Maternità surrogata e trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero: il ruolo dei giudici di merito dopo l’intervento della Consulta
Nota a Trib. Milano 23.9.2021
di Rita Russo
Sommario: 1. Il caso - 2. Le possibili soluzioni - 3. Considerazioni conclusive.
1. Il caso
Il Tribunale di Milano affronta la complessa questione della trascrizione in Italia dell’atto di nascita formato all’estero a seguito di maternità surrogata[1].
La questione è di difficile soluzione perché, nonostante il chiaro arresto delle sezioni unite della Corte di Cassazione[2], secondo le quali questa tipologia di atti non è trascrivibile per contrarietà all’ordine pubblico, la Corte Costituzionale con le sentenze gemelle n. 32 e 33 del 9 marzo 2021 ha affermato che è necessario, in questi casi, tutelare l'interesse del minore al riconoscimento giuridico del legame con coloro che esercitano di fatto la responsabilità genitoriale e che la possibilità di procedere alla adozione in casi particolari non è una tutela sufficiente ed adeguata[3]. Pertanto, il punto di equilibrio già individuato dalla giurisprudenza per tutelare in questi casi l'interesse del minore, e cioè il ricorso all’adozione ex art. 44 della legge 184/1983, è stato chiaramente ritenuto insoddisfacente.
Si tratta però di due sentenze che non modificano il quadro normativo vigente, poiché dichiarano la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alle norme che non consentono, secondo l'interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l'ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero formatosi a seguito di surrogacy; la Consulta ha infatti affermato che il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata spetta, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell'individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco.
Poiché il legislatore non è ancora intervento e non sembra prossimo il suo intervento in questa materia, a tutt’oggi il diritto vivente presenta una vistosa lacuna nella tutela di un legame che può definirsi limping (zoppicante), vale a dire una relazione familiare che poggia su un titolo giuridico che, pur perfettamente legale nello Stato estero in cui si è formato, in Italia non avrebbe potuto formarsi, e di cui non possono riconoscersi gli effetti per contrarietà all'ordine pubblico.
I legami zoppicanti sono il risultato della diversità degli ordinamenti giuridici nazionali poiché i criteri di collegamento variano da paese a paese, così come la concezione di ordine pubblico; a ciò si aggiunga che mentre alcuni legami nascono zoppicanti per effetto del c.d. turismo procreativo, come avviene quando gli aspiranti genitori risiedono in uno Stato la cui legislazione proibisce una determinata pratica procreativa (come la gestazione per conto terzi) e si recano all’estero per aggirarla, altri legami si formano in perfetta armonia con la legislazione del paese di residenza abituale delle parti e diventano zoppicanti solo quando gli interessati decidono di trasferirsi in un altro paese con una legislazione più restrittiva.
È questo il caso esaminato dai giudici milanesi: una coppia di uomini, un cittadino italiano e un cittadino statunitense, dopo avere contratto matrimonio a New York, hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita con gestazione per conto terzi, ed è nato un bambino che, secondo lo Stato della Pennsylvania è figlio di entrambi. Il problema sorge nel momento in cui uno dei due si trasferisce a Milano e, dopo il primo lockdown dovuto all’emergenza pandemica, vorrebbe far stabilire in Italia la sua famiglia; tenta quindi di ottenere un passaporto italiano per il minore, che risulta però solo cittadino statunitense (iure soli), perché non ha legame biologico con il genitore avente cittadinanza italiana, e l’ufficiale di stato civile italiano rifiuta la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero.
Quid iuris dunque? I genitori ricorrono al Tribunale di Milano e nelle more della pendenza del giudizio provano a formare un altro titolo legittimante la relazione familiare, adottando (negli USA) il bambino; questo atto di adozione viene trascritto in Italia come avente effetto di adozione in casi particolari, e ciò secondo i ricorrenti erroneamente, perché si tratta di un atto che dovrebbe produrre in Italia gli effetti dell’adozione piena, attribuendo lo status di figlio.
2. Le possibili soluzioni
L’adozione all’estero del minore è, in astratto, potenzialmente risolutiva della questione, dal momento che la circostanza che il minore sia stato adottato da una coppia same sex non osta di per sé al riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero di adozione piena[4]. La stessa legge italiana non subordina l'adozione piena dei minori in stato di abbandono al requisito della diversità di sesso della coppia adottante, bensì al requisito che gli adottanti siano uniti in matrimonio. Da ciò deriva, ma solo in via di fatto e non in virtù di una norma direttamente discriminatoria, l'esclusione delle coppie omoaffettive dall'accesso all'adozione piena, non già per la scelta di orientamento sessuale, ma perché nel nostro ordinamento le persone dello stesso sesso non possono unirsi in matrimonio, ma solo contrarre unione civile[5].
Anche la giurisprudenza di legittimità è netta nell’affermare che l'orientamento sessuale di per sé non incide sulla idoneità dell'individuo all'assunzione della responsabilità genitoriale. Il best interest of the child, coincidente con il diritto a mantenere la stabilità della vita familiare consolidatasi all'estero con entrambe le figure genitoriali adottive, deve guidare il giudice nella decisione. Vero è che nel nostro ordinamento l'unione matrimoniale così come prevista nell'art. 29 Cost. è una relazione eterosessuale e costituisce il modello di relazione familiare fornito, allo stato attuale, del massimo grado di tutela giuridica, ma in relazione agli status genitoriali essa non costituisce più, soprattutto dopo la riforma della filiazione, il modello unico o quello ritenuto esclusivamente adeguato per la nascita e la crescita dei figli minori e conseguentemente deve escludersi che ciò possa essere ritenuto un limite al riconoscimento degli effetti di un atto che attribuisce la genitorialità adottiva ad una coppia omoaffettiva, in particolare se unita in matrimonio[6].
Tuttavia la soluzione del caso non è così semplice perché, secondo il principio di diritto affermato dalle sezioni unite, il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia maschile non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale solo ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione.
Su questo punto il Tribunale di Milano si arresta, peraltro rilevando che la legislazione della Florida (dove nel frattempo si è trasferito il minore con l’altro genitore), è assai peculiare poiché consente l’adozione di un minore da parte di uno dei genitori già risultanti tali dal suo atto di nascita. In ogni caso il Tribunale di Milano considera il fatto in sé, e cioè che alla base di questa complessa e per certi versi inspiegabile procedura vi è il ricorso alla maternità surrogata e che le parti hanno fatto ricorso all’adozione al fine di ovviare alla mancata trascrivibilità dell’atto di nascita, e pertanto respinge la richiesta di riconoscimento degli effetti della adozione come adozione piena.
La conclusione di questo complesso ed articolato discorso potrebbe essere che allo stato sussiste un vuoto normativo perché – a legislazione invariata – l'interesse del minore, nato da maternità surrogata e certamente incolpevole dei comportamenti dei genitori, può essere tutelato soltanto con l'adozione in casi particolari, tutela che nel frattempo le parti avevano comunque conseguito, pur se si tratta di una tutela non del tutto soddisfacente e coerente con i parametri costituzionali. Da ciò si può fare discendere la considerazione, in verità resa dalla stessa Corte costituzionale, che a questo sistema di tutela imperfetta deve rimediare il legislatore, perché ad esso spetta operare un bilanciamento dei contrapposti interessi e scegliere tra le varie opzioni possibili.
Il Tribunale di Milano invece sceglie una strada diversa e cioè ritiene che questo vuoto normativo, nell'inerzia del legislatore, possa e debba essere superato dal giudice, sa pure con effetti limitati al caso specifico, tramite una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 8 della legge 40/2004, sulla scorta dei rilevi contenuti nella sentenza n. 33/2021 della Corte Costituzionale.
Per superare l’impasse, il Tribunale di Milano opera in concreto il bilanciamento tra l'interesse del minore alla tutela della sua relazione familiare e la tutela della dignità della donna che si è prestata alla surrogacy, concludendo nel senso che nel caso di specie non vi è stata una concreta lesione della dignità della gestante, che possa prevalere sulla tutela dei diritti del nato. Reso questo giudizio, la trascrizione di questo specifico atto di nascita non viene considerata contraria all'ordine pubblico e se ne ordina all'ufficiale di Stato civile la trascrizione.
3. Considerazioni conclusive
Era ampiamente prevedibile, ed anche previsto dalla dottrina, che dopo le sentenze gemelle della Corte Costituzionale i giudici di merito si sarebbero ritrovati, fino all’auspicato intervento legislativo, di fronte ad un dilemma: applicare una regola iuris di cui la Corte ha già rilevato il contrasto con la Costituzione o rendere una interpretazione costituzionalmente orientata che garantisca in modo ottimale il diritto del bambino ad avere due genitori[7]?
La sentenza in esame sceglie coraggiosamente la seconda strada, e si fa carico di garantire una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, ma per altro verso sembra sottovalutare la chiara indicazione data dalla Corte costituzionale affinché intervenga il legislatore, in quanto tra i tanti interessi che vengono in considerazione non vi è soltanto il bilanciamento tra i diritti della madre surrogata e quelli del bambino, ma anche lo scopo legittimo perseguito dall'ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore, compito questo che non può assolversi tramite decisioni sul singolo caso, che tutelano l’interesse del minore, ma in esito ad un giudizio di bilanciamento di interessi parziale, perché necessariamente centrato sul caso concreto.
Attenta dottrina ha osservato che la pronuncia della Corte costituzionale n. 33/2021 ha ribadito la natura pubblicistica del divieto di maternità surrogata e non legittima alcun ripensamento della nozione di ordine pubblico fatta propria dalle sezioni unite, per il diverso bilanciamento tra i valori in gioco[8].
In assenza di ripensamento da parte delle sezioni unite sui principi affermati in materia di trascrizione dell’atto fondato sulla surrogacy, il giudice che ordina la trascrizione di un siffatto atto di nascita introduce una deroga a questi principi, fondata sull’analisi dei soli interessi individuali in evidenza, sia pure al meritevole fine di tutelare il best interest of the child, ma con uno strumento che risulta inappropriato perché sacrifica gli altri interessi di carattere generale in gioco.
Probabilmente, la questione dovrebbe essere rimessa nuovamente alla Corte Costituzionale, perché prenda atto del mancato attivarsi del legislatore nonostante l’esplicito invito rivolto con le sentenze gemelle del marzo 2021, e, pur mantenendo la posizione sul divieto di maternità surrogata, calibri l’intervento sulla esigenza di rendere concreta e attuale la scelta di fondo già tracciata dagli artt. 8 e 9 della legge 40/2004, scelta che non può essere rinnegata: chi con il proprio comportamento, sia esso un atto procreativo che un contratto, quest’ultimo lecito o illecito, determina la nascita di un bambino, se ne deve assumere la piena responsabilità e deve assicuragli tutti i diritti che spettano ai bambini nati “lecitamente”.
[1] Si veda, in questa Rivista, Maternità surrogata e status dei figli (G. Luccioli, M. Gattuso, M. Paladini e S. Stefanelli, a cura di R. Russo).
[2] Cass. sez. un. 08/05/ 2019 n. 12193.
[3] Si veda in questa Rivista, A.M. Pinelli La Corte costituzionale interviene sui diritti del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata. Brevi note a Corte cost. 9 marzo 2021 n. 33.
[4] Cass. sez. un. 31/03/ 2021, n. 9006
[5] Corte EDU 24/6/2010, Schalk e Kopf c. Austria; 19/2/2013 X e altri c. Austria in www.echr.coe.int; Corte Cost. 14/4/2010 n. 138 in www.cortecostituzionale.it
[6] Cass. sez. un 9006/2021 cit.
[7] Si veda in questa Rivista G. Ferrando, ll diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 32 e 33 del 2021.
[8] A.M. Pinelli La Corte costituzionale interviene sui diritti del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata, cit.