Parla Monika Frackowiak*, giudice distrettuale di Poznan, sull’attacco all’indipendenza della magistratura in Polonia.
di Marcello Basilico
Sono più didieci anni che lo Stato di diritto in Polonia è sotto scacco. Nell’ultimo lustro nel mirino delle istituzioni politiche è soprattutto la giustizia. L’indipendenza della magistratura e del suo organo di autogoverno sono visti come una minaccia per il coronamento delle politiche governative. Le iniziative dirette a controllare la Corte costituzionale e il Consiglio giudiziario, a rimuovere un’intera generazione di giudici, a minacciare la loro libertà di espressione e di giudizio sono state censurate ripetutamente anche a livello europeo. Ma non sembra che questi moniti e le resistenze interne riescano al momento a frenare il regime. Fare il giudice in Polonia diventa così ogni giorno più difficile.
Noi sappiamo, soprattutto dalla lettura dei quotidiani, che le interferenze del Governo polacco dell’amministrazione della giustizia sono state numerose. Puoi sintetizzarci le principali e più allarmanti?
«Noi lo constatammo già a novembre 2015, quando il partito "Legge e Giustizia” ottenne la maggioranza nel Parlamento polacco. La prima cosa che fecero, fu di prendere il controllo sulla Corte costituzionale polacca. E’ un’istituzione essenziale nell’ordine legale polacco, visto che giudica sulla conformità delle leggi approvate dal Parlamento in relazione alla nostra Costituzione. Una volta che dipenda dalla politica del partito maggioritario, come avviene ora, l’attuale Corte costituzionale non può che confermare la legalità della nuova legge (anche quando questa sia apertamente contraria alla Costituzione)».
Dopo questo primo passo ne sono venuti altri.
«Nel 2017 è stata approvata la nuova legge sulle corti territoriali (con competenze di primo e secondo grado – n.d.r.), che permette al ministro della giustizia di revocare presidenti e vice presidenti di qualsiasi tribunale in Polonia senza necessità di motivare. Attualmente una vasta maggioranza di uffici giudiziari polacchi è amministrata da presidenti designati direttamente dal Ministero della giustizia. Il presidente d’un ufficio ha enormi competenze nel lavoro di ogni giorno dei giudici (principalmente grazie alla nuova legge del 2017). Alcuni di loro usano queste prerogative non correttamente, contro i giudici che parlano pubblicamente o che assumono delle decisioni contrarie alla volontà del Governo. Ma il problema più preoccupante è la composizione del nuovo Consiglio nazionale della magistratura, che ora è divenuto un corpo completamente politicizzato. Oltre a occuparsi della nomina e della carriera dei giudici, il Consiglio decide anche su alcune questioni amministrative importanti, operando ad esempio come organo di seconda istanza nel caso in cui un giudice agisca in difromità ad una decisione del presidente)».
Abbiamo letto anche di iniziative di epurazione generalizzate nei confronti di magistrati. Di cosa si è trattato?
«Nel 2017 è stata abbassata l’età pensionabile dei giudici delle corti territoriali, da 67 a 65 per gli uomini e a 60 per le donne, e dei giudici della Corte Suprema, da 70 a 65. Grazie all’intervento della Commissione europea, l’età pensionabile dei giudici delle corti territoriali è stata resa uguale per uomini e donne, ma nel frattempo alcune colleghe erano gia state costrette ad andare in pensione e non sono più rientrate in servizio. Riguardo i giudici di Corte Suprema, dopo che la Corte Europea di Giustizia si è occupata a ottobre 2018 delle misure polacche sull’età pensionabile (è l’ordinanza 19.10.2018, c-619/18 della vice presidente CGUE, nella procedura d’infrazione aperta dalla Commissione U.E- - n.d.r.), le autorità polacche hanno fatto un passo indietro e i vecchi giudici di Corte Suprema sono tornati a giudicare».
Vi sono stati casi ripetuti di mancato rispetto delle sentenze delle Corte europee da parte del Governo della Polonia. Quali sono stati i più gravi, a tuo parere?
«Pensiamo alla più importante decisione della Corte di giustizia, quella che riguarda il Consiglio Giudiziario Polacco e la sezione disciplinare, pubblicata il 19.11.2019 (Corte giust. 19.11.2019, cause riunite c-585, 624 e 625-18 – n.d.r.). Vi si è affermato che ogni corte giudiziaria che sia chiamata a valutare l’operato di un’altro organo giudiziario deve accertarne innanzi tutto l’indipendenza, specialmente quando si tratti di un giudice delle più alte istanze. Gli elementi che sono state indicati dalla Corte europea come misura dell’indipendenza rendono evidente che la nuova sezione disciplinare, costituita presso la Corte Suprema polacca, non é un organo che dia garanzie d’imparzialità. La decisione del 19 novembre scorso ha riguardato anche la legittimazione del Consiglio Nazionale Giudiziario polacco e stabilito che i giudici designati da questo nuovo Consiglio devono essere sottoposti ad una valutazione che cosnenta di verificarne la loro effettiva indipendenza».
Quale è stata la risposta del Governo polacco?
«Una risposta adeguata del governo polacco sarebbe stata quella di promulgare una nuova legge per conformarsi alla decisione della Corte di giustizia. Invece il governo ha introdotto delle nuove disposizioni, chiamate „muzzle law”, che vietano ai giudici polacchi di applicare la sentenza della Corte del 19.11.2019. Grazie a queste nuove norme, un giudice che sollevi una questione di legittimazione di altro giudice designato per decisione del nuovo Consiglio Giudiziario polacco, potrebbe addirittura venire espulso! Tutti i giudici che hanno cercato di applicare la decisione della Corte di giustizia sono attualmente sotto procedimento disciplinare e penale con l’accusa di abuso di potere. Una nuova legge in tal senso è stata approvata dalla SEJM, la camera bassa del Parlamento polacco, a maggioranza del partito di governo, in un solo giorno. E’ stata poi respintta dal Senato, dove i partiti di opposizione hanno la maggioranza per un voto, ma recentemente la SEJM ha respinto a sua volta il rigetto del Senato. Quindi ora, a dispetto dell’opinione negativa della Commissione Venice (organo consultivo del Consiglio d’Europa – n.d.r.), sta solo aspettando la firma del Presidente».
Il Consiglio della Magistratura polacco è stato sospeso dalla rete europea dei Consigli, perché si è ritenuto che non avesse più la necessaria indipendenza. Quali sono stati gli effetti di questo provvedimento per voi?
«Sì, il Consiglio Giudiziario polacco è stato sospeso dall’European Networks of Councils for the Judiciary, ma i suoi membri non sembrano esserne molto preoccupati. Tuttavia, visto che la ENCJ è ben riconosciuta dalle istituzioni europee, come il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea e la Corte di Giustizia Europea, quel provvedimento influenzerà sicuramente il loro approccio nei confronti del nostro Consiglio giudiziario».
Cosa significa oggi fare il giudice in Polonia?
«Sta diventando sempre più difficile. Le cosiddette riforme non hanno portato altro che un caos incredibile all’interno del nostro sistema giudiziario. Siamo oberati di lavoro: ad esempio io ho seicento processi aperti attualmente; ci sono circa ottocento scoperture nell’organico dei magistrati: il numero totale dei giudici polacchi sarebbe di 10.000. Siamo sotto pressione del Governo e dei media, che sono a loro volta sotto il controllo governativo. Recentemente il Presidente polacco si è appellato ai minatori del carbone dicendo loro che intende mettere ordine coi giudici! C’è stata una campagna diffamatoria organizzata dal vice ministro della giustizia contro alcuni nostri colleghi membri dell’associazione Iustitia e Themis. Alcuni account twitter anonimi hanno pubblicato dei dati sensibili riguardanti dei giudici, accessibili solo dai presidenti delle Corti e dal Ministro della giustizia. E ogni magistrato polacco è consapevole del fatto che giudicare un caso di rilievo politico può dare il via a una campagna diffamatoria contro di lui ed esporlo a un procedimento disciplinare».
L’11 gennaio scorso la marcia delle mille toghe di Varsavia ha raccolto magistrati da venti paesi europei. Venticinquemila persone almeno hanno sfilato pacificamente in difesa di una giustizia indipendente in Polonia. Il risultato dell’evento ha risposto alle vostre aspettative? Quali pensi che potranno essere gli effetti della manifestazione?
«E’ stato un evento meraviglioso, oltre la nostra immaginazione. I giudici polacchi che hanno partecipato alla marcia erano non meno di duemila e poi c’erano migliaia di altri operatori giudiziari, tra cui avvocati e procuratori. E siamo veramente grati al supporto dei nostri amici europei, dopo tutto apparteniamo alla stessa famiglia europea di valori. Sia per i magistrati polacchi che per quelli europei è stato uno dei momenti più toccanti della loro carriera. Siamo ancora in contatto e sono certa che questo evento avrà altri effetti per l’intera Europa in futuro. Ma per la situazione attuale in Polonia non avrà nessun impatto, anche se ovviamente il Governo è rimasto scioccato dall’eco che la marcia ha avuto in tutto il mondo. Ho paura che sfortunatamente i giorni più difficili siano ancora davanti a noi. Tuttavia sono sicura che alla lunga il ruolo del diritto avrà la meglio».
*Monika Frackowiak ha 45 anni e lavora come giudice nella Corte distrettuale di Poznan. Fa parte dell’associazione di giudici polacchi Iustitia ed è componente del board di Medel (Magistrats Européens pur la Démocratie et les Libertés). E’ stata tra le organizzatrici della „marcia delle mille toghe” svoltasi a Varsavia l’11 gennaio 2020, che ha visto la partecipazione di venticinque associazioni di magistrati.