Sommario: 1. «Diritto vivente»: un'introduzione - 2. La «nomofilachia» e la forza del «precedente» - 3. I rapporti nel tempo fra Corte di Cassazione e Corte costituzionale.
1. «Diritto vivente»: un’introduzione
La dottrina del diritto vivente, in disparte la solidità dei riferimenti tecnico-giuridici del concetto, riflette la fluidità e il dinamismo del tessuto delle relazioni e delle tensioni fra Corte costituzionale e Potere giudiziario - in particolare la Corte di cassazione, ma anche il Consiglio di Stato e la Corte dei conti - e nello stesso tempo identifica e monitora la tenuta del modello italiano di giustizia costituzionale [1].
Risulta invero fluida e dinamica la stessa definizione del sintagma «diritto vivente», con riguardo alla identificazione della norma (non della disposizione, secondo la tradizionale lezione crisafulliana [2]), «come essa vive nell’esperienza giurisprudenziale»[3], perciò nell’effettività dell’ordinamento, che costituisce l’oggetto (e il presupposto interpretativo) dello scrutinio di costituzionalità delle leggi in via incidentale.
Con riguardo alla regola procedurale del giudizio di costituzionalità, la Corte qualifica come situazione di fatto, idonea ad attestare l’esistenza di un diritto vivente [4] l’interpretazione giurisprudenziale consolidata della norma, le cui coordinate sono offerte dal tenore univoco, reiterato, costante e conforme dell’orientamento del giudice di legittimità (soprattutto delle sezioni unite della Cassazione laddove compongono conflitti infrasezionali, ma anche di una sezione semplice se esclusivamente competente nella materia), nonché dalla specificità della questione di diritto attinta da quella opzione ermeneutica.
2. La «nomofilachia» e la forza del «precedente»
La dottrina del diritto vivente s’intreccia con il progressivo affermarsi nel tempo, anche nel lessico del legislatore, del ruolo di guida coerenziatrice della Corte suprema di cassazione nella formazione del «precedente» [5], con la conseguente logica conformativa ad esso.
In funzione della tendenziale certezza del diritto, particolarmente avvertita nella materia processuale, e degli elementi qualitativi della prevedibilità e omogeneità delle decisioni e della uguaglianza degli spazi di tutela dei diritti fondamentali della persona, il legislatore moderno (dall’ancora vigente art. 65 ord. giud. di cui al r.d. n. 12/1941 fino alle più recenti riforme del processo civile e penale di cassazione: d.lgs. n. 40/2006; d.l. n. 168/2016, conv. dalla l. n. 197/2016; l. n. 103 del 2017; d.lgs. n. 149 del 2022) riscopre il valore della «uniforme applicazione della legge», enfatizzando, per il perseguimento dell’obiettivo, lo strumento della «nomofilachia».
Le moderne teorie dell’interpretazione hanno messo in risalto la centralità della figura dell’interprete, il suo ruolo integrativo o parzialmente creativo della norma - sempre che non superi la linea di rottura con il dato positivo emergente dalla letteralità del testo («non contro ma oltre la legge» [6]) -, l’assetto multilevel delle fonti, sia legislative che giurisprudenziali, e il conseguente pluralismo delle letture ermeneutiche.
Sicché, a fronte del rischio di liquidità e incalcolabilità del diritto [7], il sistema di giustizia appresta, mediante la sapiente costruzione da parte della Corte di cassazione di una rete di autorevoli precedenti, «una bussola agli operatori del diritto per orientarsi in un contesto ordinamentale tanto fluido» [8].
Si avverte tuttavia che la nomofilachia, nella più larga e moderna accezione, orizzontale e circolare, «non è un valore assoluto ma metodologico» che, nell’inarrestabile evoluzione della giurisprudenza, confluisce dinamicamente nel «dovere funzionale di ragionevole mantenimento della soluzione ragionevolmente conseguita» [9].
Essa si atteggia nella veste di metodo discorsivo, ispirato al principium cooperationis, e si qualifica in termini di procedura di formazione del precedente, il cui vincolo ermeneutico, seppure indiretto e mediato [10], assume un carattere logico-argomentativo in forza delle ragioni che lo giustificano (auctoritas rerum similiter iudicatarum).
Ne discende, come lineare corollario, che i relativi canoni debbano essere assistiti da un rigoroso disciplinamento, anche deontologico, che assicuri il rispetto, insieme con la «legalità penale», anche della «legalità dell’interpretazione» [11].
3. I rapporti nel tempo fra Corte di cassazione e Corte costituzionale
Le relazioni fra le due Corti hanno vissuto fasi di tensioni e conflitti talora anche aspri. Dalla «prima» alla «seconda guerra», meglio: dalla concorrenza fra le due Corti per l’occupazione degli spazi di autonoma lettura interpretativa della norma, passando attraverso vari e progressivi assestamenti delle tecniche di composizione di volta in volta adottate (ad esempio: le sentenze interpretative di rigetto o di accoglimento, la doppia pronuncia e la teoria dell’interpretazione conforme), sembra intravedersi, dopo circa trent’anni, la transizione verso una più matura e virtuosa età del dialogo e della cooperazione, in coerenza sia con gli interventi legislativi che si sono sviluppati nel tempo a favore degli schemi e delle prospettive della nomofilachia, sia con la contestuale e operosa apertura al dialogo con le Corti europee di Strasburgo e Lussemburgo.
Appaiono, infatti, significativamente apprezzabili sia la progressiva valorizzazione da parte delle decisioni della Corte costituzionale degli approdi ermeneutici della Cassazione (soprattutto delle sezioni unite), sia il self restraint esercitato dalla stessa Corte a favore del rilievo nomofilattico del diritto vivente formatosi sulla questione controversa, fatti salvi in ogni caso il margine di apprezzamento degli indici rivelatori circa la effettiva «vivenza» della norma e la riserva di valutazione della compatibilità di questa con la Costituzione.
Si è perspicuamente affermato che fluidità, criticità e nuove declinazioni nella concreta applicazione della dottrina del diritto vivente rendono l’equilibrio sempre incerto e instabile quanto alle rispettive linee di confine. Si avverte tuttavia la comune consapevolezza che il modello italiano di giustizia costituzionale si andrà delineando storicamente anche alla stregua della qualità delle relazioni che s’instaureranno, di tempo in tempo, fra Corte costituzionale e Potere giudiziario, in particolare la Corte di cassazione.
[1] L’assunto è confermato dal titolo - “A che punto è la dottrina del diritto vivente?” - del confronto sul tema, aperto ai giovani studiosi dalla Direzione della Rivista Giurisprudenza costituzionale, i cui contributi saranno pubblicati nel n. 5/2023 della stessa Rivista.
[2] V. CRISAFULLI, voce Disposizione (e norma), in Enc. Dir., XIII, 1964, Milano, p. 195 ss.
[3] T. ASCARELLI, Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, Cedam, 1957.
[4] L’espressione compare, per la prima volta, in C. cost., n. 276/74, cui adde, per gli indicatori dei caratteri del diritto vivente, C. cost., n. 89/2018 e n. 89/2021.
[5] M. TARUFFO, Precedente e giurisprudenza, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2007, p. 709 ss.; P. CURZIO, Il giudice e il precedente, in Quest. giust., n. 4/2018, p. 578 ss. Cfr., volendo, G. CANZIO, Legalità penale, processi decisionali e nomofilachia, Atti del convegno “Tra legge e giudice alla ricerca di un equilibrio per la legalità penale” (Firenze, 20 maggio 2022), in Sist. pen., n. 12/2022, p. 49 ss.; ID., La funzione nomofilattica fra dissenting opinion ed esigenze di trasparenza, in Scenari e trasformazioni del processo penale. Ricordando Massimo Nobili, a cura di C. Iasevoli, ESI, 2020, p. 125 ss.
[6] Si esprime esattamente e sorprendentemente in termini G. MATTEOTTI, Il concetto di sentenza penale, in Riv. Pen., 1918, vol. LXXXVIII, p. 362. Sul tema, v. Cass., sez. un. pen., n. 8770/2018, Mariotti e n. 18288/2010, P.G. in proc. Beschi.
[7] N. IRTI, Un diritto incalcolabile, in Riv. dir. civ., 2015, p. 11 ss. Sulla crisi del normativismo e sulle moderne tecniche di legistica, cons. AA.VV., Giudici e legislatori, in Dir. pubbl., 2016, p. 483 ss.
[8] B. SBORO, Il “diritto vivente” nel giudizio incidentale, in Quad. cost., n. 2/2023, p. 381 ss.
[9] G. BORRE’, L’evoluzione della Corte nel diritto commerciale e del lavoro, nel diritto pubblico e processuale civile, in La Corte di cassazione nell’ordinamento democratico, Milano, 1996, p. 252 ss.
[10] Sulla regola di raccordo fra sezioni semplici e sezioni unite della Cassazione, v. per il giudizio civile l’art. 374, comma 3, c.p.c., sost. dall’art. 8 d.lgs. n. 40 del 2006, e per il giudizio penale l’art. 618, comma 1-bis, c.p.p., ins. dalla l. n. 103 del 2017, in coerenza con quanto analogamente previsto sia per il giudizio amministrativo dall’art. 99, comma 3, d.lgs. n. 104 del 2010 che per quello contabile dagli artt. 42, comma 2, l. n. 69 del 2009 e 117 d.lgs. n. 174 del 2016, con riguardo alle decisioni dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato e, rispettivamente, delle sezioni riunite della Corte dei conti. Per il positivo scrutinio di legittimità costituzionale della regola, C. cost. n. 30 del 2011.
[11] F. PALAZZO, Legalità penale, interpretazione ed etica del giudice, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2020, 1249; V. MANES, Dalla fattispecie al precedente: appunti di deontologia ermeneutica, in Dir. pen. contemp., 17/1/2018; A. SANTANGELO, Precedente e prevedibilità. Profili di deontologia ermeneutica nell’era del diritto penale giurisprudenziale, Torino, 2022.
[12] L. SALVATO, La nomofilachia nella dialettica tra Corte costituzionale e Corte di cassazione, in www.forumquaderni costituzionali.it, 9/11/2018; F. VIGANO’, Il diritto giurisprudenziale nella prospettiva della Corte costituzionale, in Sist. pen., 19/1/2021.
*Intervento pronunciato in occasione del convegno, I Cento anni della Corte di cassazione "Unica", Roma 28 novembre 2023.