GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Il concordato “in bianco” e le cause di esclusione nell’art. 80, d.lgs. n. 50/2016 (nota a Consiglio di Stato, Sez. V, ord.za 8 gennaio 2021 n. 309).

    Il concordato “in bianco” e le cause di esclusione nell’art. 80, d.lgs. n. 50/2016 (nota a Consiglio di Stato, Sez. V, ord.za 8 gennaio 2021 n. 309)

    di Tania Linardi

    Sommario: 1. Fatto. 2. Deferimento all’Adunanza Plenaria. 3. Le cause di esclusione di cui all’art. 80 del Codice dei contratti pubblici: considerazioni generali. 4. Concordato preventivo in continuità aziendale e concordato in bianco. 5. Posizione della giurisprudenza in relazione agli effetti del concordato in bianco sulle procedure di gara pubbliche. 5.1 La tesi restrittiva. 5.2 La tesi estensiva. 6. La posizione dell’Ordinanza di rimessione sulla quaestio iuris sorta nella vicenda. 7. Considerazioni conclusive: effetti sostanziali e formali della tesi restrittiva ed estensiva. 

    1. Fatto.

    L’Ordinanza n. 309 del 2021 di rimessione all’Adunanza Plenaria affronta la delicata questione relativa alle ripercussioni sulla procedura di gara derivanti dalla presentazione, da parte di un operatore economico quale mandante di un RTI, di un’istanza di concordato preventivo in bianco. 

    Nel caso di specie, dapprima l’aggiudicazione veniva disposta nei confronti di uno degli operatori concorrenti, per poi essere successivamente annullata dal Tribunale amministrativo (e confermata anche in sede di appello) a causa di taluni vizi riscontrati in sede di ricorso promosso dalla società seconda classificata. 

    Nelle more di tale giudizio di annullamento, tuttavia, la società mandante di un raggruppamento presentava, di fronte al giudice ordinario competente, Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, un ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo di cui all’art. 161, comma 6, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare), ottenendo un termine di centoventi giorni per produrre la relativa proposta concordataria. 

    All’esito delle rinnovate operazioni di gara, l’aggiudicazione dell’appalto di lavori veniva disposta proprio in favore del RTI coinvolto nella procedura concordataria. 

    Di talché, la società seconda classificata interponeva ricorso al T.a.r. dell’Emilia Romagna, sede di Bologna, avverso tale aggiudicazione, ritenuta illegittima in quanto disposta nei confronti di impresa in procedura concordataria ex art. 161, comma sesto, della Legge fallimentare e non ammessa alla continuità aziendale. 

    Di contro, la società mandataria del RTI primo classificato presentava ricorso incidentale al fine di impugnare, in via condizionata, la proposta di aggiudicazione disposta nei confronti del proprio raggruppamento e di ottenere la modifica della mandante, sostituendola con altra società indicata nel corso della procedura, ai sensi dell’art. 48, commi 18 e 19- ter, d.lgs. n. 50 del 2016. 

    Ma a seguito della prioritaria disamina del ricorso incidentale, il Tribunale amministrativo concludeva con il suo rigetto, ritenendo invece di dover accogliere il ricorso principale e, per l’effetto, annullare l’aggiudicazione precedentemente disposta. 

    Nel delineato contesto, il RTI soccombente in primo grado proponeva appello[1] al fine di contestare gli approdi cui era giunto il giudice di prime cure. In primo luogo, si evidenziava come le informazioni relative alla procedura per l’ammissione al concordato non fossero mai state sottaciute.  Si aggiungeva, peraltro, che non era stata effettuata alcuna modifica soggettiva dell’operatore risultato aggiudicatario, in quanto l’indicazione dell’ATI alternativa era condizionata all’esito negativo della procedura concordataria. Infine, le appellanti lamentavano il fatto che nella sentenza impugnata non era stata debitamente presa in considerazione l’autorizzazione giudiziale intercorsa in pendenza della procedura concordataria, con la quale si consentiva, tra gli altri, la stipula del contratto di appalto. 

    Ebbene, il nodo problematico di maggior rilievo riguarda la questione degli effetti della proposizione di una domanda di concordato preventivo “in bianco” nell’ambito della procedura di una gara pubblica, in quanto occorre chiarire se essa debba qualificarsi quale motivo di esclusione automatica o meno. Per tal ragione, nell’Ordinanza in commento si richiede il deferimento del dubbio interpretativo all’Adunanza Plenaria. 

      Mentre le società appellanti escludevano l’ipotesi dell’automatica esclusione, le appellate evidenziavano la correttezza dell’intercorso annullamento dell’aggiudicazione, stante la pendenza di una procedura di concordato preventivo “in bianco” privo della richiesta per l’ammissione alla continuità aziendale. Si condivideva, inoltre, la conclusione cui era giunta la sentenza di primo grado, nella parte in cui escludeva la possibilità di sostituire la mandante con altra impresa esterna al raggruppamento. Del pari, si ribadiva che il mancato possesso dei requisiti della mandante con soluzione di continuità non avrebbe potuto esser sanato da un successivo ricorso finalizzato ad ottenere l’ammissione al concordato con continuità aziendale. Analogamente, l’intervenuta autorizzazione da parte del Tribunale competente non avrebbe potuto sanare retroattivamente il vizio legittimante l’esclusione. 

     

    2.  Deferimento all’Adunanza Plenaria. 

    Alla luce delle ragioni sopra esposte, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ritiene opportuno deferire tali questioni giuridiche all’Adunanza Plenaria, ripercorrendo il quadro normativo di riferimento ed i contrapposti orientamenti giurisprudenziali delineatisi in materia. 

    La necessità dell’intervento risolutore del Supremo Consesso amministrativo muove, infatti, dalla difficoltà di pervenire ad univoche interpretazioni dell’art. 80, comma 5, lett. b), d. lgs. n. 50 del 2016, laddove si richiama la fattispecie del concordato preventivo quale ipotesi di esclusione dalle procedure di evidenza pubblica, tuttavia predisponendo specifiche condizioni in presenza delle quali poter derogare a tale principio. Ed è proprio la portata applicativa di tale regime di esclusione a rappresentare il presupposto su cui si fonda il quesito dei Giudici remittenti, specie a seguito dei numerosi interventi normativi che ne hanno modificato sensibilmente i presupposti e gli elementi di raccordo con la disciplina del diritto fallimentare. 

     Basti pensare che l’attuale formulazione della disposizione è stata introdotta a seguito del d.l. n. 32 del 2019, c.d. Decreto Sblocca cantieri, convertito in legge n. 55 del 2019, ove non appare riprodotto il previgente riferimento al concordato preventivo con continuità aziendale, quale ipotesi derogatoria del principio di esclusione, ma si rinviene invece l’inserimento dell’operatività della disciplina di cui all’art. 186 - bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 relativamente alle procedure di concordato preventivo tout court.  

     È, quindi, del tutto evidente come l’intera fattispecie in esame risulti connotata da complessi elementi di interdisciplinarità, dovendosi preliminarmente soffermare sulla portata applicativa ed i risvolti processuali che interessano, da un lato, la domanda di concordato preventivo con riserva, ovvero “in bianco”, disciplinata dall’art. 161, comma sesto, l. fall.; dall’altro, la fattispecie del concordato con continuità aziendale, nell’ottica delle ripercussioni di tali procedure sulla conservazione, o meno, dei requisiti degli operatori economici che partecipano alle gare pubbliche. 

     All’uopo, appare necessario richiamare, in chiave sistematica, sia i principi regolatori della disciplina sulle gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici, di cui al D. Lgs. n. 50 del 2016 ed in particolare l’art. 80; sia quelli relativi alle procedure concorsuali nell’ambito del diritto fallimentare, al fine di rintracciare un ragionevole punto di equilibrio tra le differenti aree tematiche del diritto. 

     

    3.  Le cause di esclusione di cui all’art. 80 del Codice dei contratti pubblici: considerazioni generali. 

    L’istituto delle cause di esclusione, disciplinato dall’art. 80 d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50, contiene un elenco di situazioni soggettive nelle quali l’operatore economico non deve incorrere al fine di poter partecipare correttamente alle procedure di affidamento degli appalti pubblici.  

    Tali condizioni si inseriscono nell’alveo della categoria dei requisiti di ordine generale[2] e di natura soggettiva, taluni positivi, talaltri negativi, che fungono da criteri guida per l’individuazione delle imprese da ritenersi idonee alla partecipazione alle gare. 

    Trattasi, in particolare, di requisiti di idoneità morale e professionale, che operano a prescindere dalle caratteristiche oggettive dell’appalto[3] e si sostanziano in una serie di condizioni dell’impresa concorrente in grado di precluderne la partecipazione, ove sussistenti[4]. Diversamente, altro ordine di condizioni si collega alla capacità economico – finanziaria e tecnico – professionale degli operatori economici, che variano in funzione delle specifiche caratteristiche della prestazione oggetto dell’appalto. 

     Nel processo evolutivo di tale sistema normativo, si è affermata la necessità di distinguere due tipologie di requisiti, la cui operatività viene in rilievo in momenti differenti della procedura di selezione per l’aggiudicazione: i criteri di selezione ed i criteri di scelta. I primi attengono a quel complesso di caratteri, quali la professionalità e la solidità economica, che consentono di valutare l’idoneità di un operatore concorrente all’esecuzione della prestazione oggetto della gara. I secondi, invece, sono finalizzati alla scelta in concreto dell’aggiudicatario in base all’offerta formulata, a seguito della comparazione con le altre imprese concorrenti precedentemente ammesse alla gara[5]

    Per quanto tali criteri appaiano, almeno in astratto, di chiara percezione, deve darsi atto delle numerose ipotesi di sovrapposizione fra di essi riscontrate nell’applicazione pratica, soprattutto in relazione al settore degli appalti di servizi. Difficoltà che, come sostenuto dalla dottrina, sembra essersi affievolita grazie agli approdi raggiunti con la nuova codificazione delle norme sui contratti pubblici, di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ove si distingue a livello terminologico la dizione dei “criteri di selezione”, contenuta nella rubrica dell’art. art. 83, da quella dei “criteri di aggiudicazione”, di cui all’art. 95[6]

    Tornando all’analisi delle caratteristiche distintive dei motivi di esclusione di cui all’art. 80, Codice dei contratti pubblici, tra di esse viene certamente in rilievo l’elemento della tassatività, quale principio che vieta alla stazione appaltante di indicare autonomamente e discrezionalmente cause di esclusione ulteriori rispetto a quelle normativamente elencate, ai sensi dell’art. 83, comma 8, codice dei contratti pubblici.  Ciò si giustifica in ragione del fatto che le stesse ipotesi di esclusione limitano, anzitutto, la capacità contrattuale dell’operatore economico, costituzionalmente garantita nella forma della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.; nonché il principio del favor partecipationis, rilevante nel diritto europeo in quanto ritenuto necessario al fine del perseguimento della concorrenza nel mercato. Quale corollario del principio di tassatività delle cause di esclusione si pone, conseguentemente, il divieto di interpretazione estensiva o analogica di esse[7].

      La ratio ispiratrice della previsione di tali requisiti si rinviene senz’altro nell’esigenza di garantire l’individuazione di un operatore economico aggiudicatario che risulti affidabile, sia dal punto di vista economico, che professionale. Il tutto, al fine di consentire un efficiente funzionamento non solo delle singole procedure di gara per l’aggiudicazione degli appalti pubblici, ma anche del più ampio comparto economico di riferimento. 

      L’intero impianto codicistico si colloca, infatti, nel solco di una progressiva valorizzazione dei principi dell’Unione europea della concorrenza e della trasparenza che, nell’ottica del perseguimento delle quattro libertà fondamentali e del mercato unico, necessitano della vigenza di regole obiettive e criteri di partecipazione alle gare pubbliche predeterminati ex ante, per consentire alla PA di individuare la migliore offerta, connotata dai requisiti della completezza e serietà[8]. In passato, invece, la legislazione in vigore[9] non consentiva di ritenersi pienamente soddisfatti tali obiettivi, in quanto la stessa pubblica amministrazione molto spesso godeva di un più ampio margine di discrezionalità in ordine alla scelta, ovvero alla esclusione, del proprio interlocutore[10]

      A riprova delle difficoltà di interpretazione sorte in relazione alla disciplina in commento, basti pensare alle stratificazioni normative che hanno interessato l’attuale formulazione della disposizione di cui all’art. 80, d. lgs. n. 50 del 2016, attuativo degli artt. 38 della direttiva 2014/23/UE e 57 della direttiva 2014/24/UE, e modificato dal “correttivo” di cui al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che nel tempo hanno modificato il previgente art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, attuativo degli artt. 45 della direttiva 2004/18/CE e 54 della direttiva 2004/17/CE. 

    Ed anche sotto la vigenza della precedente formulazione, non sono mancati dubbi circa l’esatta perimetrazione dell’ambito di operatività del meccanismo della suddetta esclusione, posto che alcuni autori la ritenevano riconducibile alle ipotesi di effettiva mancanza dei requisiti generali; altri, invece, invocavano l’esclusione anche nei casi di omessa dichiarazione del possesso di requisisti da parte dell’operatore concorrente. Nel primo caso, come noto, si attribuirebbe valore al dato sostanziale, mentre nella seconda ipotesi si accoglierebbe una opzione interpretativa più formalistica[11].

     A dirimere, almeno in parte, alcuni nodi problematici in materia è intervenuta la successiva formulazione della norma di cui all’art. 80[12], codice contratti pubblici, che appare finalizzata a consentire una più ampia partecipazione degli operatori economici alle gare, mediante la valorizzazione del principio del favor partecipationis e la riduzione di taluni oneri amministrativi, come sancito dal considerando 84 della direttiva 2014/24/UE. Ulteriore modifica è stata da ultimo apportata, all’art. 80 Codice dei contratti pubblici, mediante il d.l. 14 dicembre 2018, 135, convertito con modificazioni nella l. 11 febbraio 2019, n. 12, nonché il d.l. 18 aprile 2019, n. 32, come si evince dalla legge di conversione 14 giugno 2019, n. 55.

     Ciò posto, nell’ampia categoria della cause di esclusione, si colloca certamente l’intero comparto delle procedure concorsuali, come testimonia la locuzione contenuta nell’art. art. 80, comma 5, lett. b) Codice dei contratti pubblici, ai sensi della quale è sancito che la stazione appaltante debba escludere dalla procedura di gara un soggetto qualora “l’operatore economico sia stato sottoposto a fallimento o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’art. 110 del presente codice e dall’art. 186- bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.” [13]

    In tali casi, l’attenzione del legislatore si giustifica in quanto la generale condizione di solvibilità dell’impresa potrebbe risultare minata, ciò compromettendo la capacità di adempiere le prestazioni eventualmente assunte in sede di aggiudicazione. 

     Autorevole dottrina[14] osserva come tale impianto normativo risulti in concreto finalizzato ad individuare un punto di equilibrio tra due ordini di esigenze: da un lato, quella di evitare che le amministrazioni appaltanti abbiano come controparte contrattuale un soggetto in stato di difficoltà economica tale da compromettere il regolare adempimento delle obbligazioni; dall’altro lato, l’esigenza di consentire, al ricorrere delle condizioni previste per legge, gli obiettivi del risanamento delle imprese in stato di crisi[15].

     Ma in letteratura si è posta anche un’ulteriore questione da dirimere, relativa al significato da attribuire all’inciso “procedimento in corso” contenuto nella dizione letterale dell’art. 80, comma 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici, anch’esso rilevante ai fini della esclusione dell’operatore dalle procedure di gara.  Secondo un’interpretazione letterale, dovrebbe attribuirsi rilievo ai casi in cui sia stata presentata una mera istanza di dichiarazione di fallimento, liquidazione coatta, concordato preventivo. Ciò si verificherebbe, secondo taluni autori, a far data dal deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo, qualificandosi tale condotta come confessoria della consapevolezza dello stato di dissesto dell’operatore economico[16]. Diversamente, altra dottrina critica tale impostazione, in quanto eccessivamente penalizzante per le imprese[17].

     

      4.  Concordato preventivo in continuità aziendale e concordato in bianco. 

    Nel decalogo dei motivi di esclusione, si attribuisce particolare rilevanza alle ipotesi in cui l’operatore si trovi coinvolto in una procedura di concordato preventivo, fattispecie che viene in rilievo nell’Ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria. 

     L’istituto de quo[18] si colloca nella categoria delle procedure concorsuali ed è stato oggetto di molteplici interventi del legislatore, che ne hanno modificato sensibilmente la portata applicativa[19]. Sin dalla legislazione del 1942, la problematica relativa alla qualificazione della natura giuridica ha diviso la dottrina: vi era chi aderiva alla tesi contrattualistica del concordato e chi, diversamente, propugnava la natura pubblicistica di detto istituto[20].

     In via generale, la domanda di concordato è disciplinata dall’art. 161 del r.d. 16 marzo del 1942, n. 267 e prevede l’istaurazione di una procedura concorsuale che, al ricorrere dei presupposti analiticamente enucleati dalla norma, consente all’imprenditore che versi in una situazione di crisi di tentare il risanamento evitando di incorrere nel fallimento. Il tutto regolando i propri rapporti con i creditori mediante un concordato preventivo, ai sensi degli artt. 160 ss. legge fallimentare[21]

     In tale quadro normativo, lo stato di crisi dell’imprenditore rappresenta uno dei presupposti per l’instaurazione di detta procedura e, secondo l’interpretazione autentica fornita dal legislatore, è sancito che per “crisi” debba intendersi anche lo stato di insolvenza, secondo un rapporto di genus ad species [22].

     Ad ogni modo, la nozione di “crisi” assume una portata semantica maggiormente autonoma, rispetto al concetto di insolvenza, nell’ambito del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza del 2019, ove l’art. 2, lett. a) prevede che essa debba esser individuata nella probabilità dell’insolvenza, definita in termini di “inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni pianificate”. 

     È stato, poi, da taluni osservato come tale concetto non si identifichi tanto nella temporanea difficoltà ad adempiere dell’imprenditore, dovendosi invece rintracciare l’esistenza di ipotesi specifiche, quali il concreto rischio di insolvenza, la presenza di uno sbilancio patrimoniale connotato dalla grave prevalenza del passivo sull’attivo ovvero ulteriori precisi elementi sintomatici della imminente crisi[

      D’altra parte, lo stato di insolvenza, di cui alla lett. b) dell’articolo sopra richiamato, è connotato da una generale incapacità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. In ogni caso, l’art. 85 cod. prevede che l’imprenditore possa proporre una domanda di concordato preventivo qualora si trovi in una delle situazioni sopra evidenziate, ponendosi in termini di alternatività la sussistenza di uno stato di crisi ovvero di insolvenza. 

      Ciò detto in termini generali, occorre analizzare la fattispecie del concordato in continuità aziendale, quale ipotesi innovativa connotata dal maggior grado di deroghe rispetto all’operatività della disciplina dei motivi di esclusione nelle procedure di appalto.

     Ed invero, la fattispecie de qua è stata introdotta con l’art. 186-bis, a seguito dell’intervento della L. n. 134/2012, ai sensi del quale è sancito che il debitore deve dare atto, nel piano concordatario, della prosecuzione dell’attività di impresa ovvero, in alternativa, deve prevedere la cessione o il conferimento dell’azienda. 

     A livello sistematico, certamente la continuità aziendale rappresenta uno dei nodi fondamentali su cui si articola l’intero impianto della novella legislativa, come è possibile desumere da una serie di disposizioni: l’art. 182 - quinquies, che concede la prededuzione ai finanziamenti contratti a tal fine; nonché l’art. 169-bis, che sancisce la possibilità di recesso del debitore dai contratti pendenti, ove la prosecuzione di essi si frapponga o aggravi la realizzazione del piano.  

     Di talché, autorevoli autori hanno messo in luce tale obiettivo, che ha rappresentato un profondo mutamento dell’angolo prospettico attraverso il quale affrontare i concetti del diritto concorsuale[24], passandosi da un sistema costruito sulla figura dell’imprenditore insolvente e “su una visione statica dei rapporti (i debiti e la loro garanzia patrimoniale)” ad un differente sistema che vede al centro della propria disciplina l’attività d’impresa, nell’ottica della dinamicità che connota le fasi del ciclo economico e produttivo[25]In altri termini, attualmente sembrerebbe assumere un rilievo preminente il dato oggettivo dell’attività di impresa, intesa nella sua estrinsecazione dinamica e funzionale, piuttosto che l’aspetto “soggettivo” dell’imprenditore insolvente ed i debiti ad esso riconducibili. 

     Quanto alla facoltà di partecipare alle gare d’appalto, viene in rilievo il comma terzo dell’art. 186 bis della legge fallimentare sui contratti in corso di esecuzione, nonché i commi 4 e 5, regolanti le modalità di partecipazione alle procedure di assegnazione di contratti pubblici. Ciò al fine di consentire all’impresa, seppure al ricorrere di specifici presupposti, di preservare le posizioni di mercato che abbia nel tempo conseguito, nell’ottica della valorizzazione del risanamento aziendale[26]

      In tal senso, anche l’adozione del nuovo Codice della crisi d’impresa del 2019 rappresenta, una volta entrato in vigore, una valida linea di continuità rispetto ai principi espressi già in sede di riforma con la novella del 2012[27].

      Accanto al concordato in continuità aziendale, si pone poi l’ulteriore fattispecie del concordato con riserva o “in bianco”, disciplinato dall’art. 161, comma 6, l. fall. ed oggetto di numerosi dubbi interpretativi circa la disciplina applicabile alle imprese coinvolte nella partecipazione alle procedure di gara.

      In particolare, la peculiarità dell’istituto in esame consiste nel permettere al debitore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato sulla base della semplice allegazione dei bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, l’elenco nominativo dei creditori e dei rispettivi crediti[28], posticipando la presentazione della proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro il termine fissato dal giudice, compreso tra sessanta e centoventi giorni, salva la possibilità di proroga come previsto dalla norma in commento. 

      La norma risulta connotata da un duplice obiettivo: determinare una temporanea paralisi delle azioni esecutive e cautelari dei creditori, nonché consentire la decorrenza del termine a quo per attribuire ai “crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore”[29] la qualifica della prededucibilità, di cui all’art. 111 l. fall. [30].

     Conseguentemente, la dottrina si è interrogata sulla qualificazione della natura giuridica del concordato preventivo “in bianco”, talvolta inquadrandola nella struttura di un procedimento atipico, in grado di assumere le vesti di una vera e propria procedura concorsuale soltanto in sede di decreto di ammissione al concordato preventivo[31]; talaltra definendola alla stregua di una vera e propria procedura concorsuale[32].

     Come anticipato, qualora l’impresa richiedente l’ammissione al concordato partecipi anche ad una gara pubblica, il sopra citato art. 186 – bis, comma 4, l.fall., nell’attuale formulazione, dispone che “Successivamente al deposito della domanda di cui all’art. 161, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale e, dopo il decreto di apertura, dal giudice delegato, acquisito il parere del commissario giudiziale ove già nominato”. 

     Il successivo comma sesto della medesima norma prevede, poi, che l’operatore economico coinvolto nella procedura concorsuale de qua possa partecipare alle gare anche unitamente ad altri soggetti, nella forma del raggruppamento temporaneo di imprese, sempreché non rivesta la qualifica di mandataria. 

     Appare evidente, pertanto, come tale disposizione rivesta un ruolo primario sia nella valorizzazione del principio del favor partecipationis, sia nella realizzazione degli obiettivi di implementazione della redditività dell’impresa.  Dovendosi, in quest’ultimo caso, raggiungere un punto di ragionevole bilanciamento anche rispetto ad altri valori: la certezza del diritto, la competitività del sistema economico, nonché l’esigenza di garantire l’affidabilità degli operatori economici partecipanti alle procedure di evidenza pubblica, tutelando le pubbliche amministrazioni da eventuali rischi scaturenti dalle imprese in una situazione di irreversibile crisi[33].

     

    5. Posizione della giurisprudenza in relazione agli effetti del concordato in bianco sulle procedure di gara pubbliche. 

    Le preliminari considerazioni affrontate rivestono un ruolo centrale nell’analisi degli effetti derivanti dalla proposizione di un’istanza di concordato preventivo “in bianco” sulle pendenti procedure di evidenza pubblica. La stessa Sezione remittente, infatti, analizza la questione relativa alla valutazione della compatibilità tra la domanda c.d. in bianco ed una proposta di concordato preventivo in continuità aziendale, di cui all’art. 186 – bis, l. fall., chiedendosi se gli effetti di quest’ultimo istituto possano configurarsi anche laddove vi sia una mera domanda di preconcordato. 

     D’altro canto, persino la cornice normativa entro cui si snodano tali rilievi non appare dirimente sul punto. Mentre la dizione letterale dell’art. 182 - quinquies, comma 1, l. fall., sembrerebbe alludere alla possibilità di presentare una domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche mediante un preconcordato di cui all’art. 161, comma 6[34], del medesimo avviso non appare, invece, l’art. 186 - bis, comma 1, laddove enuclea i caratteri del primo istituto, a detta di alcuni inconciliabili con la struttura del concordato in bianco[35].

     Occorre, poi, tener conto anche delle modifiche apportate dal d.l. n. 32/2019 al testo dell’art. 110, Codice dei contratti pubblici, rilevante in quanto richiamato dall’art. 80, comma 5, lett. b). Tanto più se si considera che la previgente disciplina, all’art. 110, comma 4, secondo periodo, si limitava a riconoscere, nell’ambito del concordato in bianco, la facoltà di proseguire l’esecuzione dei contratti di appalto precedentemente stipulati, previa autorizzazione del giudice delegato. 

     È evidente che lo stato dell’arte in materia è frutto di continue oscillazioni interpretative, tanto che i Giudici remittenti, ai fini dell’analisi delle questioni giuridiche sottese alla pronuncia, ripercorrono in chiave ricostruttiva i principali approdi ermeneutici susseguitisi nel panorama giurisprudenziale. 

     

    5.1  La tesi restrittiva.  

    Secondo una corrente di pensiero, che può esser definita restrittiva[36], la formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici, precluderebbe la partecipazione alle gare agli operatori che abbiano presentato istanza di concordato in bianco[37].

     Si sostiene, infatti, che anche a voler invocare l’art. 186 – bis l. fall.[38], nella parte in cui consente ad un’impresa coinvolta nella procedura concordataria di ottenere l’autorizzazione dal Tribunale fallimentare a partecipare ad una gara di appalto, tale disciplina deve coordinarsi armonicamente con gli obiettivi stabiliti, a livello sistematico, dalle regole sulle procedure ad evidenza pubblica. 

    A titolo esemplificativo, tra di essi si può citare l’esigenza di celerità e definitività nell’assunzione degli impegni contrattuali nella fase dell’aggiudicazione, in antitesi rispetto all’ampiezza dei tempi di definizione della procedura di concordato in bianco, il cui esito è peraltro naturalmente incerto.[39]

    La stipulazione del contratto di appalto, infatti, deve aver luogo entro sessanta giorni dal momento in cui è divenuta efficace l’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 32, comma 8, Codice dei contratti pubblici, momento entro il quale l’aggiudicatario dovrebbe esser in grado di produrre la documentazione all’uopo richiesta dall’art. 186 – bis, l. fall. 

     Conseguentemente, parte della giurisprudenza ha qualificato la fattispecie del concordato in bianco quale atto di straordinaria amministrazione, autorizzabile dal Tribunale solo ove esso risulti “urgente”, ai sensi dell’art. 161, comma 7, l. fall[40], consentendo in tal modo di riequilibrare i numerosi benefici in favore del debitore con un incisivo potere di controllo giudiziale, al fine di scongiurare condotte abusive in danno dei creditori. 

    Anche nella vigenza della precedente formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici, vi era chi richiamava, a sostegno dell’orientamento restrittivo in parola, il principio della continuità del possesso dei requisiti di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, da ritenersi violato nei casi di presentazione di una domanda di concordato in bianco da parte di un’impresa concorrente. 

    Ciò in quanto si verificherebbe il difetto dei requisiti di ordine generale previsti dall’art. 80, comma 5, lett. b), che invece riconosce l’operatività dell’eccezione, alla regola generale dell’esclusione, esclusivamente nei casi in cui l’operatore “si trovi” in continuità aziendale a seguito della intervenuta ammissione alla procedura. Diversamente, si ritiene che tali conclusioni non possano estendersi anche alle ipotesi in cui vi siano “procedimenti in corso” per l’ammissione al concordato, come accade in sede di presentazione di domanda di concordato in bianco. All’uopo, nemmeno un’eventuale ammissione giudiziale al concordato con continuità aziendale potrebbe sanare retroattivamente tale difetto di requisiti. 

      Aderiscono all’interpretazione restrittiva in commento anche alcune pronunce[41] successive alla novella legislativa apportata all’art. 110, comma 4, Codice dei contratti pubblici, dal d.l. n. 32 del 2019. 

    In termini, anche a fronte di quanto statuito dal sopra citato art. 110, comma 4, prima parte, ove è previsto che le imprese che abbiano presentato domanda di concordato, anche in bianco, sono assoggettate alla disciplina di cui all’art. 186 – bis, l. fall, la giurisprudenza ha sottolineato la necessità di tenere in considerazione la seconda parte della medesima disposizione, che richiede l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto, quale ulteriore elemento necessario per partecipazione. 

    Ed invero, si sostiene che la nuova formulazione dell’art. 110, comma 4, nonché dell’art. 186 – bis, comma 4, l. fall., laddove disciplina “la partecipazione alle procedure di affidamento”, intenda richiamare esclusivamente le ipotesi successive e non coeve alla presentazione della domanda di concordato in bianco. Queste ultime risulterebbero escluse dalla citata previsione, comportando la perdita sopravvenuta del requisito richiesto dall’art. 80, comma 5, lett. b). 

      A sostegno di tali rilievi, si suole invocare l’art. 80, comma 6, Codice dei contratti pubblici, che impone alle stazioni appaltanti di escludere gli operatori non solo per mancanza dei requisiti di partecipazione al momento della presentazione della domanda e dell’offerta, ma anche per la sopravvenuta mancanza di essi in corso di gara, alla luce del principio della par condicio dei partecipanti. 

     I fautori della tesi restrittiva, inoltre, utilizzano anche i rilievi effettuati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla questione relativa all’eventuale contrarietà alla normativa europea della legislazione nazionale che preveda un diverso trattamento a seconda che gli operatori economici concorrenti abbiano, o meno, presentato un ricorso di concordato contenente un piano per la continuità aziendale. 

    Sul punto, la Corte di Giustizia UE ha precisato che l’art. 45, par. 2, c. 1, lett. b), direttiva 2004/18/CE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che preveda la possibilità di escludere dalla procedura di appalto pubblico quell’operatore che abbia presentato un ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, qualora si riservi di presentare il piano per la prosecuzione dell’attività in un momento successivo[42].

      Di talché, il differente trattamento previsto dalla legislazione nazionale italiana non violerebbe il principio di eguaglianza ma si giustificherebbe sulla base delle differenze sostanziale che connotano i due istituti: l’affidabilità economica di un operatore che abbia incluso nel proprio piano per il concordato la prosecuzione dell’attività aziendale risulterebbe maggiore rispetto a chi si riservi di integrarlo. 

     Di conseguenza, gli Stati membri potrebbero applicare le cause di esclusione previste dalla direttiva inserendole nella legislazione nazionale con criteri più o meno rigorosi, ovvero escluderne l’applicazione in specifici casi.  

     Da ultimo, ma non per importanza, l’orientamento in analisi ha preso posizione anche in ordine all’ultima delle questioni giuridiche deferite all’Adunanza Plenaria[43], ritenendo esclusa la possibilità di operare modifiche nell’ambito della compagine del RTI aggiudicatario, all’interno del quale la società mandante aveva presentato domanda di concordato in bianco. In questo caso, quindi, enfatizzandosi un’interpretazione restrittiva delle ipotesi derogatorie di cui all’art. 48, commi 18 e 19 ter del d.lgs. n. 50 del 2016. 

    5.2  La tesi estensiva.  

    Sin dalla previgente formulazione della disciplina di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006, le conclusioni testé citate sono state avversate dai sostenitori della tesi estensiva. 

     Essi ritengono che la facoltà di partecipare alle gare pubbliche non dovrebbe esser preclusa alle imprese che hanno proposto un’istanza di concordato preventivo “in bianco”[44], in virtù del principio che ne consente la partecipazione nelle more tra la presentazione della domanda di concordato con continuità aziendale e la relativa ammissione[45].

     La stessa corrente di pensiero, tuttavia, non sempre riconosce sic et simpliciter l’operatività di tali argomentazioni[46]: vi è, infatti, chi richiede ulteriormente la verifica della sussistenza, nella domanda di concordato, di elementi tali da far ragionevolmente presumere che l’intera procedura non si traduca in una mera ipotesi liquidatoria, bensì in una prosecuzione dell’attività aziendale[47].

      In dottrina si è osservato[48] che i numerosi dubbi interpretativi sorti in materia, pur non essendo stati superati a livello legislativo né con l’adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici, né con il decreto correttivo, sembrerebbero aver raggiunto una compiuta definizione mediante la novella introdotta con il d.l. n. 32 del 2019, convertito in legge n. 55/2019. 

     Ci si riferisce, in particolare, all’art. 110, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama espressamente la disciplina di cui all’art. 186-bis, l. fall., anche con riferimento alle ipotesi del concordato in bianco. Ciò testimonia, dunque, la voluntas legislatoris di estendere la disciplina ivi prevista all’intera categoria del concordato preventivo, da intendersi secondo una concezione più ampia, tale da ricomprendere al suo interno anche la fattispecie del concordato in bianco. 

      L’adesione a tali rilievi postulerebbe, quindi, la valorizzazione del principio del favor partecipationis, riconducibile anche agli obiettivi perseguiti dalla riforma fallimentare, finalizzata a superare quella concezione statica del concetto di crisi dell’impresa, per abbracciare una nozione di risanamento che tenga conto dell’attività dinamica posta alla base dell’intera vita operativa dell’azienda. Il tutto, fermo restando quanto previsto dall’art. 110, comma 4, ultimo periodo, del d.lgs. n. 50 del 2016, che richiede l’avvalimento dei requisiti di altro soggetto sino alla intervenuta ammissione al concordato.

      Ciò posto, anche l’orientamento estensivo ha affrontato la problematica relativa alla qualificazione della natura giuridica della partecipazione delle imprese concorrenti alle procedure di evidenza pubblica, da intendersi in termini di ordinaria o straordinaria attività. 

    Come noto, infatti, l’inclusione nell’una ovvero nell’altra categoria risulta fondamentale ai fini della individuazione dei poteri di gestione riconosciuti in capo all’impresa stessa, come testimonia la differente disciplina prevista dall’art. 161, comma 7, l. fall. 

    In particolare, dopo la presentazione dell’istanza di ammissione e prima della decisione del tribunale di cui all’art. 163 della medesima legge, il debitore può compiere atti di ordinaria amministrazione, senza la previsione di particolari formalità. Nel caso degli atti di straordinaria amministrazione, invece, è necessario che essi risultino “urgenti” e che sia intervenuta apposita autorizzazione del tribunale. 

      Nel delineato contesto, la soluzione accolta dalla tesi estensiva propende per la qualificazione della partecipazione alle gare pubbliche quale ipotesi di ordinaria amministrazione, trattandosi di attività riconducibile alla normale gestione dell’impresa e delle sue finalità, in grado di migliorare il patrimonio dell’azienda laddove essa risulti aggiudicataria dell’appalto[49].

      Tanto evidente appare, quindi, la differenza sostanziale che connota, invece, gli atti di straordinaria amministrazione: la capacità di incidere negativamente nei confronti del patrimonio societario, compromettendone la stabilità ed in danno della massa dei creditori

     Come anticipato, a livello normativo il fulcro della disciplina applicabile è racchiusa nell’art. 161, comma 7, l. fall., che enuclea, in via esemplificativa, una serie di atti considerati espressione dell’attività di straordinaria amministrazione. Tuttavia, lo stesso carattere esemplificativo, e non esaustivo, di tale elencazione impone di ricorrere ai principi generali operanti in materia, al fine di individuare, più compiutamente, il discrimen tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione[50].

     In linea teorica, tale distinzione potrebbe apparire chiara: mentre gli atti legati ad un’attività ordinaria dell’impresa attengono alla conservazione ovvero al miglioramento del patrimonio, quelli che ne comportano l’eventuale dispersione rientrano nell’alveo della categoria della straordinaria attività di gestione dell’impresa. Ma sul piano pratico, non sempre si ha un automatico riscontro di tali elementi. 

      La bussola da tenere in adeguata considerazione attiene, quindi, all’interesse dei creditori: talune situazioni, pur se astrattamente qualificabili come di ordinaria amministrazione, possono infatti rilevarsi foriere di un elevato indice di pericolosità o rischio di depauperamento patrimoniale per l’assetto economico-organizzativo della impresa nell’ambito della procedura di concordato[51]

      Con riferimento alla natura ed agli effetti dell’autorizzazione giudiziale del Tribunale civile ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, la tesi in commento ne propugna l’inquadramento in termini di condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione. Tale accezione, si sostiene, ne legittima l’intervento anche nel corso del procedimento di evidenza pubblica, se non addirittura a seguito della aggiudicazione, senza pur tuttavia comprometterne la regolarità e l’efficacia. 

      Aderiva a tale ricostruzione anche parte della giurisprudenza civile, in epoca anteriore alle recenti riforme delle procedure concorsuali, quando si interrogava sulla quaestio iuris relativa alla compatibilità di una sanatoria degli atti di straordinaria amministrazione, privi della relativa autorizzazione giudiziale, rispetto alla sanzione di cui all’art. 173 della legge fallimentare. 

    Orbene, anche in tal caso, essendo qualificata quale condicio iuris di efficacia dei negozi giuridici rispetto ai creditori anteriori alla procedura, si stabiliva che non era necessaria l’anteriorità dell’autorizzazione, ben potendo intervenire anche in un momento successivo[52]

     Ed infine, occorre dare atto della posizione assunta dall’orientamento estensivo in relazione alla portata applicativa dell’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016, che si è espresso in termini favorevoli alla possibilità di consentire la sostituzione della mandante coinvolta nella procedura concorsuale di cui all’art. 161, comma 6, l. fall., con altro operatore economico estraneo alla procedura di gara. 

     

               6.  La posizione dell’Ordinanza di rimessione sulla quaestio iuris sorta nella vicenda.

    La Sezione remittente, nel ricostruire le questioni oggetto delle differenti interpretazioni offerte dalla giurisprudenza e dalle parti del giudizio, mette in luce le conseguenze giuridiche, nonché pratiche, che scaturiscono dall’adesione alla tesi restrittiva, ovvero a quella estensiva. 

    Premessi taluni rilievi di ordine sistematico delle relative discipline applicabili agli istituti del concordato in bianco e del concordato con continuità aziendale, nell’Ordinanza di rimessione si evidenzia una propensione per la tesi estensiva, ritenuta maggiormente in linea con le finalità del diritto fallimentare, alla luce delle recenti riforme. 

      Nel giungere a tale conclusione, essa muove dall’assunto che vede gli istituti del concordato con continuità aziendale ed il concordato in bianco legati dalla medesima ratio, finalisticamente orientata a consentire alle imprese in crisi di partecipare alle procedure di evidenza pubblica, in deroga al divieto di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), d. lgs. n. 50 del 2016. 

    E il contrappeso, in grado di bilanciare questi benefici per l’operatore economico concorrente, va rintracciato nell’autorizzazione di cui all’art. 186 – bis,  l. fall. (consistente nella verifica della conformità agli interessi dei creditori di una eventuale acquisizione della commessa pubblica), in grado quindi di tutelare anche le ragioni della Pubblica Amministrazione appaltante quanto alla verifica in concreto dell’affidabilità del soggetto contraente. 

      La Sezione, come anticipato, non manca di evidenziare la natura di atto di accertamento di tale autorizzazione, ciò implicando “la sua retroazione al momento in cui la valutazione si riferisce, e non già a quella in cui essa è stata formalizzata nell’atto autorizzativo”. 

      Orbene, nel solco delle considerazioni sostenute dai fautori della tesi estensiva, i Giudici remittenti ritengono che lo schema autorizzativo di cui all’art. 186 - bis, comma 4[53], possa estendersi anche ai casi di presentazione di una domanda di concordato in bianco, di cui all’art. 161, comma 6, l. fall., valorizzandosi gli effetti prenotativi di tale atto, laddove volto alla prosecuzione dell’attività di impresa ed alla luce del carattere unitario dell’intera procedura. 

      Diversamente opinando, si osserva, potrebbero sorgere dei problemi di compatibilità dell’art. 80, comma 5, lett. b), d. lgs, n. 50 del 2016, con l’art. 57, par. 4, secondo periodo, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, laddove dispone di effettuare una valutazione in concreto circa l’affidabilità dell’impresa, potendosi prevedere la deroga alla operatività delle ipotesi di esclusione nei casi di accertata capacità dell’impresa concorrente ad eseguire il contratto, nell’ottica della più ampia prosecuzione dell’attività aziendale. 

      Ulteriore ostacolo alla adesione alla tesi restrittiva è stato rinvenuto nella contrarietà ai precetti costituzionali di cui agli artt. 3, 41 e 117 Costituzione, in quanto l’opzione ermeneutica in parola si tradurrebbe in una ingiustificata disparità di trattamento riservata a situazioni analoghe, quali l’accesso immediato ovvero quello differito al concordato con continuità aziendale. 

     Sembra anche in tale inciso riecheggiare, a detta della Sezione remittente, la necessità di qualificare l’intera procedura concordataria alla stregua di un procedimento inteso nella sua dimensione unitaria, essendo le fattispecie del concordato in bianco ed in continuità aziendale entrambe connotate dalla medesima finalità, la stessa che ha spinto negli ultimi anni il legislatore a riformare più volte la materia fallimentare: quella di guidare l’impresa oltre la situazione di crisi, ciò nell’interesse sia dei creditori, sia del mercato, al ricorrere delle condizioni di legge. 

     

               7.  Considerazioni conclusive: effetti sostanziali e formali della tesi restrittiva ed estensiva.          

      Sulla scorta dei rilievi ermeneutici effettuati dalla Sezione remittente ed in attesa che si pronunci definitivamente l’Adunanza Plenaria, occorre dare atto delle difficoltà interpretative che connotano le questioni oggetto dell’Ordinanza, essendo ciò comprovato anche dal continuo intervento del legislatore in subiecta materia, sia nella disciplina degli appalti, sia nel sistema delle procedure concorsuali. 

     Come ampiamente affrontato nel corso dei precedenti paragrafi, il carattere a tratti “ambivalente” delle disposizioni che vengono in rilievo ha dato la stura all’emersione di due differenti posizioni interpretative nella giurisprudenza amministrativa, dalle quali scaturiscono inconciliabili effetti sostanziali.

     La tesi estensiva, ritenuta preferibile dalla Sezione remittente, propugna la valorizzazione del percorso storico evolutivo che ha, di recente, comportato la modifica, tra gli altri, della formulazione dell’art. 110, comma 4, Codice dei contratti pubblici, laddove estende l’operatività della disciplina derogatoria di cui all’art. 186 – bis l. fall. anche alle ipotesi di concordato in bianco.  Conseguentemente, si è sostenuto che l’attivazione di una procedura concordataria di tal natura non possa esser qualificata alla stregua di una causa di automatica esclusione, ben potendo l’impresa concorrente richiedere la specifica autorizzazione del Tribunale fallimentare di cui all’art. 186 – bis l. fall. nel corso della procedura di gara. 

     Diversamente, la tesi restrittiva propende per una lettura di maggior rigore della normativa in commento, ai sensi della quale la formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. b), d.lgs. n. 50 del 2016 dovrebbe intendersi nel senso di precludere la partecipazione alle gare agli operatori economici che abbiano presentato un’istanza di concordato in bianco. A detta di tale orientamento, anche la nuova formulazione dell’art. 110, comma 4, Codice dei contratti pubblici, militerebbe in tal senso, laddove il richiamo all’art. 186-bis l. fall. si ritiene riconducibile esclusivamente alle ipotesi di partecipazione alle gare successive alla presentazione della domanda di concordato in bianco, non potendo quindi applicarsi alle gare pendenti. 

     Più in particolare, la ratio della tesi estensiva appare ispirata alla valorizzazione del principio del favor partecipationis, secondo una logica maggiormente inclusiva, consentendo la partecipazione alle gare anche a quelle imprese coinvolte nelle procedute di concordato in bianco, grazie agli effetti “prenotativi” ed alla luce degli obiettivi di prosecuzione dell’attività di impresa, nell’ottica del superamento della crisi. 

     Ciò posto, le stesse premesse da cui prende le mosse la tesi estensiva potrebbero rappresentare un eventualeelemento di criticità rispetto al principio generale del divieto di offerte condizionate nell’ambito delle procedure di gara[54], la cui ratio è duplice: da un lato, essa persegue l’obiettivo di tutelare la par condicio dei partecipanti; dall’altro, consente di individuare con precisione e certezza il contenuto dell’offerta[55], alla luce delle scelte effettuate dall’impresa concorrente.

     In effetti, un’interpretazione eccessivamente rigorosa del divieto di offerte condizionate determinerebbe l’esclusione degli operatori economici che, in pendenza della gara pubblica, abbiano presentato domanda di concordato in bianco. Ciò in quanto la necessaria autorizzazione giudiziale richiesta dall’art. 186- bis l. fall. dovrebbe qualificarsi, con tutti i temperamenti del caso, come una sorta di “condizione” apposta alla partecipazione stessa, in modo da condizionare anche l’offerta dell’operatore economico, secondo un rapporto di derivazione.

     Tuttavia, sul piano pratico, la suesposta interpretazione potrebbe comportare problemi di compatibilità con l’attuale formulazione del dato positivo, traducendosi in una consistente limitazione della portata applicativa della disciplina di cui agli artt. 80, comma 5, lett. b) e 110, comma 4, d. lgs. n. 50 del 2016. 

     Del resto, sulla scorta di una lettura sistematica della normativa in rilievo, l’interrogativo in analisi potrebbe all’oggi trovare una propria composizione anche grazie a taluni temperamenti introdotti dagli interpreti nell’ambito delle argomentazioni poste alle basi della tesi estensiva. Ci si riferisce, in particolare, ai casi in cui si richiede che l’autorizzazione di cui all’art. 186 – bis l. fall. debba intervenire prima dell’aggiudicazione, essendo quest’ultimo il momento che segna la conclusione della fase di selezione del contraente privato, in occasione del quale l’operatore economico deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione[56]. Il tutto, come è evidente, al precipuo fine di evitare un’eccessiva dilatazione dell’iter afferente alla domanda di concordato in bianco, a fronte della necessaria celerità che contraddistingue la procedura di gara. 

     Ancor più di recente, in giurisprudenza si è anche affermato che l’intervento dell’ammissione giudiziale al concordato con continuità aziendale prima dell’aggiudicazione non consente di qualificare come causa di esclusione, di cui all’art. 80, comma 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici, la proposizione di una domanda di concordato in bianco da parte dell’impresa concorrente[57].

      Non da ultimo, la tesi estensiva impone di riflettere circa la sua portata applicativa rispetto al nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, laddove, senza pretesa di esaustività, la disciplina concordataria prevista all’art. 44, rubricato “Accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordo di ristrutturazione”, consente al debitore di chiedere un termine, compreso tra trenta e sessanta giorni, per il deposito della proposta di concordato ed il piano, nonché l’ulteriore documentazione prevista per legge, ai sensi del comma 1, lett. a). Seppure non risulti espressamente stabilito dalla lettera della disposizione testé menzionata, la disciplina in essa contenuta sembrerebbe regolare proprio la fattispecie del concordato “in bianco”, o con riserva, attualmente cristallizzata nella disposizione di cui all’art. 161, comma 6, l. fall. 

     Sulla scorta di un raffronto tra la formulazione dello ius superveniens di cui all’art. 44, Codice della crisi d’impresa, e l’art. 161, comma 6, citato, appare evidente che i termini concessi al debitore sono dimidiati.       Tale scelta legislativa sembra improntata alla necessità di imprimere maggiore celerità alla definizione della procedura concordataria con riserva. Elemento, quest’ultimo, utile per consentire de iure condendo una sorta di raccordo fra la procedura di concordato in bianco e le procedure di evidenza pubblica, nell’intricato contrasto sorto sia in dottrina sia in giurisprudenza che, da ultimo, ha imposto il deferimento delle sopra delineate questioni all’Adunanza Plenaria.

     ***

    [1] In particolare, la società mandante e quella mandataria del RTI soccombente presentavano autonomi ricorsi in appello, riuniti in trattazione ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a. essendo rivolti avverso la medesima sentenza. 

    [2] Per approfondimenti sui requisiti di ordine generale ex multis v. R. Greco, I requisiti di ordine generale, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di M. A. Sandulli, R. De Nictolis, II, Milano, Giuffrè, 2019, p. 1267 ss; R. De Nictolis, Manuale dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Roma, EPC, p. 397 ss.; D. Villa, La selezione degli offerenti, in Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, diretto da F. Caringella, P. Mantini e M. Giustiniani, Roma, Dike, 2016, p. 273 ss.; R. Garofoli e G. Ferrari, La nuova disciplina dei contratti pubblici, II ed., Roma, Neldiritto, 2017, p. 445 ss.; F. Pignatiello, Le novità in tema di cause di esclusione, in Il correttivo al codice dei contratti pubblici. Guida alle modifiche introdotte dal d. lgs. 19 aprile 2017, n. 56, a cura di M. A. Sandulli, M. Lipari e F. Cardarelli, Milano, Giuffrè, 2017, p. 207 ss.; A. Cianfalone, G. Giovannini e F. Lopilato, L’appalto di opere pubbliche, XIII ed., I, Milano, Giuffrè, 2018, 599 ss. 

    [3] Sul commento dell’art. 80, Codice dei contratti pubblici, cfr. S. CACACE, La disciplina dei contratti pubblici dopo il d.lgs. n. 50 del 2016: motivi di esclusione e criteri di selezione, in www.giustizia-amministrativa.it., 8.11.2016.

    [4] Cfr. S. Sticchi Damiani I requisiti di ordine generale, in I contratti di appalto pubblico, a cura di C. Franchini, Torino, Utet, 2010, p. 423-424.

    [5] Cfr. P. Santoro, Manuale dei contratti pubblici, Rimini, Maggioli, 2005, p. 745.

    [6] Sul punto, vedasi R. Greco, L’evoluzione normativa delle “cause di esclusione”, in Trattato sui contratti pubblici, vol. II, diretto da M. A. Sandulli e R. De Nictolis, 2019, p. 759 ss. 

    [7] Per approfondimenti sul punto, vedasi Cons. St., sez. V, 21 luglio 2015 n. 3595, in Foro amm., 2015, n. 7-8, 1965; Tar Lazio, Roma, sez. II bis, 29 ottobre 2015 n. 12239, in dejure.it; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 13 gennaio 2014 n. 19, in Foro amm., 2014, n. 1, 235.

    [8] Cfr. M. Antonucci, I nuovi criteri di partecipazione alle gare di appalto, su Il Cons. St., 2005, II, p. 557 ss. 

    [9] Ci si riferisce, in particolare, agli artt. 2 e 4 del capitolato generale delle opere pubbliche, decreto del Ministro dei lavori pubblici del 28 maggio 1895. 

    [10] Cfr. P. Santoro, Manuale dei contratti pubblici, Maggioli, 2005, p. 746. 

    [11] In tema, si veda, tra gli altri, S.S. Scoca, Contratti pubblici: l’effettività della tutela tra formalismo e sostanzialismo, in Giur. it, 2015, n. 3, 699 ss.; S. Foa’, Semplificazione degli oneri formali nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, in Urb. app., 2014, n. 11, p. 1147 ss. 

    [12] Cfr. S. Cacace, La disciplina dei contratti pubblici dopo il d.lgs. n. 50 del 2016: motivi di esclusione e criteri di selezione, in www.giustizia-amministrativa.it8 novembre 2016. 

    [13] La norma attualmente in vigore è frutto delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 20, lett. o), n. 3 del d.l. n. 32 del 2019, convertito nella l. n. 55 del 2019. Con particolare riguardo al nuovo art. 110, cfr. R. De Nictolis, Le novità sui contratti pubblici recate dal D.L. n. 32/2019 “sblocca cantieri”, in Urb. app., 2019, n. 4.

    [14] Cfr. V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M. A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, p. 824 ss.

    [15] Sul punto, vedasi F. Aperio Bella, Requisiti di ordine generale, in Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, a cura di F. Caringella e M. Giustiniani, Roma, Dike, 2014, par. 2 (Fallimento e procedure concorsuali), 507 ss.; S. Ambrosini, La sorte dei contratti in corso di esecuzione, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, a cura di F. Vassalli, F. P. Luiso e E. Gabrielli, IV, Le altre procedure concorsuali, Torino, Giappichelli, 2014, p. 123 ss.; R. Proietti, Commento all’art. 38. Requisiti di ordine generale, in Codice dell’appalto pubblico, a cura di S. Baccarini, G. Chine’ e R. Proietti, II ed., Giuffrè, 2015, p. 485 ss. 

    [16] Cfr. Cons. St., ad. plen., 15 aprile 2010 n. 2155, in Dir. proc. amm., 2010 n. 2, 617.

    [17] Cfr. R. De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni dopo la legge “sblocca cantieri”, Zanichelli, 2020, p. 749. 

    [18] Per approfondimenti sull’istituto, cfr. C. Cecchella, Il diritto dell’impresa e dell’insolvenza, Cedam2020, p. 524 ss.

    [19] Tra le riforme che hanno interessato l’istituto del concordato, si possono citare le modifiche apportate dal d.lgs. 5/2006, dalla L. n. 80/2005, ed i successivi interventi di cui al d.lgs. n. 169/2007, nonché la L. n. 134/2012, L. n. 98/2013 e il d.l. n. 38/2015, convertito nella L. n. 132/2015. In particolare, si segnala anche l’intervento del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, emanato con il D. Lgs. 14/2019.

    [20] Per approfondimenti sulla ricostruzione del dibattito relativo alla natura giuridica del concordato preventivo, si veda G. Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Giuffrè, 2017, p. 77 ss. 

    [21] G. F. Campobasso, Diritto commerciale, vol. III, 2013, pag. 413 ss.

    [22] Si veda l’art. 36 della legge 30 dicembre 2005 n. 273 (c.d. mille proroghe).

    [23] Cfr. C. Cecchella, Il diritto dell’impresa e dell’insolvenza, cit., Cedam, 2020, p. 529.

    [24] G. Terranova, Le procedure concorsuali, Giappichelli, 2019, p. 541 ss. 

    [25] Cfr. S. Pacchi, Dalla meritevolezza del debitore alla meritevolezza del complesso aziendale, Siena, 1988. 

    [26] G. Terranova, Le procedure concorsuali, cit., p. 604 ss. 

    [27] C. Cecchella, Il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit. Cedam, 2020, p. 524 ss. 

    [28][28] Tale inciso è stato aggiunto con il “Decreto del fare”, d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98.

    [29] Cfr. art. 161, comma 7, l. fall. 

    [30] Quanto alle analogie riscontrate rispetto alla disciplina già prevista per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, cfr. P. Valenzise, Commento all’art. 182-quater, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. Nigro, M. A. Sandulli e V. Santoro, vol. III, Giappichelli, Torino, 2010, p. 2254 ss.; M. Fabiani, L’ulteriore upgrade degli accordi di ristrutturazione e l’incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fallimento, 2010, p. 902. 

    [31] A. Patti, Quale compensazione nella consecuzione del fallimento a proposta di concordato preventivo inammissibile?, in Il fallimento, n. 7, 2015, p. 821; F. Lamanna, Le norme transitorie della miniriforma di cui al d.l. n. 83/2015: il significato di “procedimenti introdotti” dopo la legge di conversione, in www.ilfallimentarista.it , 13 novembre 2015.

    [32] In tal senso, cfr. L. D’Orazio, Il procedimento e la deliberazione del concordato preventivo, in Il nuovo concordato preventivo, a cura di A. Caiafa, A. Salvi, Pacini giuridica, 2016, p. 52 ss.; S. Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa alla luce della miniriforma del 2015, la nuova riforma del diritto concorsuale, in AA. VV., Torino, 2015, 24; A. Farolfi, Le novità in materia di esecuzioni forzate e procedure concorsuali, Fallimento e concordato preventivo: le novità di agosto, Corso organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, Formazione decentrata di Bologna, 2015, 16. 

    [33] Sul punto, cfr. G. Terranova, Le procedure concorsuali, Giappichelli, Torino, 2019, p. 606 ss.

    [34] In tal senso, l’ANAC, con la determinazione n. 5 dell’8.4.2015, ha ritenuto che ciò possa configurarsi laddove nell’istanza, anche se in bianco, siano presenti taluni elementi esemplificativi della portata prenotativa del concordato con continuità aziendale.

    [35] Tali ultimi rilievi vengono utilizzati da quell’orientamento che sostiene l’inconciliabilità tra i due istituti, con la conseguente inapplicabilità della deroga ex art. 186 – bis alle ipotesi di concordato preventivo in bianco, da qualificarsi, a detta di tale opzione ermeneutica, quale condizione impeditiva alla partecipazione delle gare pubbliche. Cfr., tra gli altri, Cons. St., Sez. III, 18 ottobre 2018, n. 5966.

    [36] Cfr. Cons. St., VI, 13.6.2019 n. 3984; Tar Piemonte, Torino, sez. II, 7 marzo 2019, n. 260. 

    [37] Per approfondimenti in tema, cfr. R. De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni dopo la legge “sblocca cantieri”, Zanichelli, Bologna, 2020, p. 748 ss.; V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M. A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, 2019, par. 6.5 (Il concordato in bianco o con riserva), p. 834 ss. 

    [38] Laddove esso, anche a seguito di ricorso per l’ammissione al concordato, consente ad una impresa di poter ottenere un’autorizzazione giudiziale per la partecipazione alle gare di appalto.

    [39] Come noto, la procedura di concordato “in bianco” o con riserva può sfociare non solo nel concordato in continuità aziendale, ma anche nel concordato liquidatorio. 

    [40] In tal senso, cfr. Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3984; TAR Piemonte, Torino, sez. II, 7 marzo 2019, n. 260; TAR, Lazio, Roma, sez. II ter, 22 luglio 2019, n. 9782.

    [41] Tar Lazio, Roma, sez. II- ter, 22.7.2019, n. 9782. 

    [42] C. giust. UE, X, 28.3.2019 C-101/18, Idi srl. 

    [43] “Se le disposizioni normative di cui all’art. 48, commi 17, 18, 19 ter del d.lgs. n. 50/2016 debbano essere interpretate nel senso di consentire la sostituzione della mandante che abbia presentato ricorso di concordato preventivo c.d. in bianco ex art. 161, comma 6, cit. con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del r.t.i. dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”. 

    [44] Tra le pronunce che accolgono la tesi estensiva, si segnalano, tra le altre, Cons. St., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328; Cons. St., Sez. III, 20 marzo 2018, n. 1772; TAR Lazio, Sez. III quater, 19 settembre 2019, n. 11143; TAR Lombardia, Milano, Sezione IV, 30 dicembre 2015, n. 2877; Cons. St., Sez. VI, 3 febbraio 2016 n. 426, in dejure.it. 

    [45] Cfr. V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, 2019, par. 6.5 (Il concordato in bianco o con riserva), p. 835.  

    [46] Per approfondimenti sulla tesi estensiva, si consiglia la consultazione di S. Francario, Autorizzazione alla continuità aziendale sopravvenuta in corso di gara, in l’Amministrativista, 26 febbraio 2021.

    [47] Cfr. determinazione ANAC, 8 aprile 2015, n. 5. 

    [48] In tal senso, cfr. V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M. A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, 2019, par. 6.5 (Il concordato in bianco o con riserva), p. 836; per ulteriori rilievi critici, cfr. anche R. De Nictolis, Appalti pubblici e concessioni dopo la legge “sblocca cantieri”, Zanichelli, 2020, p. 746 ss. 

    [49] Cfr. Cons. St., Sez. III, 8 maggio 2019, n. 2963. 

    [50] Cfr. G. Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Giuffrè, 2017, p. 336 ss. 

    [51] Cfr. Cass. 11 agosto 2004 n. 15484, in Giust. civ. 2005, I, p. 2656 ed in Fallimento 2005, p. 92. Per approfondimenti sul tema, vedasi anche AA. VV. (M.M. Gaeta), Fallimento e altre procedure concorsuali, a cura di G. Fauceglia e L. Panzani, Torino Utet giuridica, 2009, p. 1645 ss. Sugli organi del concordato preventivo, cfr. A.A.V.V., (M. A. Perrino), Codice commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Wolters Kluwer 2015, sub art. 165, p. 1968; P. Pellegrinelli; Gli aspetti processuali degli atti autorizzabili dal tribunale nel concordato preventivo, in Dir. fall. 2014, I, p. 532 ss. 

    [52] Trib. Verona 6 marzo 1991, in Fallimento 1992, II, p.818, con nota di M. Lazzera, vendita di azienda e concordato preventivo. Per approfondimenti anche sulle differenti concezioni, cfr. G. Lo Cascio, Il concordato preventivo e le altre procedure di crisi, Giuffré, 2017, p. 339; A.A. V.V. (M.M. Gaeta), Fallimento e altre procedure concorsuali, a cura di G. Faucella e L. Panzani, cit., p. 1653. 

     

    [53] Nella versione applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dal decreto – legge n. 32 del 2019. 

     

    [54] Sulla portata del principio generale del divieto di offerte condizionate, cfr. art. 72, R.D. n. 827 del 23 maggio 1994, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato.

     

    [55] Per approfondimenti sulla fase della presentazione delle offerte, cfr. M. Lipari, Fasi delle procedure di affidamento, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, 2019, p. 94.

    [56] Cfr. Cons. St., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328. 

    [57] Cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I, 22 febbraio 2021, n. 2150.

     

     

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