GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    9 maggio, festa dell’Europa!  di Guido Raimondi

    9 maggio, festa dellEuropa!

    di Guido Raimondi*

    *Presidente emerito della Corte europea dei diritti dell'uomo e Presidente  della sezione lavoro della Corte di Cassazione

    Credo che le celebrazioni per la festa dell’Europa, che ricorda il discorso di Robert Schuman pronunciato al Quai d’Orsay nel pomeriggio del 9 maggio 1950 sull’idea di un’Europa economica e, in prospettiva, politica riguardino da vicino i giuristi.

    Chi, come chi scrive, è grato a Giustizia insieme per il costante contributo di idee e di riflessioni che sono di quotidiano ausilio nella propria vita professionale, non può non rendersi conto che essa si ispira ad una visione umanistica del diritto. Non è perciò difficile riconoscere la sua adesione senza riserve al progetto europeo, le cui fondamenta si radicano in una concezione che pone al centro la persona umana.

    Dobbiamo essere consapevoli che con i suoi difetti, con le sue battute d’arresto, con lo spazio che talvolta è stato accordato a comportamenti egoistici, il progetto europeo ci ha posti al riparo dal flagello della guerra e ci ha garantito il consolidamento del metodo democratico, dello Stato di diritto e della protezione dei diritti umani.

    Ritroviamo questa idea nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea, secondo cui l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze, e aggiunge che questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.

    Si tratta dei valori fondanti dell’Europa, e paradossalmente, anche quelli meno conosciuti, giacché è una percezione molto diffusa quella dell’Europa vista come arcigna custode di comportamenti irragionevolmente austeri, sovente presentati come imposizioni di Stati più forti su Stati più deboli, con la spinta che ne consegue al successo di movimenti sovranisti e nazionalisti, la cui sensibilità verso questi valori non è delle più elevate.

    Non credo che l’auspicio, che appartiene profondamente a chi scrive, che i giuristi si sentano pienamente partecipi del progetto europeo, e si sforzino di offrire quotidianamente il loro contributo di idee perché il diritto europeo – che sia quello dell’Unione o quello della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – dispieghi tutte le sue potenzialità e si combini armonicamente con quello nazionale sia una posizione ideologica. Ciò, ovviamente, nel pieno rispetto di posizioni diverse.

    La giurisprudenza delle corti europee ha forgiato i concetti di democrazia e di preminenza del diritto che oggi diamo per acquisiti, ma che occorre coltivare quotidianamente, perché il rischio che questi beni preziosi vengano offuscati è sempre presente,

    Nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo troviamo l’idea che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo è stata concepita come uno strumento di concordia tra gli Stati europei intorno a un patrimonio comune d’ideali e di tradizioni politiche, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto, uno strumento fondato sul concetto di società effettivamente democratica, caratterizzata dalla preminenza del diritto e sul rispetto dei diritti umani. Nella sua giurisprudenza la Corte ha chiarito che gli elementi caratteristici di una società effettivamente democratica sono il pluralismo, la tolleranza e l’apertura mentale (Handyside c. Regno Unito, 7.12.1976, § 49; Young, James and Webster c. Regno Unito, 13.8.1981, Serie A no. 44, § 63; Izzettin Dogan et a. c. Turchia (GC), 26.4.2016, §§108-109).  In particolare, in Handyside la Corte ha sottolineato non solo l’importanza della libertà di espressione, protetta dall’articolo 10 della Convenzione, ma anche la necessità del rispetto di opinioni che sono diverse, e quindi del pluralismo come carattere essenziale della società democratica.

    Per questa ragione credo  sia importante la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione, Grande Sezione, del 20 aprile scorso nella causa C-896/19, Repubblika, che, nel ribadire che dall’articolo 2 TUE discende che l’Unione si fonda su valori, quali lo Stato di diritto, ne ha tratto la conseguenza, occupandosi del tema della indipendenza delle corti,  che il rispetto da parte di uno Stato membro dei valori sanciti dall’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro. Uno Stato membro non può quindi modificare la propria normativa in modo da comportare una regressione della tutela del valore dello Stato di diritto, con un’affermazione che sembra abbracciare tutti i valori espressi dall’articolo 2.

    Sono profondamente convinto della necessità di coltivare e di sviluppare ulteriormente il dialogo tra le corti europee e quelle nazionali. In questa prospettiva credo siano da salutare con grande favore tutte le iniziative volte ad incoraggiare il Parlamento alla ripresa dei lavori sulla ratifica del Protocollo n. 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella consapevolezza che la mancata partecipazione italiana a questo strumento escluderebbe le corti superiori del nostro Paese dal dialogo con la Corte europea dei diritti dell’uomo proprio sui temi più attuali che, verosimilmente, saranno quelli interessati dalla giurisprudenza consultiva della Corte di Strasburgo. L’ampio dibattito su questo tema che è stato ospitato da questa rivista va senz’altro nella giusta direzione.

    L’idea stessa di Europa è nata sulla base di una comunità di valori. San Benedetto è stato scelto da Papa Montini nel 1964 come primo Patrono d’Europa, perché è stata la regola benedettina ad unire spiritualmente popoli così profondamente divisi sul piano linguistico, etnico e culturale.

    È ferma opinione di chi scrive che i valori fondanti dell’Europa possano svolgere oggi questo compito, e che la loro sempre maggiore penetrazione nei sistemi giuridici nazionali ne sia la migliore garanzia.

     

     

     

     

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