendosi ancora un regime a tempo parziale - risulta compressa, anche tenendo conto della riespansione delle competenze dei giudici onorari di pace e dei viceprocuratori onorari a quelle anteriori alle modifiche introdotte con il decreto legislativo n. 116/2017. Un rapporto a tempo pieno eliminerebbe in radice le possibilità di incompatibilità ambientale e professionale, incentivando la qualità e la quantità degli apporti. 

    In ogni caso, la lievitazione della indennità lorda complessiva annuale (art. 31) e la rimodulazione delle indennità giornaliere ancora non rispettano i parametri ritenuti adeguati dal Comitato europeo dei diritti sociali (retribuzione equiparata, pro rata temporis, al magistrato di ruolo all'inizio della carriera), producono risultati solo ipotetici e protraggono una negativa anomalia nel panorama europeo. Nonostante l’incremento di fondi per la Giustizia, si prevedono saldi invariati solo per la magistratura onoraria: è un approccio miope rispetto alle possibilità di sviluppare una efficace azione per ridurre l’arretrato e alle giuste aspettative (anche di previdenza, di ferie, congedo di maternità, indennità di fine-rapporto) dei lavoratori impegnati nel settore, ancora collocati in un limbo nonostante le precise censure espresse dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia (caso Eu Pilot 7779/15/EMPL).

    Qualche miglioramento deriva dalla restrizione delle incompatibilità ai casi di rapporti di parentela, affinità e coniugio tra il magistrato e il “familiare” esercente la professione forense e dalla parziale estensione ai magistrati onorari della possibilità di assegnazione a altra sede per assistere un familiare disabile (art. 33 legge n. 104/1992, n. 104), permane l’assenza di previsioni per i trasferimenti connessi a esigenze familiari.

    3. Relativamente alla attribuzione delle competenze, è evidente che le idee ispiratrici non sono ancora chiare e coerenti. Soprattutto, sono carenti rispetto alla soluzione dei problemi concreti.

    Lo schema governativo amplia a tutti i casi di citazione diretta in giudizio la competenza del vice procuratore onorario delegato a assumere le determinazioni relative all'applicazione della pena su richiesta. Sarebbe utile razionalizzazione (anche per esigenze organizzative, oltre che di coerenza) estendere all’insieme dei processi trattati dal vice procuratore in udienza la possibilità di esprimere il consenso, scelta, del resto, sulla quale il giudice esercita comunque la sua valutazione finale.  In generale, risultano tendenzialmente disfunzionali le scelte che comportino l’alternarsi in udienza del vice procuratore e del sostituto procuratore togato.

    La riforma segue l’idea di evitare la costituzione di ruoli autonomi dei giudici onorari, se non nei casi previsti dall’art. 11 d.lgs. 116/2017 (quando il Tribunale si trova in situazione di grave sofferenza, sulla base di indici rigorosamente stabiliti).

    Tuttavia, l’impatto dell’applicazione di questa idea alla realtà giudiziaria attuale può produrre esiti preoccupanti. Già art. 10, commi 11 e 12 d.lgs. 116/2017 prevede l’istituto della subdelega per i procedimenti civili, renderlo applicabile anche ai procedimenti penali, consentirebbe di delegare al giudice onorario (secondo criteri da prefissare tabellarmente) alcuni dei processi penali meno impegnativi. In sede di approvazione del decreto correttivo (previsto dalla legge delega) una variazione in questa direzione sarebbe possibile.

    Lo sviluppo del cosiddetto ‘ufficio del processo richiede anni di evoluzioni culturali.

    Nel frattempo, ingrottare troppe risorse al suo interno può forse gratificare astratte (e confuse) prefigurazioni di situazioni future ma potrebbe rivelarsi un ennesimo girare a vuoto, una dissipazione di risorse disfunzionale alla efficace e rapida amministrazione della Giustizia. 

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