Sommario: 1. Il caso di specie. – 2. La normativa di riferimento in materia di inclusione scolastica. – 2.1. Il quadro costituzionale. – 2.2. Un excursus sul piano normativo dall’integrazione all’inclusione scolastica dello studente con disabilità. – 3. Lo strumento del P.E.I.: competenze e alterne vicende sul piano normativo e nella giurisprudenza. – 4. La questione dell’assegnazione delle ore di sostegno. – 5. Il caso di specie: istituti scolastici statali e comunali e relative competenze in materia di inclusione alla luce della normativa vigente. – 6. Brevi considerazioni conclusive.
1. Il caso di specie
La pronuncia in esame concerne l’ambito delle concrete misure di attuazione del principio di inclusione scolastica degli alunni con disabilità, il quale – come nel caso di specie – si sostanzia nella adozione di un piano educativo individualizzato (di seguito P.E.I.) rispondente alle esigenze del singolo alunno in relazione al grado ed alla tipologia di disabilità presentata; quest’ultimo documento annovera, in particolare, le ore di sostegno settimanali e di assistenza specialistica delle quali il soggetto necessita, secondo quanto descritto nello stesso documento propedeutico rispetto al P.E.I. e – alla luce della più recente normativa – definito “Profilo di funzionamento”[i].
Nel caso in questione, in dettaglio, un’amministrazione comunale propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, pronunciatosi sul ricorso presentato dai genitori di alunno con disabilità certificate per l’annullamento dei provvedimenti dell’amministrazione locale appellante di assegnazione al figlio minore delle ore settimanali di sostegno spettanti per l’anno scolastico 2020-2021, presso la scuola dell’infanzia comunale frequentata, oltre che ai fini dell’accertamento in sede giudiziale del diritto ad ottenere per l’anno scolastico 2021-2022 l’assegnazione di 33 ore settimanali di sostegno, di cui 8 di assistenza specialistica, secondo il rapporto 1 a 1 con le ore scolastiche.
Peraltro, occorre porre in evidenza come i provvedimenti amministrativi di cui trattasi, che i coniugi impugnano, erano stati adottati dalla c.d. «Commissione Inclusione», organo istituito dall’ente locale coinvolto mediante proprio regolamento di settore (nello specifico, regolamento per le scuole dell’infanzia comunali), nell’ambito del procedimento di formazione del P.E.I., ai sensi della normativa vigente e così, in particolare, ex artt. 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328 (meglio nota quale “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”), e 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, c.d. “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”.
In aggiunta, i genitori dell’alunno disabile impugnano lo stesso decreto del Ministro dell’istruzione, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 29 dicembre 2020, n. 182, recante Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66”, nella parte in cui aveva previsto limiti quantitativi di ore di sostegno[ii].
L’adito Tribunale amministrativo – nella fattispecie il T.A.R. Lazio, sede di Roma, davanti al quale il giudizio veniva riassunto a seguito di declinatoria di competenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte – in parziale accoglimento dell’impugnazione, ravvisava nell’ambito della sentenza la violazione procedimentale consistente nel fatto che il piano educativo contestato erano stati predisposto senza l’intervento degli organi statali, istituiti in base alle norme di legge nazionale finalizzata all’inclusione scolastica, ovvero il «Gruppo per l’inclusione territoriale (G.I.T.)» e il «Gruppo di lavoro operativo per l’inclusione» (di seguito G.L.O.), ai sensi dell’art. 15, commi 4 e 10, della citata legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall’art. 9 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 66[iii].
Nella predetta sentenza, pertanto, si chiariva come il G.L.O. dovesse essere considerato l’«unico organo competente» per la redazione del piano individualizzato e si statuiva che la normativa di legge statale sul punto non potesse essere derogata da disposizioni interne dell’amministrazione comunale resistente, con la sostituzione di propri organi rispetto a quelli previsti a livello nazionale.
Ebbene, nello stesso senso si pronuncia il Consiglio di Stato, nell’ambito della pronuncia in esame, laddove espressamente dispone che le norme volte alla concreta inclusione scolastica, anche con specifico riguardo agli organi quali gruppi di lavoro “multilivello” aventi competenze specifiche nella redazione del piano educativo individualizzato dello studente con disabilità, debbano essere applicate anche alle istituzioni scolastiche degli enti locali.
2. La normativa di riferimento in materia di inclusione scolastica
Nel nostro ordinamento, negli ultimi decenni, si può osservare un evidente processo di adeguamento sul piano interno rispetto alle previsioni sovranazionali[iv], oltre che costituzionali, che ha condotto dalla sostanziale emarginazione dello studente con disabilità, ad una progressiva integrazione del medesimo nel gruppo classe, sino – negli anni più recenti – ad una sostanziale inclusione[v].
In particolare, per ciò che concerne la normativa internazionale in materia, di estrema rilevanza appare l’elaborazione ad opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, o ICF (“International Classification of Functioning, Disability and Health”), la quale nel revisionare i due precedenti sistemi (ICDC del 1970 e ICIDH del 1980) definisce il grado di disabilità di un soggetto prendendo in esame le dimensioni positive, ovvero le capacità residue della persona e propone un modello concettuale teso ad enfatizzare la nozione universale di “funzionamento” quale fondamento della comprensione dello stato di salute.
Ancora, in ambito internazionale, riveste rilevanza la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata in Italia per mezzo della legge 3 marzo 2009, n. 18.
Del pari, in ambito europeo, non si può non menzionare la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (meglio nota quale “Carta di Nizza”), del 18 dicembre 2001, che statuisce all’art. 26 come «l’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità».
L’art. 19 della Convenzione, in particolare, sancisce poi il diritto dei soggetti disabili ad una vita indipendente ed alla piena inclusione nell’ambito della comunità in senso generale; alla lett. b) del medesimo articolo si evidenzia come gli Stati parti della Convenzione debbano garantire alle persone con disabilità l’accesso «ad una serie di servizi di sostegno domiciliare, residenziale o di co- munità, compresa l’assistenza personale necessaria per permettere loro di vivere all’interno della comunità e di inserirvisi e impedire che esse siano isolate o vittime di segregazione»[vi].
2.1. Il quadro costituzionale
Trattando di inclusione scolastica non si può non fare riferimento, pensando al dettato della Costituzione, anzitutto all’art. 34 Cost., il quale – come noto – esplicita che “la scuola è aperta a tutti”; in tal senso, individua cioè un diritto-dovere di frequentare la scuola “obbligatoria e gratuita” che concerne soprattutto i primi anni di vita del minore. Tale diritto all’istruzione interessa indifferentemente tutti i bambini e così anche coloro che presentano una disabilità di qualsivoglia grado e tipologia[vii].
La suddetta previsione, peraltro, deve essere letta in stretta connessione con l’articolo precedente della Carta costituzionale nella misura in cui, ai sensi dell’art. 33 Cost., è la Repubblica che deve farsi carico di assicurare il predetto diritto-dovere alla frequenza scolastica, anche con riferimento allo studente disabile e, in senso generale, l’istruzione e l’educazione dei giovani, intesa anche quale servizio pubblico garantito mediante l’istituzione di scuole statali per tutti gli ordini e i gradi[viii].
Ai sensi del medesimo articolo 33 Cost., peraltro, è riconosciuto anche a enti privati il diritto di creare e istituire scuole conformemente ad un principio generale di democrazia pluralista che informa la nostra Costituzione[ix]. La norma in questione, in altri termini, riconosce la possibilità di istituire scuole pubbliche (statali, bensì anche paritarie istituite da enti pubblici diversi dallo Stato), oltre che private (private od anche private paritarie) secondo un sistema “misto” volto a garantire, come accennato, pluralismo e uguaglianza (ai sensi dell’art. 3 Cost.)[x].
Quest’ultimo profilo, disciplinato anche dalla legge n.62/2000[xi], pare foriero di questioni problematiche laddove in relazione a talune fattispecie, quale quella concreta alla base della decisione in commento, si sono generati dubbi interpretativi circa le specifiche competenze sul piano dell’attuazione del principio dell’inclusione scolastica nell’ambito della scuola istituita non dallo Stato, ma dall’ente locale.
Le stesse previsioni costituzionali appena prese in esame concernenti il diritto all’istruzione, annoverato tra gli altri diritti sociali presi in esame specificamente dal testo costituzionale, debbono altresì essere analizzate in connessione con l’art. 2 Cost., ritenuto che la scuola deve essere annoverata tra le altre formazioni sociali considerate dalla Costituzione e nell’ambito della quale si sviluppa la personalità dell’alunno, indispensabile al fine del godimento degli altri diritti tutelati dalla Costituzione.
L’inclusione scolastica trova poi ulteriore tutela e riconoscimento nell’ambito della Carta costituzionale laddove all’art. 3 comma 1, si pone un generale divieto di discriminazione dei soggetti, secondo un’accezione formale del principio di uguaglianza, ma soprattutto all’art. 3 comma 2, ove – al fine del raggiungimento di un’effettiva uguaglianza tra individui, anche sul piano scolastico, lo Stato è chiamato a rimuovere tutti gli ostacoli che lo studente con disabilità possa incontrare nel suo percorso, mediante appositi interventi concreti, valutazioni differenziate, risorse umane ad hoc (così assistenti, facilitatori, educatori e, soprattutto docenti di sostegno), oltre che per mezzo di specifici strumenti quali accertamenti della condizione di disabilità, piani di valutazione della disabilità e piani educativi individualizzati (oggetto della pronuncia in commento).
Si noti, peraltro, che i padri costituenti, ben consci della necessità di un trattamento differenziato nei confronti di alunni affetti da handicap, hanno in tal senso predisposto un’apposita norma nell’ambito della sezione della Carta costituzione dedicata ai diritti sociali: in tal senso l’art. 38 Cost. individua espressamente nei confronti degli inabili e dei minorati un indifferenziato “diritto all’educazione ed all’avviamento professionale”. Disposizione quest’ultima che, letta in combinato disposto con le altre previsioni predette di rilevanza costituzionale, ha dato avvio ad un percorso verso l’integrazione scolastica degli studenti con disabilità anche sul piano normativo.
Di rilievo in materia appare la stessa celebre pronuncia della Corte costituzionale 3 giugno 1987, n. 215, la quale ha espressamente riconosciuto il pieno ed incondizionato diritto di tutti gli alunni con disabilità, in qualsivoglia caso di minorazione ed a prescindere dal grado di complessità della stessa, alla frequenza nelle scuole di ogni ordine e grado[xii].
Sempre in argomento non si può non menzionare la successiva pronuncia del Giudice costituzionale n. 275/2016 nell’ambito della quale la Corte ha ulteriormente esplicitato che «il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale. (...) La natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con l. 3 marzo 2009, n. 18, impone alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati» (...), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare l’ef- fettività del medesimo diritto»[xiii].
2.2. Un excursus sul piano normativo dall’integrazione all’inclusione scolastica dello studente con disabilità
In ambito nazionale, il testo legislativo di riferimento appare senza dubbio la legge 5 febbraio 1992, n. 104, c.d. «Legge- quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate» la quale, all’art. 3, definisce la persona disabile come «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione».
La legge in questione riporta in particolare agli artt. 12 ss. specifiche disposizioni concernenti il diritto all'educazione e all'istruzione del soggetto con disabilità concretizzando in primo luogo i principi generali di uguaglianza e inclusione aventi rilevanza costituzionale.
Peraltro, la stessa legge giunge all’esito di un travagliato percorso che si riscontra nel nostro ordinamento rispetto all’attuazione dell’inclusione scolastica dell’alunno con disabilità, anche sul piano della concretizzazione del principio stesso mediante precise statuizioni nell’ambito della normativa nazionale.
Infatti, sebbene – come accennato – la Costituzione Repubblicana nel 1948 abbia esplicitato, tra gli altri, il principio di uguaglianza e la conseguente necessità di garantire a tutti – dunque anche ai soggetti più deboli e così ai disabili – i medesimi diritti civili, di fatto, tuttavia, nell’ambito della legislazione ordinaria statale, quantomeno sino agli anni Settanta del secolo scorso, le misure in favore dei soggetti disabili si sono sostanziate esclusivamente in provvidenze economiche e risarcimenti. In altri termini, sino alla metà degli anni Settanta, non si è registrata un’attenzione del legislatore nazionale a sostegno dei soggetti aventi problematiche di disabilità; tale fenomeno si è peraltro verificato, verosimilmente, anche in ragione della frammentazione delle competenze assistenziali, attribuite sino a quel momento a Comuni e Province[xiv].
In ottica generale, può dunque affermarsi che la questione della disabilità in ambito scolastico ha attraversato diverse fasi: una prima fase di tendenziale esclusione dei soggetti disabili, posto il sostegno prestato dallo Stato in favore di tali soggetti perlopiù in ottica assistenziale; una prima apertura nel senso dell’“inserimento” degli stessi, principalmente grazie ai principi posti dalla l. n. 118/1971; una successiva fase di integrazione ben espressa nella l. n. 104/1992, sino alla più recente ed attuale fase orientata ad una vera e propria inclusione dello studente con disabilità[xv].
Nel dettaglio, ad opera della nota “riforma Gentile”, nel 1923, sono introdotte le prime generali previsioni specifiche a proposito dell’istruzione scolastica in favore dei minori disabili; con ulteriori successive disposizioni, nel 1928, sono di seguito introdotte le c.d. classi differenziali e le scuole speciali: agli alunni con disabilità, di fatto, è garantito il diritto all’istruzione, sebbene nell’ambito di classi e scuole “speciali”, in un sostanziale regime di separazione rispetto alle classi ordinarie.
Mediante il d.l. 30 gennaio 1971, n. 5, convertito nella legge 30 marzo 1971, n. 118, recante «Provvidenze in favore dei mutilati ed invalidi civili», lo Stato approva un primo compendio normativo che prevede un iniziale sistema di interventi in favore dei soggetti mutilati e invalidi. La legge in questione si rivolge espressamente ai «cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età».
Il provvedimento legislativo in questione, concretamente, dispone misure di assistenza economica, quali pensioni di inabilità, ovvero assegni, ma altresì concrete misure ed interventi in termini di assistenza sanitaria (così riabilitazione, protesi ed ausili), assistenza sociale (come l’accompagnamento della famiglia), speciali misure di inserimento scolastico, formazione professionale e inserimento lavorativo (lavoro protetto, congedi per cure), oltre che provvedimenti al fine dell’eliminazione delle barriere architettoniche in relazione ad edifici ad uso pubblico e mezzi di trasporto. Per tale ragione, si è affermato che la l. n. 118/1971 possa essere intesa come la prima legge volta a favorire concretamente l’integrazione a tutto campo delle persone disabili, attuando in tal modo i summenzionati principi di rango costituzionale[xvi]
Sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, con l’approvazione della l. n. 517/1977, si scorgono le prime previsioni innovative in materia, con il superamento del mero principio dell’inserimento scolastico. L’art. 2 della legge in parola stabilisce che «la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap con la prestazione di insegnanti specializzati». Inoltre, si precisa che «devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive, competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale».
Sul piano delle competenze legislative, peraltro, si registra con la nascita delle Regioni un’attribuzione alle medesime di poteri di programmazione anche nell’ambito assistenziale; mediante il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 si attua un concreto decentramento, con il trasferimento delle competenze in materia di assistenza e beneficenza pubblica in favore delle Regioni; in capo ai Comuni residua, inoltre, la competenza circa l’organizzazione e la gestione dei servizi nelle materie predette. Spettano invece allo Stato, secondo quanto previsto all’art. 5, «la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle regioni in materia sanitaria», oltre che le ulteriori funzioni di cui all’art. 6.
Ai soggetti disabili è poi specificamente dedicato l’art. 26 della successiva l. n. 833/1978, ove è espressamente previsto che «le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, sono erogate dalle unità sanitarie loca- li attraverso i propri servizi. L’unità sanitaria locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvede mediante convenzioni con istituti esistenti nella regione in cui abita l’utente o anche in altre regioni, aventi i requisiti indicati dalla legge, stipulate in conformità ad uno schema tipo approvato dal Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale».
In conseguenza di tali previsioni ed in presenza di un’evidente frammentazione delle competenze tra Province, Comuni e Asl, si è pertanto registrata una palese difformità nell’attribuzione degli specifici compiti alle Asl in sede di legislazione regionale. Si noti altresì che talune Regioni, negli anni successivi, in assenza di un’organica riforma sul punto, hanno approvato proprie leggi nella materia della assistenza sociale e, in specifici casi, anche a proposito della tutela dei soggetti disabili.
Alla luce delle diverse legislazioni regionali approvate, pertanto, il legislatore nazionale giunge alla definizione di una regolamentazione organica in materia di disabilità, allo scopo di favorire una concreta integrazione del soggetto disabile nell’ambito familiare, scolastico, lavorativo e, in termini generali, nella società, mediante la suddetta legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Ulteriore imprescindibile riferimento normativo in materia è rappresentato dalla l. 8 novembre 2000, n. 328, «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali» mediante la quale il legislatore ha dettato una disciplina uniforme sul piano nazionale, dando avvio al Piano sociale nazionale, al fondo sociale nazionale, alla programmazione mediante Piani regionali e Piani di zona e, da ultimo, ha rinviato ad una serie di successivi atti la riorganizzazione globale del sistema dei servizi sociali.
La legge in questione, di seguito, pur in presenza dell’intervenuta riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001 e, dunque, in virtù delle rilevanti modifiche occorse in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni e della sua c.d. “cedevolezza”, è stata ripresa dalle diverse legislazioni regionali, anche nella materia della disabilità, soprattutto per quel che concerne l’art. 14 della medesima disciplinante i «progetti individuali per le persone disabili», predisposti dai Comuni, d’intesa con le aziende unità sanitarie locali (oggi Asl), sulla scia di quanto già previsto dall’art. 39 della l. n. 104/1992 (di seguito integrato ad opera della l. n. 162/1998) in termini di «piani personalizzati». Il progetto individuale di cui all’art. 14, come da espressa previsione legislativa, «comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con partico- lare riferimento al recupero e all’integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale».
3. Lo strumento del P.E.I.: competenze e alterne vicende sul piano normativo e nella giurisprudenza
Come anticipato, il testo normativo di riferimento nella materia dell’inclusione scolastica appare ancora oggi la legge n. 104/1992, sebbene interessata nel tempo da successivi e frequenti interventi di modifica, tra i quali non si possono non menzionare quelli recentemente disposti dal d.lgs. n. 66/2017 e dal d.lgs. n. 96/2019, recante disposizioni integrative e correttive al precedente d.lgs. 13 aprile 2017, n. 66, in materia di promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’art. 1, commi 180 e 181, lett. c), della l. 13 luglio 2015, n. 107, c.d. legge “Buona Scuola”.
In dettaglio, la legge quadro n. 104/1992 dedica gli articoli da 12 a 16 all’istruzione e alla formazione degli alunni con disabilità.
All’art. 12, in particolare, si trova esplicitato il diritto all’educazione e all’istruzione del soggetto disabile, a partire dalla scuola dell’infanzia, sino alle istituzioni universitarie.
All’art. 12, comma 5, poi si prevede che, contestualmente all’accertamento della disabilità di cui all’art. 4 della legge quadro, i genitori del minore con disabilità possano richiedere l’accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica: «tale accertamento è propedeutico alla redazione del profilo di funzionamento, predisposto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ai fini della formulazione del Piano educativo individualizzato (Pei) facente parte del progetto individuale di cui all’articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328».
Sul piano delle competenze nell’attuazione delle concrete misure di inclusione, inoltre, il provvedimento normativo del governo del 2017, sostituendo integralmente l’art. 15 della legge n. 104/1992, ha istituito un nuovo sistema di governancestrutturato su diversi livelli chiamati ad operare in maniera coordinata: così, a livello regionale, presso ogni Ufficio scolastico (USR) è stato istituito il Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale (G.L.I.R.); per ciascun ambito territoriale è, inoltre, stato impostato il Gruppo per l’inclusione territoriale (G.I.T.), peraltro integrato dalle associazioni rappresentative delle persone con disabilità, oltre che dagli Enti locali e dalle Aziende sanitarie lo- cali. In aggiunta, presso ciascuna istituzione scolastica è stato istituito il Gruppo di lavoro per l’inclusione (G.L.I.), composto da docenti curricolari, docenti di sostegno e, eventualmente, da personale Ata, nonché da specialisti dell’Asl del territorio di riferimento dell’istituzione scolastica.
Da ultimo, con le modifiche disposte dal d.lgs. 96/2019 al testo del d.lgs. del 2017 si è introdotto all’art. 9, comma 10, il Gruppo di Lavoro Operativo (G.L.O.), quale raggruppamento del team dei docenti contitolari (per la scuola primaria) e dei membri del consiglio di classe (per la scuola secondaria), compreso l’insegnante di sostegno, e presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato, aperto alla partecipazione dei genitori dell’alunno con disabilità, nonché alle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con l’alunno disabile e con “il necessario supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare”, competente nella stesura del Profilo di funzionamento.
Ebbene, in termini di specifiche competenze del gruppo in questione, la normativa predetta a livello nazionale statuisce, con specifico riferimento alla “proposta” delle ore di sostegno in favore dell’alunno con disabilità, che compete al G.L.O. l’elaborazione ed approvazione dello strumento del P.E.I.[xvii]; lo stesso art. 7, comma 2, lett. d) del d.lgs. n. 66/2017, inoltre, precisa che il G.L.O. è altresì chiamato ad esplicitare “le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno alla classe”; il P.E.I. va poi redatto in via provvisoria entro giugno e in via definitiva entro ottobre (lett. g)).
Lo stesso art. 9, comma 10 ribadisce che il P.E.I. comprende “la proposta di quantificazione di ore di sostegno e delle altre misure di sostegno, tenuto conto del profilo di funzionamento”.
Dunque, alla luce della suddetta normativa, occorre considerare che il Gruppo di lavoro operativo deve essere concepito quale organo facente capo all’istituzione scolastica, dotato di autonomia rispetto alle stesse istituzioni da cui trae le proprie componenti (scuola, famiglia, ambito sanitario, ente territoriale).
Ebbene, in aggiunta rispetto alle previsioni anzidette il d.lgs. n.66/2017 all’art. 7, comma 2-ter, ha demandato ad un apposito decreto del Ministero dell’Istruzione (di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze) la definizione del nuovo modello di P.E.I. per le istituzioni scolastiche. Così, qualche anno più tardi, il decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, ha individuato: un nuovo modello di Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), unico per tutte le scuole, diversificato per ordine e grado (con allegati quattro modelli di P.E.I., rispettivamente per la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado); Linee guida finalizzate alla stesura del PEI; una scheda per l’individuazione del “debito di funzionamento”, cioè per l’individuazione delle principali dimensioni interessate dal bisogno di supporto per l’alunno ed una tabella per l’individuazione dei fabbisogni di risorse professionali per il sostegno e l’assistenza[xviii].
Al decreto in questione, tuttavia, hanno fatto seguito una serie di ricorsi presentati da associazioni di genitori di alunni disabili, sfociati in particolare nella nota pronuncia del T.A.R. Lazio, 14 settembre 2021, n. 9795, mediante la quale si è disposto di fatto l’annullamento del D.M. n. 182/2020 e degli atti connessi al medesimo, sulla base della principale argomentazione per cui le prescrizioni del d.i. avrebbero travalicato il perimetro delle deleghe predeterminate per legge sul punto[xix].
Il Ministero, conseguentemente, ha emanato la nota n. 2044 del 17 settembre 2021 mediante la quale ha evidenziato la necessità di dare continuità all’azione educativa e didattica a favore degli alunni con disabilità, rammentando la vigenza del d.lgs. n. 66/2017, come modificato dal d.lgs. 96/2019, laddove si ritrovano indicazioni dettagliate al fine di assicurare la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti nel progetto di inclusione[xx].
La vicenda si è arricchita, di seguito, di una ulteriore fase sul piano giurisprudenziale, con la sentenza del Consiglio di Stato del 26 aprile 2022 n. 3196, di accoglimento del ricorso presentato dai Ministeri dell’Istruzione e dell’Economia che, in contrasto con le statuizioni del T.A.R. Lazio del 2021 anzidette, ha confermato la vigenza del citato decreto interministeriale n.182/2020, oltre alle connesse Linee guida e ai modelli di P.E.I.[xxi].
Di fatto, dunque, all’esito di tale recente pronuncia, hanno riassunto una valenza per le istituzioni scolastiche il decreto recante “Adozione del modello nazionale di Piano educativo individualizzato e delle correlate Linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità” ed i relativi allegati modelli di P.E.I.[xxii].
4. La questione dell’assegnazione delle ore di sostegno
Alla luce della richiamata normativa vigente in materia, le singole proposte approvate dai G.L.O. per ogni singolo alunno vengono dunque acquisite e valutate dai dirigenti scolastici al fine della formulazione della complessiva richiesta del personale di sostegno da assegnare all’istituto rivolta all’ufficio scolastico regionale. Le risorse professionali, peraltro, sono attribuite dagli enti preposti, tenuto conto dei principi di “accomodamento ragionevole”, sulla base della totalità delle richieste, secondo gli standard qualitativi previsti per legge[xxiii].
Sulla specifica questione, peraltro, è intervenuto il Consiglio di Stato mediante l’articolata pronuncia n. 2023/2017 nell’ambito della quale, rispetto alle ore di sostegno in favore dell’alunno disabile, si è rammentato il procedimento per cui anzitutto il G.L.O. rappresenta l’organo preposto all’elaborazione dei singoli P.E.I. all'interno degli scolastici, al termine delle ulteriori fasi – essenzialmente di accertamento della disabilità, valutazione della singola situazione e condizione di disabilità, elaborazione di un profilo di funzionamento – previste dall'art. 12, comma 5, l. n. 104/1992; di seguito il dirigente scolastico trasmette le relative risultanze agli Uffici scolastici e questi ultimi, a seguito dell'acquisizione dei dati, sono chiamati ad attribuire ai singoli istituti un numero di insegnanti di sostegno necessario al fine di coprire tutte le ore oggetto delle «proposte», salva la possibilità di esercitare un potere meramente correttivo, sulla base di riscontri oggettivi (come nell’ipotesi di errori materiali, ovvero laddove singoli alunni non risultino più iscritti presso un dato istituto, perché trasferitisi altrove)[xxiv].
In altri termini, il dirigente scolastico è inteso nell’ambito del procedimento di cui trattasi quale organo monocratico chiamato ad attribuire a ciascun alunno disabile un numero di ore di sostegno corrispondente a quello oggetto della singola proposta del G.L.O., dalla quale pertanto non si può discostare[xxv].
Nella stessa pronuncia del Consiglio di Stato, il supremo giudice amministrativo ha ritenuto dovesse essere considerato condivisibile l'orientamento della giurisprudenza amministrativa in base al quale sarebbe fondata la pretesa dei genitori a vedere attribuite ai propri figli disabili le ore di sostegno nella misura determinata dai G.L.O., con la conseguenza per cui, proprio per tale ragione, i dirigenti scolastici, dovendo evitare di emanare atti illegittimi, dovrebbero disporre l'attribuzione delle ore nella medesima misura, anche laddove gli Uffici scolastici non abbiano assegnato le risorse indispensabili.
Nella stessa sentenza si è altresì posto in evidenza l’interessante aspetto per cui emergerebbe dalla manifesta presenza di un contenzioso seriale posto all'esame dei T.A.R. e del Consiglio di Stato, in relazione a casi di attribuzione di ore di sostegno in numero inferiore rispetto a quelle indicate nelle «proposte» dei gruppi di lavoro, come solo i genitori in grado di proporre il ricorso giurisdizionale e soprattutto dotati dei mezzi anche economici per farlo, possano di fatto ottenere una pronuncia che ordini all'Amministrazione scolastica di consentire la fruizione delle ore nel numero determinato dal G.L.O., mentre lo stesso non possa dirsi per i genitori che di tali mezzi siano privi. Tale sistema tuttavia si porrebbe in evidente contrasto con quello desumibile dai principi costituzionali e dalle previsioni normative che, prima e dopo la nota sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010, hanno attribuito agli alunni disabili il diritto di ottenere le ore di sostegno, nell’esatta misura individuata dal G.L.O.[xxvi].
In definitiva, la proposta circa le ore di sostegno spettanti all’alunno con disabilità, anche in relazione al livello ed alla gravità della disabilità, assumerebbe la natura di un potere attribuito all’organo, derivante dalla sua competenza di merito, in quanto organo collegiale composto sia da una componente scolastica, sia da una componente “medico-psichiatrica”, in particolare alla luce del “necessario supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare” (ex art.9, comma 10 d.lgs. 66/2017)[xxvii].
5. Il caso di specie: istituti scolastici statali e comunali e relative competenze in materia di inclusione alla luce della normativa vigente
Nella vicenda in commento i genitori dell’alunno disabile impugnano, in primo luogo, i provvedimenti adottati dalla «Commissione Inclusione» (istituita dal Comune di Torino), lamentando una lesione al loro interesse legittimo con riferimento al sostegno scolastico per il figlio disabile e richiedendo l’assegnazione di 33 ore settimanali di sostegno, di cui 8 di assistenza specialistica; in secondo luogo il decreto del Ministro dell’istruzione, adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze n. 182/2020, nella parte in cui ha previsto limiti quantitativi di ore di sostegno.
In primo grado, il T.A.R. Lazio riconosce la violazione procedimentale per cui il P.E.I. nel caso di specie era stato redatto senza l’intervento degli organi statali competenti (G.I.T. e G.L.O.), come statuito dalla normativa in materia di inclusione scolastica di rango primario e, in particolare, ai sensi dell’art. 15, commi 4 e 10, della legge n. 104/1992, come modificata dall’art. 9 del d.lgs. n. 66/2017 come da ultimo riformulato.
La sentenza di primo grado, in altri termini, già individua nello specifico il G.L.O. quale unico organo competente ai fini della stesura del P.E.I., precisando come la normativa statale non possa essere derogata da previsioni proprie della singola amministrazione comunale. La medesima pronuncia di primo grado contestualmente dichiarava inammissibile l’ulteriore richiesta dei coniugi di ottenere ore di sostegno didattico in rapporto 1 a 1.
L’ente territoriale, nel caso in esame, propone dunque appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio sostenendo che nell’assegnazione delle ore di sostegno nell’ambito di una scuola scuola comunale non sarebbero chiamati ad intervenire gli organi previsti per le istituzioni scolastiche statali (nella fattispecie il G.L.O.), ma opererebbero invece quelli individuati dall’ente locale (nel caso in questione la commissione di inclusione istituita dall’amministrazione comunale, in aderenza al principio posto dall’art.118 Cost.
Quest’ultima commissione sostituirebbe cioè il gruppo di lavoro operativo e potrebbe svolgere le funzioni attribuite dalla normativa statale al medesimo in ragione della concreta “potestà autorganizzatoria che, per ragionevole simmetria con la scuola statale, affida alla Commissione di inclusione il compito di fornire al dirigente amministrativo delle scuole dell’infanzia comunali il supporto tecnico necessario per garantire l’inclusione dei bambini disabili”.
Sul punto, si esprime il supremo consesso della giustizia amministrativa nell’ambito della pronuncia in esame precisando come la “Commissione di inclusione” facente capo all’ente territoriale non possa operare in sostituzione degli organi ministeriali.
A tale conclusione giunge peraltro il Collegio rilevando come le norme sull’inclusione scolastica degli studenti affetti da disabilità debbano considerarsi sempre applicabili, indipendentemente dalla tipologia di scuola che tale alunno frequenta; in altri termini, le previsioni – e nello specifico anche quelle concernenti gli organi competenti rispetto alla redazione dei piani propedeutici e del P.E.I. medesimo – risultano applicabili sia alle scuole statali, sia a quelle non statali, ovvero anche degli enti locali, come nel caso concreto in esame, sulla base di quanto disposto sul piano normativo dal d.lgs. n.66/2017 nella sua più recente formulazione[xxviii].
Infatti, la medesima esclusione delle scuole non statali dall’applicazione delle norme statali sull’inclusione scolastica non troverebbe fondamento in alcun testo legislativo ed anzi risulterebbe smentita dal dettato dell’articolo 2, comma 1 del d.lgs. 66/2017, laddove è garantito alla persona con disabilità certificata il diritto all’educazione, all’istruzione ed alla formazione; sul piano testuale non sarebbe possibile individuare alcun limite di applicabilità della normativa recente – di ridefinizione del sistema organizzativo preposto all’integrazione nel sistema di istruzione scolastica di soggetti con disabilità, attraverso l’istituzione dei gruppi di lavoro “multilivello” – riferibile a profili di carattere soggettivo, ovvero all’ente pubblico, Stato o altro livello di governo territoriale, nella cui organizzazione amministrativa è inserito l’istituto scolastico[xxix].
In definitiva, rispetto ai principi di sussidiarietà e di autonomia dell’ente locale (ai sensi dell’art. 118 Cost.) occorre dare prevalenza all’esigenza di garantire un trattamento uniforme da parte di tutte le istituzioni su base nazionale, circa la tutela della disabilità e l’inclusione del disabile, anche sul piano scolastico[xxx]. La predetta esigenza appare ad ogni modo riconducibile ai principi costituzionali “di uguaglianza, tutela della famiglia e dell’assolvimento dei compiti ad essa relativi, della salute, diritto allo studio e apertura della scuola a tutti, enunciati dagli artt. 3, 30, 31, 32, 33 e 34 della Carta fondamentale e richiamati nel preambolo del più volte richiamato decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66”[xxxi].
6. Brevi considerazioni conclusive
Negli anni più recenti si è registrata una proliferazione di pronunce dei giudici amministrativi e ordinari sulla tematica dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, con particolare riferimento alle concrete misure di concretizzazione e implementazione della logica inclusiva, sancita sul piano dei principi anche nella Carta costituzionale.
In particolar modo, si sono registrate numerosissime sentenze sul tema della concreta assegnazione delle ore di sostegno spettanti all’alunno disabile come risultanti dai piani educativi individualizzati elaborati dai singoli gruppi operativi per l’inclusione a ciò preposti ai sensi della normativa nazionale in materia.
Peraltro, la stessa materia e le specifiche questioni concernenti il P.E.I. (la sua struttura e formulazione; le competenze rispetto alla redazione dei piani individualizzati e alla assegnazione delle ore di sostegno) sono state oggetto di successive e frenetiche rivisitazioni anche in ambito normativo, sulla scorta delle stesse pronunce giurisprudenziali di segno opposto rese sul tema[xxxii].
In senso generale, il quadro che ne risulta appare, ancora oggi, estremamente frammentario e disarmonico e, evidentemente, di difficile interpretazione per gli operatori del settore: in particolare, talune previsioni in materia di inclusione sono riportate nell’ambito della l. 104/1992, mentre altre concernenti l’assegnazione delle risorse professionali per il sostegno si trovano nell’ambito di provvedimenti legislativi sul contenimento della spesa pubblica[xxxiii].
In una materia strettamente legata a diritti fondamentali di rango costituzionale occorrerebbero di contro meccanismi e procedure in grado di garantire sul piano amministrativo la concretizzazione di tali diritti senza necessità di presentare ricorsi giurisdizionali volti al riconoscimento di misure e strumenti di fatto individuati e garantiti dalla legge[xxxiv].
[i] In tema cfr. gli artt. 12 e ss. della legge 5 febbraio 1992, n. 104, recante “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”. In materia sia consentito un rinvio a I. Genuessi, Gli interventi e le prestazioni a sostegno dei disabili, in F. Manganaro, R. Morzenti Pellegrini, V. Molaschi, D. Siclari, Manuale di legislazione dei servizi sociali. Estratto, Torino, 2022, pp. 467-496. Cfr. altresì F. Magni, Dall’integrazione all’inclusione. Il nuovo profilo del docente di sostegno, Roma, 2018; l. buscema, r. caridà, g. de luca, r. di maria, a. morelli, v. pupo, Lineamenti di legislazione scolastica per l’inclusione, Torino, 2022; M. Interlandi (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022; S. Baroncelli (a cura di), Diritto all’istruzione e inclusione nelle scuole dopo la pandemia. quali diseguaglianze, quale autonomia?, in Federalismi.it, 32/2022; R. Rolli, C. De Benetti, G. Festa, C. Aquino, Legislazione scolastica. Dalla riforma Gentile alla legge sulla Buona Scuola, Amon, 2023.
[ii] In merito a tale decreto occorre rilevare come le previsioni dello stesso concernenti la struttura e modelli di P.E.I. per i diversi gradi scolastici si siano posti al centro di una querelle sul piano giurisprudenziale, a proposito della stessa natura dell’atto impiegato dal governo al fine di dettare i riferimenti in materia di P.E.I. Si v. sul punto, in particolare il § 3.
[iii] Recente decreto legislativo in materia recante “Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107”.
[iv] Diversi documenti e strumenti sul piano internazionale hanno favorito il processo predetto nel senso di una sempre maggiore integrazione. In tal senso, non si può non fare riferimento alla ratifica nel 2009 della “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”, laddove all’art. 24 è previsto che “Gli Stati Parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita”.
[v] Cfr. sul tema A. Canevaro-M. Mandato, L’integrazione e la prospettiva inclusiva, Roma, 2004; A. Canevaro (a cura di), L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Trent’anni di inclusione nella scuola italiana, Trento, 2007; L. D’alonzo, In- tegrazione del disabile. Radici e prospettive educative, Brescia, 2008; A. Canevaro-L. D’alonzo- D. Ianes, L’integrazione scolastica degli alunni disabili in Italia dal 1977 al 2007, Bolzano, 2009.
[vi] Sul tema della disabilità e inclusione nel diritto internazionale e eurounitario si v. V. Pupo Il diritto internazionale e ID., Il diritto euro-unitario, in l. buscema, r. caridà, g. de luca, r. di maria, a. morelli, v. pupo, Lineamenti di legislazione scolastica per l’inclusione, Torino, 2022, 67 ss.
[vii] V. sul dettato dell’art. 34 Cost..: A. Poggi, Art. 34, in AA. VV., Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Torino, 2006, 699 ss.; F. Fracchia, Il sistema nazionale di istruzione e formazione, Torino, 2008; M. Benvenuti, L’istruzione come diritto sociale, in AA. VV., Le dimensioni costituzionali dell’istruzione, a cura di F. Angelini e M. Benvenuti, Napoli, 2014, 147 ss.
[viii] In proposito cfr. tra gli altri contributi sul tema: U. Pototschnig, Istruzione (diritto alla), in Enc. dir., XXIII, Milano, 1973; S. Cassese – A. Mura, Artt. 33 e 34, in Commentario alla Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1976; C. Marzuoli, Istruzione e servizio pubblico, Urbino, 2003.
[ix] Cfr. in argomento S. Baronchelli, Diritto alle Diversità e inclusione nelle scuole. Disabilità, condizioni economico-sociali, background migratorio, genere, e minoranze linguistiche, in Federalismi.it, n. 32/2022, XI.
[x] V. in merito R. Rolli – M. Maggiolini, Il diritto all’istruzione nella Carta costituzionale e riferimenti comunitari, in R. Rolli – C. De Benetti – G. Festa, C. Aquino, Legislazione scolastica. Dalla riforma Gentile alla legge sulla Buona Scuola, Amon, 2023, 52 ss.
[xi] Si fa riferimento alla legge 10 marzo 2000, n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione”, laddove all’art. 1 si definiscono scuole paritarie abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, tutte le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, coerenti con la domanda formativa delle famiglie e caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia esplicitati dalla medesima legge.
[xii] Corte cost., 3 giugno 1987, n. 215, in Giur. it. 1988, I,1,148.
[xiii] Corte cost. 16 dicembre 2016, n. 275, in Foro it. 2017, 9, I, 2591.
[xiv] In merito si v. E. Balboni- B. Baroni-A. Mattioni-G. Pastori (a cura di), Il sistema integrato dei servizi sociali. Commento alla legge n. 328 del 2000 e ai provvedimenti attuativi dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, Milano, II ed., 2007.
[xv] V. Franchi Scarselli, Gli alunni e gli studenti con disabilità, DSA e BES, in E. Codini-A. Fossati-S. A. Frego Luppi, Manuale di diritto dei servizi sociali, Torino, 2019, in partic. 194 ss.
[xvi] In proposito cfr. S. Dugone-S. Silvestri, Riferimenti normativi ed epidemiologia, in G. De Polo-M. Pradal-S. Bortolot (a cura di), ICF-CY nei servizi per la disabilità. Indicazioni di metodo e prassi per l’inclusione, Milano, 2011, 49 ss.
[xvii] Sul contenuto dei PEI nella giurisprudenza più recente si v., tra le altre: T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 27 gennaio 2022, n. 217; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 10 giugno 2021, n. 6920; T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 9 novembre 2020, n. 402; T.A.R. Lazio Roma, sez. III bis, 3 settembre 2020, n. 9316.
[xviii] Cfr. Decreto interministeriale n. 182/2020 rubricato “Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità”.
[xix] Cfr. T.A.R. Lazio, Roma Sez. III bis, 14 settembre 2021, n. 9795, in Famiglia e Diritto, 2022, 2, 180, con nota di GELLI. Il T.A.R. Lazio, nel dettaglio, nella pronuncia in questione, ha annullato il decreto interministeriale n. 182/2020, perché illegittimo, trattandosi di un provvedimento che presenta tutti i caratteri (generalità, astrattezza e innovatività) propri di una fonte normativa di secondo grado, sub specie di regolamento, adottata in violazione delle disposizioni procedimentali dettate dall’art. 17, L. 23 agosto 1988, n. 400. In tal senso, in aggiunta, il decreto si porrebbe in contrasto con i principi e criteri direttivi che promanano dalle norme nazionali ed internazionali, in materia di inclusione di soggetti affetti da disabilità.
[xx] Nota ministeriale n. 2044, del 17 settembre 2021, a margine della sentenza del TAR Lazio n. 9795/2021, recante “Indicazioni operative per la redazione dei PEI per l’a.s.2021/2022”.
[xxi] Cfr. Cons. Stato, sez. VII, 26 aprile 2022, n. 3196. La pronuncia si fonda sulla duplice argomentazione per cui, da un lato, il D.I. 182/2020 non sarebbe un atto regolamentare, ma avrebbe natura di atto amministrativo generale e, dall’altro, il T.A.R. Lazio avrebbe svolto una funzione impropria di controllo oggettivo sulla legittimità dell’atto generale in assenza della dimostrazione di lesioni concrete e attuali di interessi legittimi, travalicando di conseguenza il perimetro designato dall’art. 7 del Codice del processo amministrativo.
[xxii] Si noti, peraltro, come il decreto in questione pare abbia drasticamente ridotto i margini di discrezionalità valutativa del gruppo di lavoro operativo, prevedendo un meccanismo di rigida predeterminazione delle risorse professionali destinate al sostegno didattico, fondato sul c.d. “debito di funzionamento”. Come precisato nell’ambito degli allegati al decreto interministeriale, infatti, il fabbisogno dell’alunno deve essere commisurato sulla base di precisi range che definiscono la forbice minima e massima delle ore di sostegno necessarie per ripristinare condizioni di funzionamento accettabili, in relazione alle sue capacità, secondo cinque livelli che indicano l’entità delle difficoltà riscontrate, su una scala che va da assente sino a molto elevata. Di conseguenza, sul piano generale, si determina una rimodulazione delle risorse messe a disposizione del disabile, scardinando il c.d. “rapporto 1:1” tra gravità dell’handicap e entità del sostegno.
In argomento si v. R. Gelli, Piano educativo individualizzato e sostegno all’alunno disabile, in Famiglia e Diritto, 2022, 2, 177.
[xxiii] In merito, occorre rammentare che al fine di concretizzare l’inserimento in classe di alunni con handicap, la legge n. 517/1977 aveva istituito i c.d. “posti di sostegno”, da assegnare a docenti specializzati. Di seguito, sempre sul piano normativo, nel 1982, il contingente organico degli insegnanti di sostegno veniva determinato nella misura di un posto ogni 4 alunni con certificazione di handicap (ai sensi dell’art. 12 della legge n. 270; di seguito art. 139 del d.lgs. n. 297/1997). Da ultimo, alla luce degli ingenti e crescenti costi, individuati diversi meccanismi di assegnazione nell’ambito delle leggi finanziarie, si è approdati alle previsioni di cui alla legge n. 107/2015 (art. 1, comma 75) la quale ha disposto che “l’organico dei posti di sostegno è determinato nel limite previsto dall’articolo 2, comma 414, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, e dall’articolo 15, comma 2-bis, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, ferma restando la possibilità di istituire posti in deroga ai sensi dell’articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e dell’articolo 1, comma 605, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.” La norma, di difficile lettura quantomeno nel richiamo ad una serie di ulteriori previsioni di cui a precedenti leggi di bilancio, ha ad ogni modo disposto un organico dei posti di sostegno pari al 100/100 del numero dei posti complessivamente attivati nell’anno scolastico 2006/2007, oltre alla possibilità di istituire posti in deroga mediante il ricorso alle supplenze annuali.
[xxiv] V. Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2017, n. 2023, in Diritto & Giustizia, 79, 2017, 16 ss., con nota di Bombi.
Nell’ambito della nota pronuncia in parola i giudici hanno, in particolare, posto in evidenza che “l’art. 10, comma 5, ha attribuito il nomen iuris di «proposte» agli atti del G.L.O.H. sulla determinazione delle ore, non perché altre autorità – peraltro non aventi specifiche competenze di natura medica o didattica sulle esigenze degli alunni disabili – possano esercitare un ‘potere riduttivo di merito, ovvero ridurre le ore assegnate, ma per la semplice ragione che tali «proposte» sono atti interni al procedimento, e cioè sono redatte quando non sono ancora state rilevate le effettive esigenze e non sono stati assegnati gli insegnanti di sostegno. Le proposte hanno invece la funzione di attivare dapprima la fase di competenza degli Uffici scolastici e poi la fase finale, di attribuzione delle ore da parte del dirigente scolastico. Poiché nessuna disposizione ha attribuito agli Uffici scolastici il potere di sottoporre a un riesame di merito quanto proposto dal G.L.O.H., l’art. 4 del d.P.C.M. n. 185 del 2006, che definisce «autorizzazione» l’atto del dirigente preposto dell’Ufficio scolastico regionale, va allora interpretato nel senso di prevedere un atto meramente ricognitivo, il quale constata che sussistono i relativi presupposti di spesa, senza poterli modificare, e giustifica l’impegno e il pagamento delle relative somme. (...) gli Uffici scolastici, a seguito dell’acquisizione dei dati, devono attribuire ai singoli Istituti tanti insegnanti di sostegno, quanti ne sono necessari per coprire tutte le ore che sono risultate oggetto delle «proposte», salva la possibilità di esercitare un potere meramente correttivo, sulla base di riscontri oggettivi”.
Sempre in argomento si v. Cass. civ., sez. un., 8 ottobre 2019, n. 25101, in Guida al diritto, 2019, 44, 36, la quale ha ripreso integralmente le argomentazioni del Consiglio di Stato suddette. Nel dettaglio, le sezioni unite hanno posto in evidenza, rispetto ad una fattispecie analoga a quella in commento (si trattava del caso di un Comune che contravvenendo a quanto previsto dal piano dinamico funzionale di un minore disabile, disponeva l'assistenza nei suoi confronti per un massimo dì dieci ore settimanali al posto delle 22 stabilite), come una volta che il piano educativo individualizzato del minore disabile abbia fissato il numero di ore ritenute necessarie per il sostegno, l'amministrazione scolastica non possa assegnare un monte ore inferiore, non sussistendo in tal caso alcun potere discrezionale. La mancata assegnazione delle ore di sostegno corrispondenti al piano individuale contrasterebbe, infatti, con il diritto fondamentale del minore che versa in una situazione di handicap ad una pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico.
[xxv] Peraltro nella sentenza si pone in luce il principio già individuato dalla sentenza della Corte costituzione (Corte cost. 22 febbraio 2010 n. 80), per cui “le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria” e, dunque, “ad un maggiore livello di disabilità deve corrispondere un maggior grado di assistenza”.
In dottrina si v. m. lottini, Scuola e disabilità. I riflessi della sentenza n. 80 del 2010 della Corte Costituzionale sulla giurisprudenza del giudice amministrativo, in Foro amm. T.A.R., 2011, 2403 ss.
[xxvi] V. in argomento M. Bombi, Diritto allo studio, disabilità e competenze, in Diritto & Giustizia, 79, 2017, p. 16.
[xxvii] Cfr., tra le altre pronunce della giurisprudenza amministrativa, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, n. 2270/2021 e Cons. Stato, sez. VI, n. 3393/2017; v. altresì sul punto Trib. Rieti, 12 febbraio 2020.
[xxviii] Nell’ambito della pronuncia in commento si trova testualmente scritto che “le norme sull’inclusione scolastica di studenti affetti da disabilità introdotte con il citato decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, sono di generale applicazione, senza distinzione tra scuole statali e scuole non statali”.
[xxix] È la stessa sentenza in esame che rammenta come si presenta il sistema dei gruppi di lavoro su vari livelli concretamente volto all’inclusione dello studente disabile e così con la presenza: di un gruppo interistituzionale regionale, con funzioni di consulenza e proposta e di supporto agli organi territoriali; per ogni ambito provinciale di un gruppo di inclusione territoriale, con funzioni di supporto delle istituzioni scolastiche nella definizione dei programmi educativi individualizzati; quindi di un gruppo di lavoro per l’inclusione presso ogni istituto scolastico, con il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del piano per l’inclusione e i docenti preposti alla relativa attuazione e, infine, del gruppo di lavoro operativo per il singolo alunno, al quale ha fatto riferimento la stessa sentenza di primo grado.
[xxx] In argomento si v. R. Morzenti Pellegrini, L’autonomia scolastica tra sussidiarietà, differenziazione e pluralismi, Torino, 2006.
[xxxi] Cfr. Cons. Stato, sez. VII, 3 maggio 2023, n. 4473.
[xxxii] Così, anche in dottrina si è rammentato come nell’ambito di recente giurisprudenza amministrativa sia stato ribadito il pieno diritto all’inclusione degli studenti con disabilità, peraltro sulla scia di un pacifico orientamento in base al quale allo studente disabile devono essere riconosciute tutte le ore di sostegno individuate dal P.E.I. Si v., in tal senso, T.A.R. Lazio Sez. III bis, 10 giugno 2021, n. 6920.
A seguito dell’entrata in vigore del decreto interministeriale n. 182/2020 e della sostanziale modifica dell’iter di approvazione, oltre che dell’effettivo contenuto dello stesso piano educativo individualizzato, si sono, tuttavia, registrate anche sentenze di orientamento differente con specifico riferimento alla questione della assegnazione delle ore di sostegno. Cfr. anche, sul punto, T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, 14 settembre 2021, n. 9795. In dottrina si v. R. Gelli, Piano educativo individualizzato e sostegno all’alunno disabile, cit.; R. Caridà, Il Progetto individuale, il Piano Educativo Individualizzato, il Piano Didattico Personalizzato, in l. buscema, r. caridà, g. de luca, r. di maria, a. morelli, v. pupo, Lineamenti di legislazione scolastica per l’inclusione, cit., p. 179 ss.
[xxxiii] V., in argomento, R. Cabazzi, Diritti incomprimibili degli studenti con disabilità ed equilibrio di bilancio nella finanza locale secondo Corte costituzionale n. 275/2016, in Le Regioni, 2017, 3, pp. 593-607; F. Gambardella, Diritto all’istruzione dei disabili e vincoli di bilancio nella recente giurisprudenza della Corte Costituzionale, in Nomos, 2017, 1, pp. 1-14; M. Franzini, La difficile conciliazione tra finanza pubblica e welfare state, in RDSS, 2019, 4, pp. 681-702; L. Giani, Disabilità e diritto all’istruzione: alla ricerca di un difficile equilibrio tra persona e valore economico della prestazione (pubblica), in M. Interlandi (a cura di), Funzione amministrativa e diritti delle persone con disabilità, Napoli, 2022, p. 139 ss.
[xxxiv] In merito, in dottrina, si è posto in evidenza, rispetto al ruolo del gruppo di lavoro operativo nella redazione del PEI e nella formulazione della concreta proposta di assegnazione delle adeguate misure di sostegno, come “guardando al reale funzionamento degli ingranaggi del sistema scolastico, molte perplessità sorgono anche per una sorta di impermeabilità manifestata nel corso degli anni alla implementazione di principi, quelli ad esempio del procedimento amministrativo, nonostante il loro riconoscimento come livelli essenziali delle prestazioni. Si pensi ad esempio al funzionamento degli organi collegiali, e in particolare quelli deputati alla formulazione del PEI o del PDP, alla composizione degli stessi, ottimamente delineata nella disposizione normativa, ma non sempre garantita in concreto, sebbene la presenza di diverse componenti professionali dovrebbe far riflettere sulla «natura del collegio» e sulla (in)fungibilità delle professionalità in esso presenti”. Così L. Giani, Disabilità e diritto all’istruzione: alla ricerca di un difficile equilibrio tra persona e valore economico della prestazione (pubblica), cit., p. 159.