Un thriller giurisprudenziale: l’impossibilità di notifica al domicilio dichiarato o eletto di Aniello Nappi
Sommario: 1. Una catena di obiter dicta - 1.1. La sentenza Pedicone - 1.2. La sentenza Tuppi - 1.3. La sentenza Di Pietro - 2. Le formalità per le notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto.
1. Una catena di obiter dicta
Secondo quanto prevede l’art. 161 comma 4 c.p.p., la notificazione all’imputato di atti del procedimento può avvenire a mani del difensore solo se risulti impossibile nel domicilio dichiarato o eletto o determinato a norma dei primi tre commi dello stesso art. 161, sempre che tale domicilio risulti idoneamente e validamente individuato.
Tuttavia, benché lo stesso art. 161 comma 4 assimili l’impossibilità della notifica alla insufficienza o inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio, è controverso in giurisprudenza se per giustificare la notifica a mani del difensore, anziché nel domicilio dichiarato o eletto, sia sufficiente anche una temporanea assenza del destinatario al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore (Cass., sez. V, 19 dicembre 2013, Barra, m. 262540); o debba trattarsi invece di «una ragione "definitiva" che renda impossibile l'esecuzione della notifica in tale luogo, quale il trasferimento dell'imputato o l'inesistenza ivi del suo nominativo» (Cass., sez. IV, 12 gennaio 2021, Lo Presti, m. 280383).
Si discute quindi se il momentaneo allontanamento dell’imputato dal domicilio dichiarato, per ragioni di lavoro o di svago, possa vanificare una sua valida e idonea manifestazione di volontà di ricevere le notificazioni in un determinato luogo. E questa insospettabile incertezza della giurisprudenza, che ha conseguenze pratiche notevoli, si protrae da oltre un decennio, perché le Sezioni unite della Corte di cassazione sono intervenute per ben tre volte, ma solo con obiter dicta.
Secondo la definizione del vocabolario Treccani, obiter dictum («cosa detta occasionalmente») è una «espressione in uso nel linguaggio giuridico, con riferimento a un principio affermato dal giudice su una determinata questione senza che questa sia stata specificamente sottoposta al suo esame». E questa definizione descrive esattamente quanto avvenuto nel nostro caso, se si considerano le tre sentenze delle Sezioni unite che se ne sono occupate. E’ utile dunque ricostruire la trama di questo inusuale percorso giurisprudenziale,
1.1. La sentenza Pedicone
La prima delle tre sentenze è Cass., sez. un., 28 aprile 2011, Pedicone, che, come risulta dalla motivazione, fu chiamata a rispondere al seguente quesito: «se la notificazione di un atto destinato all'imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui la consegna debba essere fatta al difensore, possa essere eseguita con telefax o con altri mezzi idonei, a norma dell'art. 148, comma 2bis, c.p.p.».
Nel rispondere al quesito, la Corte enunciò il seguente principio di diritto: «la notificazione di un atto di cui sia destinatario l'imputato o altra parte privata, in ogni caso in cui esso possa o debba essere consegnato al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell'art. 148, comma 2 bis, c.p.p.».
Il ricorso era articolato in due motivi: con il primo si lamentava che l’atto da notificare non fosse stato depositato presso la casa comunale del luogo di domiciliazione; con il secondo che la notifica al difensore fosse avvenuta a mezzo fax.
La sentenza si riferiva in realtà a un caso in cui «il domiciliatario non è stato reperito nel domicilio eletto, nonostante l'assunzione di specifiche informazioni sul posto e presso il locale ufficio di anagrafe; né risulta risiedere o abitare in quel Comune». E nell’argomentare la decisione sul pregiudiziale primo motivo d’impugnazione, che già l’ordinanza di rimessione alle Sezioni unite aveva ritenuto infondato, la Corte affermò tra l’altro che «la impossibilità di procedere alla notifica nelle mani della persona designata quale domiciliatario, per il rifiuto di ricevere l'atto ovvero per il mancato reperimento del domiciliatario o dell'imputato stesso nel luogo di dichiarazione o elezione di domicilio o di altre persone idonee, integra l'ipotesi della impossibilità della notificazione ai sensi dell'art. 161, comma 4, c.p.p.». Ma solo dopo aver condiviso l’affermazione giurisprudenziale che «il mancato reperimento dell'imputato presso il domicilio dichiarato ovvero del domiciliatario da lui indicato, nel caso in cui le informazioni raccolte nel vicinato non diano esito alcuno, si sostanzia in una situazione di inidoneità o insufficienza della dichiarazione, rendendo così legittima la notifica mediante consegna al difensore».
D’altro canto, benché destinata a giustificare il rigetto del primo motivo d’impugnazione, questa motivazione era evidentemente ultronea, perché, come s’è detto, emergeva dagli atti che il domiciliatario non risultava risiedere o abitare nel comune indicato. Sicché la notifica nel domicilio eletto era risultata impossibile per un’assenza certo non solo temporanea del domiciliatario; e non v’era dunque alcuna necessità di affrontare i problemi di interpretazione dell’art. 161 comma 4 e dei suoi rapporti con l’art. 157 c.p.p., che tanto impegnarono la motivazione della sentenza.
Ciò nondimeno la sentenza Pedicone è il primo anello della catena di obiter dicta delle Sezioni unite; ed è stata in seguito ripetutamente citata a sostegno della giurisprudenza per cui «l'impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l'esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall'art. 161, comma quarto, c.p.p., può essere integrata anche dalla temporanea assenza dell'imputato al momento dell'accesso dell'ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad una verifica di vera e propria irreperibilità, così da qualificare come definitiva l'impossibilità di ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto dall'imputato, considerati gli oneri imposti dalla legge a quest'ultimo - ove avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico - e segnatamente l'obbligo di comunicare ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa all'avvio della vicenda processuale»(Cass., sez. VI, 19 aprile 2017, Ciolan, m. 270031).
1.2. La sentenza Tuppi
La seconda delle tre sentenze in esame è Cass., sez. un., 22 giugno 2017, Tuppi; ed è la decisione che ha determinato le maggiori confusioni.
La Corte era stata chiamata a rispondere al seguente quesito: «se, in caso di dichiarazione o elezione di domicilio dell'imputato, la nullità della citazione a giudizio, che sia stata eseguita mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato o eletto, possa essere sanata qualora il difensore, nel dedurre la nullità, non abbia allegato circostanze impeditive della conoscenza dell'atto da parte dell'imputato».
Nel rispondere al quesito al paragrafo 8 della motivazione, la Corte enunciò il seguente principio di diritto: «in caso di dichiarazione o di elezione di domicilio dell'imputato, la notificazione della citazione a giudizio mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato o eletto, produce una nullità a regime intermedio, che non è sanata dalla mancata allegazione da parte del difensore di circostanze impeditive della conoscenza dell'atto da parte dell'imputato».
Nell’argomentare questa conclusione la Corte si produsse in due obiter dicta palesemente contraddittori.
In apertura del paragrafo 6, tra le pagine 8 e 9, la Corte afferma: «Nessun dubbio che, in caso di domicilio dichiarato o eletto, prevalga l'esigenza di notificare l'atto presso il domicilio dichiarato o eletto, e, solo in caso di inidoneità della dichiarazione o elezione, o di assenza, non meramente temporanea, dell'imputato, la notifica può essere eseguita presso il difensore, anche se nominato d'ufficio, ma ai sensi del comma 4 dell'art. 161».
In apertura del paragrafo 10, tra le pagine 11 e 12, la Corte, dopo avere già enunciato e giustificato il ricordato principio di diritto, rilevò che occorreva però «meglio definire il presupposto che integra una "impossibilità" della notifica, a norma dell'art. 161, comma 4, c.p.p.»; e affermò: «In linea con quanto precisato da Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Pedicone, Rv. 250121, deve ritenersi al riguardo che sia sufficiente l'attestazione dell'ufficiale giudiziario di non aver reperito l'imputato nel domicilio dichiarato - o il domiciliatario nel domicilio eletto - non occorrendo alcuna indagine che attesti la irreperibilità dell'imputato, doverosa solo qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall'art. 157, come si desume dall'incipit dell'art. 159 c.p.p.; sicché anche la temporanea assenza dell'imputato o la non agevole individuazione dello specifico luogo indicato come domicilio abilita l'ufficio preposto alla spedizione dell'atto da notificare a ricorrere alle forme alternative previste dall'art. 161, comma 4, c.p.p.».
I due enunciati, oltre che indiscutibilmente contraddittori, furono del tutto “gratuiti”, perché estranei sia alla questione di diritto rimessa alle Sezioni unite sia alle questioni in concreto dedotte con il ricorso, con il quale si lamentava che la citazione in appello fosse avvenuta «non presso il domicilio dichiarato dall'imputato, bensì presso il difensore, ex art. 157, comma 8 bis, c.p.p.», che ha presupposti (notifiche successive alla prima e nomina di difensore di fiducia), del tutto diversi da quelli dell’art. 161 comma 4 (impossibilità di notifica nel domicilio dichiarato o eletto). Per di più il secondo obiter dictum attribuiva quantomeno implicitamente alla sentenza Pedicone un’affermazione che, come s’è visto, non era correttamente riferibile all’ipotesi di un’assenza solo temporanea dell’imputato o del domiciliatario.
1.3. La sentenza Di Pietro
La terza sentenza è la recentissima Cass., sez. un., 25 novembre 2021, Di Pietro, depositata il 14 aprile 2022.
La Corte è stata chiamata a rispondere al seguente quesito: «se, attestata dall'addetto al servizio postale, incaricato della notificazione della citazione a giudizio, la irreperibilità dell'imputato presso il domicilio dichiarato o eletto, sia legittima la notificazione successivamente eseguita mediante consegna al difensore a norma dell'articolo 161, comma 4, c.p.p., ovvero sia necessaria l'osservanza delle modalità ordinarie ai sensi dell'articolo 170, comma 3, c.p.p.».
Nel rispondere al quesito, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: «Nel caso di domicilio dichiarato, eletto o determinato ai sensi dell’art. 161, commi 1, 2 e 3, c.p.p., il tentativo di notificazione con il mezzo della posta, demandato all’ufficio postale ai sensi dell’art. 170 c.p.p. e non andato a buon fine per irreperibilità del destinatario, integra, senza necessità di ulteriori adempimenti, l’ipotesi della notificazione divenuta impossibile e/o della dichiarazione mancante o insufficiente o inidonea di cui all’art. 161, comma 4, prima parte, c.p.p. In questo caso, di conseguenza, la notificazione deve essere eseguita dall’ufficiale giudiziario mediante consegna al difensore, salvo che l’imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato in condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, dovendosi, in tal caso, applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 c.p.p.».
Peraltro, anche in questo caso, benché l’attestazione da parte dall'addetto al servizio postale della irreperibilità del destinatario rendesse indiscutibile l’impossibilità della notificazione, la Corte, richiamate le sentenze Tuppi e Pedicone, ha affermato che pure la temporanea assenza del destinatario giustifica la notifica a mani del difensore.
In realtà il ricorrente non aveva dedotto un’assenza solo temporanea dal domicilio dichiarato, ma si era limitato a una generica contestazione dell’irreperibilità. E la Corte ha ragionevolmente ritenuto che, accertata l’irreperibilità, ne conseguisse l’impossibilità di notifica nel domicilio dichiarato. Sicché ancora una volta l’affermazione della rilevanza dell’assenza temporanea è del tutto “gratuita”, un obiter dictum che si ricollega ai precedenti.
2. Le formalità per le notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto
La trama di questo discorso giurisprudenziale sostanzialmente unitario anche nella sua gratuità è rivelata dalla discutibile interpretazione del rapporto tra gli art. 157 e 161 c.p.p, proposta da tutte le sentenze esaminate.
La spiegazione della decennale reiterazione di obiter dicta è in realtà nell’intento di escludere l’applicabilità dell’art. 157 comma 8 c.p.p.; e di conseguenza la possibilità di deposito presso la casa comunale del plico destinato all’imputato che abbia dichiarato o eletto domicilio. Si vuole cioè escludere che prima di procedere alla notifica a mani del difensore a norma dell’art. 161 comma 4 c.p.p. il plico destinato all’imputato debba essere depositato nella casa comunale del luogo di domiciliazione.
La giurisprudenza precedente aveva infatti affermato che la notificazione all'imputato eseguita nel domicilio dichiarato o eletto mediante deposito nella casa comunale «esclude la situazione di "impossibilità della notificazione" in presenza della quale la notificazione medesima deve essere eseguita mediante consegna dell'atto al difensore» (Cass., sez. VI, 21 febbraio 1995, Sapienza, m. 201883, Cass., sez. III, 21 febbraio 1997, Scarlato, m. 207763, Cass., sez. V, 8 novembre 2000, Cosio, m. 218619). La sentenza Pedicone, seguita poi dalle sentenze Tuppi e Di Pietro, afferma invece che «il sistema delineato dagli artt. 161, 162, 163 e 164, c.p.p. per le notificazioni da eseguirsi presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero mediante consegna dell'atto al domiciliatario, si palesa quale complesso di disposizioni esaustivo, ai fini del perfezionamento della notificazione, e si pone come alternativo a quello previsto dall'art. 157 c.p.p. per la prima notificazione all'imputato non detenuto; sistema che non può essere contaminato con l'applicazione di disposizioni riguardanti le ipotesi della prima notificazione, che risultino incompatibili con esso». Sicché, aggiungono le sentenza Pedicone e Tuppi, «l'art. 163 c.p.p., secondo il quale "per le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma degli artt. 161 e 162 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'art. 157", per la clausola di salvaguardia in esso contenuta, attiene alla individuazione dei soggetti potenziali consegnatari dell'atto e non al luogo o alle modalità della notificazione».
Sennonché, come risulta inequivocabilmente dalla rubrica, l’art. 163 c.p.p. richiama l’art. 157 c.p.p. per disciplinare le «formalità per le notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto», non per individuare «soggetti potenziali consegnatari dell'atto».
L’interpretazione proposta dalle Sezioni unite è dunque una palese forzatura del dato normativo. E ha appunto come obiettivo di evitare il passaggio dal deposito della casa comunale prima della notifica a mani del difensore. Ma accetta, come effetto collaterale, la assurda conclusione che anche una temporanea e breve assenza del destinatario dal domicilio dichiarato o eletto legittimi la notifica a mani del difensore.
Peraltro solo con il ricorso Pedicone si era lamentato il mancato deposito dell’atto da notificare presso la casa comunale del luogo di domiciliazione; ma come s’è detto si trattava di eccezione palesemente infondata in fatto, perché il domiciliatario non risultava risiedere o abitare in quel comune.
Sicché il discutibile obiettivo di semplificazione, con il suo inaccettabile effetto collaterale, è stato costantemente perseguito tramite obiter dicta. Una prassi che meriterebbe di per sé un’approfondita meditazione.