GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    L’inferno di Ponte Galeria, la “prigione“ dove è difficile sopravvivere

    Sommario: 1.Introduzione - 2. Le Procure che indagano - 3. La sicurezza del business - 4. Zone off limits - 5. La tragedia dei minori - 6.Il gruppo ORS.

    1. Introduzione

    La triste vicenda della morte del giovane originario della Nuova Guinea, Ousmane Sylla, che si è tolto la vita nel CPR di Ponte Galeria riporta alla ribalta della cronaca la triste realtà di queste strutture di “trattenimento”. Il giovane era giunto nel CPR di Roma da pochi giorni, proveniente dal CPR di Trapani dove era stata già accertata la sua precarietà psicologica. Nonostante ciò è stato deciso il trasferimento a Roma e contemporaneamente gli è arrivato il provvedimento che portava a 18 mesi il suo periodo di permanenza nel CPR (cosi come le recenti normative prevedono).

     Il ragazzo non ha retto allo stress e si è impiccato scrivendo con un mozzicone di sigaretta   un messaggio struggente: “Vorrei che il mio corpo sia portato in Africa, mia madre ne sarebbe lieta. I militari italiani non capiscono nulla a parte il denaro. L’Africa mi manca molto e anche mia madre. Non deve piangere per me. Pace alla mia anima, che io possa riposare in pace”  

    Altri casi analoghi si registrano continuamente in altri CPR: un ragazzo tunisino è caduto dal tetto del Centro di Gradisca d’Isonzo ed è stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Udine. Atti di autolesionismo sono registrati in continuazione in tutti centri, segno tangibile di una grande sofferenza che regna in queste strutture e della difficoltà di governarli. 

    2. Le Procure che indagano 

    Si sono avviate in questi mesi importanti indagini delle Procure sia a Milano che in Lucania per accertare le condizioni di vita all’interno di questi centri e le eventuali irregolarità di gestione. 

    Il Centro di permanenza per i rimpatri di via Corelli a Milano è stato commissariato dal Giudice per le indagini preliminari per frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta (ma nonostante il commissariamento è proprio di questi giorni la notizia di ennesime proteste).

    Nel CPR lucano si indaga per verificare se realmente, come sembra, i migranti sarebbero stati sottoposti a maltrattamenti e sedati con psicofarmaci Ma al di là dei risultati delle indagini giudiziarie I CPR continuano ad essere luoghi che generano disagio, ribellione e violenza e che difficilmente riescono a rimpatriare gli stranieri che trattengono. Invece di chiuderli o provare a migliorarli, le ultime dichiarazioni del Governo vanno nella direzione di aumentarne il numero e costruirne uno in ogni regione con l’estensione a 18 mesi come limite massimo di permanenza.

    3. La sicurezza del business 

    L’idea e ormai la certezza di costruire nuovi CPR risponde ad una vaga e fumosa tendenza securitaria, ma anche ad un preciso piano di aumentare il business con l’affidamento a strutture private che spesso sono riconducibili a multinazionali tipo ORS che gestisce il CPR di Ponte Galeria. Multinazionali che fanno grandi guadagni in tutta Europa sulla pelle dei migranti. 

    Il numero delle espulsioni da questi centri è molto basso e quando, nella maggior parte dei casi, non si riesce a realizzare, viene ordinato allo straniero di allontanarsi entro 7 giorni. Spesso lo straniero non ha i mezzi economici per andarsene e rimane semi clandestino nelle nostre città in attesa di tornare di nuovo nel CPR. 

    È sufficiente farsi un giro nei cestini della spazzatura intorno alla fermata del treno di Ponte Galeria per trovare accartocciati i fogli di via consegnati a coloro che escono dal centro terminato il periodo massimo di trattenimento. 

    Si vogliono costruire nuovi CPR, ma non si fa nulla per rendere dignitosa la vita in queste strutture. Anche l’annuncio dell’apertura di un centro in Albania sembra una risposta di “pancia” per affrontare il problema. Si sposta in un altro paese quello che non si riesce a gestire in Italia. Fortunatamente qualche falla in questa proposta così come da alcune Regioni stanno arrivando nette opposizioni all’apertura di questi centri nei loro territori.

    Durante il mio mandato di Garante dei diritti delle persone private della libertà personale (giugno 2017/marzo 2023) ho visitato molte volte il Centro di Ponte Galeria. 

    4. Zone off limits

    Solo nell’ultimo anno del mio incarico, e cioè nel 2022, sono riuscita ad entrare senza chiedere preventivamente autorizzazione alla Prefettura. A differenza di quello che avviene per il carcere fino al 2022 non era possibile l’accesso ai garanti territoriali e questo ha reso difficile fare ulteriori ispezioni e farle a sorpresa (come in genere avviene quando si entra negli istituti penitenziari).

    La mancanza di controlli esterni e la mancanza di un magistrato di sorveglianza (figura non prevista per la detenzione amministrativa) ha fatto sì che molte violazioni si siano compiute (e si continuano a verificare ).  Dal 2022 e dopo un lungo impegno del Garante Nazionale è stato stipulato un accordo con il Ministero degli Interni che prevede la possibilità di ingresso dei garanti territoriali senza previa autorizzazione della Prefettura ed anche la possibilità per le persone trattenute di inviare richiesta di colloquio con il garante stesso.

    Ogni volta che ho visitato il CPR ho chiesto di parlare con le persone trattenute.

     Ho raccolto sempre molto dolore, richieste di ascolto, di cura. La maggior parte si lamenta delle condizioni di invivibilità all’interno del centro. Molti di loro non hanno chiaro il motivo perché sono stati portati lì. Molti sono coloro che hanno problemi di salute e tanti che vorrebbero avere contatti con la propria famiglia che il più delle volte non è a conoscenza del loro stato (come è accaduto per il giovane della Nuova Guinea che si è suicidato) 

    Mi hanno particolarmente colpito le donne: quasi sempre trattenute perché prive di documenti e senza aver commesso reati. Erano alloggiate in una parte distinta della struttura con spazi senza porte, bagni alla turca e d’estate pieni di zanzare. 

    5. La tragedia dei minori 

    Nel CPR risultano alcune volte essere entrati anche dei minori. La detenzione dei minori non dovrebbe mai avvenire in quanto la c.d. legge Zampa (legge 47/2017) prevede che nel dubbio sull’età il minore non debba essere trattenuto presso un CPR, ma immediatamente collocato in un centro dedicato dove essere sottoposto all’accertamento dell’età e non il contrario, ovvero sottoposto all’accertamento dell’età presso il CPR e poi eventualmente collocato in un centro per minori. 

    Sarebbe importante che le Procure, a seguito delle segnalazioni, riuscissero a fare più controlli su questi centri. Esistono i capitolati con i quali i gestori si aggiudicano le gare delle Prefetture per la loro gestione, ma, come ho potuto constatare più di una volta, questi capitolati non vengono rispettati, a partire dal servizio medico, cibo, numero di operatori e mediatori culturali. 

    È sul rispetto dei capitolati di appalto che si dovrebbe maggiormente concentrare il controllo degli organismi preposti. 

    Aumentare il tempo del trattenimento (a 18 mesi) come è stato deciso con l’ultima legge non farà altro che peggiorare le condizioni fisiche e psicologiche delle persone trattenute (e non meravigliamoci delle rivolte). 

    6.Il gruppo ORS

    Una particolare attenzione andrebbe posta (come io nel mio piccolo ho cercato di fare) nei confronti dell’attuale gestore che si è aggiudicato l’appalto di due anni da parte della Prefettura di Roma. Parliamo del Gruppo ORS, gruppo già presente a livello internazionale, sbarcato in Italia poco tempo e già gestore molto chiacchierato del centro di Macomer. A proposito di questa società riporto uno stralcio di una importante inchiesta apparsa sulla rivista Irpimedia (a cura di Alessandro Leone, Marika Ikonomu e Simone Manda):

    “Ors è una multinazionale svizzera nata nel 1977 a Zurigo. Dalla fornitura di servizi a pubblico e privato è poi entrata nel mondo dell’accoglienza, espandendosi anche in Germania, Austria e più di recente in Italia e Spagna.

    Dopo diverse denunce di malagestione in centri di accoglienza in Svizzera e Austria e il calo dei richiedenti asilo nel paese natio, decide di espandersi nel Mediterraneo e aprire una filiale in Italia nel 2018, ORS Italia srl.

    La società però inizia la sua attività solo nel gennaio 2020, riuscendo comunque ad aggiudicarsi il CPR di Macomer il centro di prima accoglienza Casa Malala, pur essendo inattiva, ma il Tar del Friuli Venezia-Giulia revoca l’assegnazione del centro nei pressi di Trieste proprio per il suo stato di inattività.

    Ors è l’unica, tra le società che gestiscono i CPR in Italia, ad essere rappresentata in Parlamento da una società di lobbyng, la Telos Analisi e Strategie.

    All’inizio del 2022 Ors inizia la gestione del CPR di Roma, che continua ancora oggi, e Torino, chiuso dopo le proteste dei detenuti a febbraio per le condizioni di trattenimento.

    A fine 2022 è stata acquistata dal colosso britannico Serco e può vantare la collaborazione di un comitato consultivo composto da ex politici ed imprenditori”

    Mi sembra evidente dal questo rapporto e da tante testimonianze raccolte in questi mesi che esista un problema reale di queste società multinazionali nella gestione di un servizio pubblico così delicato che coinvolge la vita ed i diritti di migliaia di persone.  

    (Nella foto il CPR di Ponte Galeria, fonte)

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