Pubblichiamo l'ordinanza del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila del 13 novembre 2025 relativo all’ormai noto caso della “famiglia che vive nel bosco”.
Con l'ordinanza del 13 novembre scorso è stata sospesa la responsabilità di entrambi i genitori di tre minori ed i predetti sono stati affidati ai servizi sociali (i quali, già con ordinanza del Tribunale di maggio 2025 avevano in carico le scelte in materia sanitaria) e collocati, unitamente alla madre, in una casa-famiglia.
All’esito della istruttoria è emerso che i bambini vivevano in una situazione abitativa disagevole ed insalubre (un rudere privo di corrente elettrica, gas e servizi sanitari), in un contesto che non consentiva lo sviluppo di capacità relazionali (i bambini non frequentavano istituti scolastici) e che era gravemente pregiudizievole per la tutela della salute (i bambini non erano stati visitati da un pediatra fino a luglio 2025 e non è stato possibile verificare se fossero stati sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie in quanto i genitori si sono rifiutati di consegnare il relativo libretto e di farli sottoporre ad analisi del sangue per verificare lo stato di sviluppo del sistema immunitario).
Il provvedimento offre lo spunto per esaminare il delicato tema del bilanciamento tra il diritto della famiglia a determinare le proprie scelte di vita e il dovere di tutela dell’interesse dei minori, così come stabilito dagli artt. 30 e 31 della Costituzione.
Ed è solo seguendo le direttrici costituzionali che i giudici hanno adottato misure di protezione a tutela dei minori, ben consapevoli che ogni decisione, in questa materia così delicata, incide sulla quotidianità della vita dei bambini.
La decisione si inserisce in una costante linea giurisprudenziale secondo la quale la tutela dei diritti fondamentali del minore – in particolare il diritto alla salute, alla vita di relazione, all’istruzione e alla riservatezza – costituisce parametro centrale e sufficiente per l’adozione dei provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale.
Il caso presenta molteplici profili di interesse.
In primo luogo, la valutazione del pregiudizio e il ruolo delle condizioni abitative.
Il Tribunale ricostruisce una situazione caratterizzata da degrado igienico-strutturale, assenza di impianti, mancanza di agibilità e condizioni tali da integrare una presunzione legale di pericolo ai sensi dell’art. 24 T.U. edilizia. La decisione valorizza il fatto che la mancanza di sicurezza statica e di salubrità dell’abitazione non richiede un accertamento tecnico particolarmente complesso: l’assenza di certificazioni e impianti essenziali è ritenuta sufficiente a far scattare il rischio di pregiudizio per l’incolumità dei minori.
In secondo luogo, il diritto alla vita di relazione come bene giuridico autonomo.
Il Tribunale richiama espressamente alcune tesi dottrinali (il riferimento è alle teorie di Vygotskij, Piaget, Bandura, Bronfenbrenner ed Erikson) sul ruolo dei pari nell’età evolutiva, fondando il provvedimento anche sul rischio di compromissione della "vita di relazione" dei bambini in età scolare. Il passaggio è particolarmente significativo perché sposta l’attenzione non sul mero adempimento dell’obbligo scolastico, ma sulla necessità che il minore abbia accesso ad un ambiente relazionale adeguato, imprescindibile per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.
In terzo luogo, il tema della riservatezza e dell’esposizione mediatica del minore.
La partecipazione dei bambini a una trasmissione televisiva nazionale ("Le Iene") costituisce, per il Tribunale, una violazione gravissima dei diritti personalissimi del minore: artt. 16 Convenzione ONU 1989, art. 8 CEDU, art. 7 Carta di Nizza, oltre agli artt. 50 Codice privacy e 13 ss. del DPR 448/1988. Si legge nella motivazione che i genitori, esponendo i figli alla mediatizzazione del contenzioso, hanno “utilizzato” i minori per influenzare l’opinione pubblica e condizionare l’esercizio della giurisdizione. Si tratta di un passaggio interessante che potrebbe generare una più ampia riflessione sul rapporto – sempre più problematico – tra comunicazione mediatica e procedimenti minorili.
L'ordinanza offre una motivazione articolata e attenta ai molteplici piani di tutela del minore: fisico, affettivo, relazionale, sanitario e identitario.
La decisione conferma una linea interpretativa ormai consolidata nei procedimenti minorili: la nozione di pregiudizio non si identifica solo in condotte maltrattanti, ma richiede, per escluderne la sussistenza, che il minore possa crescere in un ambiente che garantisca sviluppo, socializzazione, salute e integrità della propria identità.
Si evidenzia che l’allontanamento è stato disposto nel rispetto del criterio di gradualità e ha costituito l’esito di un procedimento nel quale, dopo un’osservazione ed un monitoraggio durato per diversi mesi, si è preso atto dell’inefficacia delle precedenti soluzioni proposte a causa del rifiuto, da parte dei genitori, di rispettare le prescrizioni imposte dal Tribunale per i minorenni.
Sorprende il clamore mediatico che ha accompagnato l’adozione del provvedimento in esame in quanto non solo adottato nel rispetto delle norme vigenti e con finalità esclusivamente protettive dei minori, ma anche perché in linea con molteplici altri provvedimenti adottati da Tribunali per i Minorenni di altre sedi giudiziarie di tutta Italia in casi meno noti, ma analoghi per quanto attiene al pericolo di pregiudizio per i minori.
Infine, non può non rimarcarsi come desti particolare allarme e preoccupazione l’attacco politico all’esercizio di funzioni giurisdizionali, con conseguente alimentazione di un clima di paura e tensione tra la società civile e la magistratura, sempre più spesso, come nel caso in esame, vittima di minacce e insulti sui social networks.
La rilevanza costituzionale dei valori in gioco, soprattutto quando al centro vi è la vita di bambini, impone di evitare qualsivoglia forma di strumentalizzazione e, più in generale, di non minare la fiducia dei cittadini nella magistratura, i cui provvedimenti potranno eventualmente essere vagliati solo nelle opportune sedi giudiziarie.
