L’ergastolo e l’accesso al rito abbreviato.
La questione di legittimità Costituzionale sollevata dal Tribunale di La Spezia con l'ordinanza del 6 novembre 2019.
di Giorgio Spangher
Il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di La Spezia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 438, comma 1 bis, c.p.p., così come inserito dall’art. 1 della l. n. 33 del 2019, per la violazione degli artt. 3 e 111, comma 2, Cost., nella parte in cui in relazione ai reati di cui agli artt, 575, 576, comma 1, n, 1, c.p. con riferimento all’art. 61 c.p., 577, comma 2, c.p., in quanto puniti con l’ergastolo, impedisce l’accesso al rito abbreviato; e dell’art. 5 della l. n. 33 del 2019, in relazione agli artt. 117 Cost. e 7 Cedu nella parte in cui consente l’applicazione del neo introdotto art. 438, comma 1 bis, c.p.p., e parallelamente esclude applicazioni dell’art. 442, comma 2, c.p.p., anche agli imputati di delitti puniti con l’ergastolo che abbiano tenuto la condotta prima dell’entrata in vigore della predetta legge, con verificazione dell’evento successivamente al mutamento di normativa.
Quest’ultimo profilo potrebbe essere scrutinato in via prioritaria, in considerazione del fatto che un’eventuale suo accoglimento potrebbe far venir meno la rilevanza dell’altra questione sollevata dal giudice di La Spezia.
Invero, tenuto conto di quanto già deciso proprio con riferimento alla successione di norme relativamente all’ergastolo punito con il rito abbreviato nella vicenda Scoppola la Corte edu si era espressa nel senso che ha riconosciuto il diritto dell’imputato ad ottenere il trattamento sanzionatorio previsto al momento della richiesta del rito (trenta anni) e non quello (l’ergastolo) operante al momento della celebrazione del rito (e decisione) per effetto del sopravvenuto art. 7, comma 1, d.l. n. 341 del 2000, conv. in l. n. 4 del 2001 (Corte edu 17 settembre 2009).
Per questa ragione, si è ritenuto superata la questione della riferibilità del tema de quo alla tematica della natura sostanziale e non processuale delle disposizioni relative al trattamento sanzionatorio nel rito contratto.
La questione nel caso di specie, tuttavia, coinvolge il problema relativo alla riferibilità della successione di norme, in relazione alla rilevanza tra il momento dell’azione e quello dell’evento.
Indiscutibilmente è necessario riferirsi al momento dell’azione, quello, cioè, del momento in cui si prefigura il atto delittuoso e lo pone in essere proiettandolo già da quel momento sull’evento voluto.
Il dato trova un preciso riscontro nell’art. 8 c.p.p., ove al comma 2 si precisa che “se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, competente è il giudice del luogo in cui è avvenuta l’azione o l’amissione”.
Il conseguente possibile superamento della questione di costituzionalità ipotizzato in esordio, non impedisce – considerata la sua riproponibilità in termini generali, della compatibilità della riferita previsione delittuosa, “e di altre similari” che escludono l’accesso al rito abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo – di affrontare le questioni di costituzionalità sollevate sub artt. 3 e 111, comma 2, Cost.
Invero, sotto quest’ultimo profilo, non appaiono condivisibili le considerazioni relative alla violazione che la nuova previsione determinerebbe in relazione alla durata ragionevole del processo, sia con riferimento a questi specifici reati, sia più in generale sull’intero sistema processuale. Anche considerando le implicazioni relativamente alle indiscutibili conseguenze negative sul “funzionamento” delle Corti di Assise, rispetto alla presenza di un giudice monocratico; alla indispensabile celebrazione di un giudizio di primo grado che l’abbreviato, invece, consentirebbe di non celebrare; alla diversa distribuzione delle sedi di svolgimento dei relativi processi, deve sottolinearsi come “ricadute” di questo tipo si determinano ogni qual volta il legislatore, fissando limiti all’accesso ai percorsi differenziati canalizza in modo diversificato i procedimenti, consentendo ovvero escludendo lo svolgimento dei vari riti premiali, acceleratori, deflattivi. Si consideri che questi percorsi sono derogatori del rito ordinario quindi eccezionali, con conseguente esigenza di una adeguata motivazione.
Lo stesso discorso vale per la distribuzione delle competenze ove siano sorrette da necessaria giustificazione, ragionevolezza, proporzionalità.
Maggiormente complesse si profilano le considerazioni in relazione al secondo profilo posto a fondamento della questione di incostituzionalità: quella relativa alla ipotizzata violazione dell’art. 3 Cost.
Invero, la questione potrebbe essere presa in esame sotto due prospettive.
In primo luogo, si potrebbe considerare se la specifica ipotesi delittuosa di cui al processo presso il giudice dell’udienza preliminare di La Spezia, giustifichi l’esclusione del rito contratto.
Invero, le ipotesi delittuose che sono sanzionate con la pena dell’ergastolo sono differenziate tra di loro e proprio le ipotesi di omicidio aggravato evidenziano significative differenze, specificamente in relazione alla sanzionabilità differenziata per effetto necessario della presenza della circostanza specializzante.
Non si può non considerare al riguardo la giurisprudenza in materia cautelare, legata alle decisioni di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. in relazione alla presunzione di pericolosità.
Tuttavia, anche tenuto conto proprio di questa giurisprudenza non si può non sottolineare come il proprio riferimento all’aggravamento dell’ipotesi ordinaria di omicidio sia stata alla base della specifica scelta legislativa di escludere il rito contratto, in conseguenza della pena – l’ergastolo – riconducibile in astratto al fatto di reato.
Ciò non esclude, tuttavia, di considerare la questione sotto un altro profilo.
Superato – negativamente – questo passaggio, infatti, resterebbe da verificare se la questione di incostituzionalità non potrebbe prospettarsi sotto il profilo dell’applicazione della premialità del rito – necessabilmente richiesto dalla parte in limine – qualora all’esito del dibattimento il giudice escludesse l’applicabilità dell’ergastolo, in conseguenza dell’esclusione dell’aggravante per effetto dell’equivalenza o della prevalenza di un attenuante.
La questione, pertanto, potrebbe comportare la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 438, comma 6 bis, c.p.p. ove si prevede che “qualora la richiesta di rito abbreviato proposta nell’udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1 bis (dello stesso art. 438 c.p.p.), il giudice se all’esito del dibattimento ritiene che il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato applica la riduzione della pena ai sensi dell’art. 442, comma 2, c.p.p.
Maggiori difficoltà incontrerebbe una questione prospettata in relazione all’art. 429, comma 2 bis, c.p.p., poiché si fa riferimento ad una “definizione giuridica diversa”.