Sommario: 1. Le coordinate della quaestio iuris - 2. Il conflitto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione - 3. La parola alle Sezioni Unite?
1. Le coordinate della quaestio iuris
Punto di partenza di queste concise riflessioni è il dato normativo: l’art. 442, co. 2°, c.p.p. prevede che «In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà se si procede per una contravvenzione e di un terzo se si procede per un delitto».
Detta differenza nel regime premiale connesso all’accesso al giudizio abbreviato fu introdotta dall’art. 1, co. 44°, della L. 23 giugno 2017, n. 103, che mirava a renderlo più appetibile di quanto non fosse stato sino ad allora con la riduzione omogenea di un terzo per tutte le tipologie di reato, nella prospettiva di alleggerire il carico di lavoro della macchina giudiziaria anche in funzione di prevenzione generale, dato che quest’ultima beneficia, com’è ovvio, della rapida definizione dei processi[1].
La giurisprudenza di legittimità ha da subito valorizzato gli effetti sostanziali della disposizione, di natura indubbiamente processuale, riconoscendone la retroattività ai sensi dell’art. 2, co. 4°, c.p., con il solo limite dell’irrevocabilità della condanna[2].
Per completare l’inquadramento normativo, va ricordato che, nella medesima ottica di favorire l’accesso al giudizio abbreviato, di recente l’art. 674 c.p.p. è stato interpolato dall’art. 24, lett. c), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inserito nell’art. 442 c.p.p. il co. 2°-bis, a mente del quale «quando né l’imputato, né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione». Correlativamente, peraltro, l’art. 39, co. 1°, lett. b) del D.Lgs. n. 150 del 2022 ha modificato l’art. 676, co. 1°, c.p.p. per stabilire che la diminuente esecutiva[3] si applica de plano ai sensi dell’art. 667, co. 4°, c.p.p., salva l’eventuale opposizione davanti allo stesso giudice, che allora procede nelle forme dell’art. 127 c.p.p.[4].
Quanto, poi, al formante giurisprudenziale, occorre sinteticamente evidenziare che le Sezioni Unite Penali hanno avuto modo di precisare che:
a) la riduzione derivante dal rito abbreviato opera rispetto alla pena quantificata in concreto, all’esito del giudizio di prevalenza o di equivalenza tra le eventuali circostanze aggravanti e attenuanti (testualmente, «tenendo conto di tutte le circostanze») e al lume dei parametri indicati dall’art. 133 c.p., nonché dopo gli aumenti operati per la continuazione ai sensi dell’art. 81, co. 2°, c.p., come si evince dall’implicito richiamo operato dall'art. 442, co. 2°, c.p.p. all’art. 533, co. 2°, c.p.p.[5]
Al riguardo va, in particolare rimarcato che l’ordine che il giudice deve seguire nelle operazioni di calcolo della pena, nel quale la diminuente del rito è successiva a tutte le altre, è funzionale ad un processo in cui sono stati giudicati tutti i reati riuniti per continuazione al fine di determinare una pena complessiva[6];
b) in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve quindi calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, tenuto conto del tenore dell’art. 533, co. 2°, c.p.p. e anche al fine di consentire di verificare se abbia rispettato il precetto posto dal co. 3° dell’art. 81 c.p. E ciò, sul presupposto che il reato continuato non è un ente unitario[7];
c) il cumulo giuridico, infatti, si scioglie quando ciò è più favorevole per l’imputato[8], ad esempio ai fini di prescrizione[9], indulto[10], estinzione delle misure cautelari personali[11], sostituzione delle pene detentive brevi, benefici penitenziari[12];
d) la riduzione della metà deve avere luogo persino quando la pena irrogata dal giudice di primo grado sia inferiore al minimo edittale, poiché l’art. 442, co. 2°, c.p.p. scolpisce un obbligo tassativo e inderogabile «al quale il giudice non può sottrarsi, spettando correlativamente all'imputato il diritto a vedersi decurtata la pena nella esatta dimensione prevista dalla legge» [grassetto e sottolineatura aggiunti dallo scrivente, n.d.r.].
Ciò trova conferma nell’art. 438, co. 6°-ter, c.p.p., che prevede che il giudice del dibattimento è tenuto ad applicare la riduzione in questione laddove all’esito dello stesso ritenga erronea la declaratoria di inammissibilità della richiesta di giudizio abbreviato pronunciata dal giudice dell’udienza preliminare ai sensi del precedente co. 1°-bis[13].
2. Il conflitto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione
Tanto premesso, occorre prendere atto che la giurisprudenza della Suprema Corte si è divaricata in due orientamenti (anche con pronunce rese dalla medesima Sezione) circa il quantum della riduzione di pena in caso condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato e avente ad oggetto delitti e contravvenzioni avvinti dal vincolo della continuazione (ma analoghe considerazioni dovrebbero valere pure per il concorso formale), evenienza alquanto ricorrente nella prassi (si pensi alle rapine o alle resistenze a pubblico ufficiale perpetrate con strumenti atti ad offendere portati fuori dall’abitazione).
Per un primo indirizzo, l’art. 442, co. 2°, c.p.p., come novellato dalla L. 23 maggio 2017, n. 103, impone di operare la diminuzione processuale distintamente: sulla pena base e sugli aumenti disposti per i delitti nella misura di un terzo, mentre gli incrementi sanzionatori concernenti le contravvenzioni vanno ridotti della metà[14].
Questi, in sintesi, gli argomenti addotti a sostegno:
- la disposizione di cui si discute ha introdotto una norma di favore, perché, pur avendo carattere processuale, produce effetti sostanziali, dato che comporta un trattamento sanzionatorio più vantaggioso per l’imputato, collegato alla scelta del rito e quindi costituisce espressione di un principio che, nell’applicazione concreta prevale sul dato formale dell’incidenza della riduzione premiale sulla pena, determinata ai sensi dell’art. 81 c.p.[15];
- il carattere “cogente” dell’applicazione della riduzione nella nuova misura stabilita dalla Legge per i reati contravvenzionali è stato delineato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 7578 del 4 aprile 2021[16];
- l’abbattimento della sanzione che consegue al riconoscimento del vincolo della continuazione è discrezionale, sebbene soggetto ai limiti previsti dall’art. 81 c.p., mentre l’ammontare della decurtazione conseguente all’accesso al rito abbreviato è stabilito dalla Legge in modo fisso e predeterminato[17];
- la tesi contraria conduce a risultati incoerenti e sperequati, giacché la separazione dei processi potrebbe comportare un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto a quello scaturito dal giudizio cumulativo, anche laddove il vincolo sia ravvisato in fase esecutiva ai sensi dell’art. 671 c.p.p.[18].
Per il secondo orientamento, viceversa, la riduzione prevista dall’art. 442, co. 2°, c.p.p., opera nella misura di un terzo prevista per i delitti anche per le contravvenzioni ad essi avvinte dal vincolo della continuazione (o in concorso formale), sulla scorta dei seguenti argomenti:
- la pena del reato continuato va parametrata a quella stabilita per il delitto, in applicazione della regola del cumulo delle pene concorrenti dall’art. 76 c.p., che al co. 1° prevede che «Salvo che la legge stabilisca altrimenti, le pene della stessa specie concorrenti a norma dell'articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico»[19];
- le Sezioni unite con la sentenza n. 40983 del 21 giugno 2018[20] statuirono che l’art. 81 c.p. comporta che l’aumento di pena per il reato satellite si debba effettuare secondo il criterio della pena unica progressiva “per moltiplicazione”, rendendone omogenea la pena a quella dello stesso genere, sia pure più grave, del reato base.
- In particolare l’incremento della pena detentiva dovrà essere ragguagliato a quella pecuniaria della multa, ai sensi dell’art. 135 c.p., nel caso in cui il reato satellite sia una contravvenzione punita con la sola ammenda;
- per l’art. 533, co. 2°, c.p.p.., «se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi», ma infine «determina» la pena che deve essere applicata per il reato unitariamente e quindi la riduzione di pena conseguente alla scelta del giudizio abbreviato si applica dopo che la pena è stata determinata secondo le norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 e ss. c.p.[21];
- adottando l’orientamento più favorevole al reo, si giungerebbe in alcuni casi a un esito ingiustificatamente più vantaggioso quando alle imputazioni per delitto se ne aggiungessero una o più per contravvenzioni anziché per ulteriori delitti, proprio perché la pena inflitta per esse sarebbe ridotta della metà e non di un terzo[22];
- il principio dei favor rei – già sotteso al cumulo giuridico, anziché materiale, dettato per lìistituto della continuazione – non ha valenza assoluta, ma va contemperato con le implicazioni della fictio iurís che il legislatore ha introdotto con l’art. 81 c.p., che già contempla in senso favorevole al reo il doppio limite di cui ai co. 3° e 4° dello stesso art. 81[23].
3. La parola alle Sezioni Unite?
L’innegabile spaesamento che le dicotomiche prese di posizione della giurisprudenza di legittimità generano nel giudice di merito e, ancor prima, nell’imputato chiamato a valutare se optare per il rito suggerisce che la questione affrontata in queste pagine è tutt’altro che secondaria e merita l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618 c.p.p., anche al fine di evitare che siano incentivate impugnazioni mosse dalla speranza che il decisore d’appello segua l’orientamento più favorevole.
Ed invero, le pronunce vagliate nel precedente paragrafo menzionano espressamente quelle espressive della contrapposta interpretazione, di talché appare senz’altro superata la soglia dell’ordinario svolgimento di una riflessione giurisprudenziale in progressivo affinamento, giacché le relative posizioni ermeneutiche si sono sedimentate nel corso di un quadriennio e non ne è prevedibile un’ulteriore evoluzione[24].
E ciò, sebbene di recente la Sesta Sezione della Cassazione Penale abbia concluso in senso diametralmente opposto, negando, però, in modo tautologico un contrasto che affiora nitidamente dalle argomentazioni spese per confutare quelle impiegate dalla tesi opposta[25].
Al riguardo va ricordato che, come ha statuito anche la Corte E.D.U., in ogni sistema giudiziario insorgono contrasti giurisprudenziali tra giudici di merito, ma il ruolo di una giurisdizione suprema è quello di risolverli; se in seno ad essa si sviluppano orientamenti divergenti, invece, ne risulta minato il principio della sicurezza giuridica e si riduce la fiducia del pubblico nell’autorità giudiziaria, entrambi componenti fondamentali dello Stato di diritto[26].
Ciò detto, a parere dello scrivente la soluzione preferibile è quella che impone di modulare la riduzione di pena sulla natura del reato, per i condivisibili argomenti portati a suffragio dall’orientamento che la sostiene (invero, apparentemente maggioritario), nonché per queste ulteriori considerazioni:
I) di fatto, la tesi contraria si risolve in una disapplicazione del dettato dell’art. 442, co. 2°, c.p.p. in un numero assai rilevante di casi, producendo ricadute sfavorevoli sul piano processuale che stridono con la portata mitigatoria del trattamento sanzionatorio derivante dal cumulo giuridico, depotenziato sul versante processuale senza una plausibile ragione;
II) l’incentivo all’accesso al giudizio abbreviato potrebbe essere almeno in parte fiaccato dalla prospettiva di fruire di uno sconto ridotto dalla metà a un terzo, anche perché si riverbera proporzionalmente pure sulla decurtazione di un sesto di cui al co. 2°-bis dell’art. 442 c.p.p., a discapito della finalità deflattiva perseguita dalla L. n. 103 del 2017 e dal D. Lgs. n. 150 del 2022;
III) il diritto dell’imputato a vedersi decurtata la pena nella esatta (e automatica) dimensione prevista dalla Legge, anche oltre il limite edittale inferiore, non può essere conculcato in via interpretativa dal giudice, tanto meno adducendo apoditticamente che il trattamento più favorevole sarebbe ingiustificato, giacché esso deriva da un’espressa disposizione del codice di rito (quella di cui si discute)[27];
IV) l’unificazione quoad poenam disciplinata dagli artt. 76 e 81 c.p. opera sul piano sostanziale, cioè in una fase logicamente e giuridicamente antecedente nella determinazione della pena rispetto a quella in cui interviene la riduzione processuale di cui si discute;
V) non appare decisivo il dettato dell’art. 533, co. 2°, c.p.p., giacché non contiene alcun riferimento esplicito a una pena necessariamente unitaria, ma rinvia soltanto alla disciplina dettata dai suddetti articoli del c.p.;
VI) soprattutto, l’art. 76 c.p. concerne le pene unificate nell’ambito del cumulo materiale disciplinato dal richiamato art. 73 c.p. e non già di quello – ontologicamente differente[28] – giuridico, normato dal successivo art. 81 c.p., bipartizione che peraltro si riflette anche sulla disciplina processuale della fase esecutiva, dettata rispettivamente dagli art. 663 e 671 c.p.p.
L’unitarietà ad ogni effetto giuridico della pena non si presta dunque a essere esportata nell’ambito della continuazione o del concorso formale dei reati, tant’è vero che che le Sezioni Unite nel noto caso Giglia[29] hanno statuito che il criterio dell’incremento sanzionatorio “per moltiplicazione” dettato dall’art. 81 c.p. si atteggia soltanto nel caso di pene di specie diversa (reclusione – arresto o multa – ammenda) come quello dettato dall’art. 76, co. 2°, c.p. (testualmente, è «in linea» con la predetta previsione), al fine di spiegare in che modo esso operi con un apprezzabile sforzo di coerenza sistematica;
VII) coerentemente, lo scioglimento del vincolo della continuazione (o del concorso formale) è fisiologico allorquando è favorevole, come nel caso di specie, perché la porzione di pena inflitta, in aumento, per la/e contravvenzione/i satellite resta autonoma anche a tal fine (e perciò deve essere specificamente indicata), per quanto amalgamata (anche previa conversione ai sensi dell’art. 135 c.p.) a quella del delitto che fissa la pena base, sulla scorta dei criteri dettati dalle Sezioni Unite Giglia[30].
[1] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 21 maggio 1991, n. 7707, in C.E.D. Cass., Volpe, in mot., che richiama sul punto la Legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 (art. 2, direttiva 53) e la relazione al progetto preliminare.
[2] Cfr., ex plurimis, Cass. Pen.: Sez. IV, 15 novembre 2023, n. 49506, in C.E.D. Cass., non mass., 2 mot. dir.; Sez. Un., 31 marzo 2022, n. 47182, in C.E.D. Cass., Savini, 12 mot. dir.; Sez. Un., 17 dicembre 2020, n. 7578 (dep. 26 febbraio 2021), in C.E.D. Cass., Aquistapace, non mass. sul punto, 2 mot. dir.; Sez. IV, 15 gennaio 2019, n. 5034, in C.E.D. Cass., Rv. 275218 – 01; Sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 832 (dep. 11 gennaio 2018), in C.E.D. Cass., Rv. 271752 – 01.
Anche le pronunce della Corte Costituzionale depongono nello stesso senso; si vedano Corte Cost. 3 luglio 2013, n. 210 e 3 dicembre 2020, n. 260.
Sul carattere processuale della riduzione dettata dall’art. 442, co. 2°, c.p.p. cfr. anche Cass. Pen.: Sez. Un., 22 febbraio 2018, n. 35852, in C.E.D. Cass., Cesarano, non mass. sul punto, 4 mot. dir.; Sez. Un., 21 maggio 1991, n. 7707, in C.E.D. Cass., Rv. 187851 – 01, Volpe.
[3] V. Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante attuazione della L. 27 settembre 2021, n. 134.
[4] Cfr. Rel. Mass. Cass. n. 2/2023, 5 gennaio 2023, pp. 119 – 120, dove si precisa che l’eventuale ricorso per Cassazione avverso il provvedimento del Giudice dell’Esecuzione di accoglimento o di rigetto della richiesta di riduzione di un sesto deve essere riqualificato come opposizione.
Per V. Maffeo, Efficienza e deflazione processuale nella riforma dei procedimenti speciali (legge n. 134 del 2021 e d.lg. n. 150 del 2022), in Cass. Pen., 2023, 1, pp. 32 e ss. si tratta di una larvata minaccia di perdere il premio processuale in caso di impugnazione.
[5] Cfr., ex plurimis, Cass. Pen.: Sez. Un., 22 febbraio 2018, n. 35852, cit., non mass. sul punto, 5.2 mot. dir.; Sez. Un., 25 ottobre 2007, n. 45583, in C.E.D. Cass., Rv. 237692 – 01, P.M. in proc. Volpe.
[6] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 22 febbraio 2018, n. 35852, cit., non mass. sul punto, 5.2 mot. dir. In dottrina, A. Conz, Il concorso applicativo delle norme penali sostanziali e processuali, in Dir. Pen. Proc., 2008, p. 1405
[7] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 24 giugno 2021, n. 47127, in C.E.D. Cass., Rv. 282269 – 01, Pizzone, in particolare 6.3 mot. dir., ma già: Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40983, in C.E.D. Cass., Rv. 273750 – 01, Giglia; Sez. Un., 28 febbraio 2013, n. 25939, in C.E.D. Cass., Rv. 255347 – 01, Ciabotti, non mass. sul punto; Sez. Un., 21 aprile 1995, n. 7930, in C.E.D. Cass., Rv. 201549 – 01, Zouine.
[8] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 24 giugno 2021, n. 47127, cit., non mass. sul punto, 5 mot. dir.; Sez. Un., 26 febbraio 2015, n. 22471, in C.E.D. Cass., Rv. 263717 – 01, Sebbar, non mass. sul punto, 11.1 mot. dir.
[9] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 24 gennaio 1996, n. 2780, in C.E.D. Cass., Panigoni, Rv. 203977 – 01.
[10] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 24 gennaio 1996, n. 2780, in C.E.D. Cass., Panigoni, Rv. 203976 – 01.
[11] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 26 marzo 2009, n. 25956, in C.E.D. Cass., Rv. 243588 – 01, Vitale; Sez. Un., 26 febbraio 1997, n. 1, in C.E.D. Cass., Rv. 207939 – 01, Mammoliti.
[12] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 30 giugno 1999, n. 14, in C.E.D. Cass., Rv. 214355 – 01, Ronga.
[13] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 17 dicembre 2020, n. 7578 (dep. 26 febbraio 2021), in C.E.D. Cass., Acquistapace, non mass. sul punto, 7 mot. dir.
[14] Limitandosi a richiamare le sole pronunce non oggetto di massimazione ufficiale più recenti cfr., ex plurimis, Cass. Pen.: Sez. V, 29 novembre 2023, n. 1168 (dep. 10 gennaio 2024), in C.E.D. Cass., non mass., 2 mot. dir.; Sez. II, 4 aprile 2023, n. 33454, in C.E.D. Cass., Rv. 285023 – 01, nonché in latribuna.it, 31 luglio 2023, con osservazioni di V. De Gioia; Sez. I, 6 luglio 2023, n. 36361, in C.E.D. Cass., non mass., 4 mot. dir.; Sez. I, 24 maggio 2019, n. 39087, in C.E.D. Cass., Rv. 276869 – 01; Sez. II, 27 febbraio 2019, n. 14068, in C.E.D. Cass., Rv. 275772 – 01.
[15] V. Cass. Pen., Sez. II, 4 aprile 2023, n. 33454, cit., 1.3 mot. dir.; Sez. I, 24 maggio 2019, n. 39087, cit., 3.2 mot. dir.; Sez. II, 27 febbraio 2019, n. 14068, cit., 1.3 mot. dir.
[16] V. Cass. Pen., Sez. II, 4 aprile 2023, n. 33454, cit., 1.3 mot. dir.
[17] V. Cass. Pen., Sez. II, 27 febbraio 2019, n. 14068, cit., 1.2 mot. dir.
[18] V. Cass. Pen., Sez. II, 4 aprile 2023, n. 33454, cit., 1.3 mot. dir.
[19] Anche in questo caso, il campo viene circoscritto alle pronunce non oggetto di massimazione ufficiale più recenti. Cfr., ex plurimis, Cass. Pen.: Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 2 mot. dir.; Sez. II, 17 gennaio 2023, n. 40079, in C.E.D. Cass., non mass., 2.7 mot. dir.; Sez. II, 13 settembre 2023, n. 38440, in C.E.D. Cass., non mass., 1.1 mot. dir.; Sez. II, 17 gennaio 2023, n. 40079, in C.E.D. Cass., Rv. 285218 – 01; Sez. VI, 7 novembre 2022, n. 48834, in C.E.D. Cass., Rv. 284076 – 01; Sez. III, 6 luglio 2021, n. 41755, in C.E.D. Cass., Rv. 282670 – 01.
[20] Anche in C.E.D. Cass., Rv. 273751 – 01.
[21] Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 2.2 mot. dir., rifacendosi a Sez. Un., 25 ottobre 2007, n. 45583, cit.
[22] Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 2.3 mot. dir.
[23] Cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 2.4 mot. dir.
[24] Sui presupposti per rimettere una questione alle Sezioni Unite cfr., ex plurimis, Cass. Pen.: Sez. V, 25 gennaio 2023, n. 12540, in C.E.D. Cass., non mass., 2 mot. dir.; Sez. III, 1° dicembre 2022, n. 552 (dep. 11 gennaio 2023), in C.E.D. Cass., non mass., 2 mot. dir.; Sez. IV, 23 maggio 2019, n. 39766, in C.E.D. Cass., Rv. 277559 – 02.
[25] V. Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 1 mot. dir.
[26] Tra le altre, Corte E.D.U., 30 luglio 2015, Ferreira Santos Pardal c. Portogallo (ric. 30123/10). Sul punto, e più in generale sulla funzione nomofilattica, di recente E. Lupo, Il giudizio interpretativo tra norma scritta e diritto effettivo, in giustiziainsieme.it, 28 dicembre 2023.
[27] V. Cass. Pen., Sez. VI, 6 ottobre 2023, n. 51221, in C.E.D. Cass., non mass., 2.3 e 2.4 mot. dir., che sul punto pare incorrere nella petizione di principio che imputa all’orientamento avverso.
[28] Sulle origini storiche della differenza tra cumulo materiale e giuridico, nella manualistica v. G. Marinucci - E. Dolcini - G. L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte Generale, Milano, 2019, p. 580; quanto ai motivi ispiratori della riforma del 1974, G. Fiandaca - E. Musco, Diritto Penale. Parte generale, Bologna, 2014, pp. 702 – 703, che peraltro a pp. 699 – 700 dubitano che il concorso materiale costituisca autonomo istituto di diritto penale sostanziale e non già mera disciplina dell’unificazione in via esecutiva delle sanzioni applicabili al soggetto.
[29] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40983, cit., in particolare 6.1. mot. dir.
[30] Cfr. Cass. Pen., Sez. Un., 21 giugno 2018, n. 40983, cit., in particolare 6.1. e 6.2 mot. dir.