Emergenza coronavirus: le tutele nel settore del trasporto aereo e dei pacchetti turistici
di Alessandro Palmigiano
SOMMARIO: 1. Premessa.2. La tutela del consumatore-viaggiatore. 3.La posizione delle imprese tour operator
1. Premessa
La velocità con cui nelle ultime settimane, in Italia, si è diffuso il contagio da “coronavirus” e la velocità con cui si sono susseguiti provvedimenti del Governo, impone un’analisi dei rimedi contrattuali applicabili in questa particolare situazione di emergenza sanitaria, avuto riguardo non solo ai consumatori, ma anche alle imprese che si trovano costrette a fronteggiare un’ imprevedibile perdita economica. In altri termini, occorre effettuare un bilanciamento tra la tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito e la tutela degli interessi economici delle attività pubbliche e private.
Alla luce del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, le disposizioni dettate ad hoc per la cd. “zona rossa” con il decreto dell’8 marzo 2020, sono state estese a tutto il territorio nazionale con efficacia fino al 3 aprile 2020.
Pertanto, in questo particolare momento storico, fonte normativa di rilievo per la regolamentazione dei rapporti contrattuali aventi ad oggetto viaggi (nella loro concezione più ampia) è rappresentata dai recenti decreti emanati in materia.
2. La tutela del consumatore-viaggiatore
In primo luogo, occorre prendere le mosse dalla sospensione dei viaggi d’istruzione organizzati dalle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d'istruzione sia sul territorio nazionale sia all'estero disposta con il D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 e, da ultimo, con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, come integrato dal successivo del 9 marzo 2020 . Il legislatore, in tali ipotesi, ha espressamente richiamato la disciplina dell’art. 41, comma 4, del Codice del turismo, stabilendo dunque l'obbligo di rimborso integrale a favore dei viaggiatori da parte degli organizzatori turistici.
In secondo luogo, occorre condurre un’attenta analisi sul tema dei viaggi individuali con arrivo o partenza programmati in tutto il territorio italiano, nonché di quelli aventi come destinazione Stati esteri in cui sia impedito l’accesso in ragione dell’emergenza epidemiologica.
Al riguardo, bisogna distinguere, a seconda che l’annullamento del viaggio dipenda da un provvedimento del Governo, oppure dipenda dall’organizzatore e/o dal vettore.
Nel primo caso (ad. esempio il blocco voli aerei per la Cina, il divieto di entrata e di uscita in tutto il territorio nazionale e di spostamento all’interno dello stesso) i vettori e/o organizzatori che hanno raccolto la prenotazione non possono pretenderne il pagamento; invece, qualora sia già stato incassato il corrispettivo, hanno l’obbligo di rimborsare al consumatore quanto versato, indipendentemente da quanto previsto in merito nel contratto del singolo servizio e quindi anche se la prenotazione era classificata come non rimborsabile.
Infatti, già l’art. 28, D.L. del 2 marzo 2020, n. 9, aveva elencato una serie di soggetti che, nel caso di contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo nelle acque interne o terrestre, mediante il richiamo alla disciplina di cui all’art. 1463 c.c., hanno diritto al rimborso per impossibilità sopravvenuta della prestazione.
Si tratta, in particolare, di:
- soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo;
- soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo di divieto;
- soggetti risultati positivi al Covid-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo di permanenza, quarantena, o ricovero;
- soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle zone interessate dal contagio, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi in questo periodo;
- soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti, con riguardo ai contratti di trasporto da eseguirsi nel periodo di efficacia dei predetti provvedimenti;
- dai soggetti intestatari di titoli di viaggio, acquistati in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da Covid-19.
I viaggiatori che appartengono a qualcuna di queste categorie, hanno diritto al rimborso di quanto pagato. Con riguardo alle modalità con le quali richiedere il rimborso, il consumatore deve inoltrare una comunicazione al vettore in cui deve indicare il ricorrere di una delle situazioni elencate al comma 1, e allegare il titolo di viaggio, entro un periodo di 30 giorni che decorre differentemente a seconda della situazione concreta.
Ricevuta la comunicazione, il vettore ha l’obbligo di rimborsare il corrispettivo versato per il titolo di viaggio entro 15 giorni, o in alternativa, entro lo stesso termine, può emettere un voucher di pari importo da utilizzarsi entro un anno dall’emissione.
Altro profilo da analizzare, riguarda l’acquisto di c.d. pacchetti turistici, ovvero i viaggi, le vacanze, le formule “tutto compreso" e le crociere turistiche che risultano dalla combinazione prefissata di almeno due dei seguenti elementi, venduti o offerti ad un prezzo forfetario: trasporto; alloggio; servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che costituiscano, per la soddisfazione delle esigenze ricreative del consumatore,una parte significativa del pacchetto turistico. In merito, trova applicazione l’art. 28, commi 5-6, D.L. 2 marzo 2020, n. 9, che prevede in capo al viaggiatore (che rientra tra le categorie sopra richiamate di cui al comma 1) il diritto di recesso e di rimborso ai sensi dell’art. 41 del Codice del turismo, ivi richiamato.
Più precisamente, il diritto di recesso e di rimborso è previsto nelle ipotesi di “contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6”.
Il legislatore, fa un espresso richiamo alla disciplina del Codice del turismo e in particolare all’art. 41, il quale, al comma 4, dispone che “in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il passeggero ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto ad alcun indennizzo supplementare”.
In altri termini, la diffusione del COVID-19 rappresenta un’ipotesi di circostanza inevitabile e straordinaria che incide in modo sostanziale sull’esecuzione del pacchetto, e che, in quanto tale, giustifica l’esercizio del diritto di recesso da parte del viaggiatore cui il legislatore collega il diritto di rimborso integrale dei corrispettivi versati, senza pagamento di somme a titolo di penale. Inoltre, ai sensi del comma 6, dell’art. 41, del Codice del turismo, all’esercizio del diritto di recesso consegue la risoluzione dei contratti funzionalmente collegati stipulati con terzi.
Quanto alle modalità di esercizio del diritto, il recesso deve essere effettuato prima dell’inizio del pacchetto e l’organizzatore ha l’obbligo di corrispondere le somme a titolo di rimborso senza ritardo, o comunque entro 14 giorni dal recesso. In alternativa, l’organizzatore può offrire al consumatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore oppure può emettere un voucher di pari importo da utilizzarsi entro un anno dall’emissione.
Nel secondo caso, ovvero nelle ipotesi in cui il viaggio venga annullato dal vettore o dal tour operator (se il titolo di viaggio è stato acquistato mediante agenzia di viaggio), il consumatore ha diritto al rimborso integrale di quanto corrisposto.
Sul punto, l’Ente Nazionale di Aviazione Civile, già prima del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, aveva fornito informazioni in merito alla tutela dei diritti previsti dal Regolamento Comunitario n. 261 del 2004 per i casi di cosiddetta “forza maggiore: “I passeggeri che sono in possesso di biglietto aereo il cui volo è cancellato, i passeggeri che, pur non avendo subito la cancellazione del volo, sono comunque soggetti alle restrizioni di Paesi terzi imposte nei confronti delle persone che provengono o che abbiano soggiornato in Italia negli ultimi 14 giorni e i passeggeri che per ordine delle Autorità sono soggetti a misure di contenimento dell’epidemia da Covid19 e che quindi non possono usufruire del biglietto aereo hanno diritto al rimborso del prezzo del biglietto da parte del vettore; non hanno, invece, diritto alla compensazione pecuniaria di cui all'art. 5 del Reg. numero 261 del 2004 che regola i casi di cancellazione, negato imbarco e ritardo prolungato in quanto la cancellazione del volo non è dipendente da causa imputabile al vettore”.
In relazione a quanto fin qui esposto non pare esservi alcun dubbio circa il diritto del viaggiatore al rimborso delle somme versate.
Più problematica è, invece, l’ipotesi in cui il viaggiatore abbia annullato il viaggio, spinto dal timore di un probabile contagio e fuori dalle ipotesi contemplate nel decreto (si pensi a coloro che hanno scelto di non partire sebbene le misure restrittive non riguardassero l’intero territorio nazionale e/o non vi erano impedimenti da parte degli aeroporti di destinazione). In tal caso, in assenza di decisioni prese dal Governo e/o dall’organizzatore, se il servizio era attivabile in concreto, il consumatore che ha deciso di rinunciarvi, in linea di principio, non ha diritto al rimborso, a meno che tale circostanza sia prevista nelle condizioni del contratto stipulato.
3. La posizione delle imprese tour operator
Esaurita la trattazione dei diritti del viaggiatore, occorre adesso prendere in considerazione, la posizione, più complessa, delle imprese tour operator nei confronti dei fornitori con i quali hanno stipulato dei contratti in nome e per conto dei viaggiatori.
La complessità dell’argomento è rappresentata dalla difficoltà, in alcune specifiche circostanze, di stabilire quale sia la legge applicabile al contratto di soggiorno o di trasporto stipulato tra un tour operator italiano e un’impresa fornitrice di servizi (hotel, b&b, vettore) comunitaria.
In relazione ad imprese italiane o imprese estere con contratti la cui legge applicabile sia quella italiana, l’art. 41, comma 6, Codice del turismo, stabilisce che nelle ipotesi di recesso dal contratto di pacchetto turistico da parte del consumatore ai sensi dei commi 4 e 5 dello stesso art. 41, "si determina la risoluzione dei contratti funzionalmente collegati stipulati con terzi." Ne consegue che i contratti con i fornitori dovranno essere considerati risolti e pertanto questi ultimi saranno obbligati a rifondere gli organizzatori turistici i quali, a loro volta, rimborseranno i viaggiatori. Nel caso, invece, in cui il fornitore sia straniero e la legge applicabile al contratto non sia quella italiana, trova applicazione il Regolamento CE n. 593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, il quale prevede un criterio generale di libertà di scelta delle parti circa la legge da applicare al contratto, cui si affianca un criterio suppletivo per il quale, in mancanza di scelta delle parti, sarà la tipologia del contratto a determinare i criteri. In particolare, ai sensi dell’art. 4, par. 1, lett b), Reg. CE 593/2008, “il contratto di prestazione di servizi è disciplinato dalla legge del paese nel quale il prestatore di servizi ha la residenza abituale”. Inoltre, “Se il contratto non è coperto dal paragrafo 1 o se gli elementi del contratto sono contemplati da più di una delle lettere da a) ad h), del paragrafo 1, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale” (art. 4, par. 2).
Infine, ai sensi dei paragrafi 3 e 4, “se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale diverso paese” e, ancora, “se la legge applicabile non può essere determinata a norma dei paragrafi 1 o 2, il contratto è disciplinato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto.”
Nel caso di contratti aventi ad oggetto il trasporto di passeggeri, il Regolamento CE, all’art. 5, par. 2, prevede una disciplina ad hoc per determinare la legge applicabile e precisamente: “Nella misura in cui la legge applicabile a un contratto di trasporto di passeggeri non sia stata scelta dalle parti conformemente al secondo comma, la legge applicabile è quella del paese di residenza abituale del passeggero, purché il luogo di partenza o di destinazione sia situato in tale paese. Se tali condizioni non sono soddisfatte, si applica la legge del paese in cui il vettore ha la residenza abituale. Le parti possono scegliere come legge applicabile al contratto di trasporto di passeggeri a norma dell’articolo 3 solo la legge del paese in cui: a) il passeggero ha la residenza abituale; o b) il vettore ha la residenza abituale; o c) il vettore ha la sua amministrazione centrale; o d) è situato il luogo di partenza; o e) è situato il luogo di destinazione”. E inoltre, “Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto, in mancanza di scelta della legge, presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello indicato ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale diverso paese” (art. 5, par. 3).
Pertanto, se alla luce dei criteri sopraindicati, risulta che la legge applicabile al contratto di pacchetto turistico, di soggiorno o di trasporto sia quella straniera, occorre, da un lato, verificare l'esistenza nell'ordinamento del fornitore di una norma che tuteli l'organizzatore turistico, oppure, dall’altro, verificare che nel contratto con il proprio fornitore, sia inserita una clausola che prevede la risoluzione nelle ipotesi di forza maggiore, con conseguente obbligo di rimborso di quanto pagato in nome e per conto dei viaggiatori.
In conclusione, potrebbe verificarsi la circostanza che il fornitore, prima facie, non riconosca efficacia nella propria sfera contrattuale alla sospensione governativa in atto nel nostro Paese e manifesti il proprio diniego al rimborso. In tale ipotesi, qualora la legge straniera applicabile o il contratto prevedano la possibilità della risoluzione in caso di forza maggiore, il fornitore non potrà sottrarsi al rimborso nei confronti del tour operator.
Si tratta, in ogni caso, di un’analisi da condurre caso per caso, anche in relazione alle diverse modalità di conclusione del contratto che potrebbero comportare deroghe alle regole generali.