GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Il punto sull’edilizia giudiziaria

    Il punto sull’edilizia giudiziaria

    di Massimo Orlando

    Sommario: 1. Premessa - 2. Compiti della DG Risorse - 3. Struttura organizzativa della DG Risorse - 4. Focus sull’edilizia giudiziaria - 5. Le modalità operative della DG Risorse nel settore dell’edilizia giudiziaria - 6. Dati sull’attività svolta nel triennio 2021/2023 - 7. Focus su alcune iniziative con finalità preventiva - 7.1. Analisi di vulnerabilità sismica - 7.2. Antincendio - 7.3. Controsoffitti - 7.4. Verifica dello stato di impermeabilizzazione delle coperture - 7.5. Efficientamento energetico - 7.6. Barriere architettoniche - 7.7. Legionella - 7.8. Accatastamento - 7.9. Linee guida per la progettazione degli edifici e dei “Parchi della Giustizia” - 8. Interventi edili e/o impiantistici inseriti nel PNRR - 9. Conclusioni.

     

    1. Premessa

    Con questi miei appunti mi propongo di condividere alcuni risultati raggiunti all’esito del lavoro svolto in qualità di Direttore generale delle risorse del Ministero della Giustizia.

    Tratterò il tema della gestione delle risorse materiali o, per meglio dire, strumentali all’esercizio della funzione giurisdizionale, con particolare riferimento all’edilizia giudiziaria.

    Ritengo utile far conoscere i compiti, la struttura organizzativa e le modalità operative della DG Risorse, perché essi hanno una incidenza non solo sull’attività degli uffici giudiziari, ma anche sull’ambiente di lavoro e conseguentemente sul benessere di lavoratori e utenti.

    Ho avuto modo di verificare che alcune procedure e alcune nozioni apprese nel corso dello svolgimento di attività di natura tipicamente amministrativa sono state utili anche per migliorare – e non solo indirettamente - l’organizzazione dell’attività giurisdizionale.

     

    2. Compiti della DG Risorse

    La mission della Direzione consiste nell’approvvigionamento di tutto ciò che è necessario per il corretto funzionamento degli uffici giudiziari, previa verifica della sua necessità ai fini del funzionamento degli uffici giudiziari. Sono escluse dal campo di intervento della Direzione soltanto le risorse umane (gestite dalla Direzione generale del personale) e quelle informatiche (di competenza della DGSIA).

    Rientrano pertanto nell’ambito di operatività della DG Risorse il settore immobiliare, l’acquisizione di ogni tipo di bene mobile, le utenze, i servizi (di vigilanza attiva, di sorveglianza passiva come le telecamere, di facchinaggio, di pulizia, di manutenzione, di Responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del Medico competente, ecc.), le locazioni passive.

    Nel “nostro” mondo, completamente concentrato sulla funzione giurisdizionale (o, come ritengo preferibile dire, sul “servizio giustizia”) vi è una diffusa tendenza a sottovalutare o addirittura a misconoscere il ruolo della logistica.

    Per logistica si deve intendere tutto ciò che è necessario per il funzionamento di una qualsiasi organizzazione attiva, che cioè pone in essere una qualsiasi attività, di qualsiasi tipo (pubblica, amministrativa, imprenditoriale, no profit, ecc.).

    Nel corso della mia esperienza presso la DG Risorse ho appreso molte nozioni che mi erano completamente sconosciute.

    Tra queste, è stata fondamentale l’acquisizione della consapevolezza che molte innovazioni hanno una diretta e decisiva ricaduta sul piano logistico-organizzativo. Per evitare disagi o fallimenti, ogni iniziativa deve essere pianificata, con razionalità, sulla base di dati oggettivi e con il coinvolgimento di tutti gli interessati.

    Un esempio consentirà di uscire da espressioni che possono apparire generiche o di prammatica.

    Quando ho preso possesso dell’incarico di direttore generale della DG Risorse, erano già in uno stato molto avanzato le proposte del Ministero della Giustizia per il PNRR. Tra queste, vi era l’ipotesi (poi effettivamente tradotta in realtà) di assumere – sia pure a tempo determinato - non solo 8.250 funzionari addetti all’ufficio per il processo ma, anche, 5.410 tra operatori data entry, tecnici, contabili, analisti di organizzazione.

    Non era però stato minimamente affrontato, appunto, il problema logistico, cioè – in pratica – dove e come reperire le postazioni di lavoro per un numero così elevato di dipendenti (13.600 persone sono 1/3 della complessiva dotazione organica del Ministero, incluso cioè anche il personale amministrativo degli edifici giudiziari).

    Rappresentato il problema, è stato escluso che gli AUPP e gli altri impiegati che sarebbero stati assunti a tempo determinato svolgessero integralmente le loro prestazioni lavorative da remoto.

    Ho quindi avviato (a marzo 2021) una impegnativa attività diretta a verificare, presso tutti gli edifici giudiziari adibiti a sede degli uffici giudiziari che sarebbero stati assegnatari del personale neo-assunto (Corti di appello e Tribunali ordinari), la possibilità di reperire gli spazi necessari per realizzare ulteriori postazioni di lavoro, rispetto a quelle esistenti.

    Per conseguire questo obiettivo, ho affidato all’esiguo personale tecnico (15 unità) a disposizione della DG Risorse, l’incarico di sostenere gli uffici giudiziari in questa non agevole attività di ripensamento dell’assetto strutturale ed organizzativo degli edifici.

     

    Questa attività di riorganizzazione degli edifici adibiti a sede di uffici giudiziari è stata resa possibile grazie alla collaborazione dei dirigenti (Presidenti e dirigenti amministrativi) e al supporto costantemente assicurato dai tecnici ministeriali.

    Per quanto riguarda la progettazione, sono state emesse 65 determine, per un importo totale (a titolo di compensi ai professionisti incaricati) di circa 900.000 €.

    Sono state poi emesse 108 determine per l’aggiudicazione dell’appalto dei lavori, per un importo complessivo di € 4.600.000,00.

    Questo intenso lavoro, unitamente alla razionalizzazione degli spazi esistenti, ha consentito di reperire il 91% delle postazioni necessarie.

    Sono poi state esperite le procedure necessarie per acquisire locazioni di nuovi immobili, ritenuti indispensabili per reperire gli spazi in cui collocare gli UPP.

    Per quanto riguarda l’acquisto degli arredi necessari per allestire le postazioni, sono state emesse 108 determine per un importo complessivo di € 6.977.780,00.

    In pratica, l’inserimento nel PNRR dell’assunzione a tempo determinato di oltre 13.000 persone ha comportato un costo aggiuntivo (ulteriore, cioè, rispetto agli esborsi dovuti per retribuzioni e contributi previdenziali) e non preventivato di oltre 12 milioni di euro

    La Direzione ha fronteggiato questa imprevista esigenza finanziaria con risorse proprie, senza alcuna previsione incrementativa negli stanziamenti di bilancio,quindi sottraendola ad altre esigenze manifestate dagli uffici giudiziari.

     

    L’insegnamento che può trarsi da questa mia primissima esperienza in un ruolo apicale di amministrazione attiva consiste nella constatazione del rischio che il Ministero della Giustizia pecchi di improvvisazione e mancanza di capacità prospettica o, nel migliore dei casi, che lavori “a compartimenti stagno”. 

    Occorre acquisire la capacità di prevedere le conseguenze di ogni innovazione, soprattutto in termini di risorse necessarie per attuare le iniziative che si sono “immaginate”.

     

    Per l’appunto, non è sufficiente avere una intuizione e approvare le modifiche legislative che si reputano necessarie per attuarla. Spesso, infatti, non vi è alcun bisogno di nuove norme, essendo sufficienti quelle già esistenti. Ciò che occorre è il rafforzamento della c.d. “capacità amministrativa”. In pratica, è necessario far sì che la struttura amministrativa sia in grado di adottare i provvedimenti necessari per porre in essere le innovazioni che si ritengono utili. 

    Le innovazioni legislative non necessarie (perché non prevedono nuovi compiti a carico della pubblica amministrazione, ma ribadiscono quelli già esistenti), infatti, hanno solo la funzione “manifesto”: quella di comunicare ai cittadini ciò che l’Amministrazione ha intenzione di fare. È uno scopo politico, che certamente non deve essere demonizzato, perché l’Amministrazione deve anche tener conto delle esigenze politiche. A patto, però, che l’intervento legislativo non sia considerato come l’atto terminale dell’iniziativa di innovazione ma, al contrario, un impulso per gli organi di amministrazione attiva, a cui spetta la sua realizzazione.

     

    Un ulteriore rischio da evitare è che la norma “manifesto” possa essere utilizzata dalla politica come strumento per scaricare sugli organi di amministrazione attiva le difficoltà o, peggio, l’irrealizzabilità dell’innovazione “immaginata”.

    Spetta, quindi, a chi dirige gli uffici incaricati di attuare l’idea innovativa, il compito di analizzare in modo razionale le finalità dell’iniziativa prevista dalla norma, individuare le dotazioni necessarie (personale, competenze dello stesso, risorse strumentali, piattaforme tecnologiche) e pretendere a chiare lettere che esse siano effettivamente messe a disposizione.

    È chiaro che ciò richiede un rapporto francamente dialettico tra l’autorità politica e l’organo apicale di amministrazione attiva. Non è facile da realizzare, per l’obiettiva “subordinazione” dell’amministrazione alla politica.

     

    Quando il ruolo di direttore generale o di Capo dipartimento è ricoperto da un magistrato, è naturale attendersi un atteggiamento di maggiore indipendenza, non solo perché il magistrato ha l’indipendenza nel suo DNA istituzionale, ma anche – e soprattutto - per motivi più prosaici, perché l’attività amministrativa è solo una parentesi nella sua “carriera”.

     

    Anche a questo proposito, ritengo utile riportare un episodio significativo.

    Quando una commissione ministeriale ha proposto di assegnare alla Direzione delle Risorse una somma considerevole (400/500 milioni di Euro) - in più rispetto alla ordinaria dotazione annuale - da impiegare nel settore dell’edilizia giudiziaria, mi sono opposto in modo netto e intransigente, spiegando che il problema degli interventi edili e impiantistici da realizzare nei quasi 1.000 edifici giudiziari non affondava le sue radici nella penuria di risorse finanziarie. 

    Ho spiegato cioè che la difficoltà vera riguardava la “capacità di spesa”, cioè la scarsità di personale tecnico in grado di svolgere le complesse procedure di appalto di lavori. Invece di una dotazione finanziaria così ingente, come quella che si voleva assegnare alla DG Risorse, chiesi alla predetta commissione ministeriale di fare in modo che alla Direzione fossero assegnati 50 tecnici già formati e in grado di svolgere le funzioni di RUP (Responsabile Unico del Procedimento), al fine di poter impiegare le somme di cui la Direzione già disponeva. Inutile dire che questa richiesta è rimasta inevasa.

    Ecco, questo è un esempio concreto e realmente accaduto di come la carenza di spirito di indipendenza e di pragmatismo possa dar vita a iniziative che, lodevoli nelle intenzioni, si rivelino irrealizzabili.

    Questo episodio conferma che molti dei problemi logistici di cui sono afflitti gli edifici adibiti a uffici giudiziari non dipendono dalla scarsità di risorse finanziarie.

    Il vero problema è che tutti gli organi della pubblica Amministrazione del Paese (non solo civile, ma anche militare) dispongono di pochissimi funzionari esperti in materia di procedure di appalto e, ovviamente, nessuno è in condizione di “cederli”, neanche in via temporanea. I molteplici tentativi effettuati nel corso del triennio 2021/2023 al fine di ottenere “in prestito” persone esperte nel settore degli appalti hanno sortito effetti modesti (sul piano numerico) ma preziosissimi quanto all’apporto di esperienza e conoscenza.

     

    3. Struttura organizzativa della DG Risorse

    La struttura della Direzione generale delle Risorse è disciplinata dal Regolamento di organizzazione (art. 5, comma 2, lett. b), del DPCM 15 giugno 2015, n. 85 e dal DM 14 dicembre 2015.

    A livello periferico, in particolare, l’art. 9 del medesimo DPCM disciplina le “funzioni degli uffici periferici dell’organizzazione giudiziaria”.

    La sede centrale della DG Risorse si compone di 6 uffici. A ciascuno di essi sono attribuite molteplici e variegate competenze. Ponendo l’accento sui compiti più rilevanti, esse possono essere così schematizzate:

    - ufficio I: contenzioso;

    - ufficio II: contabilità, programmazione e controllo;

    - ufficio III: gare e contratti; locazioni passive; acquisto di beni immobili; Facility Management;

    - ufficio IV: servizio di vigilanza e autovetture;

    - ufficio V: acquisto di beni mobili e servizi;

    - ufficio VI: manutenzione degli edifici.

    Nel corso del mandato triennale, è stata compiuta un’intensa attività diretta a rendere pienamente operativa la Direzione.

    Nei primi mesi del primo anno, è stato nominato il Direttore dell’ufficio VI, ufficio che era rimasto acefalo da più di due anni. È stato prescelto un ingegnere con pluriennale e comprovata esperienza in materia di edilizia giudiziaria, proveniente dalle file del Provveditorato Opere Pubbliche di Napoli, ma dal 1996 distaccato presso l’Ufficio speciale per la manutenzione degli edifici giudiziari di Napoli.

    Si è trattato di una decisione assolutamente fuori dagli schemi, perché mai all’interno del DOG (Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria) era stato conferito l’incarico di dirigente di 2^ fascia ad un funzionario tecnico (appunto, un ingegnere).

    La scelta però si è rivelata sin da subito particolarmente appropriata, perché – come si vedrà in seguito - vi era la necessità di offrire ai 15 funzionari tecnici di cui all’epoca disponeva la Direzione (e che erano in servizio da luglio 2019) una guida esperta e sicura.

     

    Nel corso del mandato triennale, sono poi stati nominati il direttore dell’ufficio III e il direttore dell’ufficio II: entrambi questi uffici, sebbene previsti sin dal 2015, non erano mai stati istituiti.

     

    4. Focus sull’edilizia giudiziaria

    Il 1^ settembre 2015 è entrata in vigore la legge 23 dicembre 2014, n. 190, che all’art. 1, comma 526, modificando l’art. 1 della legge 24 aprile 1941, n. 392, ha disposto il trasferimento dai Comuni al Ministero della Giustizia delle “spese obbligatorie” enumerate al primo comma dell’art. 1 della predetta legge 392/1941.

    Come è noto, questa modifica legislativa ha comportato da un giorno all’altro un vero e proprio stravolgimento dei compiti del Ministero e degli uffici giudiziari. In particolare, questi ultimi non hanno più potuto fare affidamento sulla struttura amministrativa dei Comuni che, normalmente, sono dotati di personale in possesso delle competenze tecniche necessarie per svolgere le procedure disciplinate dal codice degli appalti.

    Il problema ha riguardato, soprattutto, i lavori edili di cui abbisognano, continuamente, tutti i fabbricati e, ovviamente, non fanno eccezione gli edifici adibiti a sede di uffici giudiziari.

    Gli immobili utilizzati dall’Amministrazione della giustizia sono circa 1.000 e già prima del settembre 2015 versavano in condizioni di certo non ottimali. Tranne rare eccezioni, infatti, anche i Comuni non riponevano particolare cura nella manutenzione “preventiva”, cioè quella effettuata con periodicità e sistematicità al fine di prevenire il degrado dell’edificio (sia sul piano edile che su quello impiantistico). Era infatti diffuso l’approccio dell’intervento “a guasto”, cioè l’intervento sul già verificatosi malfunzionamento degli impianti o sull’incipiente ammaloramento dell’edificio, nell’illusione che intervenire solo “a valle” consentisse un risparmio, sia in termini di risorse finanziarie che di energie amministrative.

     

    La legge 190/2014 ha posto a carico dell’Amministrazione della Giustizia una serie di incombenze in materia edile, senza considerare che sia il Ministero sia gli uffici giudiziari non avevano nelle rispettive dotazioni organiche il personale tecnico indispensabile.

     

    Nei primi anni successivi all’entrata in vigore della legge 190/2014 (e cioè dal 1^ settembre 2015 ai primi mesi del 2021) la soluzione più percorribile è parsa quella di avvalersi del c.d. “Manutentore Unico”. L’art. 12, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, al fine di contenere la spesa pubblica, ha accentrato sull’Agenzia del Demanio le decisioni di spesa, concernenti gli “interventi manutentivi a carattere ordinario e straordinario, effettuati sugli immobili di proprietà dello Stato, …. sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”. 

    In pratica, le disposizioni sul Sistema Accentrato delle Manutenzioni (o, anche, “Manutentore Unico”) si propongono l’obiettivo di razionalizzare le decisioni di spesa relative all’attività di manutenzione degli immobili statali, affidandole a due organi amministrativi particolarmente specializzati e cioè:

    a) l’Agenzia del Demanio, che riceve le richieste di manutenzione, le valuta e le finanzia (in tutto o in parte);

    b) i Provveditorati per le Opere Pubbliche (che fanno capo al Ministero delle Infrastrutture) che, una volta ricevuto lo stanziamento da parte dell’Agenzia del Demanio, e nei limiti delle risorse stanziate, eseguono le procedure di appalto di lavori pubblici. 

     

    Dal 1^ gennaio 2013 e fino all’entrata in vigore della legge 190/2014 (1^ settembre 2015), il Sistema Accentrato delle Manutenzioni non ha riguardato affatto gli edifici adibiti a sede di uffici giudiziari, perché la loro manutenzione era, come già detto, affidata dalla legge 392/1941 ai Comuni.

     

    Con il trasferimento delle spese obbligatorie dai Comuni al Ministero, è risultata immediatamente applicabile anche agli edifici giudiziari la disciplina sul Manutentore unico.

    Ciò ha comportato un indubbio e non programmato aggravio di lavoro sulle strutture organizzative dei Provveditorati, che hanno dovuto occuparsi di 1.000 edifici (tanti sono, come già detto, i fabbricati adibiti a sede di uffici giudiziari) in più, rispetto a quelli già affidati alle loro cure.

    Ovviamente, il mix delle due disposizioni (trasferimento dei compiti in materia edilizia dai Comuni al Ministero e applicabilità dell’istituto del Manutentore unico), senza alcun intervento per rafforzare la struttura organizzativa dei Provveditorati, ha comportato gravissime disfunzioni, sia sul piano dell’individuazione degli interventi da finanziare, sia – e soprattutto – dal punto di vista dei tempi di realizzazione degli interventi medesimi.

     

    I fattori che hanno comportato in breve tempo la diffusa consapevolezza, in capo a molti uffici giudiziari, della incompatibilità del “sistema” del Manutentore unico con la necessità di assicurare condizioni di lavoro conformi al d. lgs. 81/2008, possono molto brevemente essere così riassunti:

    1- il numero rilevante di edifici adibiti a uffici giudiziari, che si sono aggiunti agli immobili statali, già ricompresi nella competenza del Manutentore unico;

    2- la frequenza delle richieste di intervento formulate dagli uffici giudiziari al Provveditorato delle Opere Pubbliche;

    3- i tempi non brevi con cui l’Agenzia del Demanio individuava gli interventi da finanziare.

    Infine, l’Agenzia del Demanio in qualità di decisore della spesa ha sempre valutato con particolare oculatezza (o, rectius, parsimonia) le richieste di finanziamento formulate dagli uffici giudiziari (mediante inserimento in una apposita piattaforma informatica, denominata PTIM – Previsione Triennali Interventi Manutentivi).

    È sufficiente considerare che fino al 2021, a fronte di 7.262 richieste di intervento formulate da tutti gli uffici giudiziari italiani sin dal 2016, ne erano stati finanziati 3.035 (pari cioè al 42%).

    Ma questo dato, che può apparire positivo perché esprime un rapporto del 50% tra richiesto e finanziato, si rivela tuttavia estremamente effimero e da ridimensionare, se si considera l’aspetto veramente rilevante e decisivo e, cioè, quello della dimensione dei lavori finanziati. Infatti, a fronte di una richiesta di realizzare interventi edili e impiantistici del valore complessivo di 3,6 miliardi di Euro, i 3.035 lavori finanziati avevano un “peso specifico finanziario” non superiore a 623 milioni, quindi appena il 17% di quanto era stato richiesto.

    Alla parzialità degli interventi finanziati va aggiunta anche la tempistica non particolarmente celere, sia dal punto di vista delle decisioni di finanziamento (di competenza dell’Agenzia del Demanio) sia sul piano della concreta realizzazione (da parte del Provveditorato Opere Pubbliche competente per territorio) delle procedure di appalto.

     

    All’insufficienza del sistema del Manutentore unico si è poi immediatamente aggiunta la consapevolezza che la norma che lo ha istituito (il già citato DL 98/2011) esclude la sua operatività per “gli interventi di piccola manutenzione nonché quelli atti ad assicurare l'adeguamento alle disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” che, ai sensi dell’art. 12, comma 2, lett. d), del DL 98/2011 “sono curati direttamente dalle amministrazioni utilizzatrici degli immobili, anche se di proprietà di terzi.”.

    La ratio di questa previsione legislativa è del tutto evidente: al sistema del c.d. Manutentore unico è affidato il compito di occuparsi degli interventi suscettibili di programmazione, appunto quelli che consistono nella manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili.  

    Invece, gli interventi necessari per garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro (disciplinati dal d. lgs.. 81/2008) sono di per sé indifferibili e, quindi, rimessi per la loro attuazione direttamente a carico dell’Amministrazione utilizzatrice.

    Nel primo periodo di operatività della legge 190/2014 e cioè dal 1^ settembre 2015 ai primi mesi del 2021, il Ministero della Giustizia ha scelto di affidare ai Provveditorati per le Opere Pubbliche anche l’esecuzione dei lavori per la sicurezza dei luoghi di lavoro.

    La differenza, rispetto agli interventi manutentivi, consiste nel fatto che i lavori necessari per garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro sono finanziati direttamente dalla Direzione generale delle Risorse, senza attendere le determinazioni e la falcidia dell’Agenzia del Demanio.

    La decisione del Ministero di delegare il Provveditorato ad eseguire anche i lavori previsti dal d. lgs. 81/2008 ha certamente ridotto, in misura sensibile, i tempi necessari per il finanziamento, perché – ovviamente – non era necessario le decisioni del Demanio.

    Però, la tempestività con cui il Ministero finanziava, con proprie risorse, gli interventi previsti dal d. lgs. 81/2008 ha messo immediatamente a nudo le difficoltà in cui si dibattevano i Provveditorati per le Opere Pubbliche.

    La indubbia competenza dei Provveditorati in materia di appalti di lavori pubblici si è rivelata, infatti, insufficiente per far fronte alle centinaia di richieste di interventi che gli oltre 500 uffici giudiziari di tutta Italia hanno cominciato a formulare, per ottenere la realizzazione di opere necessarie per garantire la sicurezza e la salubrità dei luoghi di lavoro.

     

    5. Le modalità operative della DG Risorse nel settore dell’edilizia giudiziaria

    Il presente paragrafo, dedicato alle modalità operative della DG Risorse, è incentrato sul settore dell’edilizia giudiziaria che, come è risaputo e come è stato illustrato anche in questi appunti, è quello che presenta le maggiori criticità.

    La decisione di accettare l’incarico di direttore generale della Direzione Risorse materiali e delle tecnologie è stata assunta esclusivamente per spirito di servizio, perché la mia pregressa esperienza di presidente di tribunale mi aveva convinto della insostenibilità e dell’estrema pericolosità di una situazione in cui erano sostanzialmente ferme tutte le attività manutentive.

    Nel mese di agosto del 2019, il Ministero era riuscito ad assumere 19 funzionari tecnici (ingegneri e architetti), a parziale copertura della dotazione organica stabilita in 200 unità con DM del 30.04.2019.

    L’Amministrazione non aveva alcuna “memoria storica” né, tantomeno, alcuna prassi consolidata da seguire in ordine alle procedure di evidenza pubblica per i lavori edili.

    Unica eccezione era costituita dal personale dell’Ufficio speciale di Napoli, diretto, a titolo di reggenza, dal Direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie.

    Appena preso possesso dell’incarico di Direttore generale, infatti, mi sono reso conto che l’ufficio speciale di Napoli aveva delle professionalità che avevano maturato una notevole esperienza nel settore edile.

    Il predetto Ufficio speciale per la gestione e la manutenzione degli edifici giudiziari di Napoli aveva il rango di Direzione generale a sé stante (istituito con decreto-legge 16 dicembre 1993, n. 522, convertito dalla legge 11 febbraio 1994 n. 102) e sin dalla sua istituzione aveva, nella sua pianta organica, “14 unità del ruolo tecnico”.

    Per colmare la gravissima carenza di esperienza concreta nel campo dei lavori pubblici, nei primissimi mesi di incarico come Direttore generale, avevo ipotizzato il ricorso all’istituto della committenza ausiliaria (art. 39 d. lgs. 50/2016), al fine di acquisire sul mercato i servizi di assistenza alle molteplici e complesse attività del RUP, del DEC e del Direttore dei lavori. Questa attività di assistenza avrebbe potuto essere prestata sia dalle centrali di committenza previste dall’art. 38 d. lgs. 50/2016 (Consip, Provveditorati, Invitalia e spa Difesa Servizi), sia da imprese private.

    Da un confronto con i funzionari dell’Ufficio speciale di Napoli, però, è emerso il convincimento che questa strada – pur legalmente percorribile – non sarebbe stata efficace, per plurime ragioni.

    In primo luogo, perchè i tempi necessari per concludere una o più convenzioni con le centrali di committenza previste dall’allora vigente art. 38 codice appalti del 2016 sarebbero stati troppo lunghi. Non tanto perché sarebbe stato necessario acquisire il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti (ex art. 3 legge 20/1994) ma, soprattutto, perché si sarebbe dovuto chiedere, alla centrale di committenza prescelta, un impegno su scala nazionale con interlocuzioni che non era difficile immaginare estremamente difficoltose, perché avrebbero visto come protagonisti centinaia di dipendenti amministrativi addetti agli uffici acquisti di oltre 500 uffici giudiziari.

    Queste perplessità riguardavano anche l’ipotesi – ugualmente analizzata - di acquisire i servizi di committenza ausiliaria non già da una centrale di committenza (cioè da un soggetto in qualche modo rientrante nell’orbita della pubblica Amministrazione) bensì da una o più imprese specializzate in materia di consulenza di appalti di lavori.

    Anche questa seconda soluzione è stata ritenuta inidonea, non solo per le ragioni già esaminate con riferimento all’ipotesi di avvalersi di una centrale di committenza, ma anche e soprattutto perché per la stipula di un contratto di servizi di assistenza al RUP, al DEC e al Direttore dei lavori, a favore di tutti gli uffici giudiziari di Italia, sarebbe stato certamente indispensabile svolgere una procedura di valore superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (all’epoca, € 139.000,00, per le procedure di appalto di servizi). Ma, non avendo l’Amministrazione alcuna esperienza in materia di “gare europee” (cioè, di valore superiore alla soglia suddetta) ci sarebbe stato il serio rischio di incorrere in errori che avrebbero potuto notevolmente rallentare i tempi, già lunghi, ordinariamente necessari per lo svolgimento di questo tipo di procedura (non meno di 10 mesi).

    Vi era poi una considerazione di carattere economico: la prestazione di assistenza on demand, con frequenza pressoché giornaliera e su scala nazionale, avrebbe comportato un esborso notevolissimo che, peraltro, la Direzione non era in grado di quantificare, neppure in via approssimativa, perché non vi erano dati sugli appalti di lavori che avrebbero potuto essere svolti autonomamente dagli uffici giudiziari.

    Infine, un ulteriore motivo per cui è stata abbandonata l’ipotesi di far affiancare a tutti gli uffici giudiziari italiani un operatore economico che avrebbe fornito assistenza nello svolgimento delle procedure di evidenza pubblica, è stato ravvisato nel timore che questo servizio di assistenza avrebbe deresponsabilizzato i dipendenti degli uffici giudiziari, che si sarebbero acriticamente adagiati sulle indicazioni che avrebbero ricevuto dall’operatore economico. Infatti, la soluzione dell’attività di committenza ausiliaria sarebbe diventata pressoché permanente, perché nessun dipendente sarebbe stato stimolato ad applicarsi per apprendere, profondendo ovviamente il necessario impegno nello studio e nel confronto, le procedure previste dal codice degli appalti per stipulare contratti di appalto di lavori pubblici e per condurli a regolare esecuzione.

     

    Per tutte queste ragioni, è stata quindi privilegiata la soluzione “interna”.

    Pertanto, in meno di 4 mesi dall’inizio dell’incarico di direttore generale, è stato elaborato un procedimento per l’affidamento degli appalti di lavori, tenendo ben presente la peculiarità della situazione in cui versavano gli uffici giudiziari e operando, quindi, sul piano dell’interpretazione del codice degli appalti, al fine di reperire una risposta non ottimale ma comunque efficace.

    Il procedimento si poggia sui seguenti capisaldi che riassumono l’iter logico, giuridico ed esperienziale sopra riportato:

    a) impossibilità per il Manutentore unico di svolgere tempestivamente tutti i lavori ritenuti necessari dai capi degli uffici giudiziari;

    b) obbligo di legge, per tutti gli enti pubblici, di svolgere autonomamente i lavori necessari per garantire sicurezza e salubrità dei luoghi di lavoro (art. 12, comma 2, lett. d), del DL 98/2011), che si sottraggono alla esclusiva competenza del c.d. Manutentore unico;

    c) impossibilità per il Ministero di svolgere – centralizzandoli - tutti i lavori previsti dal d. lgs. 81/2008 per tutti gli edifici adibiti a uffici giudiziari, in considerazione dell’elevatissimo numero (quasi 1.000), dell’ancor più elevato numero di interventi richiesti dagli uffici giudiziari (all’epoca, 3.720) e dell’esiguo numero di tecnici di cui disponeva la Direzione (meno di 20);

    d) mancata attuazione, all’epoca, della norma istitutiva dei 7 uffici periferici (art. 6 d. lgs. 240/2006);

    e) possibilità, prevista dall’art. 31, comma 9, d. lgs. 50/2016, che le funzioni di RUP in materia di lavori pubblici siano svolte da un dipendente amministrativo, quando la stazione appaltante è priva di figure tecniche;

    f) molteplicità di stazioni appaltanti (più o meno, 500) perché ai sensi dell’allegato III al codice degli appalti “ogni ufficio giudiziario è una stazione appaltante”: questa previsione offre una opportunità che si è rivelata strategica, perché ha consentito di avvalersi del contributo di una molteplicità di figure professionali e, soprattutto, di svolgere legittimamente procedure sotto soglia, che sono indubbiamente molto più snelle di quelle di valore superiore alla soglia europea;

    g) interesse dei Capi degli uffici e/o dei dirigenti amministrativi a migliorare le condizioni di lavoro di magistrati, dipendenti, avvocati e utenti, rendendo gli edifici non solo più sicuri ma anche più decorosi.

     

    I suddetti punti richiedono alcune specificazioni.

    In primo luogo, gli uffici giudiziari erano (e in gran parte lo sono ancora) del tutto privi di personale tecnico. L’art. 31, comma 6, d. lgs. 50/2016 prevede(va) la necessità che “per i lavori e i servizi attinenti all'ingegneria e all'architettura il RUP deve essere un tecnico”. Tuttavia, la stessa norma prevede che “ove non sia presente tale figura professionale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare.”.

    Pertanto, per superare questo primo problema (cioè, la penuria o meglio la totale assenza di tecnici negli uffici giudiziari), si è fatto ricorso alla disposizione testè citata, che costituisce una deroga alla regola generale.

     

    Inoltre, per realizzare lo scopo di elaborare un modello procedimentale per lo svolgimento delle procedure di appalto di lavori, adeguato alle problematiche tipiche dell’Amministrazione della Giustizia, si è poi fatto leva sulla norma che prevede che ogni ufficio giudiziario, incluso l’Ufficio del Giudice di Pace, è stazione appaltante.

    Questa disposizione consente ad ogni ufficio giudiziario di svolgere le procedure di appalto per l’acquisizione di beni, servizi o lavori, limitatamente alle proprie esigenze di specifica e singola stazione appaltante.

    Questa parcellizzazione della qualifica di stazione appaltante ha l’effetto di contenere il valore del fabbisogno di ciascun ufficio giudiziario e, conseguentemente, è stato facile rimanere al di sotto della soglia eurounitaria (pari a € 140.000,00 per beni e servizi e a € 5.382.000,00 per i lavori).

     

    Un altro escamotage escogitato per conseguire l’obiettivo di avviare e concludere le procedure di appalto di lavori è consistito nel ricorso alla più ampia esternalizzazione di tutte le attività previste dal codice degli appalti.

    Occorre a questo punto evidenziare una notevole differenza tra le procedure di acquisto di beni e servizi, da un lato, e quelle per l’acquisizione di lavori edili, dall’altro.

    Infatti, le procedure per l’acquisizione di beni e servizi di valore inferiore alla soglia sono relativamente snelle, perché si tratta di seguire gli step previsti dalla piattaforma informatica predisposta dalla Consip (denominata “MEPA”). Una volta individuato l’operatore economico, stipulato il contratto ed eseguita la prestazione, il RUP deve redigere il certificato di regolare esecuzione, propedeutico all’emissione della fattura da parte dell’aggiudicatario. Questa procedura era ed è ampiamente nota a tutti gli uffici giudiziari, che dell’acquisto di beni e servizi si sono sempre occupati, maturando quindi un’esperienza pluridecennale.

     

    Invece, le procedure di appalto di lavori sono molto più articolate e oggettivamente complesse.

    Innanzitutto, si deve decidere se sia o meno necessario effettuare la progettazione. Nel procedimento ad hoc che è stato concepito e messo a punto, questa valutazione è stata accentrata in capo ai tecnici della Direzione, nel senso che è stata rimessa ai 15 tecnici (di cui alcuni in servizio presso il Ministero e altri assegnati a qualche Corte di appello).

    Una volta stabilito che è necessario elaborare un progetto, la Direzione predispone un provvedimento (“determina”) con cui si autorizza l’ufficio giudiziario, che ha sede nell’edificio che deve essere interessato dai lavori, ad espletare la procedura per l’aggiudicazione del servizio di progettazione ad un professionista (ingegnere, architetto, geometra) iscritto sul MEPA. La Direzione ha quindi elaborato uno schema di provvedimento autorizzativo per il conferimento dell’incarico e ha delegato l’ufficio giudiziario a nominare il funzionario che deve svolgere l’attività di RUP.

    La esternalizzazione dell’attività di progettazione è funzionale a sopperire alla estrema carenza di tecnici: è evidente che 15 ingegneri e architetti non avrebbero certamente potuto occuparsi della progettazione di centinaia di lavori edili e/o impiantistici.

     

    Al fine di fornire la massima assistenza ai RUP, la Direzione ha anche elaborato degli schemi di documenti tecnici (capitolato tecnico, disciplinare d’oneri, modelli di presentazione dell’offerta e di aggiudicazione), che ha messo a disposizione sulla piattaforma SIGEG, a cui hanno accesso tutti gli uffici giudiziari italiani.

    Pertanto, nella fase della progettazione, il ricorso all’esternalizzazione ha consentito di non impegnare i pochissimi tecnici di cui disponeva il Ministero in un’attività impegnativa e assorbente, ma di adibirli al compimento di altre attività non delegabili.

     

    In particolare, i funzionari tecnici dipendenti dell’Amministrazione sono stati incaricati non solo di valutare la indispensabilità o meno della progettazione, ma anche di verificare l’elaborato progettuale.

    Infatti, il codice degli appalti (sia quello del 2016, che quello del 2023) richiede che i progetti redatti da un libero professionista, su incarico della pubblica amministrazione, siano sottoposti a controllo da parte dell’amministrazione, prima di corrispondere il compenso al progettista e prima di avviare la procedura per l’appalto del lavoro oggetto della progettazione.

    Pertanto, i progetti elaborati dai professionisti esterni all’Amministrazione sono stati verificati dai tecnici ministeriali.

    Con il trascorrere dei mesi, una volta messo a punto il procedimento per l’aggiudicazione dell’appalto dei servizi di progettazione, il numero degli elaborati progettuali è talmente aumentato che si è reso necessario ricorrere all’esternalizzazione (sia pure in via eccezionale) anche dell’attività di verifica. L’ufficio giudiziario, cioè, è stato autorizzato ad avvalersi di un tecnico libero professionista, per controllare che il progetto redatto da un altro professionista fosse adeguato e conforme alle normative tecniche di settore.

     

    Inoltre, è stato realizzato un centro di assistenza e consulenza. Per consentire a tutti gli uffici giudiziari di essere assistiti nell’esplorazione di un campo del tutto ignoto (appunto, quello delle procedure di appalto), i funzionari tecnici (sia quelli dell’ufficio VI, che quelli assegnati ad alcune corti di appello) e i dipendenti amministrativi dell’ufficio III sono stati incaricati di ricevere, su una casella di posta elettronica dedicata, i quesiti formulati dagli uffici e di fornire l’ausilio necessario, dopo averne discusso con i dirigenti degli uffici della Direzione (ufficio III e ufficio VI).

    In questo modo, oltre a tranquillizzare il personale amministrativo degli uffici giudiziari, si è anche realizzato un flusso di informazioni che ha consentito di avere consapevolezza di errori o lacune nei modelli predisposti e di porvi rimedio con la massima tempestività.

     

    Concludendo, posso dire che l’edilizia giudiziaria è stato il terreno che ha maggiormente caratterizzato la mia esperienza di direttore generale della Direzione Risorse nel triennio 2021/2023.

    L’obiettivo di dare una scossa alla paralisi degli interventi edili e impiantistici degli edifici giudiziari è stato pienamente raggiunto. È stato elaborato un procedimento compiuto, superando tutte le difficoltà che si sono inevitabilmente manifestate, dimostrando in tal modo che anche una pubblica amministrazione, qual è l’ufficio giudiziario quando si occupa della gestione delle risorse materiali, priva di competenze tecniche e di memoria storica, può realizzare gli interventi necessari per garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro.

     

    Va inoltre considerato che questo processo di “affrancamento” (nel settore dell’edilizia giudiziaria) degli uffici giudiziari dal Demanio e dai Provveditorati delle Opere Pubbliche, è stato sin dall’inizio pianificato e realizzato di concerto con i loro vertici.

    A costoro è stato infatti illustrato, con la massima trasparenza, che alla base dell’intenzione di imparare a realizzare procedure di appalto di lavori non vi era alcun atteggiamento critico nei confronti delle strutture deputate per legge ad eseguirle (appunto, Demanio e Provveditorati), ma la consapevolezza delle oggettive difficoltà in cui esse si dibattevano.

    È stato cioè spiegato che l’intenzione era di eseguire in house le procedure di minor difficoltà (individuando convenzionalmente quelle di valore fino a un milione di euro) al fine di consentire che la elevatissima professionalità di Demanio e Provveditorati fosse impiegata per lavori di maggior importanza e complessità (ad esempio: nuove costruzioni, ampliamenti, ristrutturazioni radicali, ecc.).

    Questa visione strategica, che in pratica consiste nella ottimizzazione di risorse e competenze, che sono inevitabilmente sempre limitate, ha non solo ricevuto la comprensione delle altre amministrazioni, ma si è rivelata estremamente efficace. Ha infatti consentito al Demanio e ai Provveditorati di concentrarsi su opere particolarmente impegnative, del valore di decine di milioni di euro (cittadelle giudiziarie, ristrutturazioni, ecc.) anche al di fuori e in aggiunta agli impegni assunti con il PNRR.

     

    Infine, il pragmatismo sotteso a questa iniziativa è stato riconosciuto anche dal legislatore che, con la legge di stabilità del 2023 ha sottratto alla competenza del c.d. Manutentore unico gli interventi di manutenzione (ordinaria o straordinaria) di valore inferiore a 100.000,00, prevedendo che di tali lavori si deve occupare la pubblica amministrazione interessata. In altri termini, anche il legislatore ha ritenuto necessario sgravare i Provveditorati alle Opere Pubbliche da procedure di importo relativamente contenuto, per consentire loro di concentrarsi su quelle più impegnative.

     

    Il d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36, ha approvato il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore il 1^ luglio 2023.

    La Direzione ha quindi proceduto ad adeguare la modulistica; i nuovi format sono stati inseriti nel SIGEG. Conseguentemente è stata emanata una circolare interna per illustrare a tutti i dipendenti dell’ufficio VI i nuovi modelli.

    Con nota in data 15.01.2024, rivolta ai dipendenti amministrativi e tecnici dell’ufficio VI e dell’Ufficio periferico di Napoli nonché ai tecnici dislocati presso le Corti di appello, sono state illustrate le più rilevanti novità (rispetto ai format precedenti) e la “filosofia” di fondo.

    Non è questa la sede per esaminare in dettaglio le modifiche apportate ai modelli precedenti.

    Ciò che preme evidenziare è che fino all’ultimo giorno dell’incarico (appunto, 15 gennaio 2024) la Direzione ha posto in essere tutte le attività necessarie per garantire la continuità dell’azione amministrativa avviata nel 2021.

     

     

    6. Dati sull’attività svolta nel triennio 2021/2023

    I lavori avviati dagli uffici giudiziari in autonomia, cioè su delega della Direzione (senza, cioè, intervento dei Provveditorati Opere Pubbliche) sono 347, di cui:

    - 2, nel 2020

    - 127, nel 2021

    - 140, nel 2022

    - 78, nel 2023.

    I lavori affidati ai Provveditorati sono, a loro volta, 528.

    Il Ministero ha avviato e seguito, direttamente, cioè senza delega agli uffici giudiziari, 205 lavori e/o progetti.

    L’importo dei lavori eseguiti o avviati in autonomia dagli uffici giudiziari è pari a € 33.735.092,57.

     

    7. Focus su alcune iniziative con finalità preventiva

    Si è già detto che nel triennio 2021/2023 la Direzione ha ideato, messo a punto e diffuso una procedura di attuazione degli affidamenti di servizi di progettazione e di appalto di lavori, studiata ad hoc per gli uffici giudiziari, tenendo cioè in considerazione le notevoli specificità organizzative degli stessi.

    A partire dal 2022 si è poi cercato di realizzare una importantissima evoluzione delle modalità di svolgimento delle attività istituzionali nel settore dell’edilizia giudiziaria.

    Infatti, da una modalità di intervento puntuale, cioè successiva al verificarsi dell’inconveniente che richiede la riparazione di un impianto o di una struttura ammalorata (c.d. “intervento “a guasto”) si è cercato di inaugurare una stagione di interventi preventivi, diretti cioè ad evitare problematiche il cui verificarsi può generare gravissime conseguenze alla salute e alla vita dei lavoratori e degli utenti che frequentano gli uffici giudiziari.

    Di seguito si esamineranno i settori in cui è stata avviata l’attività preventiva.

     

    7.1. Analisi di vulnerabilità sismica

    L’Italia è un Paese in cui sono presenti molte zone a rischio sismico elevato e in particolare:

    - zona 1 (rischio alto: Regioni Friuli Venezia Giulia, Veneto, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria e Sicilia;

    - zona 2 (rischio medio alto): Regioni Emilia Romagna, Lazio, Marche, Puglia e Basilicata;

    - zona 2 (rischio medio basso): Regioni Lombardia, Toscana., Liguria e Piemonte.

    La Direzione ha quindi ritenuto indispensabile avviare una campagna di analisi di vulnerabilità sismica degli edifici adibiti a uffici giudiziari.

    Considerato che l’Agenzia del Demanio ha avviato da tempo, su scala nazionale, una analoga iniziativa su tutti i beni demaniali, la Direzione ha deciso di concentrare le proprie energie amministrative e le proprie risorse finanziarie sugli immobili di proprietà comunale e oggetto di comodato ex lege (ai sensi della legge 190/2014).

    Sono state quindi emesse tra il 2022 e il 2023 22 determine per l’affidamento dell’attività di analisi della vulnerabilità sismica, per un valore complessivo di3.742.324,00 di euro. 

    Le determine riguardano 22 edifici, siti in 20 diversi Comuni, tutti facenti parte di Regioni incluse nella zona 1 ad alto rischio sismico.

    L’attuazione delle determine è stata affidata agli uffici giudiziari interessati.

     

    7.2. Antincendio

    Un’altra attività di tipo preventivo ha riguardato quella diretta a salvaguardare gli edifici giudiziari dal rischio incendio.

    La Direzione ha avviato, preliminarmente, un censimento diretto a verificare lo stato delle pratiche di prevenzione incendi e, soprattutto, la presenza e il buon funzionamento degli impianti di rivelazione incendi.

    A questa determinazione si è pervenuti considerando vari fattori di rischio e, segnatamente, la presenza di numerosi apparecchi elettrici ed elettronici, la vetustà degli impianti elettrici, la notevole mole di documentazione cartacea presente negli uffici.

    Da tale censimento è emerso che:

    - in 581 edifici, manca il Certificato Prevenzione Incendi (CPI);

    - in 85 edifici, il CPI è scaduto.

    Inoltre, per 203 immobili sono state avviate delle procedure di adeguamento e l’ufficio VI è stato incaricato di monitorare lo stato di attuazione delle determine.

    Parallelamente all’attività di censimento, sono state avviate ulteriori procedure per l’avvio di servizi di progettazione e per lavori di manutenzione straordinaria degli impianti antincendio e finalizzati all’ottenimento dei CPI. Sono stati quindi predisposti i format per la redazione degli studi di fattibilità finalizzati ai lavori di installazione, rifacimento o manutenzione straordinaria degli impianti di rivelazione incendi.

    Ancora, sono stati predisposti i capitolati per l’affidamento del servizio di progettazione (quando necessario) o, in alternativa, per l’affidamento dell’appalto dei lavori di realizzazione dell’impianto o di manutenzione di quello esistente.

     

    Il censimento ha permesso alla Direzione di assegnare dei livelli di criticità, necessari per stabilire un ordine di priorità e per effettuare una programmazione specifica per ciascun intervento.

    Relativamente al censimento antincendio, nel corso dell’anno 2023 sono state quindi emesse 13 determine, di cui;

    9 di servizi di progettazione, per un corrispettivo a base di gara pari complessivamente a € 353.994,71;

    4 di lavori, per un corrispettivo a base di gara pari complessivamente a € 1.430.067,90.

    Per accelerare la soluzione del problema, il capitolato dei lavori è stato redatto in maniera tale da fare a meno della progettazione. Si prevede però, sempre, la nomina del direttore dei lavori, a tutela dell’amministrazione.

    Relativamente alle attività di adeguamento o manutenzione straordinaria degli impianti antincendio, nel corso dell’anno 2023 sono state emesse 19 determine, di cui:

    17 di servizi di progettazione/DL-CSE, per un corrispettivo a base di gara pari complessivamente a € 559.304,80;

    2 di lavori, per un corrispettivo a base di gara pari complessivamente a € 344.016.04.

    In conclusione, si può dire che l’attività svolta per prevenire i rischi di incendio rientra a buon diritto nell’ambito di applicazione del decreto legislativo 81/2008, diretto a far sì che i luoghi di lavoro siano sicuri e funzionali.

     

    7.3. Controsoffitti

    Come è noto, numerosi edifici adibiti a uffici giudiziari sono stati interessati, nel corso degli anni, da eventi di cedimento strutturale di controsoffitti.

    La Direzione ha effettuato un censimento che ha consentito di verificare che:

    - i controsoffitti sono presenti in 938 edifici;

    - gli edifici con presenza di controsoffitti a rischio elevato (“rosso”) sono 48;

    - gli edifici con presenza di controsoffitti a rischio medio (“giallo”) sono 30.

     

    È stato predisposto un format per l’esecuzione delle prove qualitative di valutazione dei controsoffitti e delle strutture portanti (c.d. “pendini”).

    È stato inoltre messo a disposizione degli uffici giudiziari un capitolato per l’affidamento del servizio di messa in sicurezza, con eventuale rafforzamento delle strutture portanti e/o di sostituzione dei controsoffitti.

    Ad oggi sono state emesse 23 determine, per altrettanti edifici, per un valore complessivo di € 1.770.382,92; una parte di esse (per un controvalore di € 1.256.210,06) riguardano la sostituzione e/o rimozione dei controsoffitti; la parte restante (per € 514.172,86) prevedono la sola messa in sicurezza.

    Il censimento dello stato dei controsoffitti è, ovviamente, diretto a prevenire cedimenti, per evitare gravi conseguenze per la incolumità delle persone.

     

    7.4. Verifica dello stato di impermeabilizzazione delle coperture

    La Direzione Generale, dopo aver avviato l’attività di monitoraggio diretta a verificare lo stato di manutenzione dei controsoffitti, ha intrapreso un’ulteriore attività d’indagine in qualche modo connessa alla prima. 

    È stato considerato, infatti, che la causa dell’ammaloramento dei controsoffitti (con conseguente rischio di distacco dei pannelli e delle sottostrutture della controsoffittatura) può in alcuni casi essere ricondotta ad un cattivo stato di conservazione delle coperture degli edifici. 

    In particolare, un manto di copertura in avanzato stato di degrado consente l’infiltrazione dell’acqua piovana che, conseguentemente, provoca l’ammaloramento di porzioni di solaio causando, nei casi più gravi, il distaccamento dell’intonaco e delle pendinature dei controsoffitti che possono cedere e schiantarsi sugli ambienti sottostanti.

    Il censimento svolto sullo stato manutentivo delle coperture piane ha consentito l’emersione di 200 casi di infiltrazioni con criticità elevate. 

    Il dato è oltremodo preoccupante, se si considera che è pari al 20% circa del totale degli immobili in uso agli uffici giudiziari.

    Nel 2022 sono state quindi emesse:

    7 determine per l’affidamento del servizio di progettazione, per un valore totale di € 420.928,65;

    3 determine per l’affidamento dell’appalto di lavori di ripristino della impermeabilizzazione, per un valore totale di € 1.735.269,09.

    L’attività è proseguita nel 2023, con la emissione di:

    17 determine per l’affidamento del servizio di progettazione, per un valore totale di € 958.995,81 (oltre a quattro progettazioni effettuate dai tecnici del Ministero);

    18 determine per l’affidamento dell’appalto di lavori di ripristino della impermeabilizzazione, per un valore totale di € 2.230.908,39.

     

     

    7.5 Efficientamento energetico

    Ad ogni stagione estiva, da numerosi uffici giudiziari provenivano lamentele per il cattivo funzionamento degli impianti di raffrescamento.

    È stato così predisposto un modello di determina per l’acquisizione del servizio di:

    - analisi dello stato di funzionamento degli impianti di riscaldamento e raffrescamento

    - programma di manutenzione

    - progetto esecutivo per assicurare il corretto funzionamento degli impianti stessi

    - attestato di prestazione energetica

    - valutazione sugli interventi edili e/o impiantistici che possano ridurre il fabbisogno di energia,

    al fine di rendere la gestione dell’edificio più sostenibile sul piano economico ed ambientale.

    Sono state emesse 80 determine con cui sono stati delegati altrettanti uffici giudiziari.

    Ad oggi lo stato di attuazione delle predette determine è il seguente:

    - sono stati redatti 36 progetti, per un costo complessivo (cioè, compenso, spese e iva spettanti ai progettisti) pari a € 884.097,88;

    - sono in corso 10 progetti, per un costo di € 253.397,67.

     

    Dei nr. 36 progetti ricevuti:

    - sono stati verificati nr. 20 progetti;

    - per i quali sono state emesse nr. 13 determine per l’affidamento dell’appalto di lavori, per un costo complessivo di € 7.939.411,94;

    - nr. 9 delle predette termine per l’appalto dei lavori sono state eseguite, con l’individuazione dell’operatore economico aggiudicatario;

    - nr. 13 progetti sono in fase di verifica preliminare, assegnati a società esterne qualificate;

    - nr. 3 progetti sono in fase di verifica interna (a cura del RUP e DEC titolari della procedura).

     

    Inoltre, sono state revocate:

    - nr. 14 determine, per quegli uffici che nel tempo, non hanno proceduto all’attuazione del provvedimento con richiesta motivata dagli stessi;

    - nr. 3 determine, per quegli immobili interessati ai provvedimenti, inseriti, successivamente alla data di emissione della determina, nel piano PNRR della regione di competenza.

     

     

    Nel corso del 2023 è poi emerso che un sistema alternativo (rispetto a quello sopra illustrato) perché più rapido e più economico, per risolvere il problema del cattivo funzionamento degli impianti di raffrescamento e/o di riscaldamento, è rappresentato dal noleggio a lungo termine delle macchine frigo (chiller e/o pompe di calore).

    La Società affidataria del servizio si occupa di tutto ciò che occorre per il ripristino della funzionalità dell’impianto termico: dalla verifica del suo stato di funzionamento, al posizionamento della nuova macchina con i nuovi collegamenti idrici ed elettrici necessari, alla rimozione, trasporto e conferimento in discarica autorizzata sia dell’unità termica obsoleta, che dei componenti ed accessori sostituiti, alla messa in esercizio della nuova macchina, al rilascio delle certificazioni di legge e dichiarazioni attestanti la conformità nella posa in opera. 

    Inoltre, la Società si obbliga ad assicurare l’utilizzo dell’unità termica fornita in condizioni di perfetta efficienza per tutta la durata contrattuale, garantendo: le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria; il cambio dell’unità termica in caso di guasto grave; la garanzia su tutti i componenti dell’unità termica; il pronto intervento (a tutte le ore e per 365 giorni all’anno); eventuali adeguamenti, presenti e futuri, alle normative tecniche; la possibilità di sostituzione della macchina impiantata con macchina più performante, presente nel catalogo della Società affidataria, entro il periodo di noleggio.

    Nell’ambito del servizio del noleggio a lungo termine (con durata media del noleggio di 60 mesi), questa Direzione Generale, durante l’anno 2023, ha emesso nr. 39 atti di autorizzazione alla spesa, delegando gli Uffici Giudiziari all’attuazione delle relative determine, per il noleggio a lungo termine di nr. 62 unità termiche (di cui: nr. 47 chiller, nr. 13 pompe di calore e nr. 2 gruppi rooftop, di varia potenza termica) a servizio di nr. 39 immobili interessati dal servizio, per un costo complessivo lordo di € 4.274.277,96 (ovvero, per un costo medio annuo lordo di € 854.855, 59). 

    Come già accennato, il ricorso al noleggio a lungo termine si è dimostrato una soluzione molto più celere ed efficace dell’appalto dei lavori per il soddisfacimento dell’obiettivo iniziale e, cioè, far sì che l’impianto (di riscaldamento o di raffrescamento) funzioni adeguatamente, al fine di garantire la salubrità dei luoghi di lavoro.

     

    Rimane invece ferma la necessità che gli edifici adibiti a uffici giudiziari siano interessati da una profonda azione di efficientamento energetico, per ridurre l’elevatissimo consumo di energia (elettrica e gas), che nel 2023 è stato pari a:

    € 45.929.029,34, per la elettricità;

    € 13.519.748,94, per il gas.

    Va infatti considerato che solo 59 edifici (su 1.000) sono stati inseriti nei progetti di intervento di efficientamento energetico, previsti dal PNRR.

    Si tratta però di un’attività molto impegnativa, sia sul piano delle risorse finanziarie necessarie che su quello delle energie lavorative da investire.

    L’attuale struttura del Ministero non consente di avviare attività così complesse.

    Proprio in considerazione dell’importanza strategica della riduzione del fabbisogno energetico (non solo per ragioni finanziarie ma anche, e soprattutto, per considerazioni di natura ambientale), spetta alla magistratura associata chiedere che l’Amministrazione si munisca di una struttura efficiente, in grado di conseguire questo fondamentale obiettivo.

     

    7.6. Barriere architettoniche

    È stato costituito un gruppo di lavoro per l’analisi della normativa in materia di barriere architettoniche.

    Sono stati individuati 5 progetti pilota e cioè:

    • Centro Direzionale di Napoli

    • Tribunale di Viterbo

    • Cittadella di Salerno

    • Tribunale di Isernia

    • Tribunale di Lamezia Terme.

    L’attività concretamente svolta e quella che dovrà essere proseguita consiste in:

    • Ricerca e studio delle normative vigenti: L. n. 13/89, D.M. n. 236/89, DPR. n. 503/1996;

    • Predisposizione di linee guida (Vademecum) per l’abbattimento delle barriere architettoniche;

    • Redazione di una check list, finalizzata al censimento degli edifici oggetto di adeguamento normativo sul territorio nazionale;

    • Partecipazione ad incontri con il presidente dell’associazione «T.D.D.S. Guardiamo Avanti» per discutere dell’adeguamento normativo degli Uffici Giudiziari;

    • Confronto con i tecnici sul territorio per il reperimento del materiale inerente interventi, in corso d’opera o già realizzati;

    • Redazione di tavole e/o relazioni necessarie da porre a base di offerta per gli Operatori Economici interessati;

    • Indagini di mercato ed individuazione degli operatori economici per gli inviti a partecipare ai lavori necessari agli adeguamenti;

    • Proposta alle conferenze permanenti per gli adeguamenti necessari all’abbattimento delle barriere architettoniche.

     

     

    7.7. Legionella

    Nel 2022, a seguito del manifestarsi di un fenomeno di legionella nelle tubazioni degli edifici giudiziari di Roma, la Direzione ha emesso, d’ufficio, 1 determina, per un valore complessivo di € 396.180,13 oltre Iva, per lavori di installazione dell’impianto di iperclorazione continua, a servizio dell’impianto idricosanitario esistente, ad uso della sede ministeriale di via Arenula 70 e di tutti gli uffici giudiziari di Roma Capitale. 

     

    7.8. Accatastamento

    È poi emerso che quasi tutti gli edifici adibiti a uffici giudiziari non sono accatastati.

    Sebbene sia una situazione che, di per sé, non comporta rischi per la sicurezza dei luoghi di lavoro, la Direzione ha comunque svolto un’intensa attività diretta a:

    - censire lo stato catastale di tutti i fabbricati;

    - reperire (ove esistenti) le planimetrie catastali;

    - verificare la necessità dell’allineamento catastale o di un nuovo accatastamento;

    - predisporre un format di determina per l’affidamento dell’incarico di accatastamento ad un professionista esterno.

    Ad oggi sono state emesse 3 determine.

     

     

    7.9. Linee guida per la progettazione degli edifici e dei “Parchi della Giustizia”:

    Nel 1988 il Ministero della Giustizia ha approvato gli “Indirizzi tecnici per la Progettazione e il Dimensionamento degli Uffici giudiziari”.

    Tale documento era ormai superato, quantomeno in considerazione delle seguenti innovazioni normative:

    - d. lgs. 51/98 sul Giudice unico;

    - legge 374/1991 sull’Ufficio del Giudice di Pace

    - art. 2 comma 222 legge 191/2009 sul rapporto mq./addetto per gli edifici pubblici.

    La Direzione ha quindi articolato una serie di istruzioni all’Agenzia del Demanio, indicando le specifiche esigenze e i locali che, essendo destinati a soddisfare specifiche esigenze degli uffici giudiziari, non dovevano essere considerati nel predetto parametro mq./addetto.

    L’Agenzia del Demanio ha commissionato uno studio al Politecnico di Milano.

    È stato costituito un gruppo di lavoro da tecnici della Direzione, del Demanio e dell’Università, che ha prodotto un articolato studio.

    Il capitolo 3, che riguarda specificamente “criteri per la progettazione degli uffici giudiziari”, con le integrazioni di cui alla nota della Direzione 06.10.2023 nr. 217290 e a quella di risposta del Demanio 24.11.2023 prot. nr. 0251906, riprende totalmente l’elaborato redatto dal sottoscritto e contenente una serie di criteri per calcolare la superficie che può essere assegnata a un ufficio giudiziario, giudicante o requirente, a seconda della pianta organica del personale di magistratura e amministrativo.

    Le linee guida sono state approvate e rese definitive l’11 gennaio 2024.

     

    8. Interventi edili e/o impiantistici inseriti nel PNRR

    Il Ministero della Giustizia ha ottenuto l’inserimento nel PNRR di 48 interventi edili e/o impiantistici, finalizzati a realizzarne l’efficientamento energetico.

    La loro attuazione è stata affidata dal Ministero ai Provveditorati Opere Pubbliche, all’Agenzia del Demanio e al Comune di Venezia.

    Tutte le “milestone”, cioè le tappe intermedie, sono state conseguite.

    In particolare, sono state rispettate le seguenti scadenze:

    a) pubblicazione dei bandi di gara:

    1) entro il 31.12.2022: il 20%; 

    2) entro il 30.06.2023: il 50%; 

     

    b) aggiudicazione delle gare per i lavori:

    1) entro il 31.12.2023: il 100%; 

    c) inizio dei lavori:

    1) entro il 30.09.2023: il 20%; 

    2) entro il 31.03.2024: il 50%; 

    3) entro il 31.03.2025: il 100%.

     

    Ciò è stato possibile perché prima ancora che il PNRR fosse ufficialmente approvato, la Direzione ha autorizzato tutti i soggetti attuatori (Provveditorati, Agenzia del Demanio e Comune di Venezia) ad avviare le procedure per l’affidamento dei servizi di progettazione, assicurando la copertura finanziaria dei relativi costi.

    Questa decisione ha consentito di guadagnare almeno 6-8 mesi sulla tabella di marcia prevista dal PNRR, la cui scadenza improrogabile è, come noto, il 31 marzo 2026.

     

    Entro il 31.03.2026 devono infatti essere redatti i collaudi.

    L’importo massimo finanziato è pari a € 411.739.000,00.

    Tale somma sarà erogata dall’Unione europea solo se sarà conseguito l’obiettivo di realizzare interventi di riduzione del fabbisogno energetico per una superficie minima di 289.000 mq.

    Se sarà centrato questo obiettivo relativo alla superficie da “efficientare”, la somma di € 411.739.000,00 sarà erogata integralmente, indipendentemente da quanto il Ministero avrà speso per portare a compimento i suddetti lavori.

    Proprio perché l’unico obiettivo (target) da realizzare è quello della superficie minima di 289.000,00 mq., nel 2023 è stata ottenuta una rilevante modifica al PNRR.

    In particolare, il numero degli edifici su cui realizzare l’efficientamento è stato aumentato (da 48 a 58).

    Dopo aver constatato che due interventi dei 48 originariamente previsti non potevano essere ultimati entro la scadenza del PNRR, sono stati rimpiazzati da altri 2 lavori.

    La superficie totale dei 58 immobili inclusi nel PNRR è pari a 485.959,38 mq., cioè il 68% in più di quella originariamente prevista (289.000 mq.) e che il PNRR considera obiettivo (target) indefettibile per poter conseguire il finanziamento europeo.

    Dal punto di vista dei costi degli appalti, è interessante notare che le procedure di gara hanno consentito di conseguire notevoli risparmi di spesa.

    Infatti, rispetto agli originari € 411.739.000,00 previsti per l’efficientamento energetico di 289.000,00 mq., sono stati conclusi contratti di appalto che riguardano una superficie molto più estesa (mq. 485.959,38) per un importo complessivo di € 515.518.240,86 e, quindi, solo il 25% in più rispetto a quanto verrà finanziato dall’Unione europea.

    La decisione di aumentare sensibilmente il numero degli interventi (da 48 a 58) con conseguente incremento della superficie complessiva interessata, è stata presa al fine di creare una “zona cuscinetto” che consenta di mettersi al riparo da eventuali ritardi o altri imprevisti nella fase di esecuzione dei lavori.

    Si può quindi ragionevolmente ritenere – salvo smentita – che nel settore dell’edilizia giudiziaria gli obiettivi di efficientamento energetico previsti dal PNRR saranno agevolmente conseguiti entro la scadenza del 31 marzo 2026.

    Va poi aggiunto che la scelta di aumentare il numero di edifici e la loro superficie consentirà di raggiungere anche un altro risultato e, cioè, quello di conseguire un efficientamento energetico (sia pure, in minima parte, con risorse statali e non eurounitarie) di dimensioni considerevoli, molto superiori al progetto originario, con intuibili vantaggi in termini di riduzione del fabbisogno energetico e, soprattutto, sotto il profilo dell’ambiente.

     

    9. Conclusioni

    L’esperienza di direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del Ministero della Giustizia è stata intensa e per me molto istruttiva.

    L’insegnamento che ne ho tratto è che nell’amministrazione attiva non ci sono settori per i quali è preclusa o necessaria una specifica qualifica.

    Per dirigere adeguatamente una Direzione non è indispensabile rivestire la qualifica di magistrato, così come non è necessario essere un dirigente amministrativo o un tecnico del settore (ingegnere, informatico, ecc.).

    Le qualità necessarie sono altre: conoscenza e consapevolezza dei problemi e quindi capacità di analisi; volontà di risolverli; individuazione degli obiettivi da perseguire; capacità di elaborare il percorso normativo e organizzativo necessario; abilità nella lettura delle norme che regolano il settore ed individuazione delle disposizioni che più si attagliano alla specificità del settore; coinvolgimento di tutti i soggetti (interni ed esterni alla Direzione); coraggio e intraprendenza nella elaborazione delle soluzioni organizzative mai sperimentate prima.

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