Sommario: 1. Il caso di specie. – 2. Il carattere necessario della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. – 3. La motivazione del preavviso di rigetto. -– 4. La mancata comunicazione del preavviso di rigetto ed il suo carattere lesivo. – 5. La novità del d.l. Semplificazioni 2020: il preavviso di rigetto adesso sospende i termini del procedimento. – 6. Osservazioni conclusive sull’orientamento del Consiglio di Stato.
1. Il caso di specie.
La sentenza che si annota è stata pronunziata dal Consiglio di Stato in relazione all’appello presentato avverso la sentenza n. 1288 del 2020, con cui il T.A.R. Campania, Napoli, ha rigettato il ricorso di primo grado, diretto ad ottenere l’annullamento del diniego di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n. 380/01 opposto dal Comune di Napoli e riferito ad un intervento di manutenzione straordinaria (realizzazione di una scala in cemento armato) relativo ad un immobile di proprietà della ricorrente.
La ricorrente, difatti, aveva presentato un’istanza di accertamento di conformità, in relazione alla quale il Comune aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento, riferiti essenzialmente alla mancata dimostrazione della legittimità dell’immobile nella sua modificata consistenza, che, malgrado le osservazioni per controdedurre presentate dalla ricorrente ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, erano stato seguiti dall’adozione del formale diniego del richiesto provvedimento di sanatoria.
Avverso questo provvedimento la ricorrente ha presentato ricorso al T.A.R. Campania, Napoli, deducendo due motivi di censura, riferiti alla violazione dell’art. 10 bis l. n. 241 del 1990, per non avere l’Amministrazione statuito sulle osservazioni fornite in riscontro al preavviso di rigetto, e al difetto di motivazione e istruttoria non avendo l’Amministrazione valutato la ricorrenza del requisito della doppia conformità ed essendosi limitata a valorizzare due ragioni illegittime.
Il giudice amministrativo di primo grado, però, ha recisamente rigettato il ricorso, ritenendo assorbente la legittimità della ratio decidendi, alla base del diniego, riferita all’emersione di un vano insuscettibile di essere qualificato in termini di vano tecnico in ragione delle relative dimensioni e delle possibilità di autonomo utilizzo.
La ricorrente, pertanto, ha impugnato la pronunzia dinnanzi al Consiglio di Stato riproponendo le censure svolte in prime cure non esaminate dal T.A.R., incentrate, in particolar modo, sulla violazione dell’art. 10 bis, avendo l’Amministrazione omesso di rappresentare le ragioni per le quali le puntuali osservazioni svolte dalla parte privata in riscontro al preavviso di rigetto non potessero essere favorevolmente apprezzate, in tale modo rendendo in tal modo, a suo giudizio, l’istituto del preavviso di rigetto un inutile e sterile adempimento formale, invece che uno dei cardini del contraddittorio procedimentale.
Proprio dalla centralità di questo istituto nel complesso prisma delle garanzie procedimentali di cui il privato è titolare nel rapporto con l’Amministrazione occorre partire per compiere alcune riflessioni.
2. Il carattere necessario della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
Si è visto come il legislatore della legge n. 241 del 1990 abbia voluto, quantomeno in potenza, porre le basi per una decisione amministrativa che sia il più possibile, se non condivisa, perché gli interessi perseguiti dall’Amministrazione possono essere eterogenei rispetto a quelli dei privati interessati dal procedimento, “partecipata” tra tutte le parti coinvolte.
In quest’ottica si è certamente mossa la novella legislativa del 2005[1] che ha introdotto nel corpo della legge fondamentale sul procedimento amministrativo, all’art. 10-bis, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, c.d. preavviso di rigetto.
La disposizione in questione dispone anzitutto che “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti”.
La norma vuole certamente rafforzare le garanzie difensive del cittadino nei confronti dell’Amministrazione, nell’ottica di realizzare due obiettivi principali che sono stati evidenziati dalla dottrina sin dalla sua introduzione nella legge n. 241 del 1990[2].
Da un lato, è stato correttamente osservato che l'art. 10-bis si pone nell'ottica della realizzazione di un contraddittorio endoprocedimentale necessario e rafforzato[3], che tende in quanto tale al superamento delle asimmetrie che scaturiscono dall'impianto della originaria legge n. 241 del 1990.
Si vorrebbe, quindi, raggiungere non una posizione di piena parità tra cittadino ed Amministrazione nell’assunzione della decisione, perché è inevitabile che questa, pur tenendo conto di tutti gli interessi nella comparazione che compie, scelga unilateralmente la soluzione migliore per il perseguimento dell’interesse pubblico. D’altronde, questa è una delle caratteristiche proprie del provvedimento amministrativo, che, come si sa, non necessita del consenso dell’altra parte per la sua adozione.
Tuttavia, in ogni caso, si vuole che il cittadino sia informato e sia posto effettivamente nella posizione di contraddire con l’Amministrazione, a vantaggio anche di una scelta pubblica che sia la migliore possibile tra tutte quelle astrattamente perseguibili[4].
Da qui il secondo obiettivo del legislatore: la configurazione della decisione amministrativa come “frutto di una dialettica tra le parti interessate”[5].
Si rende in tal modo più pervasivo il dialogo tra Amministrazione e cittadino con conseguente individuazione del proprium del procedimento amministrativo in una relazione di tipo comunicativo fondata sull'idea di uno scambio multipolare di informazioni “contraddistinto dai caratteri della completezza e della continuità”[6].
La grande novità dell’art. 10-bis può essere pertanto rintracciata nell’aver positivizzato un principio di bidirezionalità comunicativa (interno-esterno) all'interno dello schema partecipativo tradizionale, di “visione” e “voce”[7], contenuto e disciplinato dall'art. 10 della l. n. 241 del 1990[8].
Il legislatore è andato oltre alla semplice possibilità per il cittadino di accedere ai documenti amministrativi del procedimento che lo interessano con la conseguente facoltà di presentare memorie al riguardo, prevedendo che l’Amministrazione, laddove sia intenzionata a determinarsi negativamente sull’istanza presentata, sia obbligata, precedentemente all’adozione formale del provvedimento di rigetto, a comunicare quali siano i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, consentendo così al privato di attivarsi affinché l’Amministrazione cambi eventualmente la sua determinazione in senso a lui favorevole.
Certamente, non è stata una novità di poco conto se si riflette sulle difficoltà che si sono avute solo per giungere ad una disciplina generale sul procedimento amministrativo[9].
La previsione astratta del legislatore è importante, se non fondamentale; occorre, però, al fine di comprendere appieno la portata di questa disposizione, verificare la sua applicazione da parte del giudice amministrativo.
L'art. 10 bis, l. n. 241/1990 stabilisce, a carico dell'Amministrazione, un onere procedimentale, propedeutico all'adozione di ogni provvedimento finale reiettivo dell'istanza del privato, allo scopo di consentire allo stesso di dedurre tempestivamente nel procedimento eventuali circostanze idonee ad influire sul contenuto dell'atto finale, così anticipando e prevenendo il contenzioso che potrebbe verificarsi in sede giurisdizionale[10].
La giurisprudenza amministrativa ha dovuto anzitutto chiarire l’ambito di applicazione del c.d. preavviso di rigetto.
L'adempimento partecipativo in questione, difatti, secondo quanto stabilito dall'art. 10 bis, l. n. 241/1990, non si applica alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.
Tale esclusione non riguarda, però, i procedimenti sorti a seguito dell'istanza del funzionario finalizzata al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di determinate infermità, in quanto gli stessi non hanno natura previdenziale ma indennitaria e, comunque, non sono gestiti da enti previdenziali ma dall'Amministrazione datrice di lavoro[11].
L'istituto, poi, stante la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non è stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui all'art. 10-bis, l. n. 241/1990 in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e, dunque, della possibilità di un apporto collaborativo, capace di condurre a una diversa conclusione della vicenda[12].
Analogo discorso vale per il procedimento attivato per il rilascio del permesso di soggiorno, che, malgrado la particolarità della materia, è pur sempre un procedimento ad istanza di parte[13], nonché per il procedimento, regolato dall'art. 87 del d. lgs. n. 259 del 2003, volto all'esame delle domande di autorizzazione alla installazione di infrastrutture di comunicazione elettronica, sebbene si sia in presenza di una disciplina speciale tesa a consentire una decisione in tempi certi e rapidi[14].
Vi sono dei casi, invece, ulteriori rispetto a quelli predeterminati dal legislatore all’art. 10-bis, in cui la giurisprudenza amministrativa esclude l’applicazione dell’istituto.
Si tratta dei procedimenti amministrativi in materia di antimafia, in quanto intrinsecamente caratterizzati da profili del tutto specifici connessi ad attività di indagine, oltre che da finalità, da destinatari e da presupposti incompatibili con le procedure partecipative, nonché da oggettive e intrinseche ragioni di urgenza[15]; delle fasi di screening ambientali quali passaggi intermedi verso la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.)[16]; dei procedimenti riguardanti il riconoscimento della causa di servizio, in quanto l'eventuale apporto partecipativo dell'interessato non produrrebbe effetti sul contenuto della determinazione assunta[17]; dei procedimenti selettivi, volti ad individuare il candidato o i candidati che hanno titolo per transitare in una diversa Amministrazione[18]; dei procedimenti che si concludono con un ordine di demolizione di opere edilizie abusive, data la natura vincolante del provvedimento[19]; dei procedimenti ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione dei contratti di appalto pubblico[20]; dei provvedimenti di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, disposta a’ sensi dell’art. 159, cod. dei beni culturali, in quanto costituiscono esercizio, entro un termine decadenziale, di un potere che intercorre nell'ambito di un rapporto tra Autorità Pubbliche[21]; dei procedimenti di ammissione a finanziamenti pubblici[22].
Occorre, poi, chiarire i rapporti tra la garanzia partecipativa del c.d. preavviso di rigetto e la segnalazione certificata di inizio attività.
La natura giuridica della SCIA — che non è una vera e propria istanza di parte per l'avvio di un procedimento amministrativo che si conclude in forma tacita, bensì una dichiarazione di volontà privata di intraprendere una determinata attività ammessa direttamente dalla legge[23] — induce ad escludere che l'autorità procedente debba comunicare al segnalante l'avvio del procedimento o il preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 prima dell'esercizio dei relativi poteri di controllo e inibitori[24].
Il denunciante, infatti, in questo caso è titolare di una posizione soggettiva originaria che rinviene il suo fondamento diretto ed immediato nella legge che non ha bisogno di alcun consenso dell’Amministrazione e, pertanto, la segnalazione di inizio attività non instaura alcun procedimento autorizzatorio destinato a culminare in un atto finale di assenso, espresso o tacito, da parte dell'Amministrazione; in assenza di procedimento, non c'è spazio per la comunicazione di avvio, per il preavviso di rigetto o per atti sospensivi da parte dell'Amministrazione[25].
Chiarito l’ambito di applicazione del preavviso di rigetto, per comprendere come in concreto si atteggia il suo carattere necessario occorre soffermarsi su due profili.
Si tratta della motivazione del provvedimento finale di diniego in relazione alle osservazioni presentate dal cittadino a seguito della comunicazione dei motivi ostativi, nonché dell’eventuale sanabilità del provvedimento per la mancanza di questa comunicazione in virtù della dequotazione degli errori formali ovvero dell’eventuale immediata lesività del preavviso di rigetto.
3. La motivazione del preavviso di rigetto.
Si parta dall’aspetto concernente la motivazione.
La giurisprudenza amministrativa si è oramai consolidata nell’affermare che l'Amministrazione non è tenuta a svolgere una puntuale ed analitica confutazione delle singole deduzioni introdotte dai cittadini ai sensi dell'art. 10-bis, essendo sufficiente ai fini della sua giustificazione una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso[26].
La norma prevede che, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione dei motivi ostativi, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.
Il d.l. Semplificazioni del 2020 ha modificato la tipologia di risposta che deve essere fornita dall’Amministrazione[27].
Nel testo originario del 2005, difatti, si prevedeva semplicemente che “dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale”.
Si trattava di una formulazione assolutamente sintetica, la cui conseguenza era che l’Amministrazione poteva limitarsi ad una stringata motivazione, anche di poche parole, delle ragioni sottostanti il mancato accoglimento delle osservazioni presentate dal cittadino, persistendo la volontà di determinarsi negativamente sull’istanza che ha dato avvio al procedimento.
Questa prassi, patologica e certamente non tale da implementare il contraddittorio dialogico nel rapporto tra l’Amministrazione ed il cittadino, ha comportato la necessità di un ripensamento nella formulazione della disposizione.
Così, con le modifiche intervenute nel 2020, si dispone ora che, “qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l'autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni”.
La motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno del provvedimento di diniego[28] richiesta dalla giurisprudenza si riempie finalmente di un contenuto pregnante.
Il mancato accoglimento delle osservazioni non può essere motivato sulla base degli stessi motivi ostativi che stavano alla base del c.d. preavviso di rigetto, ma occorre indicare quali sono i motivi ostativi ulteriori che impediscono alle osservazioni presentate dai privati di superare la determinazione negativa dell’Amministrazione in merito all’istanza che ha dato impulso al procedimento[29].
Se il legislatore, nell’ottica di una partecipazione fattiva nel procedimento amministrativo, ha ritenuto che un provvedimento di diniego debba essere “preannunciato” dai motivi che non consentono l’accoglimento dell’istanza, è evidente che l’Amministrazione debba tenere in considerazione le osservazioni ulteriori presentate dal privato, non necessariamente con una motivazione del provvedimento finale di diniego che argomenti singolarmente sulle specifiche osservazioni presentate[30], ma fornendo comunque una valida ragione della determinazione negativa con l’indicazione degli ulteriori motivi ostativi[31].
Questa novità è da accogliere favorevolmente guardando sia nella prospettiva dei cittadini nel loro rapporto con l’Amministrazione sia con specifico riferimento a quest’ultima: da un lato, difatti, si incrementa l’effettività della partecipazione procedimentale, non fine pertanto a se stessa e coerente con i principi di efficacia e celerità procedimentale[32], dall’altro la stessa attività dell’Amministrazione trova una maggiore tutela in quanto, così operando, si riduce il rischio che il provvedimento finale possa essere illegittimo per difetto o insufficienza della motivazione[33].
Ciò non vuol dire, ovviamente, che deve sussistere un rapporto di perfetta identità tra il preavviso di rigetto e l'atto conclusivo del procedimento[34], né una corrispondenza piena tra i due atti, ben potendo l’Amministrazione meglio precisare nel provvedimento la propria determinazione, sempreché il contenuto del diniego si inscriva nello stesso schema delineato dalla comunicazione ai sensi dell'art. 10-bis[35].
4. La mancata comunicazione del preavviso di rigetto ed il suo carattere lesivo.
Quanto detto ora consente di passare al secondo profilo, ovvero quello concernente l’eventuale illegittimità del provvedimento finale ove sia mancata la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.
L’orientamento giurisprudenziale maggioritario, oramai consolidato sul punto, ritiene che la mancata comunicazione dei motivi ostativi di cui all'art. 10-bis non determina l'automatica illegittimità del provvedimento finale qualora possa trova applicazione l'art. 21-octies della stessa l. n. 241/1990.
Attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto[36], la disposizione appena richiamata mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato[37].
L'art. 10-bis ha la funzione di assicurare un'effettiva partecipazione dell'istante all'esercizio del potere amministrativo, sollecitando un contraddittorio procedimentale in funzione collaborativa e difensiva.
In questo modo, da un lato, si garantisce un apporto collaborativo del privato mediante l'introduzione di elementi istruttori o deduttivi suscettibile di apprezzamento da parte dell'organo procedente, dall'altro si consente l'anticipata acquisizione in sede procedimentale di contestazioni (di natura difensiva) suscettibili di evidenziare eventuali profili di illegittimità delle ragioni ostative preannunciate dall'Amministrazione[38].
L'istituto del c.d. preavviso di rigetto, quindi, ha lo scopo di far conoscere all'Amministrazione procedente le ragioni fattuali e giuridiche dell'interessato che potrebbero contribuire a far assumere una diversa determinazione finale, derivante dalla ponderazione di tutti gli interessi in gioco; tuttavia, tale scopo viene meno ed è di per sé inidoneo a giustificare l'annullamento del provvedimento nei casi in cui il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, sia in quanto vincolato, sia in quanto, sebbene discrezionale, sia stata raggiunta la prova della sua concreta e sostanziale non modificabilità[39].
In altri termini, leggendo l'art. 10-bis in combinato disposto con l’art. 21-octies, l. n. 241 del 1990, così come deve essere fatto per le altre norme in materia di partecipazione procedimentale[40], si deve giungere ad una sua interpretazione non in senso formalistico, ma avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza ha causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con l’Amministrazione, sicché il mancato o l'incompleto preavviso di rigetto non comporta l'automatica illegittimità del provvedimento finale[41], allorquando, in ipotesi, possa trovare applicazione l'art. 21-octies della stessa legge, secondo il quale il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali, che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale di un provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato[42].
Le garanzie procedimentali, difatti, sono dettate a tutela di interessi concreti, hanno carattere sostanziale e non devono risolversi in inutili aggravi procedimentali, in contraddizione con i fondamentali canoni di efficienza e speditezza del procedimento amministrativo[43].
Ne consegue, pertanto, che la violazione della garanzia partecipativa dell’art. 10-bis assume rilievo solamente ove la mancata partecipazione del privato abbia impedito al medesimo di apportare utili elementi di valutazione da sottoporre alla valutazione dell'Amministrazione interessata[44].
Occorre segnalare, al riguardo, una novità apportata alla disposizione dell’art. 21-octies dal d.l. semplificazioni del 2020[45].
Si precisa, difatti, che per il provvedimento adottato in violazione dell’art. 10-bis non può trovare applicazione la norma secondo cui “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
Si tratta, come può essere facilmente desunto, di una precisazione non necessaria, perché, se si afferma che la mancanza del c.d. preavviso di rigetto determina l’illegittimità del provvedimento finale solo ove questo abbia precluso una partecipazione attiva del privato all’attività amministrativa, ciò comporta che, in questi casi, possa trovare applicazione solamente il primo periodo del co. 2, art. 21-octies, legge n. 241 del 1990 secondo cui “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”[46].
La conseguenza della dequotazione dei vizi formali è che solamente la violazione sostanziale delle garanzie partecipative può determinare l’annullabilità del provvedimento amministrativo[47].
Quanto detto sinora sulla natura del c.d. preavviso di rigetto permette un approdo sicuro in relazione alla sua lesività ed alla conseguente impugnabilità.
Difatti, si può pervenire alla conclusione che il preavviso di rigetto è un atto endoprocedimentale, privo, per sua stessa natura, di potenzialità lesiva, avente lo scopo di consentire all'interessato di instaurare un vero e proprio contraddittorio con l'Amministrazione, mediante la presentazione delle proprie osservazioni o integrazioni documentali, al fine di aumentare così la possibilità di far modificare la determinazione dell’Amministrazione e ottenere il soddisfacimento dei suoi interessi.
Sulla base delle osservazioni presentate dal soggetto interessato, l’Amministrazione può addivenire ad una conclusione del procedimento diversa rispetto a quella prospettata nel preavviso di rigetto ovvero può confermare la propria posizione nell'atto di diniego che è il solo atto definitivo e, quindi, lesivo della sfera giuridica del destinatario[48].
L’atto impugnabile, in caso di illegittimità, è solo il provvedimento finale di diniego.
5. La novità del d.l. Semplificazioni 2020: il preavviso di rigetto adesso sospende i termini del procedimento.
Uno dei profili più interessanti della previsione dell’art. 10-bis è quello relativo alle conseguenze che la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda produce sui termini di conclusione del procedimento.
Termini che, come noto, sono ordinariamente fissati dall’art. 2 della medesima legge n. 241 del 1990 in trenta giorni o per le Amministrazioni statali in novanta giorni (che in alcuni casi particolari possono giungere sino ad un massimo di centottanta giorni).
Nella previsione originaria del 2005, si prevedeva che la comunicazione del preavviso di rigetto “interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo”, ovvero i dieci giorni successivi alla comunicazione concessi per la presentazione delle osservazioni[49].
La prima conseguenza dell’interruzione dei termini è che la comunicazione dei motivi ostativi rende irrilevante la precedente inerzia dell'Amministrazione e comporta il decorso di un nuovo termine di conclusione del procedimento, alla cui eventuale infruttuosa scadenza maturerà un silenzio assenso o diniego nei casi espressamente previsti dalla legge[50].
La seconda è che la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento di una domanda interrompe anche i termini per la formazione di un eventuale silenzio assenso, in quei casi in cui l'ordinamento ha inteso assegnare al silenzio serbato dall'Amministrazione su un'istanza il valore di assenso alla richiesta[51].
Del resto, non potrebbe ritenersi logica la formazione di un provvedimento tacito di assenso quando la stessa Amministrazione, sia pure in modo ancora non definitivo, abbia chiaramente indicato (nel preavviso di diniego) le ragioni per le quali la domanda proposta non può essere accolta[52].
Deve essere rilevato che l’interruzione dei termini, dal punto di vista processuale, comporta l'impossibilità di attivazione dei rimedi contro l'inerzia – che non vi è – in caso di mancato invio di osservazioni.
Il richiedente che riceva la comunicazione e decida di non inviare osservazioni riservandosi l'impugnazione diretta del provvedimento finale, si trova senza tutela nel periodo intercorrente fra la riattivazione del termine procedimentale – 10 giorni dalla ricezione della comunicazione ex art. 10-bis — e l'adozione di detto provvedimento finale, non potendo invocare l'inerzia non formatasi per effetto del nuovo termine procedimentale che l'Amministrazione, in virtù della comunicazione, si è auto assegnata (né potendo impugnare il preavviso di diniego per il suo pacifico carattere di atto endoprocedimentale).
Tuttavia, la significativa modifica dell'art. 31 cod. proc. amm. dedicato al giudizio avverso il silenzio inadempimento, intervenuta con il primo correttivo al Codice[53], ha introdotto la locuzione "e negli altri casi previsti dalla legge", cosicché può affermarsi che nell'ipotesi di cui all'art. 10-bis al soggetto destinatario della comunicazione di motivi ostativi spetta quantomeno l'azione volta all'accertamento della fondatezza della pretesa[54], e ciò senza l'intermediazione dell'atto finale[55].
L’interruzione dei termini determinata ad istruttoria conclusa[56], secondo la previsione originaria dell’art. 10-bis, dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza comportava necessariamente, con il nuovo decorso del termine, un allungamento dei tempi procedimentali, anche per quanto concerne, come si è poc’anzi visto, la formazione di un eventuale silenzio amministrativo, allungamento che si poteva ritenere controbilanciato dalla garanzia procedimentale prevista in favore del privato di presentare deduzioni rispetto alla determinazione dell’Amministrazione al fine di conseguire una determinata utilità[57].
Lo svantaggio che si determinava per il privato era però in ogni caso evidente e così il d.l. semplificazioni del 2020[58]è intervenuto anche su questa previsione dell’art. 10-bis.
L’interruzione non è più prevista e, difatti, nella nuova formulazione si prevede che “la comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo”.
La novella non è di poco conto perché la comunicazione dei motivi ostativi non interrompe più il termine di conclusione del procedimento ma lo sospende solamente facendolo riprendere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni.
La conseguenza è lampante: i tempi procedimentali si possono allungare anche con la sospensione del termine, ma non certamente come nel caso dell’interruzione, ove il termine decorreva nuovamente dall’inizio[59].
È una novità da accogliere con favore perché anche il termine di conclusione del procedimento, alla stessa stregua del c.d. preavviso di rigetto, è una garanzia procedimentale per il privato, nonché un incentivo all’efficacia dell’azione amministrativa[60].
6. Osservazioni conclusive sull’orientamento del Consiglio di Stato.
Dato conto dell’imprescindibile ruolo del preavviso di rigetto nel rendere effettive le garanzie partecipative del cittadino nel rapporto con l’Amministrazione, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello, riformando la sentenza di primo grado ed annullando quindi il provvedimento di diniego per violazione dell’art. 10 bis, in virtù della mancata considerazione delle osservazioni comunicate dall’istante in riscontro al preavviso di rigetto, avendo l’Amministrazione assunto il provvedimento di diniego sulla base degli stessi rilievi riportati nella comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis legge n. 241/90, senza indicare in alcun modo le ragioni per cui le specifiche osservazioni formulate dall’istante, incidenti tanto sulla ricostruzione dei fatti di causa (in specie, in ordine all’esistenza, anziché di un locale tecnico, di un’intercapedine tombata) quanto sulla qualificazione delle opere in contestazione (se collegate o meno ad opere abusive e se qualificabili come volume tecnico), non potessero essere accolte.
Il Consiglio di Stato ha correttamente raggiunto questa conclusione ricordando, sulla base peraltro di orientamenti consolidati, che l'istituto del preavviso di rigetto, attesa la sua portata generale, trova applicazione anche nei procedimenti di sanatoria o di condono edilizio, con la conseguenza che deve ritenersi illegittimo il provvedimento di diniego dell'istanza di permesso in sanatoria che non sia stato preceduto dall'invio della comunicazione di cui all’art. 10 bis, in quanto preclusivo per il soggetto interessato della piena partecipazione al procedimento e dunque della possibilità di uno apporto collaborativo, capace di condurre ad una diversa conclusione della vicenda[61].
La lesione del contraddittorio procedimentale, difatti, è idonea ad inficiare la legittimità del provvedimento anche nei procedimenti vincolati, quale quello di sanatoria, allorquando il contraddittorio procedimentale con il privato interessato avrebbe potuto fornire all'Amministrazione elementi utili, se non imprescindibili, ai fini della decisione, ad esempio in ordine alla ricostruzione dei fatti o all'esatta interpretazione delle norme da applicare[62].
Perché la violazione dell'art. 10 bis possa comportare l'illegittimità del provvedimento impugnato, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle proprie garanzie partecipative, ma è tenuto anche ad indicare gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento, rendendolo diverso[63].
Ne deriva che la violazione di questa norma è idonea a determinare l’annullamento del diniego di sanatoria, qualora, alla stregua degli elementi deduttivi e istruttori forniti dal cittadino, vi sia il dubbio che, in caso in osservanza delle disposizioni procedimentali in concreto violate, il contenuto dispositivo dell’atto sarebbe stato identico a quello in concreto assunto.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha statuito che non soltanto ricorre la violazione dell’art. 10 bis, ma non può ritenersi neppure con certezza che, in caso di corretta applicazione di questa norma, l’Amministrazione sarebbe comunque pervenuta al medesimo esito, di diniego dell’istanza di parte.
In particolare, si deve osservare che un'applicazione corretta dell'art.10 bis comporta, non solo che l'Amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva, se ancora negativa, con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall'interessato nell'ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall'adempimento procedurale in questione[64].
Solamente perseguendo questa traiettoria è possibile assicurare un effettivo ed utile confronto dialogico con l'interessato prima della formalizzazione dell'atto negativo, evitando che il preavviso di rigetto si traduca in un inutile adempimento formale[65], circostanza che le novità apportate dal d.l. Semplificazioni vogliono assolutamente evitare e che pertanto debbono trovare una piena implementazione[66], anche al fine di una maggiore trasparenza dell’azione amministrativa[67].
[1] Sulle novità introdotte dalla legge n. 15 del 2005 e su come questa abbia, in realtà, alterato la filosofia complessiva della legge n. 241 soprattutto nella parte in cui ha introdotto uno statuto formale del provvedimento cfr. M. Ramajoli, Lo statuto del provvedimento amministrativo a vent’anni dall’approvazione della legge n. 241/90, ovvero del nesso di strumentalità triangolare tra procedimento, atto e processo, in Dir. proc. amm., 2010, 459 ss.
[2] Tra i primi commenti successivi all’introduzione dell’istituto del preavviso di rigetto cfr. L. Ferrara, La comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza (art. 10 bis, legge n. 241/1990) nel riformato quadro delle garanzie procedimentali, in Aa. Vv., Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, Padova, Cedam, 2007, vol. II, 83 ss.; A. Rallo, Comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis l. 241/90 e partecipazione post-decisionale: dal contraddittorio oppositivo al dialogo sul possibile, in Aa. Vv., Scritti in onore di V. Spagnuolo Vigorita, Napoli, 2007, II, 1080 ss.; F. Saitta, Preavviso di rigetto ed atti di conferma: l’errore sta nella premessa, in Foro amm. TAR, 2008, 3235 ss.; D. Vaiano, Preavviso di rigetto e principio del contraddittorio nel procedimento amministrativo, in L.R. Perfetti (a cura di), Le riforme della l. 7 agosto 1990 n. 241 tra garanzia della legalità ed amministrazione di risultato, Padova, Cedam, 2008, 47 ss.
[3] Sul punto v. S. Tarullo, L'art. 10-bis della legge n. 241/1990: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, in GiustAmm.
[4] In letteratura è stato rilevato come il passaggio “da un tipo di amministrazione ancora tradizionalmente “separata ed autoritaria” ad un'amministrazione di tipo nuovo, colloquiale e, dunque, “relazionale” sia idonea a determinare un vero e proprio “cambio di paradigma” nell’attività e nell’organizzazione di quest'ultima: così G. Azzariti, Introduzione: la comunicazione come funzione, in G. Arena (a cura di), La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Rimini, 2001, 15 ss.
[5] Cfr. V. Cerulli Irelli, Verso un più compiuto assetto della disciplina generale dell'azione amministrativa (un primo commento alla legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante «Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990 n. 241»), in Astrid Rassegna, n. 4 del 2005.
[6] La definizione è ancora di S. Tarullo, L'art. 10-bis della legge n. 241/1990: il preavviso di rigetto tra garanzia partecipativa e collaborazione istruttoria, cit.
[7] Queste espressioni sono da ricondurre a M. D’Alberti, La “visione” e la “voce”: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, 22 ss.
[8] In tema cfr. E. Frediani, Partecipazione procedimentale, contraddittorio e comunicazione: dal deposito di memorie scritte e documenti al “preavviso di rigetto”, in Dir. amm., 2005, 1003 ss.
[9] Cfr., ad esempio, S. Licciardello, Diritto amministrativo, Milano, Le Monnier, 2020, 181 ss.
[10] Sul punto v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 1° giugno 2020, n. 2093, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui “l'introduzione nell'ordinamento, con legge 11 febbraio 2005 n. 15, del preavviso di rigetto ha segnato l'ingresso di una modalità di partecipazione al procedimento, con la quale si è voluta "anticipare" l'esplicitazione delle ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo di consentire una difesa ancora migliore all'interessato, mirata a rendere possibile il confronto con l'amministrazione sulle ragioni da essa ritenute ostative all'accoglimento della sua istanza, ancor prima della decisione finale”.
[11] Sul punto cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 1° settembre 2020, n. 1628, in www.giustizia-amministrativa.it.
[12] T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 8 ottobre 2020, n. 1067, in www.giustizia-amministrativa.it.
[13] Così Cons. Stato, Sez. III, 5 dicembre 2019, n. 8341, in www.giustizia-amministrativa.it; in ultimo ribadito da T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 4 febbraio 2021, n. 777, in www.giustizia-amministrativa.it.
[14] In materia Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1001, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 7 ottobre 2016, n. 2463, in Foro amm., 2016, 2528 ss.
[15] Ad esempio, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 1° aprile 2021, n. 2230, in www.giustizia-amministrativa.it; id., 10 febbraio 2020, n. 625, in Foro amm., 2020, 338 ss.
[16] Sul punto Cons. Stato, Sez. II, 7 settembre 2020, n. 5379, in www.giustizia-amministrativa.it, da ultimo, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 9 febbraio 2021, n. 840, in Foro amm., 2021, 317 ss.
[17] T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 novembre 2020, n. 695, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 2257, ivi; analogo discorso vale per il procedimento volto al riconoscimento dell’equo indennizzo per infermità dipendente da causa di servizio: T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 25 settembre 2020, n. 2301, in www.giustizia-amministrativa.it.
[18] Ad esempio, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 1° giugno 2020, n. 5841, in www.giustizia-amministrativa.it.
[19] Così T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 10 marzo 2020, n. 1100, in www.giustizia-amministrativa.it.
[20] In questo senso T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 3 marzo 2020, n. 2752, in l’Amministrativista, 2020.
[21] T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 8 gennaio 2020, n. 131, in www.giustizia-amministrativa.it.
[22] T.A.R. Umbria, Sez. I, 3 gennaio 2020, n. 18, in www.giustizia-amministrativa.it, in quanto rientranti, seppur in termini generali, nella categoria dei procedimenti concorsuali, già espressamente esclusi dall’ambito di applicazione dell’istituto dallo stesso art. 10-bis.
[23] Sui problemi applicativi di questa dichiarazione cfr. L. Bertonazzi, Scia e tutela del terzo nella sentenza della Corte costituzionale n. 45/2019, in Dir. proc. amm., 2019, 711 ss.; E. Frediani, Scia, tutela del terzo ed esigenze di coerenza, in Giorn. dir. amm., 2019, 579 ss.; G. Greco, SCIA e tutela del terzo al vaglio della Corte costituzionale: è troppo auspicare un ritorno al passato (o quasi), in GiustAmm, 2018; W. Giulietti, A. Giusti, Tutela del terzo nella scia e principio di effettività, ricercando un’interpretazione costituzionalmente conforme del c. 6 ter dell’art. 19 l. proc., in GiustAmm, 2018; E. Boscolo, La SCIA dopo la legge Madia e i decreti attuativi, in Giur. it., 2016, 2799 ss.; P.M. Vipiana, I poteri amministrativi a seguito di SCIA al vaglio della Consulta, in Giur. it., 2016, 2234 ss.; D. Vese, La segnalazione certificata di inizio attività come modello di semplificazione procedimentale, Pisa, Pacini, 2016; F. Volpe, L’annullamento del silenzio assenso e della s.ci.a. Riflessioni di teoria generale a seguito dell’abrogazione dell’art. 21, comma 2, legge 7 agosto 1990, n. 241, in GiustAmm, 2015; G. Greco, Ancora sulla Scia: silenzio e tutela del terzo (alla luce del comma 6-ter dell’art. 19 l. 241/90), in Dir. proc. amm., 2014, 645 ss.; F. Saitta, S.c.i.a. ed autotutela, tra contraddizioni legislative e…giurisprudenza creativa, in GiustAmm, 2014; G. Crepaldi, Le prospettive di tutela del terzo nell’ambito della Scia, in Dir. econ., 2013, 279 ss.; R. Ferrara, La segnalazione certificata di inizio attività e la tutela del terzo: il punto di vista del giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2012, 172 ss.; M. Ramajoli, La S.c.i.a. e la tutela del terzo, in Dir. proc. amm., 2012, 329 ss.; E. Zampetti, D.i.a. e S.c.i.a. dopo l’adunanza plenaria n. 15/2011: la difficile composizione del modello sostanziale con il modello processuale, in Dir. amm., 2011, 811 ss.; M.A. Sandulli, Dalla d.i.a. alla s.c.i.a.: una liberalizzazione “a rischio”, in Riv. giur. edil., 2010, 465 ss.; B.G. Mattarella, La scia, ovvero dell’ostinazione del legislatore pigro, in Giorn. dir. amm., 2010, 1328 ss.
[24] Da ultimo, in questo senso, cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 dicembre 2021, n. 7787, in www.giustizia-amministrativa.it; id., Sez. IV, 3 dicembre 2021, n. 7772, ivi.
[25] Così concorde, ad esempio, Cons. Stato, Sez. V, 18 febbraio 2019, n. 1111, in Foro amm., 2019, 227 ss.; T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 28 ottobre 2019, n. 256, in Foro amm., 2019, 1730 ss.
[26] Così, ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 4 novembre 2020, n. 6815, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Valle d’Aosta, Sez. I, 15 marzo 2021, n. 17, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1808, in www.giustizia-amministrativa.it.
[27] Per una più ampia trattazione si consenta il rinvio a M. Ricciardo Calderaro, Il preavviso di rigetto ai tempi della semplificazione amministrativa, in Federalismi, n. 11-2022, 126 ss.
[28] Sul punto v. anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 2 marzo 2020, n. 947, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui è legittimo il provvedimento sorretto da una motivazione esaustiva e logica, tale da evidenziare inequivocabilmente le ragioni delle diverse conclusioni raggiunte.
[29] È interessante notare come in alcune pronunzie minoritarie (ad esempio, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 9 marzo 2020, n. 1041 e T.A.R. Veneto, Sez. III, 21 gennaio 2019, n. 72, in www.giustizia-amministrativa.it), il giudice amministrativo affermi che “non deve sussistere un rapporto di identità, tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti, ben potendo la pubblica amministrazione ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche, sempre che il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione resa ai sensi dell'art. 10- bis l. n. 241/1990, esclusa ogni possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove”.
[30] Così anche T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 18 dicembre 2020, n. 6255, in www.giustizia-amministrativa.it; da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 10 gennaio 2022, n. 158, ivi, secondo cui l'onere dell'Amministrazione di illustrare le ragioni per le quali non abbia tenuto conto delle osservazioni dei privati, presentate ai sensi dell'art. 10-bis l. n. 241/1990, non deve essere inteso in senso formalistico.
[31] È evidente che, laddove il provvedimento finale non tenesse conto in alcun modo dell’apporto partecipativo del privato, questo risulterebbe illegittimo per violazione di legge, ed in particolare dell’art. 10-bis, legge n. 241 del 1990: in questo senso T.A.R. Sardegna, Sez. II, 2 luglio 2020, n. 367, in www.giustizia-amministrativa.it.
[32] Secondo, ad esempio, il T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 4 agosto 2020, n. 3500, in www.giustizia-amministrativa.it, le garanzie partecipative e gli obblighi motivazionali ex artt. 3 e 10 bis, l. n. 241/1990 non possono tradursi - a discapito dei principi procedimentali di efficacia e celerità - in un interminabile confronto dialettico con l'interessato e in un'analitica replica agli argomenti da quest'ultimo propugnati, essendo sufficienti, per la loro osservanza, il compiuto apprezzamento e la perspicua esplicazione dei presupposti fattuali e delle ragioni giuridiche che, in positivo, ossia in logica ed insuperata antitesi alle anzidette deduzioni, hanno giustificato la preannunciata determinazione sfavorevole.
[33] In tema, tra gli ultimi scritti, si rinvia a G. Tropea, Motivazione del provvedimento e giudizio sul rapporto: derive e approdi, in Dir. proc. amm., 2017, 1235 ss.
[34] Tenendo in considerazione, però, che il preavviso di rigetto è un adempimento che “va preso sul serio”: così M. Brocca, Il preavviso di diniego e la costruzione della decisione amministrativa (nota a Tar Campania, Sez. III, 7 gennaio 2021, n. 130), in Giustiziainsieme, 25 febbraio 2021.
[35] Sul punto, da ultimo, v. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 4 giugno 2021, n. 973, in www.giustizia-amministrativa.it; ma già Cons. Stato, Sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325, in Foro amm. CdS, 2007, 3389.
[36] Secondo M.C. Cavallaro, Attività vincolata dell’amministrazione e sindacato giurisdizionale, in Il processo, 2020, 1 ss., “la legge n. 241 del 1990 rappresenta in un certo senso la sintesi delle due visioni contrapposte, dal momento che in essa è possibile cogliere quei profili più garantisti delle tutele del privato, maggiormente legati allo spirito della legalità formale, che si accompagnano alle esigenze di semplificazione ed efficienza dell'azione amministrativa, le quali idealmente rispondono alle istanze della legalità sostanziale o di risultato”.
[37] Così, tra le ultime pronunzie, Cons. giust. amm. Reg. Sicilia, sez. giurisd., 27 ottobre 2020, n. 996, in www.giustizia-amministrativa.it.
[38] Cons. Stato, Sez. VI, 10 febbraio 2020, n. 1001, in www.giustizia-amministrativa.it.
[39] È conforme all’orientamento del giudice amministrazione anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione: in questo senso, ad esempio, Cass. civ., Sez. I, 10 giugno 2020, n. 11083, in Guida dir., 2020, 46, 57 ss.
[40] Qui si deve richiamare quanto scritto da F. Fracchia, M. Occhiena, Teoria dell'invalidità dell'atto amministrativo e art. 21-octies, l. 241/1990: quando il legislatore non può e non deve, in Giustamm, 2005.
[41] Così Cons. Stato, Sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1144, in www.giustizia-amministrativa.it.
[42] In questi termini Cons. Stato, Sez. II, 12 febbraio 2020, n. 1081, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1156, in www.giustizia-amministrativa.it; id., Sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 256, in Foro amm., 2019, 62 ss.
[43] Sul punto, ad esempio, Cons. Stato, Sez. IV, 28 marzo 2019, n. 2052, in www.giustizia-amministrativa.it.
[44] In giurisprudenza v., ad esempio, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 11 febbraio 2020, n. 1805, in Foro amm., 2020, 305 ss.
[45] Su cui si v. R. Fusco, Il necessario contraddittorio col privato nell’esercizio dei poteri discrezionali: l’efficacia invalidante del preavviso di rigetto (nota a Cons. St., Sez. II, 14 marzo 2022, n. 1790), in GiustiziaInsieme, 6 luglio 2022.
[46] Così, da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 2 agosto 2021, n. 5676, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, Sez. II, 22 dicembre 2020, n. 8230, ivi.
[47] Riprendendo le parole di A. Falzea, Forma e sostanza nel sistema culturale del diritto, in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, vol. I, Milano, 1999, 178, “la condizione ottimale di ogni società giuridicamente organizzata sta nell'equilibrata presenza e nel corretto temperamento della componente sostanziale e della componente formale del diritto”.
[48] Così, ad esempio, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 17 marzo 2020, n. 1173, in www.giustizia-amministrativa.it; ma già Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043, in Foro amm. CdS, 2005, 1833 ss.
[49] T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 9 maggio 2012, n. 2137, in Riv. giur. edil., 2012, 822 ss.
[50] Sul punto v., ad esempio, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 8 agosto 2019, n. 2074, in www.giustizia-amministrativa.it.
[51] La bibliografia in tema di silenzio dell’Amministrazione è molto vasta. Al riguardo, tra i tanti, cfr. M. Andreis, La conclusione inespressa del procedimento, Milano, Giuffrè, 2006; B. Tonoletti, Silenzio della pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., 1999, p. 179 ss.; V. Parisio, I silenzi della pubblica amministrazione. La rinuncia alla garanzia dell’atto scritto, Milano, Giuffrè, 1996; Id., Il silenzio della pubblica amministrazione tra prospettive attizie e fattuali, alla luce delle novità introdotte dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15 e dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, in Foro amm. TAR, 2006, 2798 ss.; A. Cioffi, Dovere di provvedere e silenzio-assenso della pubblica amministrazione dopo la legge 14 maggio 2005, n. 80, in Dir. amm., 2006, 99 ss.; C.E. Gallo, Silenzio e comportamento della p.a. tra giudice amministrativo e giudice ordinario, in Urb. e app., 2005, 171 ss.; A. Romeo, Brevi note in tema di silenzio della p.a. e obbligo di provvedere, in Foro amm. CdS, 2003, 3481 ss.; C.E. Gallo, Il silenzio della p.a.: profili sostanziali e processuali, in S. Raimondi, R. Ursi (a cura di), La riforma della giustizia amministrativa in Italia ed in Spagna: atti del convegno di studi italo-spagnolo (Palermo, 19-23 marzo 2001), Torino, Giappichelli, 2002, 85 ss.; F.G. Scoca, Il silenzio della pubblica amministrazione alla luce del suo nuovo trattamento processuale, in Dir. proc. amm., 2002, 261 ss.; A. Travi, Silenzio-assenso, denuncia di inizio attività e tutela dei terzi controinteressati, in Dir. proc. amm., 2002, 16 ss.; G.B. Garrone, Silenzio della p.a. (Ricorso giurisd. amm.), in Dig. disc. pubbl., Torino, Utet, 1999, vol. XIV, 191 ss.; F.G. Scoca, M. D’Orsogna, Silenzio, clamori di novità, in Dir. proc. amm., 1995, 393 ss.; A. Travi, Silenzio assenso ed esercizio della funzione amministrativa, Padova, Cedam, 1985; A.M. Sandulli, Il silenzio della pubblica amministrazione oggi: aspetti sostanziali e processuali, in Dir. e soc., 1982, p. 715 ss.; F.G. Scoca, Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, Giuffrè, 1971; dal punto di vista processuale, in particolare, v. A. Scognamiglio, Rito speciale per l’accertamento del silenzio e possibili contenuti della sentenza di condanna, in Dir. proc. amm., 2017, 450 ss.; M. Ramajoli, Forme e limiti della tutela giurisdizionale contro il silenzio inadempimento, in Dir. proc. amm., 2014, 709 ss.; C. Benetazzo, Il potere del giudice amministrativo di “conoscere della fondatezza dell’istanza” nel giudizio avverso il silenzio-rifiuto della P.A., in Foro amm. TAR, 2010, 501 ss.; più di recente, ancora sull’istituto del silenzio, cfr. M.A. Sandulli, Silenzio assenso e termine a provvedere. Esiste ancora l’inesauribilità del potere amministrativo?, in Il processo, 2022, 11 ss.; M. Calabrò, Silenzio assenso e dovere di provvedere: le perduranti incertezze di una (apparente) semplificazione, in Federalismi, n. 10-2020, 21 ss.; P. Otranto, Silenzio e interesse pubblico nell’attività amministrativa, Bari, Cacucci, 2018.
[52] In tema v. T.A.R. Valle d’Aosta, Sez. I, 11 giugno 2015, n. 41, in Foro amm., 2015, 1735 ss.
[53] Su cui v., ad esempio, C.E. Gallo, Il decreto correttivo al codice del processo amministrativo, in Urb. e app., 2012, 23 ss.
[54] Ovviamente, come ricordato ad esempio da T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 22 febbraio 2021, n. 2173, in www.giustizia-amministrativa.it, il giudice, a’ sensi dell'art. 31, co. 3, in caso di ricorso avverso il silenzio-inadempimento della Amministrazione, può pronunciare sulla fondatezza della pretesa sostanziale dedotta in giudizio solamente nel caso in cui si tratti di attività vincolata, oppure quando risulti che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non siano necessari adempimenti istruttori da parte dell'Amministrazione.
[55] Sul punto v. T.A.R. Veneto, Sez. III, 28 marzo 2012, n. 426, in Foro amm. TAR, 2012, 745 ss.
[56] T.A.R. Veneto, Sez. III, 24 aprile 2007, n. 1299, in Foro amm. TAR, 2007, 1280 ss.
[57] Così T.A.R. Veneto, Sez. III, 7 maggio 2008, n. 1256, in Foro amm. TAR, 2008, 1248 ss.
[58] Su cui in generale v. il volume di S. Foà, A. Camaiani (a cura di), Gestione nazionale della pandemia, misure giuridiche tra Costituzione e Cedu. Profili critici, Torino, Giappichelli, 2022.
[59] In realtà, come osservato da G. Crepaldi, La sospensione del termine per la conclusione del procedimento amministrativo, in Foro amm. CdS, 2007, 108 ss., la disposizione originaria, pur parlando espressamente di interruzione del termine, si prestava ad interpretazioni equivoche, che potevano far ritenere che il legislatore si riferisse alla mera sospensione del termine; sul punto v. altresì C. Videtta, Note a margine del nuovo art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, in Foro amm. Tar, 2006, 837 ss.; G. Bottino, La comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di parte: considerazioni su di una prima applicazione giurisprudenziale del nuovo art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, nota a Tar Lazio, sez. II, 18 maggio 2005 n. 3921, in Foro amm. Tar, 2005, 1554 ss.
[60] Al riguardo, per esemplificare il ritmo sollecito che deve scandire il procedimento amministrativo, si può richiamare l’efficace espressione “ansia di provvedere” di E. Casetta, La difficoltà di semplificare, in Dir. amm., 1998, 345; in tempi più recenti v. anche F. Fracchia, P. Pantalone, La fatica di semplificare: procedimenti a geometria variabile, amministrazione difensiva, contratti pubblici ed esigenze di collaborazione del privato “responsabilizzato”, in Federalismi, fasc. n. 36-2020, 33 ss.
[61] In tema v., ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 5 agosto 2019, n. 5537, in www.giustizia-amministrativa.it.
[62] Cons. Stato, Sez. VI, 1° marzo 2018, n. 1269, in Riv. giur. edil., 2018, 3, I, 752 ss.
[63] Cons. Stato, Sez. VI, 16 settembre 2022, n. 8043, in www.giustizia-amministrativa.it.
[64] Cons. Stato, Sez. VI, 27 settembre 2018, n. 5557, in Foro amm., 2018, 1469 ss.
[65] V. al riguardo le riflessioni di A. Cauduro, Gli obblighi dell’amministrazione pubblica per la partecipazione procedimentale, Napoli, Jovene, 2023, spec. 122 ss.
[66] Concorde è la posizione di M.R. Spasiano, Nuovi approdi della partecipazione procedimentale nel prisma del novellato preavviso di rigetto, in M. Andreis, G. Crepaldi, S. Foà, R. Morzenti Pellegrini, M. Ricciardo Calderaro (a cura di), Studi in onore di Carlo Emanuele Gallo, Torino, Giappichelli, 2023, Vol. I, 523 ss.
[67] Su cui v. S. Foà, La nuova trasparenza amministrativa, in Dir. amm., 2017, 65 ss.