Il risarcimento del danno da illegittima bocciatura e conseguente ritardato ingresso nel mondo del lavoro (Nota a T.A.R. Liguria, sez. I, 5 ottobre 2022, n. 834)
di Ilaria Genuessi
Sommario: 1. Il caso di specie. – 2. Illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e responsabilità aquiliana. – 2.1. Il risarcimento del danno derivante dalla illegittima bocciatura nel quadro dell’art. 2043 c.c. – 2.2. Presupposti dell’illecito ai fini della risarcibilità del danno. – 3. Quantum risarcibile e tipologie di danno: gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa e le statuizioni della pronuncia in esame. – 4. Osservazioni conclusive.
1. Il caso di specie
La pronuncia in esame concerne la configurabilità di una fattispecie di danno risarcibile, patrimoniale e non, in caso di bocciatura scolastica riconosciuta come illegittima in sede giudiziale[i].
In particolare, a seguito della presentazione di un primo ricorso – con sentenza del medesimo T.A.R. Liguria, peraltro divenuta intangibile mediante decreto del Consiglio di Stato con cui l’appello veniva dichiarato perento – si annullavano gli atti relativi alla mancata ammissione della ricorrente alla classe IV^ del liceo scientifico.
Tali atti, in sostanza, determinavano la bocciatura della studentessa al termine della classe III^ della scuola secondaria di secondo grado, frequentata nell’anno scolastico 2010/2011 e, precisamente, all’esito degli esami di riparazione sostenuti dalla ricorrente il 24 e 25 agosto 2011.
Nella medesima pronuncia si stabiliva peraltro l’annullamento «con effetto ex nunc, fatta salva la successiva carriera scolastica della ricorrente», e ciò «anche in vista dell’eventuale domanda di ristoro dei danni sofferti».
Di seguito, mediante ulteriore ricorso, la studentessa – attualmente architetto – si rivolgeva allo stesso giudice amministrativo al fine di ottenere la condanna, del Ministero dell’Istruzione e del Liceo Scientifico di Savona interessato, al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittima bocciatura inflittale.
Nel dettaglio, la ricorrente evidenziava nel medesimo ricorso come a causa dell’illegittimo comportamento dell’Amministrazione scolastica, connotato da grave colpevolezza, avesse di fatto dovuto ripetere il terzo anno della scuola secondaria di secondo grado, con conseguente ritardo rispetto al suo percorso scolastico ed accademico, nonché con riferimento allo stesso accesso al mercato del lavoro.
Ragione per la quale l’esponente chiedeva il ristoro del danno patrimoniale da mancata promozione o da perdita di chances, da quantificarsi mediante C.T.U. o, in alternativa, da liquidarsi equitativamente, nonché del pregiudizio non patrimoniale subito.
Nel dettaglio, con specifico riferimento al danno patrimoniale, si dettagliavano i costi per il mantenimento da parte dei genitori durante l’anno scolastico ripetuto, stimati in € 8.469,81 in base ai dati Istat e il mancato guadagno per un anno di prestazioni professionali come architetto, pari ad € 27.212,40, o, in subordine, la perdita della chance di ottenere il suddetto reddito; per il danno non patrimoniale, invece, si richiedeva un importo per il turbamento emotivo interiore sofferto, da determinarsi in via equitativa.
Il T.A.R. Liguria, pronunciandosi sulla questione, accoglieva la domanda di risarcimento del danno, con riguardo ad entrambe le poste risarcitorie richieste dalla ricorrente e, in particolare, il danno patrimoniale da lucro cessante (escludendo invece il danno emergente, derivante dagli esborsi sostenuti dai genitori per mantenere la studentessa durante l’anno scolastico ripetuto a seguito della bocciatura), oltre che il danno non patrimoniale, quale danno morale soggettivo patito.
2. Illegittimo esercizio dell’attività amministrativa e responsabilità aquiliana
Un primo principio di diritto fondamentale posto dalla pronuncia in questione appare con evidenza l’inquadramento della domanda di risarcimento dei danni derivanti dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa nell’ambito del paradigma aquiliano, di cui all’art. 2043 cod. civ.[ii].
Chiarendo tale aspetto la sentenza del giudice amministrativo in commento si pone in conformità rispetto a quanto da ultimo statuito sul punto dalla giurisprudenza amministrativa[iii], in particolar modo dalla stessa Adunanza plenaria del supremo consesso amministrativo, richiamata dalla pronuncia in esame.
Così, in merito, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha statuito anzitutto, in senso generale, che «la responsabilità in cui incorre l'amministrazione per l'esercizio delle sue funzioni pubbliche sia inquadrabile nella responsabilità da fatto illecito, sia pure con gli inevitabili adattamenti richiesti dalla sua collocazione ordinamentale nei rapporti intersoggettivi, quale risultante dall'evoluzione storico-istituzionale e di diritto positivo che la ha caratterizzata». Ancora, «la responsabilità della pubblica amministrazione per lezione di interessi legittimi, sia da illegittimità provvedimentale, sia da inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, ha natura di responsabilità da fatto illecito aquiliano e non già di responsabilità da inadempimento contrattuale»[iv].
Così, è nella stessa summenzionata pronuncia del giudice amministrativo resa in funzione nomofilattica che, inquadrando la questione, si chiarisce come «nel paradigma dei rapporti giuridici interessati dal pubblico potere, lo strumento di tutela elettivo e di carattere generale per l'interesse legittimo è quello dell'azione costitutiva di annullamento dell'atto amministrativo», sebbene nel corso del tempo, la stessa giurisprudenza abbia – come noto – disancorato l'interesse legittimo dalla sua originaria concezione di interesse occasionalmente protetto e, tenendo conto altresì del complessivo quadro normativo, ne abbia rilevato la dimensione "sostanzialista", quale interesse correlato ad un "bene della vita" coinvolto nell'esercizio della funzione pubblica, e comunque a una situazione soggettiva sostanziale facente parte della sfera giuridica di cui il soggetto è titolare.
Cosicchè, al privato sono innanzitutto riconosciuti strumenti di tutela procedimentale finalizzati ad orientare la discrezionalità dell'amministrazione, oltre che diverse forme di tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive scaturenti dall'esercizio del potere dell’amministrazione, ciò al fine di rendere effettiva la protezione del cittadino, anche nel quadro di un nuovo modello di amministrazione originatosi (definito anche quale modello di amministrazione pubblica "di prestazione").
Ecco che, come noto, nell’ambito delle forme di tutela ulteriori rispetto alla classica predetta azione di annullamento, già in un periodo antecedente rispetto alla storica sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione del 22 luglio 1999, n. 500[v], ha assunto un ruolo rilevante la stessa tutela risarcitoria, ammessa anche nei confronti del potere pubblico, sebbene – in origine – in virtù di precise e specifiche norme a carattere settoriale[vi].
Alle stesse hanno fatto seguito previsioni a carattere generale riportate dapprima nel d.lgs. n. 80/1998, successivamente nella l. n. 205/2000[vii] e, da ultimo, nel Codice del processo amministrativo.
In sostanza, mediante le suddette previsioni si è introdotto in ambito pubblicistico un sistema in base al quale risulta devoluto al giudice amministrativo, quale «giudice naturale della legittimità dell'esercizio della funzione pubblica», il potere di condannare l’amministrazione pubblica al risarcimento del danno, nel caso di illegittimo esercizio del potere pubblico, in ottica rimediale, ovvero quale «strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione»[viii].
Le suddette previsioni, inoltre, hanno trovato definitiva sistemazione nel Codice del processo amministrativo: così, in particolare, alla luce delle disposizioni di cui: all’art. 1, concernente la tutela “piena ed effettiva” nei confronti dell’amministrazione; all’art.7, commi 4 e 7, rispetto alla tutela degli interessi legittimi ed al risarcimento del danno per lesione dei medesimi; così come all’art. 30 del Codice stesso.
Ecco che, secondo tale impostazione, la responsabilità dell'amministrazione per l'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa va ad essere inquadrata, dunque, nell’ambito della responsabilità da fatto illecito anche in ragione della posizione di “supremazia” dell’amministrazione medesima e della conseguente autoritatività che connota i provvedimenti amministrativi; in altri termini, occorre rilevare come la pubblica amministrazione – per ragioni storiche, sistematiche e normative – non possa essere assimilata al "debitore" obbligato per contratto ad "adempiere" in modo esatto nei confronti del privato e, conseguentemente, l’emanazione di atti illegittimi si ponga quale fonte di responsabilità in base al principio generale del neminem laedere[ix].
Sul piano normativo, a conferma della riconducibilità del danno per lesione di interessi legittimi al modello della responsabilità per fatto illecito, si collocano altresì le previsioni testuali di cui all’art. 30, commi 2 e 4 del Codice del processo amministrativo facenti riferimento al «danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria", e al "danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento»[x].
In altri termini, collocandosi nel dibattitto giurisprudenziale circa la natura della responsabilità nel caso in questione, la pronuncia dell’Adunanza plenaria di cui si è detto poc’anzi ha chiaramente affermato la natura extracontrattuale della responsabilità, condividendo nella sostanza l’indirizzo maggioritario in materia[xi]; per completezza occorre ad ogni modo rilevare che si registra altresì un orientamento minoritario – al quale pare riconducibile la stessa ordinanza di rimessione alla plenaria – qualificante invece la responsabilità di cui trattasi come contrattuale o da contatto sociale[xii].
Peraltro, per quanto rileva ai fini della presente trattazione, occorre porre in evidenza come la ricostruzione della natura della responsabilità in termini di responsabilità extracontrattuale determini, ai fini della condanna dell’amministrazione al risarcimento per lesione dell'interesse legittimo, la positiva verifica di tutti i presupposti caratterizzanti l'illecito aquiliano, ex art. 2043 c.c. e comporta altresì l'applicazione dei criteri di cui all'art. 2056 c.c., così come degli artt. 1223,1226,1227, comma secondo c.c.; non essendo invece applicabile il canone della prevedibilità di cui all'art. 1225 c.c.[xiii].
2.1. Il risarcimento del danno derivante dalla illegittima bocciatura nel quadro dell’art. 2043 c.c.
Ebbene, la pronuncia in esame ha il merito di inquadrare la fattispecie della bocciatura scolastica illegittima quale atto dell’amministrazione scolastica caratterizzato da illegittimità, in quanto tale lesivo dell’interesse pretensivo dello studente ad essere ammesso alla classe successiva e fonte di danno patrimoniale e non patrimoniale risarcibile.
Sul fronte della illegittimità della bocciatura, nel dettaglio, nel caso in questione, i giudici richiamano l’antecedente sentenza del medesimo Tribunale, sez. II – passata in giudicato – di annullamento degli atti concernenti la bocciatura comminata nel 2011 alla ricorrente, in quanto ritenuti affetti da plurime illegittimità.
Tra le illegittimità che connotano gli atti presi in esame dal primo giudice e richiamate nel dettaglio nella pronuncia in commento, in particolare, si segnala la mancata valutazione ad opera del consiglio di classe della preparazione complessiva dell’alunna, né in sede di scrutinio di fine anno, né in sede di esami di riparazione, laddove l’apprezzamento del rendimento generale sarebbe stato necessario, sia alla luce dei buoni voti conseguiti dalla discente nelle altre materie, sia in ragione del palese conflitto insorto tra l’allieva la professoressa di matematica, sia per il fatto che i metodi didattici dell’insegnante erano già stati oggetto di dubbi e contestazioni, come documentato in sede di giudizio.
Ancora, rileva l’assenza dei voti negativi in matematica e fisica attribuiti alla studentessa nello scrutinio di fine anno sul registro dell’insegnante.
Inoltre, si ritiene illegittimo, oltre che configurante una disparità di trattamento, l’utilizzo da parte della docente, nei riguardi della ricorrente, di un metro di valutazione più rigoroso rispetto a quello applicato agli altri compagni di classe, come peraltro provato in sede di giudizio nell’ambito di apposita perizia di parte, nella quale il consulente ha evidenziato l’assegnazione all’alunna in questione di voti più bassi rispetto ai compagni, pur in presenza di pressochè identici compiti in classe.
Nella pronuncia si riconosce, altresì, un illegittimo esercizio dell’attività amministrativa nella difformità tra i punteggi attribuiti in sede di esame di riparazione rispetto ai criteri di valutazione predeterminati nell’ambito del Piano dell’offerta formativa, quale documento generale di riferimento dell’istituzione scolastica, dotata di autonomia funzionale.
Da ultimo, si ritiene attività illegittima l’inserimento nell’ambito della prova di recupero destinata alla ricorrente di argomenti estranei rispetto al programma trattato nel corso dell’anno scolastico.
Ebbene, l’individuazione degli specifici atti e comportamenti illegittimi adottati dal personale dell’istituto scolastico pare di particolare interesse, anche in riferimento ad analoghi pronunciamenti del giudice amministrativo, poiché si ritiene si ponga quale fattispecie di riferimento, essenziale al fine della perimetrazione dell’ambito della risarcibilità del danno, in senso generale, nel caso di illegittima bocciatura in sede scolastica[xiv].
Nell’ambito di una pur recente pronuncia della giurisprudenza amministrativa sul tema, a titolo esemplificativo, si è ritenuta illegittima la bocciatura dello studente a fronte dell’insufficienza riportata in una sola materia e in presenza di una motivazione relativa alla mancata ammissione alla classe successiva condensata nella formula – eccessivamente stringata e non in grado di far comprendere allo studente le ragioni dell’insuccesso scolastico – «non promosso dopo recupero carenze»[xv].
2.2. Presupposti dell’illecito ai fini della risarcibilità del danno
Nella sentenza in commento i giudici, inquadrata la fattispecie ai fini del risarcimento delle poste di danno individuate dalla ricorrente nell’ambito della responsabilità aquiliana, precisano come, nel caso di specie, ricorrano tutti i presupposti dell’illecito extracontrattuale e così specificamente: l’illegittimità degli atti adottati dall’amministrazione scolastica condannata al risarcimento del danno unitamente al Ministero; l’elemento soggettivo; il danno ingiusto ed il nesso di causalità.
Nel dettaglio, in primo luogo, rispetto alla illegittimità degli atti adottati, rileva quanto esposto nel paragrafo precedente, in termini di plurime illegittimità ravvisabili in seno agli atti amministrativi relativi alla bocciatura della studentessa e agli atti connessi, come da statuizioni della sentenza in commento, oltre che della antecedente pronuncia del medesimo giudice amministrativo di primo grado di annullamento degli atti di cui trattasi.
Rispetto all’elemento soggettivo – quale ulteriore elemento necessario, come noto, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana – il giudice amministrativo esplicita nella pronuncia come non possano essere accolte le obiezioni della difesa erariale e, di contro, si ritiene sussista in capo all’amministrazione la colpa per aver emanato gli atti suddetti[xvi].
Sul punto si aggiunge che «le illegittimità riscontrate appaiono infatti rimproverabili e non scusabili, sia per la loro numerosità, sia per la sussistenza (anche) del vizio di disparità di trattamento, particolarmente stigmatizzabile per il suo carattere “odioso”, tanto più in quanto inficiante l’attività valutativa condotta nell’ambito del sistema pubblico di istruzione e nei confronti di una ragazza minorenne».
Sul punto si può osservare come la stessa giurisprudenza amministrativa, pronunciatasi in precedenza su casi analoghi, abbia ravvisato la piena sussistenza dell’elemento soggettivo rispetto alla fattispecie della bocciatura dello studente in sede di esame di maturità, rilevando come, in tal caso, l’illegittimità dell’azione si sostanzi nella diretta violazione di previsioni ministeriali circa lo svolgimento delle prove nel corso degli Esami di Stato «senza che sul punto possano dirsi sussistere incertezze interpretative, contrasti giurisprudenziali o altri elementi che possano far dubitare della piena attribuibilità soggettiva all’amministrazione pubblica della condotta tenuta»[xvii].
Ancora, rispetto ai presupposti dell’illecito ai fini della configurabilità di un danno risarcibile, si pone in evidenza come, nel caso di specie, ricorrano il danno ingiusto ed il nesso eziologico con gli atti viziati annullati.
In senso generale, la fattispecie di responsabilità aquiliana che viene in rilievo ha certamente quale elemento centrale quello dell’ingiustizia del danno, che occorre provare in giudizio, a differenza dell’ipotesi della responsabilità contrattuale. Nel dettaglio, il requisito dell’ingiustizia del danno implica la possibilità di riconoscimento del risarcimento laddove l’illegittimo esercizio del potere abbia di fatto determinato una lesione ad un bene della vita del privato che il medesimo avrebbe avuto titolo per mantenere, ovvero ottenere, a seconda della sussistenza, rispettivamente, di un interesse legittimo oppositivo ovvero pretensivo[xviii].
Del resto, rispetto al requisito dell’ingiustizia del danno, la stessa giurisprudenza amministrativa ha chiarito nel tempo come, in virtù della correlazione tra l'ingiustizia del danno e la dimensione sostanzialistica dell’interesse legittimo, solo laddove dall’esercizio illegittimo della pubblica funzione sia derivata una lesione alla sfera giuridica del privato, quest’ultimo potrà richiedere in sede giudiziale il risarcimento del danno; quest’ultimo sarebbe di contro escluso quando l'interesse legittimo riceva una tutela idonea con l'accoglimento dell'azione di annullamento, ma quest'ultimo sia determinato da una illegittimità, di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato, ma un vincolo per l'amministrazione a rideterminarsi, nell’ambito della discrezionalità ad essa spettante[xix].
Sul punto, nella pronuncia in commento, si esplicita in particolare come l’attività provvedimentale illegittima dell’istituto scolastico abbia di fatto leso l’interesse pretensivo della studentessa ad essere ammessa alla classe IV^.
Rispetto al nesso eziologico, il collegio giudicante ritiene possa formularsi un giudizio prognostico positivo circa il fatto che, «se l’azione amministrativa non fosse stata inficiata dai molteplici vizi censurati», la ricorrente «avrebbe potuto ottenere l’agognata promozione».
Del pari evidente secondo i giudici che «in conseguenza della bocciatura, la ricorrente ha dovuto rifrequentare la classe III^, rallentando il suo percorso di istruzione ed il suo ingresso nel mondo del lavoro».
Sul punto, in antecedenti pronunce sul tema, la giurisprudenza amministrativa ha posto in evidenza la necessità, al fine dell’esito positivo del giudizio risarcitorio, che le illegittimità riscontrate nell’espletamento dell’attività ad opera dell’amministrazione siano tali da condurre ad una illecita compressione degli interessi sostanziali del cittadino.
In altri termini, la giurisprudenza prevalente, cui la pronuncia in commento peraltro si uniforma, ritiene necessario operare un giudizio prognostico “ora per allora” alla luce del quale si possa affermare che in assenza degli individuati profili di illegittimità vi sarebbe stata una consistente possibilità per l’amministrato di conseguire il bene della vita cui aspirava.
Si tratta cioè di un giudizio prognostico “positivo” da intendersi quale sussistenza di maggiori possibilità di esito positivo, piuttosto che negativo, con riguardo alla ipotetica attività amministrativa legittima[xx].
A proposito del giudizio prognostico predetto, dunque, con specifico riferimento all’elemento del nesso di causalità, necessario ai fini della configurabilità di una responsabilità aquiliana ai sensi dell’art. 2043 c.c., l’Adunanza plenaria si è peraltro recentemente pronunciata precisando sul punto come «l'accertamento del nesso di consequenzialità immediata e diretta del danno con l'evento pone problemi di prova con riguardo al lucro cessante in misura maggiore rispetto al danno emergente. A differenza del secondo, consistente in un decremento patrimoniale avvenuto, il primo, quale possibile incremento patrimoniale, ha di per sé una natura ipotetica. La valutazione causale ex art. 1223 cod. civ. assume pertanto la fisionomia di un giudizio di verosimiglianza (rectius: di probabilità), in cui occorre stabilire se il guadagno futuro e solo prevedibile si sarebbe concretizzato con ragionevole grado di probabilità se non fosse intervenuto il fatto ingiusto altrui. Non a caso in questo ambito è sorta la tematica della risarcibilità della chance, considerata ormai, sia dalla giurisprudenza civile sia dalla giurisprudenza amministrativa, una posizione giuridica autonomamente tutelabile -morfologicamente intesa come evento di danno rappresentato dalla perdita della possibilità di un risultato più favorevole (e in ciò distinta dall'elemento causale dell'illecito, da accertarsi preliminarmente e indipendentemente da essa)- purché ne sia provata una consistenza probabilistica adeguata e nella quale può quindi essere ricondotta la pretesa risarcitoria connessa al regime tariffario incentivante di cui la società ricorrente chiede il ristoro per equivalente»[xxi].
Del resto, sul punto, mette conto evidenziare come nell’ambito della giurisprudenza amministrativa sia ravvisabile anche un orientamento maggiormente restrittivo a proposito del suddetto giudizio prognostico, il quale – ai fini della configurabilità del risarcimento del danno da attività provvedimentale illegittima secondo il paradigma della responsabilità extracontrattuale – richiede una valutazione prognostica, caratterizzata da tratti di verosimile certezza, alla luce della quale «l’aspirazione al provvedimento satisfattivo dell’interesse finale fosse senz’altro destinata ad un esito favorevole»[xxii].
In altri termini, in relazione alla fattispecie dell’illegittima bocciatura dello studente ai fini della risarcibilità del danno, si richiederebbe, oltre alla sussistenza degli altri elementi costitutivi la responsabilità in parola, tenuto conto altresì del principio dell'onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., la dimostrazione – anche sulla base di presunzioni – della certa spettanza del bene della vita cui l’interessato aspirava, collegato all’interesse pretensivo in questione[xxiii].
Tale orientamento maggiormente rigoroso, tuttavia, parrebbe eccessivamente rigido, con la conseguenza per cui nella sostanza si approderebbe, nella maggior parte dei casi, alla impossibilità di ritenere configurabile un risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi “pretensivi”, perlopiù in ragione della evidente difficoltà di fornire la prova richiesta nei termini di cui al giudizio prognostico predetto[xxiv].
Nell’ambito di tale orientamento minoritario, in un caso analogo di non ammissione di uno studente alla classe successiva, in tema di risarcimento del danno conseguente alla illegittima determinazione, si è affermato a proposito dell’onere probatorio e della valutazione prognostica come «il superamento della grave insufficienza, preclusiva del passaggio alla classe superiore, sarebbe stato infatti possibile solo a seguito di un rinnovato giudizio globale circa il livello formativo e la personalità dello studente, giudizio che spettava solo al corpo insegnante - o ad altro organo tecnico appositamente designato - formulare discrezionalmente, fatta salva la specifica valutazione degli elementi, che nella sentenza passata in giudicato si ritenevano indebitamente pretermessi. […] Va rilevato infine che - alla stregua di un ordinario e adeguato nesso di causalità - il giudizio di non idoneità al passaggio alla classe superiore, che era stato ritenuto illegittimo non può ritenersi, in assenza di ulteriori specifici elementi, causa efficiente di reazioni abnormi, come quella posta in essere dall'interessato. Il giudicato, cui è ricondotta la domanda in esame, in conclusione, non era idoneo a sorreggere di per sè, in modo esaustivo, il richiesto risarcimento del danno»[xxv].
3. Quantum risarcibile e tipologie di danno: gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa e le statuizioni della pronuncia in esame
Rispetto alle specifiche tipologie di danno riconosciute ed al relativo quantum risarcibile, il collegio riconosce in primo luogo alla ricorrente la spettanza di un danno patrimoniale, nello specifico da lucro cessante, patito per aver ottenuto il diploma di maturità al termine dell’a.s. 2013/2014, anziché dell’a.s. 2012/2013 e, conseguentemente, per avere differito di un anno gli studi universitari e l’inizio dell’attività professionale.
Proprio «a causa del ritardo nel conseguimento del titolo di studio di scuola superiore», la ricorrente – di seguito laureatasi in corso in architettura – avrebbe cioè, secondo quanto chiarito nella pronuncia in analisi, «subito un allungamento dei tempi per svolgere l’attività lavorativa produttiva di reddito»[xxvi].
Rispetto alla esatta quantificazione della posta di danno in questione pare di interesse quanto statuito nella pronuncia in esame nella quale si evidenzia, anzitutto, come il pregiudizio economico ristorabile non possa coincidere in toto con il mancato reddito medio di un anno di lavoro, posto che la percezione dei guadagni è stata solamente posticipata nel tempo e non persa in senso assoluto; a tale precisazione si aggiunge l’elemento per cui «il ritardo si ripercuote anche sui contributi previdenziali da versare e, quindi, ai fini pensionistici»[xxvii].
La determinazione del danno patito a titolo di lucro cessante, ad ogni modo, si ritiene debba essere formulata in base di una valutazione equitativa, secondo il combinato disposto di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.: pur ritenendo il suddetto danno «innegabilmente sussistente», cioè, si ravvisa un’ipotesi di impossibilità di esatta individuazione di una stima del danno occorso.
Nel caso di specie, pertanto, si ritiene equo liquidare una somma, a titolo di diminuito utile derivante dal ritardo predetto, parametrando la medesima al reddito medio di un professionista del settore, in quell’area geografica di riferimento, somma ritenuta peraltro congruente rispetto agli importi fatturati dalla ricorrente nel primo (seppure parziale) anno di attività, ovvero con riguardo alla capacità competitiva dimostrata dalla ricorrente nell’espletamento dell’attività professionale.
Sempre sul fronte del danno patrimoniale non è invece riconosciuto, nel caso di specie, il danno emergente legato agli esborsi sostenuti dai genitori della ricorrente per mantenerla durante l’anno scolastico ripetuto, trattandosi – come evidenziato dal collegio – «di un nocumento subito non già da lei, bensì, appunto, da suo padre e da sua madre (né avendo la ricorrente allegato e dimostrato di avere rimborsato loro tali spese)».
Sul piano delle poste di danno ritenute risarcibili nel caso concreto si ritiene la pronuncia in commento degna di menzione, in particolar modo, con riferimento alla liquidazione del danno non patrimoniale[xxviii].
La giurisprudenza amministrativa, in altri termini, ha riconosciuto in numerose ipotesi la risarcibilità del danno patrimoniale subito dal ricorrente in conseguenza della bocciatura illegittima; di contro, tuttavia, appare piuttosto raro e, dunque, meritevole di essere preso in considerazione, quanto disposto nella pronuncia con particolare riguardo alla sussistenza di un danno non patrimoniale nel caso della bocciatura dello studente riconosciuta come illegittima in sede giudiziale[xxix].
In proposito, il collegio ammette il ristoro del danno morale soggettivo per la sofferenza interiore arrecata alla studentessa dall’illegittima bocciatura, anche in tal caso liquidato in via equitativa e – in considerazione di tutte le circostanze concrete del caso specifico – stimato in euro 1300.
Nello specifico, tale riconoscimento avviene conformemente alla “massima di esperienza” richiamata dai giudici nella pronuncia per la quale «nella normalità dei casi, una bocciatura scolastica, specialmente se ingiusta, [si ritiene] cagioni nell’alunno patema d’animo, afflizione, frustrazione ed angoscia».
Alla necessità di riferirsi alle massime di esperienza con riguardo a tale posta di danno il giudicante approda nella pronuncia in commento sulla base di un’argomentazione, meritevole di attenzione, per la quale l’immaterialità del danno di cui trattasi e «l’assenza sia di base organica che di componenti relazionali sfuggono ad un accertamento fondato sugli ordinari canoni probatori, imponendo il ricorso al ragionamento logico-inferenziale fondato sull’id quod plerumque accidit e, quindi, sulle massime di esperienza, che possono da sole fondare la determinazione dell’organo giudicante»[xxx].
Il danno morale – come peraltro sostenuto in maniera pressoché univoca dalla giurisprudenza e rammentato dalla stessa pronuncia in commento – pur rientrando nella categoria generale del danno non patrimoniale, di cui all’art. 2059 c.c., deve essere distinto, da un lato, dal danno biologico quale danno alla salute e, dall’altro lato, dal danno c.d. esistenziale concernente la dimensione dinamico-relazione della vita dell’interessato e attinente invece al patimento di natura interiore che l’evento lesivo provoca nella vittima[xxxi].
Ancora, altro principio di diritto rilevante affermato nella pronuncia in relazione a tale voce risarcitoria pare certamente quello per cui «il danno morale è risarcibile anche se l’illecito civile non sia configurabile come reato, perché viene in rilievo la lesione dell’integrità morale della persona, costituente un diritto inviolabile tutelato dall’art. 2 Cost.»[xxxii].
Tale principio si ritiene ad oggi consolidato anche sul piano giurisprudenziale e riconducibile dunque ad un univoco orientamento alla luce del quale il danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., quale danno determinato dalla lesione di interessi concernenti la persona non connotati da rilevanza economica, risulta risarcibile alla luce del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili. La tutela di cui trattasi, infatti, si estende alle fattispecie di danno non patrimoniale determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti sul piano costituzionale[xxxiii].
4. Osservazioni conclusive
La pronuncia presa in esame si ritiene di particolare interesse, specialmente ritenuto che non paiono ravvisabili ad oggi, nell’ordinamento interno, previsioni chiare circa l’an e il quantum del risarcimento del danno nell’ipotesi di bocciatura dello studente ritenuta illegittima.
In tal senso, la sentenza del T.A.R. Liguria annotata, collocandosi in tale panorama di scarsa chiarezza e mancata univocità degli stessi orientamenti giurisprudenziali sul punto, detta alcuni punti fermi circa la risarcibilità dei danni derivanti dalla suddetta specifica attività illegittima dell’amministrazione pubblica.
I medesimi principi possono, in aggiunta, essere considerati e ritenuti applicabili, in un’ottica più ampia, con riguardo ai danni risarcibili nelle ipotesi di illegittima bocciatura, in senso generale, in ambito concorsuale.
Merito della pronuncia si ritiene, certamente, seppur in presenza di una esigua somma complessivamente riconosciuta a titolo di danno non patrimoniale (1300 euro), quello di aver statuito la risarcibilità del danno anche non patrimoniale e specialmente del danno morale, determinato dalla bocciatura illegittima in sede scolastica, specialmente riconoscendo il criterio alla luce del quale determinare il risarcimento medesimo ed il relativo quantum risarcitorio.
La sentenza, in altri termini, pare condivisibile nella individuazione del ristoro del danno morale in base alla massima di esperienza per la quale la bocciatura scolastica ingiusta [si ritiene] cagioni sofferenza, frustrazione ed angoscia e determini un possibile danno non patrimoniale risarcibile facendo ricorso ad un ragionamento logico-inferenziale fondato sull’id quod plerumque accidit.
[i] In tema cfr. tra le più recenti pronunce del giudice amministrativo Cons. Stato, sez. VII, 16 giugno 2022, n. 4913, resa sulla questione della asserita illegittimità del provvedimento del "giudizio di non ammissione" alla classe successiva di uno studente e conseguente richiesta di risarcimento del danno derivante dall'illegittimità degli atti impugnati. Nel caso di specie, peraltro, il giudice amministrativo respinge l’appello, ritiene il ricorso infondato e non riconosce alcun risarcimento del danno. Peculiare fattispecie anche quella presa in esame, sul tema, nell’ambito della sentenza T.A.R. Venezia, (Veneto) sez. I, 17 settembre 2020, n. 826 (in Foro amm., 2020, 9, 1737) laddove, a seguito della intervenuta bocciatura in sede di esame finale parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti dell’amministrazione scolastica, chiedendo l'annullamento degli atti impugnati, oltre al risarcimento del danno derivante dalla illegittima ammissione all'esame in quanto il minore avrebbe «inutilmente sostenuto l'esame di Stato, con tutto lo stress, l'agitazione, l'ansia da prestazione» e il risarcimento del danno derivante «dalla perdita di chance, perdita della mera possibilità di conseguire l'occasione, ovvero di poter affrontare la bocciatura come ci si sarebbe aspettato da un corretto esercizio del potere». Il T.A.R. ritiene, anzitutto, che non sussistano i profili di illegittimità del provvedimento contestati da parte ricorrente; inoltre, che l'interesse ad ottenere una valutazione negativa in sede di ammissione all'esame di Stato al fine di evitare l'impegno e lo stress che le relative prove comportano non è normativamente tutelato né giuridicamente rilevante (tenuto altresì conto che lo studente ammesso ha pur sempre la facoltà di non sostenere l'esame), sicchè la lesione di un tale interesse non può pertanto costituire un danno ingiusto ex art. 2043 c.c. Con specifico riferimento al danno non patrimoniale, preso in esame nella pronuncia in commento, il giudicante nel caso concreto ritiene infondata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, posto che «per consolidata giurisprudenza può essere risarcito solo nei casi espressamente previsti (art. 2059 c.c.) o in caso di lesione di interessi costituzionalmente garantiti (Cass. Sez. Unite, 12 novembre 2008, n. 26972), ipotesi entrambe non configurabili nel caso di specie».
[ii] Sull’argomento, in senso generale, si v. E. Follieri, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, Chieti, 1984, 146; R. Garofoli-G.M. Racca-M. De Palma, Responsabilità della pubblica amministrazione e risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, 2003, 614 ss., a proposito del risarcimento del danno per lesione dell’interesse legittimo pretensivo e F.F. Guzzi, La responsabilità della p.A. da provvedimento illegittimo: profili sostanziali, in G. Cassano-N. Posteraro, Le responsabilità della pubblica amministrazione, Padova, 2019, 22.
Sempre sulla natura dell’interesse legittimo e risarcibilità si v. il dibattito instauratosi in dottrina sull’argomento, tra gli altri, nell’ambito dei contributi di: A. Romano, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. amm., 1998, 22-25; F.G. Scoca, Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl., 2000, 21 e A. Orsi Battaglini-C. Marzuoli, La Cassazione sul risarcimento del danno arrecato dalla pubblica amministrazione: trasfigurazione e morte dell'interesse legittimo, in A. Orsi Battaglini, Scritti giuridici, Milano, 2007, 1588 ss. Per una ricostruzione delle teorie formulate della dottrina a proposito della risarcibilità del danno da lesione dell'interesse legittimo pretensivo cfr. altresì M. Trimarchi, Responsabilità della P.A. per lesione di interessi «pretensivi» e vizi formali, in Foro amm. CDS, 1, 2009, 149 ss.
[iii] Cfr., in particolare, tra le altre, la recente pronuncia del medesimo T.A.R. Liguria, sez. I, 4 marzo 2022, n. 180, in www.giustizia-amministrativa.it, laddove si è chiarito che la domanda di risarcimento dei danni da illegittimo esercizio dell’attività amministrativa vada ricondotta nell’ambito del paradigma aquiliano di cui all’art. 2043 cod. civ. ed ai fini del risarcimento in parola debbano sussistere tutti i presupposti dell’illecito e precisamente: l’illegittimità degli atti adottati dall’amministrazione; l’elemento soggettivo; il danno ingiusto; il nesso di causalità.
[iv] Si fa riferimento a Cons, Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, in Foro amm., 2021, 4, 590 e in Riv. giur. edilizia, 2021, 3, I, 837. Nel dettaglio, nel caso di specie, l'ordinanza Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia, 15 dicembre 2020, n. 1136, aveva rimesso all'Adunanza plenaria le seguenti questioni: «1) “se si configuri o meno una interruzione del nesso di causalità della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c. di tipo omissivo se, successivamente all'inerzia dell'Amministrazione su istanza pretensiva del privato, di per sé foriera di ledere il solo bene tempo, si verifichi una sopravvenienza normativa che, impedendo al privato di realizzare il progetto al quale l'istanza era preordinata, determini la lesione dell'aspettativa sostanziale sottesa alla domanda presentata all'Amministrazione, che sarebbe stata comunque soddisfatta, nonostante l'intervenuta nuova disciplina, se l'Amministrazione avesse ottemperato per tempo”; 2) “se il paradigma normativo cui ancorare la responsabilità dell'Amministrazione da provvedimento (ovvero da inerzia e/o ritardo) sia costituito dalla responsabilità contrattuale piuttosto che da quella aquiliana”; 3) in caso di risposta al quesito 2) nel senso della natura contrattuale della responsabilità, “se la sopravvenienza normativa occorsa intervenga, all'interno della fattispecie risarcitoria, in punto di quantificazione del danno (1223 c.c.) o di prevedibilità del medesimo (1225 c.c.)”; 4) in caso di risposta al quesito 2) nel senso della natura contrattuale della responsabilità, “se deve o meno essere riconosciuta la responsabilità dell'Amministrazione per il danno da mancata vendita dell'energia nei termini, anche probatori, sopra illustrati”; 5) in via subordinata, in caso di risposta al quesito 2) nel senso della natura extracontrattuale della responsabilità, “se in ipotesi di responsabilità colposa da lesione dell'interesse legittimo pretensivo integrata nel paradigma normativo di cui all'art. 2043 c.c. la pubblica amministrazione sia tenuta o meno a rispondere anche dei danni derivanti dalla preclusione al soddisfacimento del detto interesse a cagione dell'evento — per essa imprevedibile — rappresentato dalla sopravvenienza normativa primaria preclusiva e, in ipotesi di positiva risposta al detto quesito, se tale risposta non renda non manifestamente infondato un dubbio di compatibilità di tale ricostruzione con il precetto di cui all'art. 81 terzo comma Cost.”; 6) sempre in via subordinata, in caso di risposta al quesito 2) nel senso della natura extracontrattuale della responsabilità “se debba o meno essere riconosciuta la responsabilità della Regione per il danno da mancata vendita dell'energia nei termini, anche probatori, sopra illustrati». La controversia riguardava la domanda di risarcimento del danno dovuto al ritardo nel rilascio di autorizzazioni uniche per impianti fotovoltaici, il quale aveva reso impossibile accedere al regime incentivante a causa di una sopravvenienza normativa comportante la rinuncia all'intero progetto in ragione della antieconomicità dell'iniziativa imprenditoriale in assenza di contribuzione pubblica. In particolare, dubbio del giudice rimettente sul punto si incentrava sulla questione se la sopravvenienza normativa costituisca un fattore causale autonomo, in grado di interrompere il nesso di consequenzialità immediata e diretta ex art. 1223 cod. civ. tra la ritardata conclusione dei procedimenti autorizzativi ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e il mancato accesso al regime incentivante, o – espresso in altri termini – di configurare il ritardo dell'amministrazione come mera occasione rispetto al pregiudizio patrimoniale lamentato dalla società ricorrente, unitamente agli altri dalla stessa dedotti in giudizio.
[v] Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, in Foro amm. 2000, 2062, con nota di Salemme e Carpinelli; in Giorn. dir. amm. 1999, 832, con nota di Torchia e in Urb e app., 1999, 1067 con nota di Protto.
[vi] Cfr. in particolare, rispetto alle procedure di affidamento di contratti pubblici, l’art. 13 l. 19 febbraio 1992, n. 142 e, nella materia edilizia, l’art. 4 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, conv. nella l. 4 dicembre 1993, n. 493, per il danno da ritardato rilascio del titolo a costruire.
[vii] L'art. 35, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ha introdotto la previsione per cui, nelle materie dell'urbanistica, dell'edilizia e dei servizi pubblici, ove ha giurisdizione esclusiva, il giudice amministrativo «dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto». Si v., in merito, anche Corte cost., ord., 8 maggio 1998, n. 165, in Foro Amm. 1999, 1983. Di seguito, l'art. 7, comma 4, della l. n. 205/2000 ha poi previsto la risarcibilità del danno in ogni caso di lesione arrecata all'interesse legittimo.
[viii] Sul punto ed in questi termini, in particolare, si è espresso il giudice costituzionale nelle pronunce seguenti: Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204, in Dir. e giust., 2005, 20, 99, con nota di Proietti e in Dir. proc. amm., 2005, 214, con nota di Mazzarolli e Id., 11 maggio 2006, n.191, in Dir. proc. amm., 2006, 4, 1005, con nota di Malinconico; Allena.
[ix] In questo senso, Cons, Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, cit.
[x] Oltre alle previsioni normative richiamate, si pensi altresì al dato testuale di cui all’art. 2-bis, comma 1, l. 241/1990, con specifico riferimento alle conseguenze del ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento, per cui i soggetti pubblici e privati chiamati ad agire secondo le regole del procedimento amministrativo «sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento». In dottrina v., tra gli altri in argomento, G. Mari, La responsabilità della p.A. per danno da ritardo, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2017, 348; M.L. Maddalena, Il danno da ritardo: profili sostanziali e processuali, in A. Romano (a cura di), L'azione amministrativa, Torino, 2016, 174.
[xi] Tra le altre pronunce v. Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2019, n. 4857, in Foro amm., 2019, 1224.
[xii] In tal senso si v., in particolare, Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1467, in Resp. civ. e prev., 2010, 7-8, 1542, con nota di Patrito; T.A.R. Liguria, sez. I, 9 gennaio 2020, n. 6, in Riv. giur. edilizia, 2020, 2, I, 346, oltre che, sempre in tal senso, Cass., sez. un., 28 aprile 2020 n. 8236, in Guida al diritto, 2020, 30, 62.
[xiii] V. in merito, Cons. Stato, sez. II, 20 maggio 2019, n. 3217; Id., sez. VI, 19 marzo 2019 n. 1815, entrambe in www.giustizia-amministrativa.it.
[xiv] In tema di illegittimità della bocciatura scolastica nell’ambito della giurisprudenza amministrativa si v., tra le altre, T.A.R. Puglia, sez. II, 17 settembre 2019, n. 1473, in Diritto & Giustizia 2019; T.A.R. Trieste, (Friuli-Venezia Giulia) sez. I, 12 ottobre 2017, n. 312, in Foro it., 2017, 11, III, 572; T.A.R. Bolzano, (Trentino-Alto Adige), sez. I, 5 aprile 2016, n.122, in Foro amm., 2016, 4, 966. Rispetto alla bocciatura illegittima in sede di concorso pubblico si v., invece, tra le altre, Cons. Stato sez. V, 30 aprile 2003, n. 2245, in DeG - Dir. e giust., 2003, 21, 7.
[xv] Cfr. T.A.R. Puglia, sez. III, 3 ottobre 2022, n. 1295, in www.giustizia-amministrativa.it.
[xvi] Si v. sul punto G. Lo Presti, L'elemento soggettivo nel nascente modello di responsabilità provvedimentale della pubblica amministrazione, in I tribunali amministrativi regionali, 2002, 28, 2, 93-106; C. Papetti, La colpa della pubblica amministrazione in relazione alla natura della responsabilità civile da attività provvedimentale illegittima (Nota a Tar Sardegna, 14 marzo 2005 n.328), in Foro amm. TAR, 2005, 4, 1298-1311.
In tema di elemento soggettivo, rispetto all’ipotesi di richiesta di risarcimento dei danni asseritamente sofferti in conseguenza dell'illegittima bocciatura, si v., tra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2020, n. 1549, in www.giustizia-amministrativa.it.
[xvii] Così T.A.R. Toscana – Firenze, sez. I, 24 novembre 2011, n. 1807, in www.giustizia-amministrativa.it. Tale caso concreto vedeva lo studente bocciato in sede di maturità presentare ricorso avanti al giudice amministrativo contro il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca e il Liceo artistico frequentato al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito del comportamento illegittimo dell’amministrazione (nel caso di specie in ragione della violazione di atti ministeriali e, in particolare, della disposizione per cui il colloquio finale d’esame debba riguardare tutte le materie dell’ultimo anno, mentre lo studente era stato interrogato soltanto su tre materie) e, in particolare, il danno patrimoniale subito a causa del giudizio negativo riportato in sede di esame di maturità annullato mediante la sentenza dello stesso T.A.R. Toscana n. 394/2006, nonché un’ulteriore somma, da determinarsi in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., a titolo di danno non patrimoniale subito in conseguenza dell’illegittimo giudizio.
[xviii] Così anche Cons, Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, cit.
[xix] V., in particolare, in tal senso, Cons. Stato, Ad. plen., 3 dicembre 2008, n. 13, in Resp. civ. e prev., 2009, 4, 871, con nota di Rega e, da ultimo, Cons. Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, cit. Sempre sull’argomento e, in senso conforme, Cons. Stato, sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6538, in Foro amm. CDS 2009, 1, 146.
In dottrina, si v. M. Trimarchi, Responsabilità della P.A. per lesione di interessi «pretensivi» e vizi formali, cit.
[xx] Si v., in questo senso, in relazione alla necessità di condurre un giudizio prognostico positivo “ora per allora”, la menzionata pronuncia T.A.R. Toscana – Firenze n. 1807/2011. Nella sentenza si chiarisce in particolare, rispetto al nesso di causalità, come lo studente poi bocciato in sede di esame di maturità sia stato interrogato nell’esame finale solo su 3 delle 16 materie contemplate nel programma dell’ultimo anno di corso, cosicchè «se fosse stato sentito su tutte le materie, avrebbe potuto riportare un esito positivo dell’esame».
[xxi] Nel caso di specie, come sopra accennato, la questione controversa e rimessa dal Consiglio di giustizia amministrativa alla Adunanza plenaria (Cons, Stato, Ad. plen., 23 aprile 2021, n. 7, cit.), atteneva al rapporto di causalità giuridica tra evento lesivo e danno-conseguenza. La questione si sostanziava più precisamente nella possibilità di imputare alla Regione siciliana il mancato accesso al regime tariffario incentivante previsto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, a causa del sopravvenuto divieto di cui all'art. 65 d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.
[xxii] In tal senso, tra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2012, n. 2138, in Foro amm. CDS, 2012, 4, 985 e in Danno e resp., 8-9, 2012, 858 e ss. In particolare, tale pronuncia ha origine dalla domanda giudiziale finalizzata al risarcimento dei danni direttamente conseguenti all'atto illegittimo di non ammissione dello studente alla classe successiva, annullato dalla prima sentenza del Tribunale amministrativo. Nella sentenza, tuttavia, si precisa come riguardo a tale oggetto del giudizio, non possa trovare accoglimento l'istanza risarcitoria avanzata dall'interessato sotto diversi profili, sia di danno emergente che di perdita di chance. Nell’ambito della pronuncia, precisato come vadano preliminarmente accertati l'esistenza stessa del danno subito dall'interessato ed il nesso di causalità fra tale danno e l'atto ritenuto illegittimo dell'Amministrazione, si giunge alla conclusione per cui i predetti elementi non appaiono ravvisabili nel caso di specie. Rispetto al nesso di causalità, in particolare, i giudici aderiscono all’orientamento – come accennato minoritario – per cui il nesso di causalità fra l'illegittimità dell'atto lesivo e il danno lamentato, si ritiene normalmente escluso dalla giurisprudenza quando, a seguito dell'annullamento di un atto in sede giurisdizionale, «permanga per l'Amministrazione pubblica un ambito di apprezzamento discrezionale, in ordine al soddisfacimento dell'interesse pretensivo, e resti impregiudicata la possibilità di una legittima diversa determinazione».
In senso conforme rispetto a tale orientamento possono essere menzionate, fra le altre, Cons. Stato, sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4868, in Foro amm. CDS, 2008, 10, 2717, Id., sez. V, 8 febbraio 2011, n. 854, in Foro amm. CDS, 2011, 2, 447; Id., sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2894, in Foro amm. CDS, 2009, 5, 1247; Id., sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751, in Foro it. 2009, 3, III, 140 e Id., sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 723, in Foro amm. CDS, 2011, 1, 279.
[xxiii] In tal senso cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1038, in Foro amm. CDS, 2010, 2, 390 e Cons. Stato, sez. V, 15 settembre 2010, n. 6797, in Foro amm. CDS, 2010, 9, 1868, laddove si è precisato che il risarcimento del danno conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo risulta essere subordinato, pur in presenza di tutti i requisiti tipici dell'illecito aquiliano (e così condotta dell’amministrazione, colpa, nesso di causalità ed evento dannoso), alla «dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l'aspirazione al provvedimento fosse destinata nel caso di specie ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorché fondata con il ricorso a presunzioni, della spettanza definitiva del bene collegato a tale interesse. Siffatto giudizio prognostico non può, tuttavia, essere consentito allorché detta spettanza sia caratterizzata da consistenti margini di aleatorietà».
[xxiv] V. in merito M. Niro, Sul risarcimento dei danni derivanti da illegittima bocciatura scolastica: un recente caso giurisprudenziale - TAR Liguria 5.10.2022, n. 834, in Persona & Danno, 14 novembre 2022. Di diverso avviso, in dottrina, R. Foffa, Il danno da bocciatura, in Danno e resp., 8-9, 2012, 861-865.
[xxv] Così Cons. Stato, sez. VI, 16 aprile 2012, n. 2138, cit.
[xxvi] Sull’argomento è la stessa sentenza in commento che menziona il precedente di Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2007, n. 3949, relativa al caso di uno studente vittima di un incidente stradale, il quale a causa delle lesioni riportate, non aveva potuto seguire le lezioni e, conseguente, era stato bocciato.
[xxvii] Così il punto 2 della motivazione della pronuncia in esame.
[xxviii] Sull’argomento si v. la recentissima pronuncia della Suprema Corte, Cass. civ., sez. lav., ord. 2 dicembre 2022, n. 35499, nell’ambito della quale, a fronte del ricorso presentato da una lavoratrice che prestava servizio sulla Costa Concordia, la Corte si sofferma sulla qualificazione del “patema d’animo” causato dal naufragio quale danno non patrimoniale. In particolare, si pone in evidenza rispetto al danno non patrimoniale che «le Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze nn. 26972 e 26975 dell'11.11.2008, hanno posto in rilievo il carattere unitario del danno non patrimoniale, quale categoria giuridica distinta da quella del danno patrimoniale, incasellando in essa, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie, tutte le diverse "voci" elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza (danno estetico, danno esistenziale, danno alla vita di relazione, ecc.) che non richiedono uno specifico ed autonomo statuto risarcitorio (inteso come metodologia dei criteri liquidatori per equivalente), ma possono venire in considerazione solo in sede di adeguamento del risarcimento al caso specifico, attraverso il meccanismo della cd. personalizzazione». Nella stessa recente pronuncia con specifico riferimento al danno morale soggettivo – oggetto della sentenza in commento – si rammenta invece che lo stesso, quale «voce di pregiudizio non patrimoniale, ricollegabile alla violazione di un interesse costituzionalmente tutelato, ontologicamente distinta dal danno biologico e dal danno nei suoi aspetti dinamico relazionali», vada conseguentemente risarcito autonomamente, ove provato, senza che ciò comporti alcuna duplicazione. Tale orientamento ha, infatti, escluso che rappresenti una duplicazione la congiunta attribuzione del "danno biologico" e di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione). Nello stesso senso si v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2018, n. 901, in Resp. civ. e prev., 2018, 3, 863; Id., 27 marzo 2018, n. 7513, in Foro it., 2018, 6, I, 2038, con nota di Palmieri; Id., 28 settembre 2018, n. 23469, in Resp. civ. e prev., 2019, 2, 503.
[xxix] Si v. in merito, a titolo esemplificativo, quanto previsto nella citata sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, sez. I, 24 novembre 2011, n. 1807 citata, resa a proposito di un analogo caso e nell’ambito della quale, sul punto, si è chiarito che non merita accoglimento la domanda risarcitoria con riferimento al danno non patrimoniale, posto che i profili relativi a quest’ultimo «sono stati richiesti in termini assolutamente generici, nella sostanza rimettendo tutto, anche la loro esatta configurazione, alla valutazione equitativa del giudice».
[xxx] Sul punto, ex multis, si v., tra le più recenti pronunce citate dalla stessa sentenza in commento, Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2022, n. 1908, in dejure.it. In particolare nell’ambito di quest’ultima recente pronuncia, nel dettaglio, a proposito del danno morale, si chiarisce come l'immaterialità del danno di cui trattasi e l'assenza di una base organica del medesimo sfuggono ad un accertamento fondato sugli ordinari canoni probatori, di fatto imponendo il ricorso al ragionamento logico-inferenziale fondato sulle massime di esperienza, che possono da sole essere sufficienti a fondare la determinazione dell'organo giudicante. Ne consegue che, a parere dell’organo giudicante, appare un «corretto criterio logico-presuntivo funzionale all'accertamento del danno morale quello fondato sulla massima di esperienza della corrispondenza, secondo proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all'insorgere di una sofferenza soggettiva».
[xxxi] Sulla autonomia del danno morale rispetto alle differenti tipologie di danno non patrimoniale e in particolare rispetto al danno biologico, si v. quanto affermato dalla più recente giurisprudenza, anche in contrasto rispetto a quanto affermato nelle storiche sentenze “di San Martino” del novembre 2008, Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, in Resp. civ. e prev. 2009, 1, 38, con nota di Monateri. La storica sentenza in oggetto, peraltro, ha esplicitato come riguardo ai danni non patrimoniali diversi rispetto al danno biologico, dunque anche con riferimento al danno morale, possa farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva. Così, tra le altre, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2020, n. 25164, in Foro it., 2021, 1, I, 149; Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2022, n. 1908, cit.
[xxxii] Per una recente analisi circa tale posta risarcitoria si v. P.G. Monateri, Il 'quantum' del danno morale e il futuro del danno non patrimoniale a persona, in Danno e resp., 2021, 26, 5, 621 ss.
[xxxiii] Tale principio è affermato sin dalla menzionata Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972, cit.