Semplificazione ed efficienza del processo civile nella legge 203/2021: note critiche e prospettive[1]
di Pasquale Serrao d’Aquino
Sommario: 1. Introduzione. - 2. Gli istituti acceleratori: istruzione stragiudiziale; anteposizione alla prima udienza dello scambio degli scritti difensivi; ordinanze provvisorie di accoglimento e di rigetto; rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione. - 2.1. Il giudizio di legittimità. - 3. L’Ufficio per il processo. - 4. La (mancata) modifica della geografia giudiziaria. - 5. La digitalizzazione del processo civile. - 5.1. Processo, giustizia predittiva e intelligenza artificiale: prolegomeni.
1. Introduzione.
La riforma del processo civile attuata con la legge n. 206 del 2021[2], mantenendo ferma la finalità dell’accelerazione dei tempi del giudizio, ha subito nel corso dei suoi lavori, tre diverse rivisitazioni della sua struttura: il DDL Bonafede (ddl 1662); l’elaborazione della cd. Commissione Luciani[3], istituita dalla Ministra della Giustizia; nella sua versione finale, quella operata dal maxiemendamento governativo, poi trasfuso nella legge delega.[4]
La riduzione dei tempi processuali del giudizio dovrebbe essere garantita attraverso la scelta della semplificazione, ma il suo impianto generale sembra tradire tale finalità. Le misure collegate all’attuazione del PNRR[5], che mirano all’efficienza del processo civile, invece, contengono dei principi condivisibili e di autentico rinnovamento anche se previsti in una prospettiva per ora futuribile.
La delega persegue cinque obiettivi: 1) portare a compimento la digitalizzazione, consentendone aggiuntivamente la celebrazione del processo da remoto per determinate fasi; 2) riorganizzare e implementare l’Ufficio per il processo; 3) ridurre i flussi in entrata degli uffici giudiziari, con le novità in tema di mediazione e negoziazione assistita); 4) abbreviare i tempi delle diverse fasi processuali; 5) intervenire in alcuni settori (esecuzione[6], famiglia e minori[7], arbitrato [8]) che richiedono migliorie di vario tipo. L’obiettivo primario, tuttavia, resta il raggiungimento degli obiettivi del PNRR: ridurre del 40% tempi del processo e del 90% arretrato, su scala nazionale (sulla baseline dei dati del 2019), target indispensabile per ottenere i fondi europei.[9]
Di tali direttrici, la prima (digitalizzazione) e, in parte, la seconda (riorganizzazione) mi sembrano quelle più centrate.
La terza (deflazione) non mi sembra, invece, destinata ad avere particolare successo, per la persistenza di problemi culturali e di contesto socio-economico che hanno finora portato al fallimento degli istituti della mediazione e della negoziazione assistita. Gli incentivi fiscali costituiscono, però, una novità apprezzabile. Nel parere ex art. 10 l. 195/1958 reso con delibera del 15 settembre 2021, il CSM ha opportunamente indicato che <<Per una “riconciliazione” tra l’utenza della giustizia e la mediazione e perché si realizzi il cambiamento culturale indispensabile perché le ADR costituiscano un’alternativa reale alla tutela giurisdizionale occorre che la procedura sia affidabile e sia conveniente. A tal fine occorre assicurare: a) effettiva competenza del mediatore nella materia (si pensi alla diversità tra i giudizi riguardanti divisioni o diritti reali e cause risarcitorie o di colpa medica); b) terzietà del mediatore, che non deve essere scelto dall’attore secondo criteri opportunistici; c) forme di agevolazione fiscale e di esenzione dal pagamento dell’imposta di registro per le parti; d) incentivazione dei compensi professionali degli avvocati».
L’accelerazione del processo tramite interventi sul rito e con istituti innovativi (punto 4) appare, invece, velleitaria e destinata, per alcuni aspetti, a ridurre i tempi solo nei pochi tribunali già molto virtuosi, per altri a creare complicazioni e dannosa ammuina - in particolare con le ordinanze provvisorie - tanto da avere subito critiche quasi unanimi.
Un impatto minimo, dovendo coniugarsi con il principio del raggiungimento dello scopo e, quindi, non incidendo sulla validità degli atti, ma sul regime delle spese[10], avrà il principio di chiarezza e sinteticità degli atti[11] - termine quest’ultimo che compare per otto volte nella legge 206) e già previsto dal codice del processo amministrativo (art. 3 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) e da quello contabile (d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174- art. 5) e presente, quanto alla “chiarezza”, nel giudizio di legittimità dall’art. 366bis c.p.c. Maggiore interesse, invece, suscita, pur nel rispetto del medesimo principio, l’aver demandato al legislatore delegato che per «i provvedimenti del giudice e gli atti del processo sia assicurata la strutturazione di campi necessari all'inserimento delle informazioni nei registri del processo, nel rispetto dei criteri e dei limiti stabiliti con decreto adottato dal Ministro della giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense» (comma 17, lett. d), prescrizione potenzialmente prodromica alla strutturazione obbligatoria degli atti sul modello es. dei ricorsi alla Corte EDU, con potenzialità direttamente proporzionali allo stadio dell’evoluzione informatica (v. infra).
Le riforme settoriali previste nella delega (punto 5) presentano aspetti positivi, come l’istituzione del Tribunale per le persone, i minorenni e le famiglie [12], allo scopo di evitare eccessive sovrapposizioni e interventi contraddittori tra uffici minori e sezioni famiglia dei tribunali, rendere più efficienti alcuni istituti dell’esecuzione; esse, tuttavia, determinano anche alcuni inconvenienti, quali l’ eccessiva attribuzione di competenze monocratiche in materia familiare, la perdita di know-how e strutture degli uffici minorili, oltre che della cultura del diritto minorile e della relativa impostazione del procedimento sulla tutela del minore. Quest’ultima risulta messa a rischio sia per l’impossibilità di garantire la specializzazione, creando solo utopisticamente tante unità dedicate alla famiglia quanti sono i tribunali italiani sia perché le decisioni del giudice non possono essere solo il frutto dell’approccio alle questioni proprio dello stretto jus litigatoris. Esse, infatti, richiedono una istruttoria ampia integrata con i servizi sociali e con gli altri uffici giudiziari, interfacciandosi anche il settore civile e quello penale e volta a garantire a tutto campo gli interessi del minore, indagando sull’intero contesto famigliare, e non solo sulle criticità della coppia o sul singolo figlio.[13]
L’aspetto più interessante consiste, tuttavia, nell’intravedere dei segnali di una trasformazione profonda delle caratteristiche strutturali del processo si cui si ritornerà successivamente.
2. Gli istituti acceleratori: istruzione stragiudiziale, anteposizione alla prima udienza dello scambio degli scritti difensivi; ordinanze provvisorie di accoglimento e di rigetto; rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.
La prima innovazione è la possibilità celebrazione del processo in assenza del giudice.
Per stringere i tempi dell’istruttoria la si anticipa, infatti, su scelta delle parti, ad una fase anteriore all’instaurazione del contraddittorio processuale e alla designazione del giudice.
L’istruttoria stragiudiziale[14], fatta in contraddittorio solo tra gli avvocati, è destinata a ad avere uno spazio molto limitato. Da un lato trova applicazione solo nei casi in cui, nell’ambito della negoziazione assistita, la relativa convenzione lo preveda espressamente e a condizione che tutti gli avvocati delle parti vi partecipino. I testimoni, poi, sono obbligati a dire il vero, e sono sanzionati penalmente se mentono, ma non sono obbligati a deporre.
Si tratta di un istituto destinato ad avere un ambito applicativo effettivo “di nicchia”, per conflitti nei quali già in partenza la cooperazione tra le controparti è considerevole ed esse hanno la volontà di chiarire alcuni aspetti controversi (es. su un danno o risarcimento) in vista di una già prevista conciliazione o transazione.
Va ricordato che l’altra forma di esternalizzazione dell’attività istruttoria, l’istituto della cd. testimonianza scritta (art. 257 bis c.p.c.), ha avuto scarsissimo successo, per la poca sfiducia riposta nello stesso da parte di tutti i protagonisti del processo.
Nelle altre ipotesi difficilmente il convenuto sarà collaborativo perché preferirà attendere che il teste sia sentito dal giudice; il teste si sentirà più garantito nel processo vero e proprio. La legge nel caso in cui rifiuti prevede l’intervento del giudice che, tuttavia, avviene prima che si instauri il giudizio, con modalità – non fosse altro che per definire i fatti oggetto di prova e le modalità dei tempo e luogo del’audizione- necessariamente non dissimili quelle dell’accertamento tecnico preventivo ante causam, con un’evidente perdita di tempo. In ogni caso il magistrato, ove le parti non concilino diviene un ricettore passivo del materiale probatorio raccolto e non quello che, con la sua professionalità, garantisce l’acquisizione genuina delle prove, pur potendo selezionare il materiale raccolto e, se del caso, rinnovare l’istruttoria.[15]
Con riguardo all’introduzione della causa, sono state abbandonate le scelte iniziali di utilizzare come archetipo il rito sommario e, successivamente, una sorta di ibrido tra rito ordinario e rito del lavoro, con plurimo scambio anticipato di scritti difensivi. Confermata, invece, l’opzione per la citazione. Senza soffermarsi su condizioni nelle quali “salta” la possibilità di celebrare una sola udienza e di evitare lo scambio di memorie, vanificandosi gli obiettivi acceleratori, deve evidenziarsi – tenendo sempre a conto che l’imbuto del processo resta sempre la decisione per l’eccessivo numero di sentenze che il magistrato deve scrivere – che si tratta di un cambio di passo sostanzialmente inutile per chi ha carico di lavoro elevato, cioè proprio per quelli uffici che avrebbero bisogno di ridurre i tempi del processo e di abbattere l’arretrato.
Più utili sono le alternative fornite al momento della decisione (abrogazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni con anticipazione dello scambio di comparse e memorie rispetto all’ultima udienza, possibilità di decisione ex art. 281 sexies c.p.c. dopo la discussione seguita dal deposito della sentenza anche non contestuale, cosa molto utile nelle cause complesse e collegiali).
Mi sembra pessima, invece, l’idea, sul modello francese della rèfèrès provision, delle ordinanze provvisorie di accoglimento e di rigetto: a) non passando in giudicato non impediscono la riproposizione della domanda; b) poco aggiungono alla possibilità del giudice per i casi più semplici di pronunciare sentenza ai sensi dell’ 281 sexies c.p.c.; quanto meno una sentenza concisa la parola fine al giudizio di primo grado; c) implicano l’investimento di tre giudici del collegio e il mutamento del giudice assegnatario del fascicolo in caso di accoglimento del reclamo (coinvolgendo, quindi, 5 giudici, invece che uno solo); d) nel caso in cui sia adottata per genericità dell’editio actionis risulta particolarmente defatigante la definizione con l’ordinanza provvisoria rispetto all’ordine di rinnovazione della citazione.
L’errore (o meglio l’omissione) più grave, dovuto alla brevità dei tempi concessi e, soprattutto, all’assenza di idee condivise circa il “rito migliore” ritengo sia la previsione di riti distinti per processo monocratico, collegiale, ordinario e semplificato, esteso anche al giudice di pace (per l’incremento delle sue competenze) e, soprattutto, la rinuncia allo sfoltimento degli innumerevoli riti speciali sopravissuti allegramente alla forbice del cd. tagliariti (d.lgs. 150/2011).
Sono tre le ragioni per cui senza esercitare questa opzione drastica non vi può essere semplificazione e, quindi, efficienza.
1. Il labirinto dei riti diventa, se possibile, ancora più inestricabile: i modelli generali restano molteplici (ordinario e monocratico, collegiale, semplificato, lavoro, camerale, senza tener conto anche del cautelare uniforme).
2. I subriti, quali riti fallimentari e della crisi d’impresa, protezione internazionale, disciplinari vari, rito familiare oggi unificato, opposizioni a sanzioni varie, riti sommari obbligatori, cause in grado unico, ecc. restano troppi. Trovo davvero difficile sostenere la bontà dell’idea di un rito per ciascuna materia, da applicare in tribunali non specializzati (o parzialmente specializzati), molteplicità destinata ad incrementarsi esponenzialmente con tutte le possibili variabili e interrelazioni tra specialità dei riti rationae materiae e specialità per fasi processuali (riti cautelari, opposizione a decreto ingiuntivo e all’esecuzione), con l’inevitabile effetto di costringere il giudice e gli avvocati ad avanzare faticosamente attraverso una fitta giungla per arrivare ad una decisione di merito. Non ne comprendo la base teorica e mi sembra che sia frutto di una visione atomistica del processo che non tiene conto della specializzazione necessariamente ridotta degli interpreti. Perdutasi da tempo una visione d’insieme del processo, si aggiorna il diritto processuale con interventi per singoli settori e spinti da specifiche emergenze. Nessuno ha il tempo di elaborare una razionalizzazione complessiva e l’autorevolezza necessaria per imporre delle scelte su altre, senza che si levino gli scudi dei supporters di ciascun rito (la plurimillenaria citazione, il pratico rito del lavoro, il duttile rito camerale, la specificità della Crisi di impresa, ecc.) .
Le transizioni da un rito all’altro, anche secondo la riforma, avvengono sulla base di valutazioni non fondate su dati del tutto oggettivi e, quindi, opinabili: secondo la legge delega il rito semplificato è rimesso alla scelta dell’attore, ma deve essere adottato in caso di prove precostituite, fatti non contestati o istruttoria non complessa.[16] Ma cosa ne sa l’attore, nello scegliere, di come reagirà il convenuto, se si costituirà, contesterà i fatti, articolerà prove costituende?
Facile presagire, quindi, che ancora un volta si dibatta sulla correttezza del rito, se ne chieda la conversione, ecc, si ponga il problema delle riconvenzionali, ecc.
È prevista, inoltre, la modifica del sommario-rito semplificato con termini ridotti. Sarà l’unico modello di sommario, oppure restano le forme speciali? Il legislatore delegato, demandando il delegante che esso <<4) sia disciplinato mediante l'indicazione di termini e tempi prevedibili e ridotti rispetto a quelli previsti per il rito ordinario per lo svolgimento delle difese e il maturare delle preclusioni, nel rispetto del contraddittorio fra le parti», dovrà introdurre, come sembra, uno scambio di memorie a cadenza più rapida rispetto al rito ordinario, oppure n farà a meno?
La prima attività del giudice, dopo il controllo della regolarità del contraddittorio, sarà quello sul rito. E se l’attore ha scelto il rito semplificato e il resistente si è difeso, di nuovo dovranno essere concesse le memorie.
Questo affastellarsi incessante di innovazioni specifiche non si traduce solo in ritardi, ma anche in decisioni ingiuste. Manca una norma di portata generale come quella prevista nella legge 206 solo per l’erronea introduzione col rito collegiale o monocratico e mutuata dall’art. 4, comma 5 del d.lgs. 150/2011. Il principio della salvezza dalle decadenze in caso di errore sul rito ove si siano rispettati i termini del rito (erroneamente) prescelto, ma non quelle del rito ritenuto corretto dal giudice (con concessione di termine per gli atti integrativi)[17], oggi non ha, a mio avviso erroneamente, portata generale. Dovrebbe averla, invece, esplicitamente, perché lo richiede il diritto al giusto processo e il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale, relegando gli errori sul rito, innocui per il convenuto, alla regolamentazione delle spese.
Ancora, lo sbarramento, anche per il giudice, per mutare il rito dovrebbe essere fissato alla prima udienza, evitando marce indietro.
Quasi unanimi i commenti negativi alla scelta di novellare:<<difficile sfuggire all’impressione che neppure le proposte in esame si sottraggano al metodo, reiteratamente sperimentato nel corso di interi decenni, degli interventi di mera “novellazione” e di semplice “restyling”che hanno finito per produrre un accumulo di norme e di riti il cui effetto, anziché aiutare a risolvere i problemi, è stato quello di complicarli rendendo sempre più difficoltosa (anche a causa, a volte, della cattiva formulazione del testo) l’attività degli interpreti e degli operatori».[18]
Concludo sul punto condividendo la citazione che Giorgio Costantino, a proposito di questa ultima riforma, dedica a Ludovico Mortara il quale nel 1913 avvertiva che «non vi è lite in cui la controversia di diritto sostanziale possa essere istruita, trattata e decisa senza che uno sciame di moleste questioni di diritto formale venga a deviare e quindi a ritardare il cammino della giustizia. Chiunque vive la vita giudiziaria sa come la percentuale delle sentenze pronunciate su dispute relative alla procedura sia in Italia indicibilmente superiore a quella delle sentenze che risolvono in modo schietto e semplice una pura contesa sul diritto».[19]
2.1. Il giudizio di legittimità.
Il rinvio pregiudiziale[20], importazione della francese saisin pour avis, presenta alcune analogie, oltre che un’identità di fini con l’accertamento pregiudiziale sul contratto collettivo nazionale (art. 420-bis c.p.c.), con la questione incidentale di costituzionalità e il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. È destinato ad avere una portata applicativa molto ridotta, essendo ammissibile solo in caso di assoluta novità della questione, gravi difficoltà interpretative, potenzialità diffusiva della questione in quanto suscettibile di porsi in numerose controversie.
Suscita notevole interesse per le implicazioni sottese e, in particolare, l’esistenza di vincoli per il giudice di appello della causa, la libertà interpretativa per gli altri giudizi, l’accentuazione del ruolo nomofilattico della Corte Suprema, in modo non dissimile dal ricorso nell’interesse della legge ex art. 363 c.p.c. L’istituto risulta destinato a questioni ritenute “particolarmente rilevanti” e pone il problema dello ius superveniens (che supera certamente la decisione pregiudiziale presa) e,soprattutto, al mutamento di giurisprudenza di legittimità dopo la sentenza di rinvio pregiudiziale e prima della decisione di merito.
L’istituto è ricondotto, credo non del tutto fondatamente, alla nomofilachia discorsiva ed a un più fecondo dialogo tra merito e legittimità[21], avendo, piuttosto, connotazioni verticistiche, sia pur mosse dallo scopo, del tutto condivisibile, di evitare contenziosi seriali nell’attesa del giudice di ultima istanza. Sotto tale aspetto il rinvio pregiudiziale si dimostra utile, ma rischia in caso ricorso all’istituto troppo largheggiante da parte dei giudici di procrastinare il giudizio per la sospensione necessaria che ne deriva: la questione idonea al rinvio può essere solo incidentale, riguardare una sola delle domande cumulative o una domanda accessoria. Sarebbe meglio prevedere la sospensione facoltativa. Inoltre, dovrebbe anche essere prevista la comunicazione sul sito web della Corte di cassazione delle istanze pendenti in modo da rendere edotti i giudizi che la questione già pende.
Può essere utilizzata anche dai giudici tributari, non da quelli della Corte dei conti e dal giudice amministrativo, perché non ammesso il ricorso per cassazione se non per motivi di giurisdizione.
Utile l’eliminazione della sesta sezione “filtro” e l’abrogazione del relativo rito camerale allo scopo di evitare il doppio spoglio, nella sezione filtro e lo spoglio sezionale, con riti diversi. Già ora in sesta ci sono i consiglieri delle sezioni. Secondo i commentatori più esperti delle prassi interne la creazione della Struttura e della Sesta fu un’innovazione di rilievo sul piano organizzativo. Oggi, invece, è diventata un inutile appesantimento in quanto non si è creata una prassi comune sulle inammissibilità; i consiglieri che operano in sesta sono gli stessi tabellarmente assegnati alle singole sezioni; spesso in sesta sono decise cause di non spedita definizione.
Con il maxiemendamento scompare la proposta del relatore con fissazione dell’adunanza camerale comunicata di manifesta inammissibilità o infondatezza o manifesta fondatezza (art. 380 bis c.p.c.), ma è sostituita da una proposta del “giudice” (quindi senza vaglio del presidente o del collegio) di analogo tenore, comunicata alle parti che, ove non seguita da istanza di fissazione dell’udienza, comporta l’estinzione del giudizio per rinuncia implicita, senza condanna al pagamento del doppio contributo unificato.
3. L’Ufficio per il processo.
L’ufficio per il processo dovrebbe costituire il vero propulsore dello smaltimento dell’arretrato e della riduzione dei tempi del processo.
Nell’idea del legislatore le funzioni possono essere opportunamente modulate a seconda delle caratteristiche e dei bisogni effettivi dell’ufficio. Le organizzazioni finora predisposte tendono opportunamente ad una assegnazione degli addetti a singole sezioni o all’intero ufficio, piuttosto che al singolo giudice.
La vera sfida con annessa incognita è l’idea del management del carico della sezione come questione di staff e non del singolo giudice.
Molto dipende anche da cosa debbano fare i magistrati onorari aggregati negli uffici giudiziari gravati da maggiore arretrato, come previsto nelle schede allegate al PNRR[22], con una accorta modulazione tra attività di assistenza del giudice ed assegnazioni di funzioni giurisdizionali vere e proprie, nonché dal ruolo che verrà ritagliato per la magistratura onoraria.
Le riforme del processo civile e penale dovranno poi essere coordinate con la riforma della magistratura onoraria, assegnata ad apposita Commissione, sciogliendo i nodi relativi alla loro condizione lavoristica e assicurando la possibilità di una vera e propria verifica attitudinale in ingresso e controlli di professionalità proporzionati ai sempre più delicati compiti loro affidati (il riferimento, in particolare, è all’attribuzione di compiti decisionali e di gestione del ruolo, oltre che all’incremento di competenze previsto per l’Ufficio del giudice di pace).
Un ripensamento anche del ruolo dei giudici ausiliari di corte d’appello è necessario in vista della loro necessaria scadenza nel 2025 in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 41 del 2021.
È prevista l’istituzione dell’ufficio per il processo anche presso la Corte di Cassazione e la Procura Generale della Cassazione (definito per quest’ultima “Ufficio spoglio”) modellando accuratamente i compiti sulle specificità funzionali e organizzative della Corte Suprema che rendono critica l’assegnazione di mansioni di sintesi dei motivi o di elaborazione di bozze di sentenze.
4. La modifica della geografia giudiziaria.
Ferme le considerazioni positive sopra espresse, non può farsi a meno di evidenziare l’insufficienza di quanto sopra descritto per assicurare le misure necessarie all’abbattimento dell’arretrato.
Un gruppo di studiosi del processo civile ha rimarcato la carenza di risorse globali del nostro ordinamento giudiziario rispetto a quelle di altri Stati europei, sulla base di dati riportati anche nell’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR) allegata al D.d.l., pag. 47 in nota e tratti dal rapporto CEPEJ 2016)[23].
Come osservato dalla Commissione Giustizia nel parere reso sul PNRR, “l’amministrazione della giustizia civile in Italia evidenzia una geografia giudiziaria a macchia di leopardo con esiti sconcertanti in merito alla durata dei procedimenti tra i diversi uffici e ciò a parità di risorse. Tale constatazione evidentemente non dipende dalle norme processuali, che sono uguali in tutta Italia, ma da fattori operativi e organizzativi (…).
Il Consiglio Superiore nel corso del 2020 ha elaborato i dati statistici acquisiti in seguito alla redazione dei programmi di gestione ex art. 37 predisposti dagli Uffici giudiziari. Se si analizza la durata media dei procedimenti di contenzioso ordinario, esecuzione immobiliare e procedure concorsuali, sul territorio nazionale emerge come la durata media non sia tanto collegata alle dimensioni dell’ufficio giudiziario quanto alla sua collocazione geografica, evidenziandosi, con alcune eccezioni, un grosso divario Nord-Sud in termini di performance.
Può apparire sgradito il riferimento territoriale. Per evitare fraintendimenti dovuti al riferimento geografico, è opportuno evidenziare che, prescindendo dall’esistenza di specifiche criticità di uffici anche del Nord, non si tratta di una questione meridionale calata nel contesto giudiziario e non se ne possono, ovviamente, trarre conclusioni sulle diverse capacità organizzative. Questo gap è di natura multifattoriale e, in buona parte, dipende anche dal tessuto socio-economico con il quale i singoli uffici giudiziari si interfacciano che alimenta una domanda di giustizia molto elevata.
Risultano indispensabili, allora, misure adeguate, quali incentivi economici e di carriera peri magistrati, che riescano a ridurre il turn over del personale di magistratura nelle sedi critiche, in gran parte coperte in modo pressoché esclusivo con magistrati di prima nomina. Solo con un mutamento delle strategie di assegnazione delle risorse può raggiungersi l’indispensabile scopo di assicurare maggiore stabilità alla presenza dei magistrati che le funzioni giudiziarie orizzonte temporale più ampio e maturando quella esperienza indispensabile ad un servizio più efficiente.
Un’ulteriore necessità di riorganizzazione, come meglio illustrata in seguito, riguarda, le Corti di appello. Gli uffici di secondo grado rientrano tra quelli in maggiore sofferenza quanto alla durata media dei procedimenti civili. La riforma del processo penale e l’introduzione dell’istituto dell’improcedibilità decorso il biennio rendono urgente un incremento degli organici delle Corti di appello e la previsione di misure ad hoc per il settore penale che non si traducono in un solo travaso di risorse dal civile, che porterebbe inevitabilmente al mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR.
5. La digitalizzazione del processo civile.
La digitalizzazione, soprattutto prospetticamente, è la misura più importante della riforma in quanto incide sul processo in più direzioni.
1. Il processo telematico è esteso a tutti gli uffici giudiziari italiani: giudice di pace, molto difficile da attuare per il numero degli uffici e lo scarso grado di informatizzazione, nonché Cassazione e Procura generale, che richiederanno 4-5 anni di transizione.
2. Va completata la digitalizzazione integrale della fase esecutiva del processo. La positiva esperienza delle vendite telematiche deve essere estesa a tutti i settori e fasi dell’esecuzione, dando piena effettività alle misure quali le ricerche telematiche dei beni e del credito del debitore, alle possibilità di pignoramento telematico, ecc. (art. 492 bis c.p.c.).
3. È prevista l’ obbligatorietà e omnicomprensività delle notifiche telematiche: chiunque ha una PEC iscritta in pubblici registri o ha eletto un domicilio digitale deve essere citato in giudizio con PEC.
4. Diviene obbligatorio il deposito telematico degli atti, anche quelli iniziali, come in deroga alle norme vigenti, è stato previsto dalla recente normativa emergenziale per ridurre gli accessi alle Cancellerie.
5. Si prefigura, almeno in prospettiva, il superamento del sistema attuale fondato sull’inoltro di PEC in favore di un possibile sistema basato su upload di documenti, che consentirebbe di superare i notevoli limiti tecnici del sistema quale, ad esempio, il SIGIT della giustizia tributaria.
6. È previsto un ampliamento delle forme di celebrazione del processo da remoto e in forma cartolare mediante scambio di note sull’esperienza del diritto pandemico. Occorre evitare, tuttavia, che il ricorso a tali modalità, certamente utili, non assurga a regola del processo sia per non distorcerne la dimensione simbolica sia perché nelle materie sensibili, come l’interdizione, l’inabilitazione, l’amministrazione di sostegno, la crisi familiare il distacco o l’assenza del giudice – prevista come forma eventuale del processo dalla legge 203- può nuocere alla comprensione della condizione di fragilità delle parti.
7. Quanto alle banche dati, la loro alimentazione massiva e la necessità di algoritmi di ricerca, progressivamente raffinati e selettivi, costituirà un indubbio fattore di impulso alla conoscenza della giurisprudenza, dell’esito dei giudizi, pur dovendosi implementare l’anonimizzazione.
8. Il principio di chiarezza e sinteticità e, soprattutto di redazione degli atti per “campi”, in prospettiva potrebbe essere esteso anche alle sentenze.
L’attuazione di tale principio richiede il coinvolgimento anche del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio Nazionale Forense e CNF allo scopo, non solo di razionalizzare e snellire gli atti, di sistematizzare l’attività domande, repliche e decisioni su singoli aspetti del thema decidendum (e sotto questo aspetto ampia spinta propulsiva può derivare dall’assicurare effettività al principio di chiarezza e sinteticità degli atti, ma anche da quello della redazione per “campi”), ma anche di consentire, nell’ambito degli archivi digitali, l’elaborazione di metadati che consentano: a) di poter agevolmente assegnare, schedare, spogliare, ritrovare, riunire, i giudizi; b) di conoscere i precedenti e l’esito dei giudizi.
Nel medio termine, una volta che il processo telematico diviene l’unica modalità di celebrazione del processo civile, è inevitabile che le norme del processo “tradizionale” (orale e scritto) e quelle del processo telematico confluiscano in un unico quadro regolatorio nel quale gli istituti relativi alle notifiche, al depositi, agli atti introduttivi, memorie, atti giudiziari, udienze di trattazione e istruttorie (in presenza e a distanza), verbalizzazione, documentazione, atti degli ausiliari, rilascio di copie e impugnazioni siano modellati tenendo conto delle potenzialità e dei limiti della dimensione digitale.
Il primo passo sarà l’inclusione delle norme del processo digitale nel codice processuale. quindi, l’evoluzione verso forme tecnologiche sempre più avanzate inevitabilmente porterà a conformare parte delle regole processuali in ragione delle nuove opportunità che esse offrono di interazione tra le parti, sincrona e asincrona, in presenza e a distanza, oltre che di documentazione, ricerca e analisi dei dati processuali.
Limitata l’operatività del processo cartaceo ai soli casi remoti di malfunzionamento dei sistemi informatici, il processo digitale diverrà l’unica forma di processo, sia esso celebrato in presenza che a distanza. Non avrà più senso, pertanto, che le regole del primo “duplichino” quelle del processo tradizionale cartolare e vi si sovrappongano.
5.1. Processo e intelligenza artificiale: prolegomeni.
L’estensione anche alla Corte suprema del PCT e, in prospettiva, al Giudice di pace consente altresì, con l’evoluzione sistemistica, il tracing della lite, di forte ausilio anche per lo stesso giudice redattore della sentenza, agevolato nel verificare l’esito del proprio lavoro e potenzialmente destinatario di un feedback automatico della conferma o riforma della sentenza e delle relative ragioni.
La redazione degli atti e delle sentenze per campi, l’ampliamento contenutistico e della platea degli aventi accesso alle banche dati, risultano essenziali per sperimentare, nei prossimi anni, forme di giustizia predittiva quanto all’esito della lite sulla scorta dei precedenti e della giurisprudenza dei gradi superiori, utili anche nelle procedure di mediazione e di negoziazione assistita, nonché anche alla selezione, accorpamento e gestione dei casi da parte dell’Ufficio per il processo prima dell’istruttoria.
L’uso dell’intelligenza artificiale nelle forme del machine learning e del deep learning può, in prospettiva, garantendo una conoscenza in tempo reale dei precedenti, dei trend, dell’esito finale delle controversie (dalla fase di mediazione a quella di esecuzione), assicurare quella prevedibilità delle decisioni che costituisce il fattore chiave per la deflazione del contenzioso, oltre che del miglioramento della qualità della giurisdizione.
Forme di audizione da remoto possono essere previste, nei casi più delicati con la presenza di un pubblico ufficiale, per testimoni residenti in altre Regioni, per l’interrogatorio libero delle parti, per il conferimento di incarichi ecc., senza necessità di raccogliere prove delegate, di richiedere la presenza di ausiliari residenti in luoghi distanti, ecc.
Nel lungo termine, l’uso dell’intelligenza artificiale, prima come analisi intelligente dei precedenti, poi come giustizia predittiva e, quindi, come possibile ausilio decisionale (almeno per gli small claims), dovrà essere adeguatamente guidato.
I giuristi non dovranno, con una atteggiamento di rifiuto pregiudiziale, farsi scavalcare dai tecnici, questi ultimi forti della suggestione dell’efficienza, mantenendo fermi i seguenti pilastri del giusto processo del futuro:
a) il principio essenziale di “moral neutrality” della tecnologia adottata, rispetto ai fini e alle garanzie del processo;
b) il rispetto tassativo del principio del suo utilizzo under human control e di non discriminazione, già sanciti dalle fonti eurounitarie (il riferimento è d’obbligo alla Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari e negli ambiti connessi, adottata dalla CEPEJ il 3-4 dicembre 2018, ma anche, per alcuni versi all’art. 22 del GDPR);
c) la riservatezza dei dati delle persone e, quindi, della necessaria anonimizzazione delle sentenze, messa a rischio dall’accumulo di sentenza digitali nel PCT e dall’accesso sempre più allargato alle banche dati;
b) la preservazione della indispensabile dimensione simbolica e rituale del processo, destinata a svolgersi nell’udienza pubblica (quest’ultima già messa in crisi più banalmente, dalla comodità delle varie forme di udienza non partecipata o a trattazione scritta) essenziali alla conservazione della legittimazione democratica della giurisdizione. Un delicato equilibrio tra le diverse forme di celebrazione va attuato tenendo conto della natura dei diritti controversi (questioni meramente patrimoniali, incidenza del processo su diritti costituzionali, questioni familiari, ecc.) delle fasi processuali, delle risorse disponibili, lasciando, almeno nei casi più delicati, la possibilità per la parte di richiedere il processo, almeno per alcune fasi in presenza.
Si tratta di discorsi forse prematuri, ma che non debbono trovare i giuristi impreparati alle nuove sfide. Il processo, orale, scritto, in presenza, da remoto, sincronico o diacronico, così come il contratto è sempre conformato, non solo dalla sociologia, ma anche dalla tecnologia e, quindi, non può che necessariamente seguirne la sua evoluzione.
[1] Relazione tenuta per la SSM - Struttura territoriale della Corte d’appello di Napoli, 2022.
[2] V. G. Scarselli, Osservazioni al maxi-emendamento 1662/S/XVIII di riforma del processo civile, in Giustizia insieme, 24 maggio 2021, www.giustiziainsieme.it; G. Timbolini, Note «a caldo» sulla nuova legge delega di riforma della giustizia civile: le modifiche al giudizio di primo grado, www.judicium.it, 2021; Comunicato dell’Associazione italiana fra gli studiosi del processo civile del 28 giugno 2021; A. Briguglio, Avanti con la ennesima riforma del rito civile purché sia solo (tutt’altro che decisiva ma) modestamente utile e non dannosa, in www.giustiziacivile.com; cfr. anche B. Capponi, Prime note sul maxi-emendamento al d.d.l. n. 1662/S/XVIII, pubblicato il 18 maggio 2021 in www.giustiziainsieme.it. P. Biavati, La riforma del processo civile: motivazioni e limiti, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1, 2022, pag. 45 s.
[3] G. Gilardi, span class="markedcontent">no sguardo generale agli emendamenti governativi al ddl 1662/S/XVIII, www.questionegiustizia.it, 2021.
[4] Si veda su singoli aspetti della riforma il numero monografico di questione giustizia n. 3 del 2021 “La riforma della giustizia civile secondo la legge delega 26 novembre 2021, n. 206”, www.questionegiustizia.it.
[5] E. D’Alessandro, La riforma della giustizia civile secondo il Piano nazionale di ripresa e resilienza e gli emendamenti governativi al d.d.l. n. 1662/S/XVIII. Riflessioni sul metodo, in Giustizia insieme, 31 maggio 2021 www.giustiziainsieme.it; F. Gigliotti, Le linee di intervento del PNRR in tema di Giustizia. Un quadro di sintesi,sempre www.giustiziainsieme.it, 2022.
[6] V. A. Tedoldi, Misure urgenti e delega in materia di esecuzione forzata (legge 206 del 2021) – Parte I, in www.giustiziainsieme.it.
[7] M. Dogliotti, La riforma della giustizia familiare e minorile: dal tribunale per i minorenni al tribunale per le persone, i minorenni, le famiglie, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 333; A. Arceri, Il minore nel nuovo processo familiare: le regole sull'ascolto e la rappresentanza, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 380; A. Carratta, Un nuovo processo di cognizione per la giustizia familiare e minorile, in Famiglia e Diritto, 2022, 4, 349.
[8] E. Dalmotto, L'impatto della prossima riforma dell'arbitrato comune e societario sulla sospensione delle delibere assembleari, in Le società, 2022, 5, p. 639 ss.
[9] Nel corso dell'audizione in Commissione Giustizia, alla Camera, dello scorso 15 febbraio 2022, la Ministra della Giustizia ha affermato che l'andamento dei flussi dei dati di fine 2021, per il settore civile, rispetto al 2019, tutti gli indicatori PNRR sono in calo:- disposition time totale, -11,1>#/strong###; - arretrato in tribunale, -4>#/strong###; - arretrato in Corte di appello, -11,6>#/strong###. La complessiva analisi dei flussi del civile segnala poi, in tutte le fasi del giudizio, una riduzione di pendenze rispetto a 2019:- in tribunale, - 8,6>#/strong###; - in Corte d'appello -13,5%; - in Corte di cassazione, -5%.
[10] In tali termini Commissione Luiso, per la quale «alla luce della giurisprudenza sovranazionale e costituzionale interna», la violazione del dovere di sinteticità e chiarezza degli atti di parte «non possa comportare sanzioni di invalidità o di inammissibilità», potendo invece «essere presa in considerazione dal giudice solo ai fini della liquidazione delle spese giudiziali». (cfr. Relazione finale)
[11] L.R. Luongo, Il «principio» di sinteticità e chiarezza degli atti di parte e il diritto di accesso al giudice (anche alla luce dell’art. 1, co. 17 lett. d ed e, d.d.l. 1662) ove anche per i richiami, tra l’altro a Cass., sez. trib., 15.07.2020, n. 15007; Id., sez. II, 21.05.2020, n. 9382; Id., sez. V, 5.03.2020, n. 6234; Id., sez. II, 25.02.2020, n. 4971; Id., sez. trib., 12.02.2020, n. 3394; Id., sez. trib., 31.01.2019, n. 2913; Id., sez. trib., 22.11.2018, n. 30240; Id., sez. II, 05.06.2018, n. 14362,
[12] G. Luccioli, Le sfide attuali del diritto di famiglia e dei minori: problemi emergenti, riforme attuate da riformare, riforme ancora da attuare, www.giudicedonna.it, n. 1/2021; G. Sergio, Riflessioni sulle proposte di procedimenti in materia di famiglia e di riforma ordinamentale della Commissione Luiso, 22 luglio 2021, www.questionegiustizia.it; per una critica all’operare del Tribunale per i minorenni A. Proto Pisani,Brevi osservazioni di carattere tecnico e culturale su “Proposte normative e note illustrative” rese pubbliche dal Ministero della Giustizia, in Giustizia insieme, 8 giugno 2021, www.giustiziainsieme.it.
[13] Vedi ad esempio la “Risoluzione sulla organizzazione degli uffici requirenti presso i Tribunali per i Minorenni (art. 23 della circolare sull’organizzazione delle Procure del 16 novembre 2017), delibera del CSM 18 giugno 20184 quanto ai “Criteri organizzativi generali”. Per la quale “La peculiarità del campo e delle modalità di azione delle Procure minorili, sia in ambito penale, sia in ambito civile, determina la necessità di dedicare ampi sforzi organizzativi per costruire intese con gli operatori del settore presenti sul territorio e con gli altri uffici giudiziari.” Esse “possono svolgere un importante ruolo di raccordo fra enti ed istituzioni che sono o, comunque, devono essere coinvolte nel sistema di cura dei minorenni e delle loro famiglie (…) È auspicabile, pertanto, che la dimensione progettuale del documento organizzativo della Procura per i Minorenni non sia circoscritta alla sola organizzazione interna dell’ufficio, ma contenga, direttamente o con autonomi documenti allegati, un programma di attuazione delle iniziative già adottate e l’indicazione di quelle di prossima adozione nel periodo di vigenza del documento organizzativo. Altrettanto importante è la valorizzazione della complementarietà delle competenze proprie delle Procure minorili in campo penale, civile e amministrativo: il prospetto organizzativo potrà, quindi, contenere indicazioni generali circa l’attivazione del controllo, in campo civile, sull’esercizio dei doveri educativi da parte dei genitori di minorenni che si rendano autori di gravi e/o reiterati reati, i per valutare le forme di intervento più idonee per la tutela dei minori appartenenti al nucleo familiare».
[14] Il comma 4, lett. delega di «s) prevedere, nell'ambito della procedura di negoziazione assistita, quando la convenzione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, la prevede espressamente, la possibilità di svolgere, nel rispetto del principio del contraddittorio e con la necessaria partecipazione di tutti gli avvocati che assistono le parti coinvolte, attività istruttoria, denominata «attività di istruzione stragiudiziale», consistente nell'acquisizione di dichiarazioni da parte di terzi su fatti rilevanti in relazione all'oggetto della controversia e nella richiesta alla controparte di dichiarare per iscritto, ai fini di cui all'articolo 2735 del codice civile, la verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte richiedente; t) prevedere, nell'ambito della disciplina dell'attività di istruzione stragiudiziale, in particolare:
1) garanzie per le parti e i terzi, anche per ciò che concerne le modalità di verbalizzazione delle dichiarazioni, compresa la possibilità per i terzi di non rendere le dichiarazioni, prevedendo in tal caso misure volte ad anticipare l'intervento del giudice al fine della loro acquisizione;
2) sanzioni penali per chi rende dichiarazioni false e conseguenze processuali per la parte che si sottrae all'interrogatorio, in particolar modo consentendo al giudice di tener conto della condotta ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, secondo comma, del codice di procedura civile;
3) l'utilizzabilità delle prove raccolte nell'ambito dell'attività di istruzione stragiudiziale nel successivo giudizio avente ad oggetto l'accertamento degli stessi fatti e iniziato, riassunto o proseguito dopo l'insuccesso della procedura di negoziazione assistita, fatta salva la possibilità per il giudice di disporne la rinnovazione, apportando le necessarie modifiche al codice di procedura civile;
4) che il compimento di abusi nell'attività di acquisizione delle dichiarazioni costituisca per l'avvocato grave illecito disciplinare, indipendentemente dalla responsabilità prevista da altre norme».
[15] Il Parere del CSM del 15 settembre 2021 ha evidenziato che l'idea di una fase ante iudicium da destinare all'assunzione della prova testimoniale nonché di eventuali (per vero alquanto improbabili) dichiarazioni confessorie delle parti, appare in astratto in grado di realizzare un alleggerimento della fase apud iudicem e dunque una riduzione dei tempi processuali. «I rischi correlati all'assenza del giudice nella delicata fase di assunzione e verbalizzazione della testimonianza appaiono solo in parte mitigati dalla pur opportuna previsione del potere del giudice del successivo processo di disporre la rinnovazione dell’assunzione. L’intento deflattivo della norma potrebbe condurre, peraltro, ad un aggravio per il lavoro del giudice. Sarà, infatti, sicuramente più oneroso e dispendioso in termini di tempo ed energie il controllo ex post sulla ammissibilità e rilevanza di lunghi verbali di prova, piuttosto che una valutazione ex ante.»
[16] Comma 5, lett. I), n. 3) «ferma la possibilità che l'attore vi ricorra di sua iniziativa nelle controversie di competenza del tribunale in composizione monocratica, debba essere adottato in ogni procedimento, anche nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, quando i fatti di causa siano tutti non controversi, quando l'istruzione della causa si basi su prova documentale o di pronta soluzione o richieda un'attività istruttoria costituenda non complessa, stabilendo che, in difetto, la causa sia trattata con il rito ordinario di cognizione e che nello stesso modo si proceda ove sia avanzata domanda riconvenzionale priva delle condizioni di applicabilità del procedimento semplificato».
[17] Comma 5, lett. s), n. 3) «in caso di mutamento del rito, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producano secondo le norme del rito seguite prima del mutamento, restino ferme le decadenze e le preclusioni già maturate secondo le norme seguite prima del mutamento e il giudice fissi alle parti un termine perentorio per l'eventuale integrazione degli atti introduttivi».
[18] G. Gilardi, span class="markedcontent">no sguardo generale agli emendamenti governativi al ddl 1662/S/XVIII, cit.
[19]G. Costantino, Perché ancora riforme della giustizia?, in www.questionegiustizia.it, richiama L. Mortara, Discorso di inaugurazione dell’anno giudiziario 1913-1914, Regia Corte di cassazione, assemblea generale del 6 novembre 1913, p. 10, in www.giustizia.it/resources/cms/documents/1913_14_Mortara_Procura_generale.pdf).
[20] V. E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in La riforma della giustizia civile secondo la legge delega 26 novembre 2021, n. 206”, cit. C. V. Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, www.giustiziainsieme.it, che richiama R. Conti, Nomofilachia integrata e diritto sovranazionale. I "volti" delle Corte di Cassazione a confronto, www.giustiziainsieme.it, 2021, e i relativi riferimenti a G. Canzio, Nomofilachia e diritto giurisprudenziale, in Contratto e impresa, 2/2017.
[21] B. Capponi – A. Panzarola, Questioni e dubbi sulle novità del giudizio di legittimità secondo gli emendamenti governativi al d.d.l. n. 1662/S/XVIII, cit.
[22] Il Piano prevede, infatti, anche l'innesto straordinario di magistrati onorari aggregati nei tribunali più gravati da arretrato nel settore civile, specificando che dovrà trattarsi di professionalità già strutturate e, quindi, in grado di operare da subito a pieno regime, con la finalità specifica di collaborare con il magistrato nell'adozione della decisione e nella redazione della sentenza. Tali magistrati onorari aggregati, dunque, concorreranno all'attività di definizione dei procedimenti mediante la redazione di progetti completi di sentenza al fine di consentire la riduzione dei tempi di durata dei procedimenti civili e la definizione anticipata dei procedimenti per i quali sia stata fissata udienza per la precisazione delle conclusioni.
[23] https://www.giustiziainsieme.it/it/attualita-2/717-osservazioni-sulle-proposte-di-riforma-del-processocivile?tmpl=component&print=1&layout=default pp. 19/33.