GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Alle Sezioni Unite la motivazione delle cartelle di pagamento. Verso un obbligo di motivazione differenziato?

    Alle Sezioni Unite la motivazione delle cartelle di pagamento. Verso un obbligo di motivazione differenziato?

    di Christian Califano* 

    Sommario: 1. Il caso in oggetto. - 2. I precedenti della Corte di Cassazione. - 3. L’ordinanza interolocutoria e la necessità di differenziare l’obbligo di motivazione delle cartelle. - 4. Osservazioni conclusive.

    1. Il caso in oggetto

    La questione oggetto dell’ordinanza interlocutoria di rimessione n. 31960 del 5 novembre 2021 attiene all’obbligo di motivazione della cartella di pagamento, ai sensi dell'art. 7, L. n. 212 del 2000, relativamente agli interessi richiesti per ritardato pagamento di tributi.

    Nel caso sottoposto al vaglio della Corte, la cartella non avrebbe recato indicazioni sufficienti (ovvero giorni, tassi d'interesse, imponibile, aliquote, ecc.) al fine di verificare la correttezza delle somme iscritte a ruolo, riportando, invece, l’importo totale degli interessi applicati e non anche un prospetto che chiarisse modalità e criteri seguiti nella loro determinazione.

    Il Giudice del merito sul punto aveva affermato che, corrispondendo le somme riportate in cartella a quelle indicate nel prodromico avviso di liquidazione, maggiorate solo degli interessi dovuti per legge al tasso legale, la cartella di pagamento era da considerarsi pienamente legittima, attesa la circostanza che la liquidazione degli accessori risultava agevolmente verificabile dal contribuente, nel corretto presupposto secondo cui, essendo la misura degli interessi applicati predeterminata dalla legge, la quantificazione si risolveva, nel caso di specie, “in una operazione matematica, di natura tipicamente riscossiva”. Veniva altresì posto alla base della decisione della CTR che la cartella di pagamento riversata in atti e riproduttiva del ruolo di riscossione, richiamava l’avviso di liquidazione prodromico che, a sua volta esplicitava le ragioni della pretesa (nel caso di specie “revoca benefici fiscali ex L. n. 604/1954”) e “l’indicazione dell’atto notarile presentato alla registrazione”), in tal modo rendendone conoscibili i presupposti di fatto e di diritto.

    Le ulteriori indicazioni contenute nella cartella e relativi al computo di mora, spese di notifica e aggio di riscossione, completavano, secondo il Giudice di merito, il “quadro motivazionale”, posta l’incontestabilità, per effetto della definitività di giudicato del prodromico  avviso di liquidazione. 

    2. I precedenti della Corte di Cassazione

    Con tale decisione, il giudice di appello si è conformato a quell’indirizzo espresso dalla S.C. in tema di riscossione delle imposte sul reddito, secondo cui “la cartella di pagamento deve ritenersi congruamente  motivata,  quanto  al  calcolo  degli interessi, mediante il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta ed al conseguente periodo di competenza, essendo il criterio di liquidazione degli stessi predeterminato ex  /ege  e risolvendosi, pertanto, la relativa applicazione in un'operazione matematica (Cass., Sez. V, 27 marzo 2019, n. 8508; Cass., Sez. V, 8 marzo 2019, n. 6812; Cass., Sez. VI,  7 giugno 2017, n. 14236).

    La Cassazione aveva già ritenuto, infatti, che “il richiamo (contenuto nella cartella) all’atto impositivo divenuto definitivo svolge la stessa funzione della "dichiarazione" quanto alla "condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale", anche ai fini del controllo (meramente aritmetico) della esattezza delle somme richieste (come nel caso) per "interessi.., per ritardato o omesso pagamento" sulle imposte indicate in detto atto impositivo” (Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613). Il tasso inoltre, viene determinato ex lege sulla base del’'ultimo decreto pubblicato, che resta efficace fino alla deliberazione del nuovo provvedimento (Cass., Sez. V, 6 agosto 2020, n. 16778), “così consentendo in ogni caso al contribuente di controllare quale sia il tasso di interesse applicato”. (Cass. n. 9764/2021).

    Dall’analisi della legislazione vigente si trae, secondo il Giudice di legittimità, che il tasso annuo degli interessi è noto e conoscibile perché determinato con provvedimento generale, e che i limiti temporali di riferimento (dies a quo e dies ad quem), necessari per il calcolo, sono anch’essi determinati in elementi ben individuati; viene dunque ribadito il principio, con riferimento all’obbligo di motivazione previsto  per la cartella di pagamento dagli articoli 12 e 25 del DPR 602/1973, secondo cui nell’ipotesi “in cui vengano richiesti gli interessi e le sovrattasse per ritardato o omesso pagamento il contribuente si trova già nella condizione di conoscere  i presupposti  di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l'effetto che l'onere di motivazione può considerarsi in questi casi assolto  dall'Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima”. (Cass. n. 8613/2011).

    In tema di riscossione delle imposte sul reddito, la Corte ha altresì espresso il principio per cui qualora  “vengano  richiesti interessi e sovrattasse  per ritardato od omesso pagamento, il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l'effetto che l'onere di motivazione può considerarsi assolto dall'Ufficio mediante mero richiamo alla  dichiarazione  medesima”. (Cass. 26671/2009).

    Ad un orientamento più rigoroso in tema di motivazione della cartella, invece, la Corte giunge nei casi in cui mediante la stessa venga anche “richiesto per la prima volta il pagamento di crediti diversi da quelli oggetto dell’atto impositivo oggetto del giudizio, come quelli afferenti gli interessi per i quali deve essere indicato, pertanto, il criterio di calcolo seguito” (Cass. n. 21851/2018, n. 28276/2013). In tali ipotesi altre pronunce hanno ribadito che il richiamo ad un giudicato menzionato in cartella o all’atto impositivo su cui la stessa è intervenuta, risulta idoneo ad assolvere l’onere motivazionale “solo limitatamente alla parte relativa al credito erariale, “ma non anche alle altre ulteriori voci di credito che non sono state in precedenza richieste”; in questo senso, la quantificazione degli interessi, deve invece essere “motivata in ordine al criterio utilizzato per la quantificazione degli interessi richiesti per la prima volta con tale atto, dal momento che il contribuente dev'essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi medesimi” (cfr. Cass., ord., 22 giugno 2017, n. 15554; Cass. 21 marzo 2012, n. 4516; Cass. 9 aprile 2009, n. 8651; Cass. n. 21851/2018).

    Nello stesso senso si è espressa recentemente la S.C. (Cass. n.  15554/2017,  Cass. n. 17767/2018 e, da ultimo, Cass. n.  5416/2021), relativamente al principio secondo cui la semplice pubblicazione dei tassi d’interesse non sempre consente al contribuente di  comprendere i diversi metodi di calcolo applicati negli anni relativamente al periodo considerato; la stessa ratio decidendi, secondo cui il computo degli interessi non è sempre conprensibile in ragione del lungo periodo considerato, trova precedenti anche più risalenti (Cass. n. 8611/2009).

    3. L’ordinanza interolocutoria e la necessità di differenziare l’obbligo di motivazione delle cartelle

    Il punto di rilevo sistematico contenuto nell’ordinanza parte dalla considerazione che l’obbligo di motivazione va rapportato e differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascun tipo di atto impositivo. E’ in questa prospettiva ed in relazione all’esigenza di “rendere effettiva ed incisiva la funzione nomofilattica della Corte”, rispetto a questione variamente risolta dalla Sezione V, in quanto “destinata  a  riproporsi  in numerose controversie”, che la Cassazione motiva l’ordinanza interlocutoria.

    Partendo dal profilo riguardante il perimetro dell’obbligo di motivazione e volendo valorizzare quell’orientamento secondo cui la necessità di un’adeguata motivazione deve sempre sussistere in relazione ai presupposti ed alle finalità dell’atto con cui si fa valere una pretesa impositiva, devono valere per la cartella le medesime considerazioni già svolte dall’indirizzo più “garantista” della S.C., soprattutto se i presupposti in tema di “quantum” della pretesa non sono direttamente ricavabili dall’atto impositivo, come nel caso del calcolo degli interessi. In tale ipotesi, il ruolo in essa incartato deve contenere una congrua, sufficiente e comprensibile motivazione[1].

    L’art. 17 dello Statuto del contribuente specifica che le prescrizioni contenute nel precedente art. 7 in punto di obbligo di motivazione si applicano anche nei confronti degli enti e dei soggetti riscossori che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura[2].

    Rimane a questo punto da definire in quali termini occorre ottemperare all’obbligo di motivazione della cartella, considerando che, come è stato già evidenziato in alcune pronunce della Cassazione riportate nell’ordinanaza interlocutoria, le norme sulla riscossione prevedono, in mancanza di un precedente atto di accertamento, la motivazione del ruolo[3] e, quindi, della cartella, che lo contiene e che gli assicura rilevanza esterna.

    Il dibattito, in quest’ottica, muove dalla distinzione tra cartelle meramente riproduttive di un atto precedente e ruoli che, invece, sono connotati da un contenuto “impositivo” (quali, ad esempio, quelle formate a seguito al controllo formale della dichiarazione), ravvisandosi per la prima categoria la necessarietà e sufficienza dell’atto a monte da cui trae origine l’iscrizione a ruolo, e, per la seconda tipologia, l’esigenza che siano esplicitate le ragioni dell’iscrizione al fine di consentire al contribuente l’esercizio di un controllo sulla causale della pretesa impositiva[4].

    Anche quella parte della dottrina per cui l’esigenza di motivazione risulta più avvertita, accentua il profilo della necessità che siano evidenziate e motivate le ragioni che hanno fondato l’iscrizione a ruolo[5], incentrando l’attenzione sull’atto impositivo piuttosto che sul mezzo medinate il quale viene notificato. La posizione in passato espressa dalle Sezioni Unite della Cassazione si era attestata nell’affermare che una motivazione idonea della cartella doveva sussistere solo nelle ipotesi in cui essa costituisca il primo ed unico atto con il quale il contribuente viene a conoscenza della pretesa impositiva[6].

    Sul punto vale la pena di evidenziare che, mentre in passato la cartella di pagamento era un atto proprio dell’Agente della riscossione, il quale si limitava a recepire il ruolo emesso dall’Ente impositore che aveva svolto i controlli, oggi queste funzioni riscossive sono svolte direttamente dall’Agenzia delle Entrate Riscossione; pertanto, identificandosi oggi nello stesso soggetto ente accertatore e riscossore, con gli stessi ampi poteri, è superato il limite secondo cui Equitalia non poteva in alcun modo svolgere attività accertativa sulla base del principio, normativamente cristallizzato, dell’immutabilità del ruolo[7] che le veniva trasmesso dall’Agenzia delle Entrate.

    Il punto in questione attiene al fatto che, normativamente, l’obbligo di motivazione è previsto per il ruolo, nei termini e con le modalità anzidette; Agenzia delle Entrate - Riscossione non è più, rispetto a quanto avveniva prima, soggetto estraneo alla conoscenza dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che hanno originato la pretesa impositiva in base alle risultanze emerse dall’istruttoria.

    Se da un lato, infatti, la motivazione del ruolo indicato nella cartella assolve alla funzione di correlare l’accertamento effettuato dall’Ufficio alla pretesa contenuta nell’atto impositivo, dall’altro rimane fermo che oggi l’Agenzia esegue anche la fase esattiva. In altri termini, il riconoscimento dei poteri finalizzati alla realizzazione effettiva del soddisfacimento della concreta pretesa impositiva in capo allo stesso ente che ha il potere di indagare sui fondamenti dell’atto impositivo, che, nel nostro caso è il ruolo, obbliga oggi la stessa Agenzia a dimostrarne, attraverso la motivazione, i presupposti.

    L’atto che deve contenere la giustificazione della pretesa tributaria non è, infatti e con tutta evidenza, la cartella di pagamento, ma il ruolo[8] e ciò in coerenza con le disposizioni di legge che prevedono per la notifica dei ruoli, ai sensi del D.P.R. 602/1973.

    In ogni caso, la necessità di rendere più comprensibile la cartella, fornendo al contribuente tutti gli elementi necessari a evidenziare i motivi che hanno determinato l’iscrizione a ruolo, impone l’indicazione degli elementi sulla base dei quali è stata disposta l’iscrizione a ruolo[9]. Le successive modifiche al modello di cartella di pagamento, inoltre, richiamano l’art. 3 della legge 241/1990 solo in relazione al comma 4, ossia con riferimento ai termini ed alle modalità attraverso cui è possibile ricorrere all’Autorità giurisdizionale.

    Il presupposto secondo cui la formazione del ruolo si fonda sulle risultanze dell’istruttoria si riflette sul contenuto della motivazione dell’atto, nel senso che essa si colloca nell’ambito della funzione che assume il ruolo nella riscossione, a seconda che quest’ultimo sia meramente riproduttivo del titolo che fonda la pretesa o che rappresenti l’atto in cui si possa compendiare un’attività impositiva. Quando, infatti, il ruolo è usato solo per riscuotere un credito relativo ad una pretesa determinata con un precedente atto non è richiesta la motivazione, bensì la sola indicazione del predetto atto[10], sufficiente a giustificare e legittimare la riscossione. Nel caso in cui, invece, manchi un atto impositivo presupposto integrante il titolo di iscrizione, occorre una vera e propria motivazione[11].

    4. Osservazioni conclusive

    Le considerazioni che precedono si innestano, sebbene tangenzialmente, sull’ampio dibattito sorto  a seguito dell’introduzione, ad opera del D.l. 146/2021, del comma 4 bis in seno all’art 12, DPR 602/1973[12], a mente del quale l’estratto di ruolo non è atto autonomamante impugnabile e il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio.   

    Sul punto le Sezioni Unite, peraltro, saranno chiamate, sulla base di un’altra e più recente ordinanza interlocutoria (n. 4526 dell’11 febbraio 2022), anche a pronunciarsi proprio in riferimento all’art. 12, DPR 602/1973, così come modificato dal D.l. 146/2021. Il delicato tema della tutela anticipata si inserisce, dunque, nel più ampio tema relativo all’effettività della tutela di tipo cautelare nel processo tributario.

    Il riconoscimento normativo secondo il quale l’estratto di ruolo non può esssere impugnato, lo distingue nettamente dal ruolo (cfr. Cass. 19704/2015), che è strutturalmente finalizzato a consentire l’avvio della fase e esecutiva e deve quindi, per ciò stesso, evidenziare e rendere comprensibile al contribuente quali siano, anche sotto il profilo del quantum, i fondamenti della pretesa e i termini in cui essa è stata calcolata, soprattutto laddove, come nel caso degli interessi, tale computo non è (e non può essere) contenuto e rinvenibile nell’atto determinativo del tributo.

    È, infatti, solo nella cartella di pagamento che gli interessi vengono quantificati: se il contribuente deve essere messo in grado di verificare la correttezza di calcolo degli interessi medesimi richiesti per la prima volta solo con tale atto, allora è necessaria la motivazione in ordine (e limitatamente) al criterio utilizzato.

     

    * Professore Associato di Diritto Tributario presso l’Università Politecnica delle Marche – Ancona

    [1] Sia qui consentito il richiamo a C. CALIFANO, La motivazione degli atti impositivi, Torino, 2012, 331 ss.

    [2] Sul tema dell’estensione dell’obbligo di motivazione anche agli atti della riscossione, sin da epoca più risalente c’è stata una certa identità di vedute in dottrina:. cfr. A. VOGLINO, Lineamenti definitivi dell’obbligo di motivazione, degli atti tributari, in Boll. Trib., 2001, 11; L. FERLAZZO NATOLI – G. INGRAO, La motivazione della cartella di pagamento: elementi essenziali, in Riv. Dir. Trib, II, 2005, 542 ss.

    [3] Art. 12, comma 3, D.P.R. 602/1973: “nel ruolo devono essere indicati […] il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa; in difetto di tali condizioni non può farsi luogo all’iscrizione”.

    [4] Per tutti, F. TESAURO, Istituzioni di Diritto tributario, Torino, 2019, 247 ss.; Cfr. sul punto Cass., Sez. Trib., 16712/2011,n. 27140, la quale ha affermato che, nel caso di imposte dichiarate ma non versate, la cartella non deve essere motivata.

    [5] Per una ricostruzione completa dei profili del ruolo d’imposta, v. M. BASILAVECCHIA, Ruolo d’imposta, in Enc. Giur., Milano, XLI, 1989, 179 ss. Più di recente A. CARINCI La riscossione a mezzo ruolo nell'attuazione del tributo, 2009, 215 ss.; ID., La concentrazione della riscossione nell'accertamento, Padova, 2011, 45 ss.

    [6] Cass., Sez. Un., 14/05/2010, n. 11722.

    [7] In relazione all’immutabilità del ruolo ed ai poteri dell’esattore nel previgente sistema si v. l’ampia ricostruzione operata da L. DEL FEDERICO, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano, 1993, 347 ss., ove l’A. affronta approfonditamente la problematica dell’efficacia soggettiva del ruolo.

    [8] Lo Statuto del Contribuente, sebbene non indichi il ruolo fra gli atti assoggettati ad obbligo di motivazione, fa tuttavia proprio riferimento al “titolo esecutivo” quando impone di riportare “il riferimento all’eventuale precedente atto ovvero, in mancanza, la motivazione della pretesa tributaria” (Art. 7, comma 3, l. 212/200).

    [9] Cfr. D.M. del 28 giugno 1999, così come modificato dal Provvedimento del 22 febbraio 2001 e successive modificazioni.

    [10] Non sono mancate in passato tuttavia, orientamenti della Cassazione eccessivamente restrittivi, ove la S.C. ha ritenuto legittima una cartella di pagamento in cui era stata omessa l’indicazione di tutti gli avvisi di accertamento a cui faceva riferimento il credito oggetto di riscossione, ritenendo sufficiente ad identificare la pretesa e a soddisfare l’obbligo di motivazione, l’indicazione dei contenziosi inerenti tutti gli atti impositivi, a cui, peraltro, il contribuente aveva partecipato svolgendo attivamente le sue difese; così Cass., Sez. Trib., 25/5/2012, n. 11466.

    [11] Così A. CARINCI, La riscossione a mezzo ruolo nell’attuazione del tributo, cit., 217, il quale afferma che, “si deve dare atto che oggi il ruolo risulta arricchito di un contenuto motivazionale”, con ciò rinviando (nota 194) alle tesi affermate, sulla scorta di Cass., 12/04/2004, n. 15638, da C. CALIFANO, La motivazione della cartella di pagamento non preceduta da avviso di accertamento, Dir. Prat. Trib., 2005, 497.

    [12] Su cui da ultimo F. RASI, Il canto di natale del Legislatore: la non impugnabilità dell’estratto di ruolo, in Giustizia Insieme, 3.02.2022.

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