Sommario: 1. La sentenza della Corte costituzionale 21 marzo 2025, n. 33: una storia collettiva da scrivere e raccontare - 2. Cosa vuol dire adottare? - 3. È tempo di una vera cultura delle adozioni - 4. Dedicato alle bambine e ai bambini più grandi: parliamo di vacanze preadottive - 5. Cosa accade dopo C. cost. n. 33 del 2025 - 6. Non scoraggiarsi mai, pensando a chi aspetta.
Il 21 marzo 2025 è stato un inizio di primavera destinato a essere ricordato a lungo: la Corte costituzionale, con una storica sentenza (n. 33 del 2025), ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 29 bis legge n. 184 del 1983 nella parte in cui non consente alle persone singole residenti in Italia di presentare dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero residente all’estero e chiedere al tribunale per i minorenni del distretto di residenza di essere dichiarate idonee all’adozione internazionale. Grazie a tale sentenza, il 12 maggio 2025 è stato emesso il primo decreto di idoneità all’adozione internazionale nei confronti di una persona non coniugata.
The 21st of March, 2025 was the beginning of spring that will be remembered for a long time: the Italian Constitutional Court, with a historic ruling (no. 33 of 2025), declared the art. 29 bis of law no. 184 of 1983 unconstitutional in the part in which it does not allow single persons resident in Italy to present a declaration of willingness to adopt a foreign minor resident abroad and to ask the juvenile court of the district of residence to be declared suitable for international adoption. Thanks to this ruling, on May 12, 2025, the first decree of suitability for international adoption was issued for an unmarried person.
1. La sentenza della Corte costituzionale 21 marzo 2025, n. 33: una storia collettiva da scrivere e raccontare
La Corte costituzionale, con la sentenza 21 marzo 2025, n. 33, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 29-bis, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, facendo rinvio all’art. 6, non include le persone singole residenti in Italia fra coloro che possono presentare dichiarazione di disponibilità a adottare un minore straniero residente all’estero e chiedere al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza che lo stesso dichiari la loro idoneità all’adozione[1].
Tale pronuncia – emessa a seguito dell’ordinanza di rimessione del Tribunale per i minorenni di Firenze del 20 maggio 2024[2] - consente alle persone singole la possibilità di presentare domanda davanti al tribunale per i minorenni territorialmente competente per essere dichiarate idonee all’adozione internazionale[3].
La sentenza (la cui motivazione ripercorre l’evoluzione storica dell’istituto, facendo comprendere come si è arrivati all’assetto normativo esistente al momento della pronuncia)[4] si fonda, da un punto di vista tecnico-giuridico, su una complessa triangolazione sistematica tra la norma tacciata di incostituzionalità (l’art. 29 bis, cit., che, richiamando l’art. 6 legge n. 184 del 1983, ha reso possibile - fino al 26 marzo 2025 - solo alle coppie unite in matrimonio da tre anni la presentazione della domanda di idoneità all’adozione internazionale), le norme costituzionali (gli artt. 2 e 117 Cost.) e il parametro interposto (l’art. 8 CEDU), imponendo all’interprete di cimentarsi su più fonti, anche sovranazionali, con un’importante opera di ricucitura sistematica[5].
La sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2025 richiederebbe, in verità, una riflessione non limitata ai soli aspetti di tipo tecnico-giuridico, ma estesa anche ai profili di tipo storico e sociologico. Sarebbe, infatti, opportuno chiedersi perché si sia arrivati alla dichiarazione di incostituzionalità di una norma - a suo tempo, approvata con una votazione plebiscitaria di entrambi i rami del Parlamento – solo dopo un quarto di secolo dal momento in cui (con la riformulazione dell’art. 117 Cost. ad opera della legge cost. 18/10/2001, n. 3) se ne sono palesati i profili di incostituzionalità, in relazione al parametro interposto dell’art. 8 CEDU, cioè della disposizione che, nel sancire il diritto alla vita privata e familiare, scolpisce, al par. 2, i limiti di ingerenza della pubblica autorità (che devono corrispondere a misure necessarie in una società democratica).
La stessa Corte costituzionale nel cd. caso Di Lazzaro[6] (in un diverso contesto normativo, anteriore alla ratifica della Convenzione dell’Aja del 1993, avvenuta con la legge 31/12/1998, n. 476 e alla modifica dell’art. 117 Cost. ad opera della legge cost. n. 3 del 2001) aveva, del resto, gettato un seme, germogliato appieno solo dopo oltre trent’anni, con la pronuncia dello scorso 21 marzo 2025[7].
Tanto più che l’impianto della legge sulle adozioni aveva finito per connotarsi per la presenza di una regola generale (che consentiva l’accesso all’istituto solamente alle persone unite in matrimonio da tre anni) accompagnata da così tante eccezioni da svuotarne in larga parte il contenuto. A tal fine basti citare gli artt. 25, commi 4 (adozione da parte di uno solo coniuge in caso di morte o incapacità dell’altro coniuge durante il periodo di affidamento preadottivo) e 5 (adozione del coniuge, in caso di separazione intervenuta nel corso dell’affidamento preadottivo), 44 (adozioni in casi particolari, tra i quali quella del minore diversamente abile), 40 (adozione internazionale del minorenne cittadino italiano da parte di un cittadino straniero, cui non è richiesto il requisito del coniugio) della legge n. 184 del 1983.
Lo scossone definitivo a un impianto normativo che si trascinava più per inerzia che per la propria coerenza sistematica è stato, infine, dato non solo dalla riforma del 2012[8] (che aveva unificato lo stato di figlio), ma anche dalla sentenza della Corte costituzionale 28/03/2022, n. 79[9], che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 55 legge n. 184 del 1983 nella parte in cui (rinviando all’art. 300, comma 2, c.c.) prevedeva che le adozioni in casi particolari non inducessero alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante.
Erano, quindi, maturi i tempi perché la Corte costituzionale (che sul tema delle adozioni internazionali da parte delle persone singole non aveva mai evocato la discrezionalità del Parlamento[10]) giungesse ad affermare che (anche) la famiglia monoparentale trova riconoscimento nella Costituzione[11].
Per ragioni facilmente intuibili, non entrerò nell’esame dei contenuti di C. cost. n. 33 del 2025, rinviando alla lettura dei primi commenti, peraltro, assai positivi sulla decisione[12], preferendo dedicare alcune brevi riflessioni all’adozione, al suo significato e ai suoi protagonisti e a quello che accadrà in esito alla storica sentenza della Corte costituzionale di inizio primavera.
2. Cosa vuol dire adottare?
Di adozione internazionale (così come più in generale di adozione) si è parlato assai poco in questi anni. Il tema dell’adozione è balzato agli onori delle cronache solamente quando si è parlato di singoli casi che coinvolgevano persone più o meno famose o nei rari casi in cui si è disquisito sui limiti di accesso all’adozione per coloro che non possedevano i requisiti previsti nell’art. 6 legge n. 184 del 1983[13].
Lo scarso interesse per l’istituto nel dibattito pubblico[14] si è accompagnato a una decrescita impietosa dei numeri delle adozioni internazionali. La stessa Corte costituzionale (C. cost. n. 33 del 2025) ha ritenuto opportuno richiamare tali dati che evidenziavano che sia il Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, sezione statistica, sia la Presidenza del Consiglio dei ministri, Commissione per le adozioni internazionali, Autorità centrale per la Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993, documentano il passaggio, nel caso dell’adozione internazionale, da quasi settemila domande nel 2007 a una stima di circa cinquecento domande per il 2024.
Non credo che l’imponente riduzione dei numeri delle adozioni internazionali sia riconducibile solamente alla lunghezza delle procedure, alle verifiche approfondite sull’idoneità degli aspiranti genitori adottivi e ai costi[15], ma che ci siano anche ragioni di carattere culturale: l’adozione resta, tuttora, un terreno sconosciuto ai più, troppo spesso occupato da pregiudizi e false credenze.
È invece necessario fare un po’ di ordine su un tema fondamentale, come quello dell’adozione.
La scelta[16] di diventare genitori manifestando la disponibilità ad adottare un minore straniero in stato di abbandono – cui fa riferimento anche C. cost. n. 33 del 2025 – introduce le prime due parole chiave che vengono in rilievo nell’adozione: disponibilità (quella degli aspiranti genitori adottivi) e diritto ad avere una famiglia (da parte del minore in stato di abbandono). Sotto quest’ultimo profilo è particolarmente centrata la definizione di un indimenticato giurista, secondo il quale: «il minore ha diritto di essere adottato perché ha diritto di essere amato»[17]. Tale prospettiva è recepita anche nel Preambolo della Convenzione dell’Aja del 1993, dove si afferma che il minore deve crescere in un ambiente familiare, in un clima di felicità, d'amore e di comprensione.
Adottare significa intraprendere un viaggio destinato a durare tutta la vita.
Un viaggio che parte dentro se stessi e chiede a ciascun genitore di ripercorrere a ritroso la propria vita per arrivare al momento esatto in cui si varca la soglia di un tribunale per i minorenni per presentare la domanda ex art. 29 bis (o anche ex art. 6 nel caso delle coppie unite in matrimonio da tre anni) legge n. 184 del 1983, per capire le motivazioni che lo hanno portato a manifestare la disponibilità ad adottare un minore.
È un viaggio in cui – prima dell’incontro più importante, cioè quello con i propri figli – i genitori trovano, sulla loro strada, più figure professionali: assistenti sociali, psicologi e giudici minorili.
Sono incontri anche faticosi, perché finalizzati a valutare l’idoneità degli aspiranti genitori adottivi. Non è facile per nessuno sottoporsi al giudizio altrui, quando è in gioco un aspetto così intimo ed essenziale della propria vita personale. Eppure, gli aspetti di tipo valutativo (propri di un procedimento che deve, infine, concludersi con una dichiarazione di idoneità o inidoneità) si innestano su un percorso di rielaborazione e di confronto, che ci porta a capire cosa sia veramente l’adozione.
La valutazione delle persone che manifestano la propria disponibilità all’adozione internazionale non è, infatti, statica, ma dinamica e prospettica, incentrandosi non solo sul loro vissuto e sul suo percorso esistenziale, ma anche sulla loro adattabilità ad affrontare (e fronteggiare) le molteplici situazioni che possono presentarsi in futuro, una volta perfezionato il percorso adottivo.
Come spesso viene ripetuto nei corsi di preparazione per l’adozione organizzati presso i servizi sociali di ciascun comune - da cui prende necessariamente avvio il viaggio degli aspiranti genitori - l’amore non basta: è necessario essere consapevoli che ciò che è accaduto nella vita del minore prima dell’incontro con il genitore o i genitori adottivi potrebbe presentarsi in modo inaspettato (soprattutto nella fase adolescenziale), anche quando il percorso di adattamento e di inserimento in un paese diverso da quello di origine sembra compiuto.
Capire tutto questo serve a riconciliare l’idea di adozione che si ha prima di varcare la soglia del centro per le adozioni in occasione del primo incontro informativo e quello che sapremo sulle adozioni una volta che figure professionali (come assistenti sociali, psicologi o giudici minorili) ci faranno capire cosa è davvero l’adozione e ci porranno davanti al primo bivio: andare avanti o no?
3. È tempo di una vera cultura delle adozioni
Sarebbe tempo che si creasse una vera cultura dell’adozione, in grado di sfatare tanti falsi miti, a partire da quello secondo cui i genitori (o aspiranti genitori) adottivi sono dei benefattori dell’umanità e che adottare significa fare un’opera buona o fare una cosa bella.
Nell’immaginario comune l’adozione è assai spesso considerata come una genitorialità di serie B … quindi, sì, bisogna essere per forza più buoni o più altruisti degli altri per prendere e diventare madre o padre di un figlio o una figlia che non hai messo al mondo.
L’adozione non è, tuttavia, un atto di beneficenza.
Nessuno si sognerebbe di pensarlo per il caso della genitorialità biologica e lo stesso vale anche per l’adozione, perché il legame affettivo che si instaura è lo stesso e non dipende dal fatto che il colore della pelle di tua figlia o di tuo figlio sia come il tuo, che abbia i tuoi occhi, la tua voce, i tuoi talenti o i tuoi difetti. Proprio per questo motivo i genitori adottivi non sono persone più buone dei genitori biologici, ma solo genitori come tutti gli altri, i quali seguono un diverso percorso di maternità o paternità, che implica la disponibilità a dare una famiglia a un minore che ne è privo.
E proprio qui sta il punto centrale: adottare significa diventare genitori di un bambino o una bambina che già esiste e che ha un passato prima di noi, una storia senza di noi, che accogliamo insieme a quel figlio o quella figlia che viene da lontano.
Significa essere consapevoli che nella testa dei nostri figli convivranno per sempre – a livello più o meno inconscio - le figure dei genitori biologici e quelle dei genitori adottivi.
Significa essere consapevoli – e accettare come una cosa naturale - che i nostri figli, prima o poi (magari senza dircelo), si porranno la domanda su come sarebbe stata la loro vita se, invece dei genitori che li hanno adottati, avessero avuto accanto quei genitori che non hanno potuto o non hanno voluto crescerli.
Significa essere consapevoli che i nostri figli un giorno potrebbero avere il desiderio di fare - forse senza di noi - il viaggio alla ricerca delle loro origini, per riconciliare il prima di noi con il dopo con noi.
Significa comprendere che amare davvero qualcuno vuol dire accoglierlo con il suo passato e accettare che quel passato diventi parte di noi.
Significa essere pronti ad aiutare i propri figli a rielaborare quel passato, che può lasciare delle cicatrici che possono riaprirsi in qualsiasi momento, ma che si può provare, almeno, a far smettere di sanguinare.
Significa essere consapevoli che quel vissuto doloroso potrebbe determinare una quotidianità più faticosa di quella che ci possiamo immaginare nel processo di crescita dei nostri figli.
Significa avere consapevolezza che tutto questo potrebbe accadere e accettare di andare avanti, perché rispetto a qualsiasi difficoltà che ci viene prospettata o che ci possiamo immaginare in modo realistico prevale la consapevolezza che siamo risorse per qualcuno che non ha una famiglia e che nel momento in cui accettiamo di proseguire non è più la bambina o il bambino da adottare, ma sono ormai diventati nostra figlia o nostro figlio, anche se non li abbiamo mai visti e dovremo aspettare ancora un po’ prima di incontrarli.
Significa sapere che i nostri figli, da qualche parte, ci stanno aspettando e che noi dobbiamo andare da loro.
Significa intraprendere un viaggio, con una sola possibile destinazione, che si chiama futuro.
4. Dedicato alle bambine e ai bambini più grandi: parliamo di vacanze preadottive
Le statistiche riscontrabili sul sito della Commissione per le adozioni internazionali[18] consegnano un quadro connotato da un progressivo innalzamento dell’età dei bambini adottati, che hanno, quindi, vissuto più tempo in una situazione di abbandono o istituzionalizzata. È tuttavia fallace la vulgata che l’adozione di bambini più grandi comporti necessariamente maggiori difficoltà rispetto ai bambini in più tenera età. In realtà, è la capacità di resilienza di questi piccoli rispetto a un vissuto doloroso e abbandonico a segnare la differenza, esattamente come accade nella vita di ciascuno di noi. È una cosa che si scopre solo durante la crescita dei nostri figli. Proprio per questo sono importanti i saperi e le esperienze delle figure professionali che si incontrano nella fase anteriore e successiva al completamento del percorso adottivo e i contatti con i gruppi delle famiglie adottive, in un reciproco e mutuo scambio di esperienze.
Tuttavia, soprattutto in presenza di minori in fase pre-adolescenziale non può essere tutto sempre e solo rimesso alla buona volontà degli aspiranti genitori adottivi (singoli o in coppia), lasciati troppo spesso a cavarsela da soli.
Per favorire i percorsi adottivi di ragazzi e ragazzi in fase preadolescenziale o adolescenziale sono fondamentali le vacanze preadottive, caratterizzate da viaggi in Italia di minori (individuati dall’autorità centrale del paese di provenienza), presso possibili famiglie adottive (solitamente munite del decreto di idoneità all’adozione internazionale), durante i mesi estivi.
Si tratta di esperienze che consentono non solo la reciproca conoscenza tra i minori e i possibili genitori adottivi, ma soprattutto di vincere le reciproche paure. Tra queste ultime viene in rilievo, in via preliminare, proprio quella di andare a vivere in un paese diverso da quello in cui si è nati da parte di minori che non sono più in tenera età. Le vacanze preadottive sono, quindi, esperienze fondamentali che consentono di costruire ponti di umanità tra ragazze e ragazzi più grandi (che vedono però approssimarsi il momento in cui, con il conseguimento della maggiore età, la fuoriuscita dal circuito protettivo pubblicistico) e i possibili genitori adottivi.
Le vacanze preadottive sono, tuttavia, attualmente ferme, sebbene si tratti, forse, dell’unico strumento in grado di favorire effettivamente l’adozione dei minori più grandi. Eppure, il mondo delle adozioni internazionali ci consegna un quadro confortante in termini di professionalità e di serietà di gran parte degli enti autorizzati ex art. 39 ter legge n. 184 del 1983, così come di alcune figure di spicco (e di consolidate esperienze in ambito minorile) che operano in ambito istituzionale. Sarebbero, tuttavia, necessari protocolli operativi che coinvolgano tutte le istituzioni interessate (con la collaborazione degli enti autorizzati) e progetti concreti che dovrebbero auspicabilmente essere messi in cantiere nei prossimi anni, a decorrere dal 2026. La posta in gioco (il destino di tante ragazze e ragazzi senza una famiglia) è troppo alta, perché gli ostacoli burocratici possano bloccare progetti così importanti.
Certamente, le politiche di promozione dell’adozione internazionale non si nutrono solamente di progetti di vacanze preadottive, ma anche di incentivi che rendano effettivamente paritaria l’accessibilità all’adozione internazionale per tutti coloro (coppie o singoli) che siano dichiarati idonei ad adottare un minore straniero in stato di abbandono, a partire dalle condizioni economiche degli aspiranti genitori adottivi. Mi limito a farne un cenno in questa sede, ripromettendomi di affrontare il tema in modo più ampio in altra occasione.
Ci sono poi semplificazioni di tipo procedurale che potrebbero interessare anche le formalità successive all’emissione del decreto di idoneità all’adozione internazionale, rendendo più agile ai (futuri) genitori adottivi la preparazione della documentazione da inviare all’estero. Sul punto si registrano prassi diversificate nei diversi uffici. Basterebbero, tuttavia, anche poche modifiche regolamentari, come quella di considerare urgenti – a fronte della presentazione del decreto di idoneità all’adozione internazionale – tutti gli atti da compiere presso i Comuni (es. certificati di nascita, stato, residenza e cittadinanza, autentiche), così come l’apposizione della cd. apostille (sia nelle Prefetture che nelle Procure della Repubblica territorialmente competenti).
5. Cosa accade dopo C. cost. n. 33 del 2025
Successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale n. 33 del 2025 si è posto il problema sul come dare attuazione a questa sentenza, che segna un punto di non ritorno in materia di adozioni internazionali.
La pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2025 nella Gazzetta Ufficiale, consente alle persone singole di presentare domanda di idoneità all’adozione internazionale, senza alcuna dilazione. Alcuni tribunali per i minorenni (es. Milano, Venezia e Genova) hanno già provveduto ad aggiornare anche le informazioni nel loro siti web, in modo conforme alla sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2025.
Peraltro, le numerose ipotesi in cui la legislazione interna consentiva anche alle persone non coniugate l’adozione portano a ritenere che non ci si muova su un terreno totalmente sconosciuto agli operatori, che in precedenza si trovavano non di rado ad affrontare casi in cui una persona singola aveva instaurato un rapporto con il minore da adottare. L’aspetto innovativo – e le questioni che si pongono sul piano pratico e operativo – riguarda il fatto che l’intervento additivo della Corte costituzionale sull’art. 29 bis legge n. 184 del 1983 imporrà di valutare l’idoneità a svolgere compiti di natura genitoriale prima che sia instaurato un rapporto con il minore. Si tratterà, quindi, di costruire prassi operative che conducano alla valutazione delle persone singole e della idoneità della famiglia monoparentale (anche in ragione del contesto relazionale in cui è inserito l’aspirante genitore adottivo) ad assicurare un ambiente stabile e armonioso con il minore.
Alcuni articoli pubblicati sulla stampa o su internet, così come gli stessi resoconti degli enti autorizzati che hanno organizzato i primi corsi sulle adozioni (anche) da parte di persone singole, riportano, tuttavia, un quadro connotato da prassi ancora diversificate, da ricondurre, in parte, anche al carico gravoso della domanda di giustizia che caratterizza i tribunali per i minorenni, che devono essere dotati delle risorse necessarie a far fronte all’aumento di istanze ex art. 29 bis legge n. 184 del 1983, nell’ambito di una realtà operativa fisiologicamente caratterizzata da numerose istanze e procedimenti di carattere urgente. È pertanto necessario che i tribunali per i minorenni siano corredati delle risorse necessarie (anche in termini di personale) per far fronte (anche) alle domande di idoneità all’adozione internazionale da parte di una platea di persone sin qui esclusa.
Recentemente la Commissione per le adozioni internazionali e l’Istituto degli Innocenti di Firenze hanno dato impulso a un tavolo interdisciplinare per delineare le traiettorie del percorso di preparazione per l’adozione internazionale[19].
Un ruolo importante può – e deve - essere giocato anche dal Consiglio Superiore della Magistratura (nella ricostruzione delle prassi e nel favorire il confronto tra i ventisei tribunali per i minorenni interessati) e dalla Scuola Superiore della Magistratura nell’ambito della formazione dei magistrati.
6. Non scoraggiarsi mai, pensando a chi aspetta
Vorrei, infine, dire a tutti coloro che si accingono a presentare domanda di idoneità all’adozione internazionale di non lasciarsi scoraggiare dal riassestamento imposto ai tribunali per i minorenni dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 33 del 2025 e dalle difficoltà che si incontrano nel percorso adottivo.
Non credo che ci sia un procedimento per la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale di una persona singola che potrà essere travagliato come quello che ha portato alla pronuncia di C. cost. n. 33 del 2025 (iniziato nel 2019 e concluso nel 2025), caratterizzato da ben due incidenti di incostituzionalità. Certo è che se, a seguito della prima pronuncia della Corte costituzionale che dichiarò inammissibile la prima questione di illegittimità costituzionale dell’art. 29 bis legge n. 184 del 1983 sollevata dal Tribunale per i minorenni di Firenze (C. cost. 23/12/2021, n. 252), la parte e il suo legale[20] avessero deciso di lasciar perdere e non avessero riassunto il procedimento, quando tutte le stelle sembravano avverse, la storia non sarebbe cambiata e oggi non staremmo a disquisire di prassi e di come le persone singole debbano presentare la domanda di idoneità all’adozione internazionale.
Il punto centrale, però, non è la determinazione di chi ha chiesto di essere dichiarata idonea all’adozione internazionale, ma la persona il cui destino – e, prima di tutto, il diritto a essere figlia - si è giocato all’interno di questo procedimento, pur non essendone formalmente parte. Lei ha meritato tutto questo, ha meritato ogni giorno di questi sei anni e merita tutto ciò che di bello la Vita potrà offrirle.
E allora, a tutti coloro che, grazie alla sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2025, si accingono ad affrontare il procedimento per la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale (e anche a coloro che potevano già presentarla da prima) mi resta da dire un’ultima cosa: non dimenticate mai i vostri figli, perché loro, da qualche parte, vi stanno aspettando.
Solo quando arriverete da loro e li accoglierete come figli per loro sarà, davvero, primavera.
[1] Sul sito della Corte costituzionale (www.cortecostituzionale.it) è possibile vedere - nella sezione Giurisprudenza e lavori – video e verbali di udienze - la riproduzione audiovisiva dell’udienza del 29 gennaio 2025, dove è stata discussa la causa che ha condotto alla sentenza n. 33 del 2025. Si tratta della causa n. 2, ord. n. 139/2024, rel. Emanuela Navarretta. La parte ricorrente è stata assistita e rappresentata dall’avv. prof. Romano Vaccarella.
[2] Pubblicata in G.U. – Serie Speciale – Corte costituzionale, n. 28 del 10/07/2024.
[3] La Corte costituzionale non si è occupata delle adozioni nazionali. Occorre evidenziare come il procedimento in cui è stata posta la questione di illegittimità costituzionale degli artt.29 bis e 30 legge n. 184 del 1983 aveva per oggetto la dichiarazione di idoneità all’adozione internazionale e non si occupava, affatto, di adozione nazionale.
[4] Sul tema v. V. Giorgianni, L’adozione internazionale, Trattato di diritto di famiglia (diretto da G. Bonilini), Vol. III, Milano, 2022, 673 ss.
[5] Questa triangolazione tra norma sospetta di incostituzionalità, norma costituzionale (art. 117 Cost.) e parametro interposto (norma della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo), ormai consolidata nella giurisprudenza costituzionale, trova il proprio archetipo in due importanti pronunce della Corte costituzionale n. 348 e 349 del 2007, in tema di indennità di esproprio (in Giur. it., 2008, 565 ss., con note di B. Conforti, La Corte costituzionale e gli obblighi internazionali dello Stato in tema di espropriazione. e R. Calvano, La Corte costituzionale e la CEDU nella sentenza n. 348/2007: Orgoglio e pregiudizio?
[6] C. cost. 16/05/1994, n. 183.
[7] Non a caso C. cost. n. 33 del 2025 richiama proprio C. cost. n. 183 del 1994, v. considerato 9.4., dove si legge che: «Se, dunque, deve ritenersi che la persona singola è idonea a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso, d’altro canto, l’esigenza, sottesa alla scelta del legislatore, di assicurare all’adottato «la presenza, sotto il profilo affettivo ed educativo, di entrambe le figure dei genitori» (sentenza n. 198 del 1986) non viene perseguita con un mezzo idoneo e proporzionato. Come si è già in passato rilevato (sentenza n. 183 del 1994), si tratta di una istanza che può giustificare «una indicazione di preferenza per l’adozione da parte di una coppia di coniugi», ma che non supporta la scelta di convertire tale modello di famiglia in una aprioristica esclusione delle persone singole dalla platea degli adottanti.» La Corte costituzionale non declina, quindi, il criterio di preferenza della coppia rispetto alla persona singola come valore fondato, in positivo, sui principi costituzionali, ma lo riconduce piuttosto ai limiti posti, in negativo, alla discrezionalità del legislatore nella selezione dei possibili genitori adottivi, secondo i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Tale aspetto è rilevante in relazione alla disciplina sulle adozioni nazionali, rimasta fuori dal perimetro di C. cost. n. 33 del 2025. Difatti, l’eventuale intervento del Giudice delle Leggi sull’art. 6 legge n. 184 del 1983 (in assenza di un intervento, medio tempore, del legislatore) sarebbe a rime obbligate – in termini di esclusione o inclusione delle persone singole dall’adozione nazionale.
[8] Sul tema, v. G.F. Basini, Lo stato di figlio, in Trattato di diritto di famiglia (diretto da G. Bonilini), Vol. III, Milano, 2022, p. 3 ss.; M. Bianca, L’unicità dello stato di figlio, in La riforma della filiazione (a cura di C.M. Bianca), Milano, 2015, p. 3 ss.; R. Amagliani, L’unicità dello stato di figlio giuridico, in Riv. dir. civ., 2015, 554.
[9] In Famiglia e diritto, 2022, 897, con nota di M. Sessa, Stato giuridico di filiazione dell’adottato nei casi particolari e moltiplicazione dei vincoli parentali.
[10] C. cost. 85 del 2003; C. cost. n. 347 del 2005; C. cost. 252 del 2021. Sul punto v. anche supra, la nota 7.
[11] Secondo il rapporto annuale 2025 ISTAT – pubblicato il 21/05/2025 - nel 2023-2024 si contano poco meno di 16,4 milioni di nuclei familiari (formati da persone legate da una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio celibe/nubile): poco meno della metà sono coppie con figli (47,9 per cento), mentre le coppie senza figli costituiscono il 33,7 per cento e i nuclei costituiti da genitori soli il 18,4 per cento. Le famiglie monogenitoriali sono poco più di tre milioni, costituite per l’80,2% da madri single.
[12] M. Bianca, La Corte costituzionale e l’apertura dell’adozione alle persone singole. Un modello unico di famiglia monoparentale fondato sulla triade valoriale: autodeterminazione, solidarietà e interesse del minore, in questa Rivista, 06/05/2025; M. Acierno, L'autodeterminazione non egoista secondo la Corte costituzionale, in Questione Giustizia; C. Trapuzzano, Adozione internazionale: legittima l’adozione dei single, in Quotidiano Giuridico, 26/03/2025; A. Figone, Anche i single posso accedere all’adozione internazionale di minori d’età: lo dice la Corte costituzionale, in IUS Famiglie, 25/03/2025.
[13] Anche le iniziative parlamentari per la modifica dell’art. 6 legge n. 184 del 1983 non sono riuscite – nonostante lo sforzo delle proponenti, quasi sempre donne – a creare un vero e proprio dibattito. Per una rassegna sulle iniziative legislative che si sono succedute v. E. Pesce, La lunga marcia verso l’adozione piena da parte del single: una decisione originale, in Famiglia e diritto, 2018, 157 ss.
[14] Tra le poche persone che recentemente (prima della storica pronuncia della Corte costituzionale) hanno affrontato il tema della decrescita delle adozioni - anche con puntuali riferimenti a dati statistici – si possono citare Ferruccio de Bortoli (Il crollo delle adozioni, le voci (angosciate) delle famiglie, in www.corriere.it, 16/01/2025), Marta Camilla Foglia (Adozioni in Italia: tutti gli ostacoli che le scoraggiano, in www.corriere.it), Milena Gabanelli (Dataroom sulle adozioni, in www.corriere.it), Stefania Vadrucci (Crollo delle adozioni internazionali, deve cambiare il sistema, in Alley Oop, Sole24ore, 09/05/2024).
[15] Sotto tale profilo può essere fatta una comparazione limitatamente alle coppie sposate da almeno tre anni - le uniche che possono accedere sia all’adozione, nazionale e internazionale che a tecniche di procreazione medicalmente assistita (quest’ultima aperta anche alle coppie di fatto che non possono, invece, presentare domanda di adozione, v. art. 6 legge n. 184 del 1983 e art. 5 legge n. 40 del 2004) - per evidenziare come i costi di accesso alle tecniche di PMA – con un ticket di poche centinaia di euro – non siano affatto comparabili con i costi di un’adozione internazionale. Ciò rende evidente come, in realtà, il fattore economico possa condizionare (non poco) la scelta di chi, attualmente, ha la possibilità di accedere a tecniche di PMA e di presentare domanda di idoneità all’adozione internazionale o la propria disponibilità per l’adozione nazionale.
I dati dell’Istituto superiore di sanità evidenziano, nel 2022, 109.755 cicli di PMA (https://www.epicentro.iss.it/pma/aggiornamenti#:~:text=In%20Italia%2C%20nel%202021%2C%20sono,tramite%20iniezione%20di%20spermatozoo%20in). Non è questa la sede per un confronto incrociato sui dati delle adozioni internazionali e quelli delle PMA, nel periodo 2004-2022 (prendendo come anno di partenza quello dell’entrata in vigore della legge n. 40 del 2004). Tanto più che i requisiti di accesso alle tecniche di PMA – attualmente limitata solamente alle coppie – non coincidono con quelli previsti nell’art. 6 legge n. 184 del 1983. A decorrere da C. cost. n. 33 del 2025 per quanto riguarda le adozioni internazionali dovranno essere considerate anche le persone singole (che non possono, invece, accedere alla PMA, v. C. cost. 22/05/2025, n. 69). In assenza di dati statistici che possono far comprendere i diversi percorsi di genitorialità, l’unica considerazione che è possibile fare è che la scelta di ricorrere all’adozione piuttosto che alle tecniche di PMA non dovrebbe essere condizionata da fattori economici.
[16] È interessante l’etimologia del termine adozione che deriva dal latino adoptare, formato dal prefisso ad e dal verbo optare, che significa scegliere.
[17] C.M. Bianca, Audizione alla Commissione Giustizia della Camera dei deputati in data 23 maggio 2016. Si legge nel resoconto: «Ripeto ciò che è stato peraltro già rilevato altre volte anche in questa sede: il discorso sulla revisione dell’adozione non deve essere impostato, come da qualche parte si afferma, sull’ipotetico diritto alla filiazione o specificamente sul diritto ad adottare. La prospettiva deve essere rovesciata, perché ciò che va tutelato in via primaria è il diritto del minore a essere adottato. Questo non vuol dire che non ci sia e non sia giuridicamente rilevante l’interesse ad adottare. Certamente questo è un interesse giuridicamente rilevante e tanto più importante se, come è stato detto– scusatemi, ma devo citare Mirzia Bianca– la matrice dell’adozione è una matrice solidaristica.»
[18] La Commissione per le adozioni internazionali, dopo C. cost. n. 33 del 2025, ha svolto un imponente lavoro di aggiornamento del sito www.commissioneadozioni.it, per aggiornarlo con le informazioni relative ai paesi in cui sono consentite le adozioni da parte di persone singole.
[19] Sul punto v. https://www.commissioneadozioni.it/notizie/al-via-un-nuovo-percorso-formativo-per-gli-aspiranti-genitori-adottivi-per-le-adozioni-internazionali/. L’obiettivo è quello di «costruire modalità condivise, coerenti e aggiornate per la formazione degli aspiranti genitori adottivi, attraverso una metodologia partecipativa e interdisciplinare, che prevede il confronto multidisciplinare tra operatori socio-sanitari, magistrati, enti autorizzati ed esperti del settore, tenendo conto anche delle recenti evoluzioni normative e giurisprudenziali, tra cui la sentenza n. 33/2025 della Corte costituzionale.»
[20] Si tratta dell’Avv. Prof. Romano Vaccarella.
Immagine: Karl Wilhelm Friedrich Bauerle, Padre e figlio, 1880, olio su tela, cm 54×65, Southwark Heritage Centre, Londra.