IL BAZOOKA DI LIQUIDITA’ CONTRO IL COVID 2019
di Glauco Zaccardi
Sommario: 1.Gli effetti macroeconomici della pandemia e gli interventi del Governo. Il bazooka di liquidità.- 2.Il quadro europeo. - 3.Il piano italiano. - 4.Il prestito Garanzia Italia, di cui all’art. 1 del decreto legge 23/2020. - 5.Conclusione.
1.Gli effetti macroeconomici della pandemia e gli interventi del Governo. Il bazooka di liquidità
La pandemia da Covid 2019, oltre alla tragedia sanitaria e all’elevatissimo numero di vittime che ha procurato, ha creato un blocco dell’economia globale, gli effetti del quale non potranno essere stimati nell’immediato e, certamente, per avere un orizzonte ben chiaro occorrerà attendere almeno la fine del 2020.
Come noto, le conseguenze della crisi si sono manifestate attraverso diversi canali. All’impatto della contrazione dell’economia cinese nel primo trimestre dell’anno si sono aggiunti lo shock dal lato dell’offerta, quello sul versante della domanda derivante dall’abbattimento dei consumi, l’impatto negativo dell’incertezza sui piani di investimento e, infine, il drenaggio insostenibile alla liquidità delle imprese. Le ripercussioni sui mercati finanziari globali sono evidenti e non occorre soffermarsi in questa sede per renderne l’ordine di grandezza.
Il nostro Governo, per primo in Europa, ha varato uno straordinario piano di interventi a sostegno dell’economia, di entità mai vista nel dopoguerra e che non trova uguali in tutta l’Unione. Si è parlato, nella comunicazione politica, di un vero e proprio bazooka di liquidità.
Al di là dell’enfasi dell’espressione, alcune cifre possono dare l’idea di come sia stata affrontata l’emergenza, pur a fronte di un debito pubblico poderoso (135% del PIL, prima della crisi).
Il Governo ha varato, con i decreti legge 17 marzo 2020, n. 18 e 8 aprile 2020, n. 23, un intervento complessivo di 800 miliardi di euro a sostegno di imprese, cittadini e professionisti, battezzato dall’altra espressione della comunicazione politica, rispolverata per l’occasione, secondo la quale nessuno sarà lasciato indietro. La cifra impiegata è pari al 40% circa del PIL nazionale (ammontante, quest’ultimo, a 1787 miliardi di euro nel 2019, 1944 miliardi misurati in dollari).
Tanto per fare paragoni e guardare cosa succede nell’Unione Europea, la Germania ha messo in campo un piano complessivo di 1.137 miliardi di euro, che si innestano, però, nello scenario di un paese che ha un PIL di 3.388 miliardi di euro, pari a 3.684,45 miliardi di dollari. Lo Scudo protettivo per lavoratori e imprese che il Governo federale ha prodotto insieme con i singoli Lander è pari, quindi, a poco meno di un terzo del PIL nazionale e, non può non essere ricordato, la Germania parte da una situazione di avanzo di bilancio.
Fuori dall’Unione, sempre per rendere l’idea dell’entità dell’intervento varato dal Governo Italiano, il Giappone ha approvato un complesso sistema di misure che portano a un totale di – dichiarati – circa mille miliardi di euro, i quali, però - contestano gli analisti - includono anche i circa 200 miliardi già messi in campo nella sessione di bilancio dello scorso autunno, precedente il diffondersi della pandemia. Il Governo giapponese, quindi, ha stanziato risorse di ordine pari a quelle italiane, ma lo ha fatto intervenendo su un’economia nazionale che produce il terzo PIL del mondo, ossia 4541 miliardi di euro nel 2019 (4.939,38 miliardi dollari), più di due volte e mezzo il PIL italiano.
Così ricordata l’entità del bazooka, è utile inquadrare il contesto europeo nel quale lo stesso si è inserito, per poi accennare alla composizione complessiva del pacchetto; ci si intende soffermare, poi, su una particolare misura, il cosiddetto prestito Garanzia Italia, di cui all’art. 1 del decreto legge 23/2020, al quale a mio avviso sono state mosse critiche ingenerose e un po’ frettolose.
2.Il quadro europeo.
Come è noto, in linea generale l’art. 107 TFUE vieta gli aiuti di Stato, erogati in qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o determinati settori produttivi o aree territoriali, rischino di alterare la concorrenza all’interno dell’Unione.
E’ quindi evidente che la Commissione, investita dalle istanze dei paesi (l’Italia per prima) che hanno annunciato misure imponenti di sostegno pubblico all’economia, abbia dovuto delineare un quadro nuovo, necessariamente contingente e legato alla crisi, per la trattazione degli aiuti di Stato.
Ciò è stato fatto con due provvedimenti: la Comunicazione della Commissione, Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza Covid-19, n. 2020/C 91 I/01 del 19 marzo 2020 e la Comunicazione della Commissione, Modifica del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19, n. 2020/C 112 I/01 del 3 aprile 2020.
Muovendosi nel solco dalle indicazioni del Consiglio Europeo (l’organo che, ricordiamolo, definisce le linee politiche generali e le priorità dell’Unione e nel quale siedono i capi dei governi nazionali, il Presidente del Consiglio Stesso e il Presidente della Commissione), la Commissione ha, in sintesi, enunciato una linea che può essere sintetizzata nei termini seguenti.
Le conseguenze socio-economiche dell’emergenza Covid-19 rientrano tra gli scenari in relazione ai quali l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b) del TFUE prevede la possibilità di autorizzare aiuti di Stato alle imprese per “porre rimedio a un grave turbamento dell’economia” di uno Stato membro.
Ora, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia questa disposizione, che consente in via eccezionale un approccio più flessibile dell’ordinario nella valutazione degli aiuti di Stato, si applica anche nel caso in cui il turbamento economico coinvolga più Stati membri o la totalità del territorio dell’Unione. In ogni caso, è superfluo specificarlo, gli aiuti devono essere diretti alla compensazione dei danni dovuti all’emergenza e non possono risolversi in un beneficio rispetto alla situazione preesistente.
Per la cronaca, il precedente diretto del ricorso all’articolo 107, paragrafo 3, lettera b) si registrò in occasione della crisi economico-finanziaria del 2008.
La Commissione ha affermato chiaramente che: “Sin dal 10 marzo scorso il Consiglio europeo ha incluso tra le linee di azione per fare fronte all’emergenza, oltre alla flessibilità nell’applicazione del Patto di stabilità e crescita e alle misure per limitare la diffusione dell’epidemia, assicurare adeguate attrezzature sanitarie e promuovere la ricerca di vaccini, anche l’applicazione flessibile delle regole sugli aiuti di Stato”.
L’Europa, quindi, senza tentennamenti e tempestivamente, ha detto chiaramente che i piani di intervento straordinari programmati dai singoli governi sarebbero stati valutati in modo flessibile, direi “bonariamente” ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b) del TFUE e che gli effetti degli stessi sull’indebitamento non rileveranno ai fini dello sforamento degli obiettivi del Patto di Stabilità e crescita ( v. https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1012-l-unione-europea-contro-la-pandemia-di-covid-19-tra-solidarieta-per-gestire-l-emergenza-sanitaria-e-adattamento-degli-strumenti-esistenti-alla-ricerca-di-un-piano-comune-di-rilancio)
Come dire: via libera agli aiuti.
3.Il piano italiano.
L’Italia ha sinora utilizzato la duplice flessibilità concessa (nell’applicazione del patto di stabilità e nell’applicazione delle regole sugli aiuti), immettendo risorse nell’economia per complessivi 800 miliardi; il bazooka di liquidità ha sparato colpi per 350 miliardi nel decreto legge 18/2020 e per 450 miliardi nel decreto legge 23/2020.
Non è la presente la sede per analizzare approfonditamente le singole misure introdotte, potendosi limitare questa trattazione a uno sguardo di insieme ed essendo preferibile soffermare l’attenzione, come premesso, sul prestito Garanzia Italia di cui all’art. 1 del decreto legge 23/2020.
Ebbene, nel decreto legge 18/2020 si è varato un piano articolato nei seguenti quattro punti (art. 56). Le prime due misure sono destinate alle micro, piccole e medie imprese, per le quali tutte vale la classificazione adottata dalla Raccomandazione 2003/361 CE.
Ossia: il genere comprende imprese con un numero di dipendenti fino a 250, con fatturato fino a 50 milioni e fino a 43 milioni di poste totali di bilancio; sono piccole quelle con non più di 50 dipendenti e 10 milioni di fatturato; microimprese (le cosiddette partite IVA) quelle che hanno fino a 10 dipendenti e un fatturato o un totale di bilancio sino a 2 milioni.
Fatta questa precisazione, ecco il sunto delle misure messe in campo con l’art. 56 del decreto legge 18/2020.
a)Moratoria nei prestiti alle micro, piccole e medie imprese (PMI). In dettaglio sono stati congelati, ossia non possono essere revocati sino al 30 settembre: le linee di credito in conto corrente (per 97 miliardi totali, attualmente utilizzate per 66 miliardi) e i finanziamenti per 60 miliardi per anticipi su titoli di credito (attualmente utilizzati per 35 miliardi); a queste risorse si aggiungono il congelamento delle scadenze di prestiti a breve per 29 miliardi e la sospensione delle rate dei prestiti e dei canoni in scadenza per 33 miliardi. Totale: 219 miliardi, dei quali una parte è composta da somme già erogate (163mld), che però avrebbero dovuto essere restituite e sono state invece congelate (praticamente come se fossero oggetto di un nuovo prestito da parte della banca da oggi fino al 30 settembre), l’altra parte (56mld) è composta di nuovi finanziamenti in tutto e per tutto che l’impresa può ottenere tirando sull’apertura di credito che viene congelata.
b)Fondo PMI: Il fondo garantisce oggi finanziamenti per 40 miliardi di euro in favore di imprese micro, piccole e medie. Se ne è disposto il rifinanziamento per 1,3 miliardi, nonché è stata assicurata una controgaranzia sullo stock di garanzie in essere in fase di definizione. Sommando i finanziamenti già coperti che potranno essere prorogati e i nuovi finanziamenti l’intervento cuba 110 miliardi di euro di liquidità che potranno essere immessi in favore di micro, piccole e medie imprese. E’ appena il caso di precisare che il costo dello Stato è dato solo dall’accantonamento necessario a fare fronte alla garanza, poiché i finanziamenti garantiti sono erogati concretamente dal sistema bancario e finanziario. Tale costo, in ossequio al regolamento SEC 2010, è pari all’ammontare delle risorse che il Tesoro stima essere pari a ciò che si prevede sarà necessario accantonare per far fronte alle escussioni; nel caso di specie è stata ritenuta prudenziale una percentuale di accantonamento del 6%.
c)Incentivi alle imprese bancarie e industriali a cedere i loro crediti incagliati o deteriorati mediante la conversione delle loro Attività Fiscali Differite (DTA, Deferred Tax assets) in crediti di imposta; con questa misura sono state liberate nuove risorse liquide per le imprese e si è consentito alle banche di dare nuovo credito; il tutto per totali 10 miliardi.
d)Ulteriore garanzia dello Stato a favore di Cassa depositi e prestiti per fornire provvista alle banche che finanziano imprese medio grandi che non beneficiano del Fondo PMI: 10 miliardi.
A questo pacchetto se ne è aggiunto un secondo, ancor più corposo, con il decreto legge 23/2020. Quest’ultimo si compone dei seguenti cardini (articoli 1, 2, 13, 14 e intero Capo IV)):
a)Garanzie dello Stato, attraverso SACE s.p.a., in modo tale da consentire l’erogazione di finanziamenti per 200 miliardi di euro. E’ il cosiddetto prestito Garanzia Italia, sul quale ci si soffermerà partitamente nel successivo paragrafo (art. 1).
b)Ulteriore sostegno all’export. L’intervento introduce un sistema di coassicurazione in base al quale gli impegni normalmente derivanti dall’attività assicurativa di SACE S.p.A. (il core business della quale consiste nella prestazione di garanzie a sostegno del finanziamento dell’export) sono assunti dallo Stato per il 90% e dalla stessa società per il restante 10%, liberando in questo modo ulteriori 200 miliardi di risorse da destinare al potenziamento dell’export (art. 2).
c)Ulteriore rafforzamento del Fondo di Garanzia PMI, potenziamento del credito sportivo, sospensione di adempimenti e versamenti tributari e contributivi (rispettivamente: art. 13, art. 14, Capo IV); 50 miliardi.
4.Il prestito Garanzia Italia, di cui all’art. 1 del decreto legge 23/2020.
L’art. 1 del decreto legge 23/2020 ha introdotto il prestito battezzato “Garanzia Italia”, con il quale sono state messe a disposizione dell’economia - imprese e professionisti - risorse liquide per 200 miliardi (v. https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-dell-emergenza-covid-19/1010-il-decreto-legge-8-aprile-2020-n-23)
La misura è piuttosto complessa e la si può sintetizzare nei seguenti punti.
E’ previsto che lo Stato assuma fino al 31 dicembre 2020, attraverso la SACE s.p.a., società del gruppo Cassa depositi e prestiti, la garanzia in favore dei finanziamenti che le imprese del settore bancario e finanziario eroghino sotto qualsiasi forma (comma 1).
In particolare, la garanzia coprirà tra il 70% e il 90% dell’importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell’impresa (comma 2, lettera d) ed è subordinata a una serie di condizioni (qualificanti quelle di cui al comma 2, lettere b, c, g, i, l, m), le quali appaiono in grado di superare in larga parte le critiche che sono state mosse all’art. 1 e delle quali faremo cenno nel prosieguo.
Venendo, prima, all’entità della copertura, si prevede che le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro ottengano una garanzia pari al 90% dell’importo del finanziamento richiesto e per queste è prevista una procedura semplificata (comma 6) per l’accesso alla garanzia.
La copertura scende all’80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti o un fatturato fra 1,5 e 5 miliardi di euro e al 70% per le imprese con fatturato sopra i 5 miliardi (a prescindere dal numero degli addetti).
Per le Piccole e medie imprese, anche individuali o Partite Iva (insomma le PMI definite ai sensi della già citata Raccomandazione 2003/361 Ce, si veda paragrafo precedente), sono riservati 30 miliardi e l’accesso alla garanzia rilasciata da SACE S.p.A. sarà gratuito, ma subordinato alla condizione che le stesse abbiano esaurito la loro capacità di utilizzo del credito rilasciato dal Fondo Centrale di Garanzia, Fondo già fortemente potenziato come si è avuto modo di illustrare nell’elencare le misure del bazooka.
Così sinteticamente descritto il contenuto dell’intervento e, precisato per scrupolo di completezza che il finanziamento potrà avere durata massima di 6 anni e il preammortamento di 18 mesi (elementi marginali ai fini dell’esame della misura), ritengo utile soffermare l’attenzione sulle condizioni di cui alle lettere b), c), g), i), l, m) del comma 2, le quali sembrano mettere il prestito Garanzia Italia al riparo da molte critiche alle quali è stato sottoposto.
L’approccio giusto, quanto meno di partenza, per analizzare la misura, è secondo me quello dell’intervista rilasciata dai procuratori Sava, De Lucia e Petralia e pubblicata il 20 aprile proprio su questa rivista on line.
Essi hanno espresso la condivisibile preoccupazione che, essendo stata messa in campo un’immissione di liquidità per 200 miliardi di euro nell’economia, l’occasione possa fare molta gola alla criminalità ed hanno fatto appello affinché siano approntate tutte le cautele del caso.
La norma, senz’altro, andrà puntellata con un rafforzamento delle attività di controllo e vigilanza, magari queste ultime potranno essere anche potenziate da protocolli tra le autorità investigative e quelle di vigilanza sui settori finanziario e creditizio; se necessario (e il Governo risulta ci stia pensando) si può anche immaginare di esplicitare, con norma di rango primario, quello che è già implicito nell’ordinamento.
Ma, personalmente, non mi trovo nella posizione di una precedente intervista di altri procuratori, nella richiesta di alcuni componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché in altri messaggi a vario titolo inviati sui social, i quali interventi - senza per la verità citare alcun riferimento normativo, ma si capisce che si allude all’art. 1 del decreto legge 23/2020 - tracciano un giudizio di insieme del prestito Garanzia Italia che in più punti non sembra partire da un’analisi puntuale del testo normativo.
Ebbene.
Si è rimproverato, innanzitutto, alla misura una carenza di strumenti per impedire che i soldi finiscano nelle mani sbagliate. Al riguardo mi sembra pertinente richiamare l’impianto costruito dall’art. 1, il quale fa perno sul sistema bancario e finanziario, ossia su quei soggetti i quali rappresentano il primo argine del sistema antiricilaggio. Piaccia o no’ (ma il gradimento sarebbe rimesso a opzioni ideologiche), l’immissione di denaro nel sistema economico avviene sempre e inevitabilmente attraverso il sistema bancario e finanziario e le imprese di quel settore sono quelle alle quali il decreto legislativo 231/2007 e successive modifiche hanno affidato il compito, attraverso gli obblighi di identificazione, adeguata verifica e conservazione, nonché di segnalazione di operazioni sospette, di fare da prima linea contro il riciclaggio.
E’ evidente, quindi, che le banche al momento dell’istruttoria preliminare all’erogazione del credito compiranno, come per qualsiasi altra operazione, le proprie verifiche antiriciclaggio.
Va, poi, aggiunto, che la garanzia, fornita da Sace s.p.a., società del gruppo Cassa depositi e prestiti, come recita esplicitamente il comma 5 sarà prestata in nome proprio, ma per conto dello Stato. Sace s.p.a. è il tramite, lo Stato è il garante. Così testualmente il comma 5, secondo periodo: “La garanzia dello Stato e' esplicita, incondizionata, irrevocabile e si estende al rimborso del capitale”.
La circostanza, prevista in norma, che la garanzia sia fornita dallo Stato attrae il prestito tra quelli in relazione ai quali, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera g) del decreto legge 6 settembre 2011, n. 159, è richiesta la certificazione antimafia. Del resto, le interlocuzioni preliminari all’approvazione della norma hanno consentito di appurare che la società procederà nel senso appena indicato.
Ora, quindi, il meccanismo del prestito Garanzia Italia contiene già, ad una lettura non superficiale del dato normativo, gli strumenti per i presidi antiriciclaggio e antimafia. Non sembra che, un’autocertificazione, come pure suggerito in alcune interviste, sulle proprie qualità o sulla destinazione delle somme potrebbe fornire maggiori cautele rispetto a quelle già operanti attualmente. Anche perché, mi si consenta una battuta, faccio fatica a pensare che il mafioso, prestanome o colluso, che intenda ottenere un finanziamento per centinaia di migliaia, se non milioni di euro, si arresterebbe dinanzi alla firma di un modulo ex d.lgs. 445/2000.
Peraltro, la lettera n) del comma 2 prevede comunque già una dichiarazione: il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria.
Ma è previsto, anche, dal comma 9, un seguito, affidato al sistema bancario e a SACE: “I soggetti finanziatori forniscono un rendiconto periodico a SACE S.p.A., con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest'ultima indicati, al fine di riscontrare il rispetto da parte dei soggetti finanziati e degli stessi soggetti finanziatori degli impegni e delle condizioni previsti ai sensi del presente articolo. SACE S.p.A. ne riferisce periodicamente al Ministero dell'economia e delle finanze.
Questo meccanismo appare a chi scrive molto più efficace dell’affidarsi all’autocertificazione; il sistema bancario esegue i comuni controlli antiriciclaggio, la garanzia dello Stato impone l’acquisizione della certificazione antimafia. A valle banche e SACE monitorano l’impiego delle risorse.
Venendo a un altro ordine di critiche mosse funditus al prestito Garanzia Italia, si è imputata la mancanza di accorgimenti atti ad impedire che ne possano fruire attività di comodo o comunque evasori.
Al riguardo soccorre, di nuovo, la lettura del testo normativo. La lettera c) del comma 2 prevede, come limite della garanzia (ma anche, quindi, come condizione di accesso) il maggior ammontare tra la il doppio della spesa per personale e il 25% del fatturato nel 2019.
Come dire, se non sei un soggetto con un’attività già in piedi nel 2019, perché non avevi dipendenti o fatturato, il prestito non lo puoi avere. E come dire, anche: se hai fatto nero, fatturando meno di quel che avresti dovuto, non potrai accedere alla garanzia per la parte di nero.
Tra le lacune che si ascrivono all’art. 1 vi è poi quella di non aver previsto conti dedicati al finanziamento, i quali renderebbero i controlli più agevoli.
Pur non vedendo controindicazioni, tale accorgimento nulla aggiungerebbe: l’erogazione del finanziamento attraverso il sistema bancario, peraltro in favore di soggetti che hanno già una contabilità, un fatturato, dei dipendenti (con costi del personale contabilizzati), già consente di tracciare i flussi finanziari delle risorse anche perché, si ripete, i finanziatori e la società che presta la garanzia per conto dello Stato devono monitorare l’esito degli impieghi. Salvo che si ritenga che attraverso il sistema bancario passino flussi non tracciati, ipotesi tecnicamente non sostenibile.
In alcuni interventi pubblici o sui social, poi, si è criticato l’art. 1 perché non avrebbe disposto una vera e propria immissione di nuova liquidità, poiché in realtà le banche intenderebbero utilizzare il prestito Garanzia Italia per azzerare le vecchie esposizioni. Il vantaggio, quindi, sarebbe solo per il sistema creditizio, al quale sarebbe stato fatto il regalo di trasformare in garantito un credito precedente chirografario.
Su questo punto la lettera g) del comma 2 espressamente chiarisce che: “la garanzia copre nuovi finanziamenti concessi all'impresa successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, per capitale, interessi ed oneri accessori fino all'importo massimo garantito; la lettera m) aggiunge che: “il soggetto finanziatore deve dimostrare che ad esito del rilascio del finanziamento coperto da garanzia l'ammontare complessivo delle esposizioni nei confronti del soggetto finanziato risulta superiore all'ammontare di esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto, corretto per le riduzioni delle esposizioni intervenute tra le due date in conseguenza del regolamento contrattuale stabilito tra le parti prima dell'entrata in vigore del presente decreto”.
La società SACE ha chiarito che, in ossequio alla norma richiamata, il finanziamento non potrà essere erogato per 12 mesi a riduzione di precedenti esposizioni del soggetto finanziato.
Vanno sottolineati, infine, anche altri aspetti del prestito Garanzia Italia, che lo qualificano come misura realmente volta a sostenere l’economia e non come strumento eventualmente disponibile per operazioni speculative:
il soggetto finanziato non potrà procedere a distribuire utili nei 12 mesi successivi il finanziamento (comma 2, lettera i);
il soggetto finanziato non potrà licenziare liberamente, potendo gestire i livelli occupazionali solo mediante accordi sindacali (ed essendo quindi affidato alle organizzazioni il “veto” sulle riduzioni del personale);
il soggetto finanziato potrà accedere al prestito solo ove non rientrasse al 31.12.2019 nella nozione di impresa in difficoltà ai sensi del Regolamento 651/2014 CE; comma 2, lettera b).
6.Conclusione.
Il Governo italiano ha messo in campo un intervento di sostegno all’economia mai visto nel secondo dopoguerra e che non trova paragoni nell’intera Unione Europea. Lo si è fatto in tempi estremamente rapidi ed in coerenza con l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.
E’ del tutto ovvio che un piano simile, costruito a tempi di record, sia perfettibile.
Per quanto riguarda l’art. 1 del decreto legge 23/2020, in particolare, l’approccio di partenza suggerito dall’intervista dei tre procuratori pubblicata su questa rivista on line il 20 aprile appare del tutto condivisibile, invitando tutti gli attori ad approntare ogni rimedio utile a fare sì che nemmeno un euro vada nella direzione sbagliata.
Così, a mio modo di vedere, occorre potenziare agenzie e istituzioni di controllo e vigilanza, mettere in piedi forme di collaborazione (ad esempio protocolli per assicurare flussi tempestivi ed efficaci di informazioni da banche e Sace, che monitorano il rispetto delle finalità degli impieghi ed autorità investigative). Magari, ove necessario, si possono anche esplicitare con norme di rango primario alcune delle considerazioni sopra illustrate.
Ma non pare giustificarsi un atteggiamento più tranchant, di critica radicale, soprattutto quando non ancorata puntualmente allo stringente dato normativo, critica che finisce per dipingere genericamente le misure introdotte come poco più che una meravigliosa occasione per le mafie.
L’economia andava e va sostenuta. Gli interventi vanno puntellati il più possibile e non ci si può arrestare solo per paura che qualcuno provi ad infilarsi tra le maglie dei nuovi istituti.
Uno Stato, se è all’altezza delle sfide che la società contemporanea pone, prova a dotarsi degli anticorpi, ma non lascia il sistema produttivo in ginocchio.