Valutazioni di professionalità e standard medi di rendimento: La misurazione del lavoro dei magistrati e della organizzazione degli uffici
di Patrizia Morabito
Sommario: 1. Premessa; - 2. Come si è svolto il lavoro; - 3. La sperimentazione; - 4. E poi...il silenzio; - 5. Le prospettive.
1. Premessa
La riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006-2007 prevedeva che la valutazione di professionalità dei magistrati si fondasse anche sul parametro della laboriosità, e che questo fosse desunto da “standard medi di rendimento”, rimettendo al Consiglio Superiore della Magistratura la loro fissazione.
Con Risoluzione del 23 settembre 2008 , il Consiglio Superiore ha costituito presso la IV Commissione un gruppo di lavoro “tecnico”, composto da magistrati e funzionari statistici, incaricato di determinare gli “standard” in vari settori della giurisdizione di primo grado.
Il gruppo ha completato e consegnato vari elaborati dopo un’approfondita indagine su di migliaia di dati, ed ha realizzato schede informatiche che raccoglievano ed organizzavano informazioni molto dettagliate sul lavoro dei magistrati e della sezione di appartenenza, e che consentivano soprattutto, finalmente, di aver una conoscenza reale e complessiva del lavoro, e non solo dei pochi aspetti tradizionalmente considerati nelle “statistiche comparate dell’ufficio”.
La delibera conclusiva del CSM del 23.7.2014 ha ritenuto che il metodo potesse trovare concreta applicazione nei procedimenti di valutazione della professionalità, per i giudici addetti alla cognizione ordinaria civile, per i giudici del lavoro, per i magistrati requirenti di primo grado ed i magistrati di sorveglianza.
2. Come si è svolto il lavoro
In estrema sintesi, nei settori civile/lavoro – del quale ultimo mi sono occupata in via esclusiva- si è proceduto ad una analisi accurata degli uffici individuati nella delibera CSM istitutiva del gruppo di lavoro, con l’intento di verificare la comparabilità del contenzioso di sedi diverse, in modo da individuare una base di confronto più ampia del singolo ufficio. Sono stati raggruppati in clusters quelli con caratteristiche simili, e la platea degli uffici che li componevano è stata estesa nelle fasi successive del lavoro.
Minor numero di dati erano stati all’epoca raccolti , perché non disponibili, per i settori penali e per le Procure, quasi assenti per i Tribunali dei Minorenni, poi tralasciati perché troppo poco informatizzati; proprio attraverso il lavoro del gruppo si è però iniziata una accurata ricognizione di attività poco conosciute e quasi non “classificate” fino a quel momento (persino i dati relativi alla presenza dei magistrati in ufficio, e agli esoneri, erano praticamente inesistenti).
Nei settori nei quali i dati informatici erano disponibili in numero adeguato, il lavoro ha dato invece esiti molto interessanti.
La ricerca è stata finalizzata a comprendere innanzitutto come operassero i magistrati di sedi diverse ma simili per qualità del contenzioso trattato, quali potessero essere gli indicatori numerici di un “buon operare”, quali fossero le quantità delle definizioni e sopravvenienze: il metodo ha utilizzato i dati di uffici che apparivano “omogenei”, quindi confrontabili.
Gli elementi acquisiti hanno offerto elementi indicativi di qualità e quantità di lavoro nel loro complesso ben più affidabili rispetto a quelli ricavabili dalle tradizionali “statistiche comparate dell’ufficio”, che sono notoriamente insufficienti ed incomplete, di fatto inutilizzabili perché confrontano pochi dati nell’ambito del medesimo ufficio, e ricomprendono funzioni totalmente diverse ed elementi disomogenei.
La comparazione frutto della ricerca del gruppo è risultata invece molto più significativa, perché operata nell’ambito dei singoli clusters , ciascuno dei quali raccoglieva più uffici con contenzioso omogeneo, non una singola sede. I dati raccolti erano poi “granulari”, dettagliavano le vicende del singoli processo, fornivano una molteplicità di informazioni: è stato possibile quindi valorizzare il lavoro del giudice nella sua complessità, in modo più rispondente al concetto di standard, non limitandosi ad alcuni tradizionali indicatori (come il numero delle definizioni con sentenza e poco altro).
Sono stati enucleati sintomatici indicatori del “buon operato”, tradizionalmente noti ma mai adeguatamente considerati e misurati, come le definizioni diverse dalle sentenze, le conciliazioni, la durata dei processi, la durata dei procedimenti definiti, le pendenze ultratriennali, l’efficacia nella conduzione dell’istruttoria. Soprattutto è stato possibile mettere sotto i riflettori la effettività della riduzione dell’arretrato, vero punctum dolens del contenzioso civile italiano.
L’esperienza ha dimostrato come il lavoro del magistrato fosse misurabile e dovesse essere misurato, e per questo fosse essenziale dotarsi di un sistema di registrazione informatica e di raccolta dei dati del lavoro giudiziario, scegliendo accuratamente e con esperienza quelli utili ed indicativi.
Le ricerche hanno fatto emergere anche anomale situazioni di contenzioso in talune sedi o settori, che sono state indagate dal gruppo di lavoro. Queste hanno rivelato che situazioni oggettivamente critiche potevano essere affrontate con metodi di lavoro efficaci, frutto dell’attenzione alle peculiarità delle circostanze. Si annovera fra questi il caso, raccontato nella relazione finale, del giudice del lavoro di un ufficio meridionale, che redigendo un numero di sentenze , decisamente inferiore a quello dei colleghi dell’ufficio, ma con un lavoro accurato e riunendo molti processi frammentati, aveva drasticamente ridotto un contenzioso ipertrofico, presente su tutti i ruoli di quella sezione, e fino a quel momento mai efficacemente studiato e contrastato.
Il caso ha vividamente palesato l’inadeguatezza dei dati statistici tradizionali per valutare il lavoro del giudice, e, per contro, l’efficacia del nuovo metodo degli standard per fare emergere il buon operato, e la capacità del magistrato di affrontare le specificità del ruolo, risolvendone le criticità.
3. La sperimentazione
Ai fini di concentrare e giustapporre i dati ritenuti significativi sono state predisposte le schede informatiche, che estraevano dalla banca dati custodita presso il CSM (che sarebbe stata istituita e costantemente implementata ed aggiornata , con cadenza periodica come disposto dalla delibera del 2014) i numeri individuati come indicativi dell’operato del giudice, consentendo comparazioni effettive con gli altri giudici dello stesso ufficio e con il più ampio gruppo dello stesso cluster .
La scheda predisposta per la valutazione dei magistrati operanti nelle sezioni lavoro, di immediata lettura, consentiva non solo di operare tale raffronto, ma simultaneamente di comprendere l’operare dell’intero ufficio, l’andamento di esso, e la gestione complessiva della sezione.
Le schede dei diversi settori, per la verità , non hanno la medesima immediatezza e leggibilità; ma la possibilità di completare l’esperienza, di migliorare il lavoro e approfondirlo avrebbe consentito l’indispensabile evoluzione ed affinamento del sistema, le modifiche ed i miglioramenti necessari, e si sarebbe arricchito di uno strumento oggettivo di trasparente conoscenza del lavoro dei magistrati, sotto molteplici punti di vista, prima ancora che di meritocratica valutazione.
Ottenute le schede informatiche, il lavoro è stato sottoposto ad una verifica, effettuando valutazioni sperimentali che sono state comparate con quelle tradizionali. In alcuni settori (particolarmente quelli civili e del lavoro) nei quali si erano potuti raccogliere molti dati, le schede si sono dimostrate un efficacissimo ausilio per conoscere dettagliatamente non solo il lavoro del valutando, ma il contesto della sezione nella quale operava. Sono emersi indici molto significativi della distribuzione del lavoro, dell’operato degli altri magistrati, della gestione dell’ufficio, e non solo del ruolo in esame.
Questa aveva riguardato alcuni colleghi, presi a “campione”, le cui valutazioni di professionalità in quel momento predisposte con metodo tradizionale, e con l’ausilio delle ordinarie “statistiche comparate dell’ufficio” erano state confrontate con quelle “sperimentali” effettuate con l’ausilio delle nuove schede elaborate dal gruppo di lavoro, dai magistrati e dai funzionari statistici che lo componevano. Le schede si sono rivelate utili ed efficacissime per rappresentare con oggettività ed immediatezza gli elementi essenziali per le valutazioni, che stentavano ad emergere con il metodo tradizionale.
Gli esiti di quella sperimentazione sono stati ampiamente soddisfacenti, soprattutto per il settore civile/lavoro, ovvero quello nel quale l’informatizzazione era avanzata, e molti erano i dati “granulari”, disponibili, relativi ad ogni elemento del contenzioso trattato.
Fu così che con Delibera adottata dall’Assemblea plenaria CSM nella seduta del 23 luglio 2014 si diede corso alla applicazione del nuovo metodo di valutazione in primo grado nei settori che avevano prodotto un lavoro collaudato, dando avvio alla utilizzazione degli standard di rendimento, modificando anche la circolare sulle valutazioni di professionalità e prevedendo l’utilizzo delle nuove schede informatiche.
La stessa delibera stabiliva di estendere ed applicare la metodologia ai magistrati addetti a settori specialistici non interessati alla prima ricognizione (esecuzioni, fallimenti) , e a quelli operanti in grado di appello, presso la Corte suprema di cassazione, la Procura generale presso la Corte suprema di cassazione la Direzione nazionale antimafia, previo compimento dell’attività istruttoria necessaria alla formazione di uno o più cluster per ciascun ambito di attività.
4. E poi...il silenzio
Nonostante il lavoro condotto dal gruppo tecnico si fosse snodato per mesi, e per anni, attraverso interlocuzioni con uffici, raccolta di dati, sperimentazioni con confronti ed incontri tra il gruppo di lavoro, i magistrati ed i consigli giudiziari di esso è stato sempre difficile, a volte impossibile, poterne parlare.
All’inizio perché è stato tenuto riservato temendo che sarebbe stato osteggiato ed ostacolato, ed avrebbe creato polemiche ancor prima di potersi avviare. Poi perché è subentrato il timore che potesse essere utilizzato per campagne di raccolta di “consenso” fra i magistrati, a favore o contro, per le polemiche che si erano scatenate già fra i gruppi associati sugli esiti del lavoro, sull’utilizzo dell’enorme massa di dati che il gruppo ha studiato ed utilizzato.
La cosiddetta “consegna del silenzio” imposta al gruppo tecnico operante, ha riscontro in un documento a firma di uno dei presidenti della IV Commissione CSM che si sono avvicendati che invitava “a non partecipare ad incontri e riunioni, in qualunque forma e sede, per illustrare lo stato dei lavori”, prima che il consiglio assumesse determinazioni conclusive. Il documento era stato indirizzato nominativamente ai (soli) magistrati componenti del gruppo di lavoro, che erano stati invitati dalla formazione decentrata di un distretto pugliese per illustrare gli esiti della prima fase dei lavori, già approvati con una delibera CSM che disponeva il prosieguo e l’avvio della seconda fase.
Ma neppure al termine dei lavori si è visto alcun intento di promuovere informazione e discussione de risultati quantomeno dei settori civile, lavoro e sorveglianza, nonostante:
a) i dati raccolti rispondessero alla esigenza di una conoscenza effettiva e approfondita dell’attività di alcuni settori della giurisdizione promettessero efficaci esiti di ampliamento;
b) il buon esito dato già alle prime sperimentazioni del sistema ( anche se certamente perfettibile);
c) i costi che tutta l’attività aveva comportato;
d) il CSM con le delibere del 2013 e del 2014 avesse ormai definitivamente approvato la modalità di valutazione degli standard di laboriosità, disponendone la attuazione.
Anzi, è stata ancor più evidente la rinuncia, da parte dello stesso organo consiliare, a promuovere la conoscenza che avrebbe richiesto una capillare opera di informazione che superasse il tecnicismo e rendesse fruibili e comprensibili a tutti i metodi ed i risultati; avviando un necessario confronto fra i magistrati, ai quali non avrebbe potuto essere imposto un metodo di valutazione di cui non fossero stati consapevoli e partecipi, al quale invece avrebbero dovuto poter contribuire.
Le ragioni di ciò mi sono rimaste sconosciute, ma se devo azzardare qualche ipotesi, oltre alla complessità dei lavori, molto tecnici, e la difficoltà di approfondire la materia, hanno giocato un ruolo importante il timore della impopolarità, originato dal sistema di conoscenza approfondita del lavoro dei singoli.
Ha parimenti avuto peso il timore per un sistema di raccolta dei dati che forniva elementi importantissimi ed oggettivi per la conoscenza della gestione degli uffici, quindi della efficacia ed efficienza (o della inadeguatezza) reale dell’attività dei direttivi e semidirettivi che ne avevano la responsabilità.
Non a caso si è subito detto che i lavori del “gruppo per la determinazione degli standard”, costituito presso la IV Commissione CSM non sarebbe stato soltanto “conformativo” per i magistrati; e non sarebbe servito solo per le valutazioni di professionalità, ma sarebbe stato utile alla V ed alla VII Commissione CSM, per le attribuzioni e competenze di queste ultime.
Le statistiche comparate dell’ufficio, dettagliatissime ed attendibili, che corredavano le nuove schede informatizzate, si sono rilevate un utilissimo indicatore non solo del lavoro del giudice in ma anche dell’organizzazione della sezione di appartenenza del valutando. Ne emergeva con evidenza quali fossero stati i criteri di distribuzione del lavoro, se fosse stato curato un efficiente andamento dell’ufficio, se fosse stata prestata attenzione al riequilibrio dei carichi, alla definizione dell’arretrato, alla soluzione delle criticità; o se l’attenzione e la cura a questi aspetti fossero state carenti. Dati senz’altro suscettibili di spiegazioni diverse e contestualizzabili, ma di solida oggettività.
Quindi attraverso la valutazione del singolo si poneva all’attenzione la gestione dell’ufficio e la capacità organizzativa di chi aveva la responsabilità. Ove fosse emersa una conduzione non adeguata, foriera di criticità, se ne sarebbe dovuto tenere conto nell’analizzare le difficoltà operative del singolo.
L’indagine aveva altrettanto oggettivamente documentato anche una disomogeneità ed inspiegabile sperequazione nella distribuzione delle risorse sul territorio, e conseguenti ingiustificabili disuguaglianze di carichi per magistrati addetti ad uffici diversi, con inevitabile richiesta agli stessi di ben diverso impegno; pertanto l’esito avrebbe potuto e dovuto orientare anche le scelte di riequilibrio di tali situazioni.
Certo, il lavoro avrebbe dovuto essere ulteriormente testato, sperimentato, collaudato, e soprattutto avrebbe dovuto essere discusso e diventare oggetto di conoscenza e confronto con i magistrati, perché potesse essere migliorato ed affinato, ancor più perché svolto in larga parte piuttosto riservatamente; e che solo nelle fasi conclusive era stato testato con una sperimentazione che aveva coinvolto i Consigli giudiziari.
Ma il conflitto ed il dibattito “esterno” , pur non sostenuto da una corretta informazione sull’origine del lavoro, sulle fonti e metodo di raccolta dei dati, diffusione mai perseguita né attuata, ha trovato maggiore sfogo in sede “politico-associativa” concentrandosi su aspetti che disattendevano le premesse, sottovalutavano l’aspetto conoscitivo e si agganciavano a posizione ideologiche di principio, trasferendo la discussione su un terreno che si prestava a sollecitare i timori dei magistrati, da un lato per metodi di verifica del loro operato che apparivano oscuri ed insondabili (perché mai loro spiegati e mai condivisi con i destinatari del sistema) e dall’altra solleticavano le spinte “difensive” più corporative di ampia parte dei destinatari, lumeggiando il rischio che fosse pretesa una produttività sempre incrementata nel tempo; sovrapponendo e a volte confondendo lo standard di rendimento con il carico esigibile.
Sta di fatto che mentre il 23 luglio 2014 la delibera del Plenum del CSM , preso atto dell’esito positivo delle ultime sperimentazioni svolte dal gruppo di lavoro presso la IV Commissione aveva deciso di "…dare mandato alla Quarta Commissione di provvedere attraverso l’Ufficio Statistico all’attività di aggiornamento annuale dei cluster e di predisporre le schede di valutazione da trasmettere al magistrato in valutazione, al capo dell’ufficio ed al consiglio giudiziario...", appena pochi mesi dopo un’altra delibera plenaria del 11 marzo 2015, adducendo in poche righe non meglio chiarite “difficoltà pratiche di compilazione delle schede da parre di alcune tipologie di uffici” stabiliva di "…di sospendere, allo stato, la previsione contenuta nel Capo XIV comma 4 della Circolare consiliare relativa ai “Nuovi criteri per la valutazione di professionalità dei magistrati” (la n. 20691/2007)limitatamente al profilo della trasmissione al CSM delle nuove schede statistiche".
Si è rinunciato in un attimo e sine die ad avvalersi del sistema che lo stesso CSM aveva realizzato ed approvato,costato molto lavoro, fatica e denaro, imposto da una noma di legge - art. 11 del D.lgs n. 160 come riformulato dalla L. 111 del 2007 - rimasta ancora inottemperata.
5. Le prospettive
La ricognizione di quanto già predisposto, le potenzialità dello strumento messo in opera , ma guardato con sospetto, imposto senza spiegazioni e dibattiti, visto con malcelata ostilità e troppo presto inevitabilmente abbandonato, impongono di esigere la piena attuazione della legge, elidendo gli aspetti critici manifestati dal primo collaudo ovvero:
- che il sistema sia completato, aggiornato ed affinato, avvalendosi dell’esperimento sul campo, del confronto con gli utenti qualificati del sistema di valutazione (i magistrati, i Consigli Giudiziari); diffondendo il più possibile la conoscenza delle schede di valutazione già utilizzate per il “collaudo”, del sistema che le produce, dei dati dai quali attingono;
- si semplifichino le schede del settore civile, ricche di dati significativi ma eccessivamente farraginose, rendendone agevole ed immediata la lettura come per le schede di valutazione del giudice del lavoro, che si sono rivelate di immediata comprensione per tutti i magistrati, laddove ne sia stata possibile una breve illustrazione ai destinatari;
- si proceda a riconsiderare il lavoro sui settori che sono stati completati (Procure), manifestando al collaudo sensibili, criticità, rettificando la ricerca dei dati e reperendo dati più significativi del lavoro dell’inquirente;
- si completino ed implementino i lavori di accertamento dei dati di base e degli standards nei settori che fino al 2014 non hanno dato risultati apprezzabili, avvalendosi anche della maggiore informatizzazione anche per questi ormai raggiunta (giudicanti penali, giudici minorili);
- si estenda l’indagine al lavoro dei magistrati della Corte di Appello e della Corte di Cassazione, ai settori in primo grado fino ad ora non oggetto di indagine (giudici fallimentari, etc.).
Tutto ciò a beneficio di una valutazione di professionalità dovuta per legge, che sia ancorata a dati oggettivi, che offra validi e fino ad oggi inediti elementi per accertare il buon operare del magistrato ; e che contestualizzi il suo operato , alzando lo sguardo dal limitato campo di azione di questo e lo collochi nel contesto operativo di appartenenza, consentendo di valutare anche le capacità di coloro cui è affidata la gestione delle sezioni, dei gruppi di lavoro, degli uffici.