L’eccesso di potere giurisdizionale ex art. 111, co. 8, Cost.: il sindacato del giudice amministrativo tra limiti e poteri. L’invasione della sfera riservata alla discrezionalità amministrativa (nota a Cass., Sez. un., ord. n. 5636/2022)
di Tania Linardi
Sommario: 1. La vicenda in esame e le quaestiones sottoposte alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. - 2. Il sindacato esercitabile nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato: brevi cenni sull’evoluzione storica. - 3. I “soli motivi inerenti alla giurisdizione”, di cui all’art. 111, ottavo comma, Cost. - 4. La posizione delle Sezioni Unite sulle quaestiones oggetto del ricorso. - 5. Lo sconfinamento del giudice nell’ambito della discrezionalità amministrativa. - 6. Considerazioni conclusive.
1. La vicenda in esame e le quaestiones sottoposte alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 5636 del 21 febbraio 2022, affrontano la complessa e dibattuta tematica relativa alla perimetrazione del sindacato esercitabile nei confronti delle sentenze del Consiglio di Stato “per i soli motivi inerenti alla giurisdizione” [1], di cui all’art. 111, ottavo comma, della Carta costituzionale, ritenendo configurata, nel caso di specie, un’ipotesi di indebita “invasione” della sfera riservata alla Pubblica Amministrazione.
Nel particolare, la controversia in esame trae origine dal ricorso presentato da una società concorrente (quale mandataria di un RTI) avverso l’aggiudicazione disposta in favore di un altro RTI. Si deduceva, da un lato, l’illegittimità del provvedimento di ammissione alla procedura di gara a causa di un grave errore commesso nell’esercizio dell’attività professionale; dall’altro lato, l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, alla luce del procedimento avviato innanzi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per la verifica dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza.
In relazione a tali rilievi, il Tribunale Amministrativo Regionale competente disponeva il parziale rigetto della domanda e, in parte, ne dichiarava l’improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.
Diversamente, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato pronunciava sentenza di accoglimento delle censure proposte con il primo motivo di appello, per l’effetto disponendo l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione e dichiarando inefficace la convenzione medio tempore stipulata dalla Consip con il RTI aggiudicatario.
Sul punto, il Collegio chiariva che, pur dovendosi prescindere dall’analisi del sopravvenuto provvedimento sanzionatorio dell’AGCM,[2] l’aggiudicazione disposta dalla Consip si profilava illegittima, in quanto viziata da eccesso di potere per contrasto con il principio di ragionevolezza. A tal proposito, si evidenziava che, alla stregua degli elementi indiziari presenti al momento della decisione della Stazione Appaltante, quest’ultima potesse “maturare un giustificato convincimento in ordine all’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza”.
Inoltre, si sosteneva che la mancata esclusione degli operatori economici dalla procedura di gara dovesse ritenersi “comprensibile”, in assenza di prova adeguata quanto agli errori commessi nell’esercizio dell’attività professionale nonché all’ipotesi di falsa dichiarazione.
Nel delineato contesto, il Collegio precisava che: “(…) certo era ragionevole attendersi dalla stazione appaltante una diversa decisione in merito al prosieguo della procedura, di soprassedere all’aggiudicazione fino a che non fossero stati resi noti gli esiti del procedimento sanzionatorio avviato dall’Autorità sulla propria segnalazione, previa eventuale adozione di adeguati provvedimenti interinali, non di procedere con l’aggiudicazione, così da favorire essa stessa quel risultato frutto dell’alterazione dalla concorrenza che, con i propri atti, e sin dal disciplinare di gara, intendeva scongiurare”.
Di talché, avverso la suesposta decisione la società mandataria del RTI aggiudicatario proponeva ricorso per Cassazione sulla base di tre ordini di motivi.
La prima questione denunziata dalla ricorrente attiene al difetto assoluto di giurisdizione ed allo sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa, ipotesi in cui sarebbe incorso il Giudice amministrativo per aver annullato il provvedimento di aggiudicazione a causa delle indagini avviate dall’AGCM, nonché per aver conseguentemente determinato una sospensione della procedura di gara sino al definitivo accertamento anticoncorrenziale, in assenza di espresse disposizioni normative in tal senso. In tal modo impedendo alla Stazione Appaltante di agire diversamente, seppure nei limiti di quanto prescritto dall’art. 81, comma terzo, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, in relazione alla decisione di non procedere ad alcuna aggiudicazione per inidoneità delle offerte.
La seconda questione riguarda, invece, il dedotto vizio di difetto assoluto di giurisdizione e sconfinamento nella sfera riservata alla potestà legislativa, rinvenibile, secondo la tesi prospettata dalla ricorrente, nella parte della sentenza in cui si sostiene che, in pendenza di un procedimento avviato dall’AGCM, la Stazione Appaltante debba sospendere la relativa procedura di gara sino alla conclusione dell’accertamento anticoncorrenziale. Si evidenzia, in sostanza, come la sentenza abbia indebitamente vincolato l’esercizio della discrezionalità amministrativa ad un criterio di ragionevolezza anomalo e ad un principio di diritto non previsto dalla legge.
Infine, con il terzo motivo si lamenta il difetto assoluto di giurisdizione e l’asserita violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale, del giusto processo e della presunzione di innocenza. A suffragio di tali rilievi, la ricorrente sostiene che la disposta sospensione della procedura di gara (in attesa del provvedimento finale dell’AGCM) avrebbe comportato una rivalutazione dei requisiti di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006, alla luce di fatti sopravvenuti. In tal mondo palesandosi il contrasto con il principio della presunzione di innocenza, operante quale limite esterno alla giurisdizione del Giudice amministrativo, essendo sancito anche dal diritto dell’Unione europea. Così, la ricorrente chiede, in via subordinata, di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 27 Cost., o questione pregiudiziale di interpretazione del diritto comunitario in ordine all’art. 6 CEDU.
2. Il sindacato esercitabile nei confronti delle decisioni del Consiglio di Stato: brevi cenni sull’evoluzione storica.
Come noto, il sindacato delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato è esercitabile “per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”, ai sensi dell’art. 111, co. 8, Cost.
Invero, la portata semantica di tale formulazione rappresenta il frutto di un graduale processo normativo che ha interessato l’istituto de quo sin dall’epoca anteriore all’adozione della Carta costituzionale, alla luce delle classificazioni dogmatiche adottate in sede interpretativa e del ruolo attribuito ai differenti organi di volta in volta ritenuti competenti a risolvere i problemi di giurisdizione[3].
Originariamente, infatti, è possibile notare che la legge sarda n. 3780 del 1859 richiedeva l’intervento di un decreto del re, reso sulla base di apposito parere del Consiglio di Stato, al fine di regolare soprattutto le situazioni di conflitto tra giudice ordinario e tribunali del contenzioso amministrativo, nonché quelli tra Giudice ordinario e Pubblica amministrazione. In tal caso, emergeva come valore preminente l’esigenza di garantire alla P.A. uno spazio di autonomia rispetto all’attività promanante dal potere giurisdizionale.
A seguito dell’intervento della legge n. 2248 del 1865, All. E), e quindi della abolizione dei tribunali del contenzioso amministrativo, l’operatività della sopra richiamata legge sarda n. 3780/1859 concerneva i casi di conflitto tra giudice ordinario e pubblica amministrazione, devoluti al Consiglio di Stato, quale organo amministrativo di vertice[4].
Proprio tale carattere, peraltro, lasciava emergere taluni profili di dubbia imparzialità dell’organo de quo rispetto all’Esecutivo, da ciò conseguendo la successiva decisione, attuata ad opera della legge n. 3761/1877, di individuare nella Corte di Cassazione il plesso giurisdizionale deputato a risolvere i conflitti tra giudice ordinario e P.A., prevedendosi anche una disciplina nei casi di conflitto tra giudice ordinario e Consiglio di Stato, all’epoca dotato di competenze amministrative.
Nel particolare, la disposizione di cui all’art. 3 della legge in commento sanciva la competenza della Cassazione a “giudicare dei conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra i tribunali ordinari ed altre giurisdizioni speciali, nonché della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni per incompetenza od eccesso di potere”.
Successivamente, con il progressivo riconoscimento della natura giurisdizionale del ricorso al Consiglio di Stato ai sensi della legge n. 62 del 1907, venivano in rilievo, da un lato, il problema relativo al conflitto di giurisdizione tra il giudice ordinario e giudice amministrativo, quest’ultimo non più da intendersi quale emanazione della P.A.[5] Dall’altro lato, si riconosceva espressamente l’esercizio del sindacato della Cassazione nei confronti delle decisioni adottate dal giudice speciale, ove rese in “difetto assoluto di giurisdizione”[6].
Tale previsione era presente anche nel successivo art. 48, r.d. n. 1054 del 1924, il quale, oltre a richiamare espressamente la legge n. 3761 del 1877 [7], prevedeva l’impugnabilità delle pronunce giurisdizionali del Consiglio di Stato mediante ricorso per cassazione “soltanto[8] per assoluto difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato”.
Ciò detto in ordine ad alcune delle più significative tappe del processo normativo afferente al tema della sindacabilità delle decisioni del Consiglio di Stato, occorre dare atto della scelta interpretativa che, in sede di stesura della Carta costituzionale, era emersa in ordine alla formulazione dell’art. 111 Cost.
Ed invero, tenuto conto dell’assetto pluralistico delle giurisdizioni affermatosi nel contesto storico sopra delineato, i costituenti ritenevano preferibile confermare siffatta impostazione, impedendo quindi che le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti potessero essere sottoposte ad un ampio controllo da parte della Corte di Cassazione. Il sindacato riconosciuto a quest’ultimo plesso giurisdizionale, quindi, continuava ad essere limitato ai casi di “eccesso di potere giudiziario”, coerentemente alla “unità non organica, ma funzionale di giurisdizione, che non esclude, anzi implica, una divisione dei vari ordini di giudici in sistemi diversi, in sistemi autonomi, ognuno dei quali fa parte a sé”. [9]
3. I “soli motivi inerenti alla giurisdizione”, di cui all’art. 111, ottavo comma, Cost.
Come anticipato nei precedenti paragrafi, le differenti formulazioni adottate nel tempo a livello normativo per delimitare i confini del sindacato esercitabile sulle decisioni del Consiglio di Stato evidenziano come l’attualissimo problema interpretativo dell’art. 111, co. 8, Cost. abbia, in realtà, radici molto antiche.
Ciò imporrebbe di seguire, anche a livello esegetico, un approccio che tenga in considerazione le peculiarità dei rapporti esistenti tra esercizio del potere pubblicistico e posizioni giuridiche dei privati destinatari dell’attività della P.A., nonché dei relativi principi che ne governano il sistema, nell’ottica del riconoscimento di spazi di tutela effettivi ed adeguati rispetto alle posizioni giuridiche che vengono in rilievo.
Il tutto, come d’altronde testimoniato in tema di riparto della giurisdizione dalla formulazione dell’art. 103, primo comma, Cost., ove è previsto che: “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi”.
Sul punto, la dottrina evidenzia come la ratio della disposizione in commento debba rinvenirsi nella esigenza di predisporre una tutela idonea alle posizioni dei privati lese dall’esercizio dell’attività amministrativa, sul presupposto che la mera tutela risarcitoria tradizionalmente offerta in sede civile con riferimento alle situazioni di diritto soggettivo non risulterebbe, in concreto, idonea ad assicurare la soddisfazione dell’interesse legittimo.[10] In quest’ultimo caso, infatti, assume un ruolo centrale il giudice amministrativo, in quanto deputato, ad esempio, a rimuovere gli effetti della decisione pubblicistica laddove illegittima mediante l’adozione di una pronuncia di annullamento della stessa[11].
Nell’ambito del delineato sistema, la trattazione della problematica legata alle questioni di giurisdizione non può prescindere, inoltre, dal richiamo all’art. 113 Cost., il quale cristallizza il livello minimo di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi riconosciuto ai cittadini avverso l’attività della Pubblica Amministrazione.
Ciò premesso, occorre rilevare che la portata applicativa della locuzione “per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”, di cui all’art. 111, co. 8, Cost., appare desumibile, in particolare, alla luce del rapporto con gli altri commi presenti all’interno della medesima disposizione[12].
In primo luogo, l’esegesi di tale disposizione assume rilievo dalla contrapposizione con il comma 7, ove si riconosce il sindacato della Corte di Cassazione sulle sentenze per “violazione di legge”, con ciò intendendosi sia la legge sostanziale sia quella processuale. Sempre nell’alveo di tali motivi, si inseriscono quindi le violazioni della legge processuale che configurano violazioni dei principi di ogni tipo di processo, come quelli delineati nei commi 1, 2 e 6, art. 111, Cost. relativamente al giusto processo, al contraddittorio tra le parti, terzietà e imparzialità del giudice ed all’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Come anticipato, nel delineato contesto si inserisce il comma ottavo dell’art. 111, il quale ha una portata derogatoria rispetto al comma 7 e, di riflesso, anche rispetto ai commi relativi ai principi sul processo[13]. Ai sensi di tale norma, infatti, è riconosciuto in capo alla Cassazione il potere di sindacare le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti per i soli motivi di giurisdizione (dunque, un sindacato sulla spettanza della giurisdizione, non anche sul corretto o scorretto esercizio della stessa da parte del giudice speciale), quale ipotesi avente natura residuale rispetto alla più ampia categoria delle violazioni di legge tout court.
In tema, giova inoltre precisare che la portata applicativa dell’art. 111, comma 8, Cost. è stata oggetto di un’ importante chiarificazione da parte della Corte costituzionale con la nota sentenza n. 6/2018[14](pur trattandosi di sentenza di inammissibilità per irrilevanza), resa a seguito di un’ordinanza con cui le Sezioni Unite della Cassazione sollevavano questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, co.7, d.lgs. n. 165/2001, “nella parte in cui prevede che le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30.06.98 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2020”, deducendo la violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., con riferimento ai parametri interposti dell’art. 6, par. 1, CEDU, e dell’art. 1, primo Protocollo addizionale della Convenzione[15].
Nel particolare, il rimettente riteneva che potesse configurarsi la violazione del diritto di accesso ad un tribunale alla luce di quel prevalente orientamento giurisprudenziale che, alla scadenza del termine di decadenza sancito dall’art. 69, co. 7, d.lgs. n. 165/2001, ricollegava “la radicale impossibilità di fare valere il diritto dinanzi ad un giudice”. Inoltre, si richiamavano, come già prospettato dai ricorrenti, talune recenti decisioni della Corte EDU[16] che, in un caso analogo, accertavano la violazione, da parte dello Stato italiano, degli obblighi convenzionali rispetto all’art. 6 CEDU in tema di diritto di accesso ad un tribunale[17]. Ciò, si precisava, in quanto la decadenza prevista dalla norma nazionale sopra richiamata imponeva “un ostacolo procedurale costituente sostanziale negazione del diritto invocato”.
Sempre il rimettente, quanto alla motivazione sulla rilevanza, sosteneva la propria legittimazione a sindacare la decisione del Consiglio di Stato in oggetto richiamando una nozione di limite esterno della giurisdizione “collegato all’evoluzione del concetto di giurisdizione”, “da intendersi in senso dinamico, nel senso dell’effettività della tutela giurisdizionale”. In tal senso, si precisava che per norma sulla giurisdizione non dovesse intendersi soltanto quella che individua i presupposti per il riconoscimento del potere giurisdizionale, ma anche quella norma che “dà contenuto a quel potere stabilendo le forme di tutela attraverso le quali esso si estrinseca”, nell’ottica dell’affermazione del diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi. Infine, i giudici di legittimità precisavano che: “la situazione in esame rientrerebbe in uno di quei casi estremi in cui il giudice amministrativo adotta una decisione anomala o abnorme, omettendo l’esercizio del potere giurisdizionale per errores in iudicando o in procedendo che danno luogo al superamento del limite esterno”.
Tuttavia, la Consulta riteneva di non aderire a tali rilievi, disponendo quindi l’inammissibilità della questione di legittimità sollevata per mancanza di legittimazione del giudice a quo.
Sul punto, si precisava, infatti, che “la tesi che il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall’ottavo comma dell’art. 111 Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando non può qualificarsi come una interpretazione evolutiva, poiché non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale”. Si aggiungeva, inoltre, che gli invocati principi fondamentali della primazia del diritto dell’Unione, dell’effettività della tutela e del giusto processo, non potessero formare oggetto di una questione di giurisdizione ai sensi dell’art. 111, co. 8, Cost., non essendo ricompresi nell’ambito delle ipotesi di difetto assoluto o relativo di giurisdizione, rilevanti ai fini della definizione degli ambiti di giurisdizione, pur trattandosi di grave motivo di illegittimità. Di talché, si concludeva precisandosi che “non è consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti una interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda”.
Ma anche successivamente a tale pronuncia, il dibattito relativo all’art. 111, co. 8, Cost., non era destinato a trovare una definitiva composizione, specie con riferimento alla portata applicativa della nozione di eccesso di potere giurisdizionale nelle ipotesi di rifiuto di giurisdizione[18] e sconfinamento nella sfera del legislatore.
Le difficoltà di riconoscere, in concreto, siffatte ipotesi è testimoniata anche dalla adozione dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19598 del 2020 di rinvio alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la quale si evidenziava il problema della compatibilità dei limiti al sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato con il principio di effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 47, Carta di Nizza[19]. All’uopo, la Corte di Giustizia dell’Unione europea precisava che, pur essendo stata pronunciata dal Consiglio di Stato nel caso di specie una erronea dichiarazione di irricevibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665 e dell’art. 47 della Carta, “il diritto dell’Unione non osta a che l’organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro non possa annullare una sentenza pronunciata in violazione di tale diritto dal supremo organo della giustizia amministrativa di detto Stato membro”. [20]
Come recentemente osservato in dottrina, all’esito di tale vicenda rimane ancora aperto il problema relativo alla qualificazione della natura giuridica e della effettiva consistenza dell’interesse legittimo[21]. Ci si riferisce, in particolare, al quesito avente ad oggetto la riconducibilità, o meno, degli interessi strumentali (o procedimentali) nelle gare pubbliche d’appalto nell’ambito della nozione di interesse legittimo. Ipotesi, quest’ultima, spesso negata dalla giurisprudenza amministrativa, come evincibile dall’adozione di pronunce di irricevibilità dei ricorsi fondate sul rilievo che trattasi di questioni legate ad “interessi di mero fatto o giuridicamente irrilevanti”. Profili che, in ultima istanza, si tradurrebbero in un “diniego di giustizia”[22], specie ove la posizione giuridica risulti tutelata dal diritto dell’Unione europea.
Così, da tali rilievi promana l’ulteriore interrogativo relativo alla possibilità di riconoscere, o meno, il sindacato delle Sezioni Unite anche in relazione alla qualificazione, in termini di interesse di fatto o interesse giuridicamente rilevante, operata dal Consiglio di Stato quanto alla posizione dedotta in giudizio, ove ciò comporti un’ipotesi di “rifiuto di giurisdizione”.
In tal senso, con particolare riferimento alla natura giuridica da riconoscere a siffatta attività di qualificazione degli interessi emergenti in giudizio, sono state prospettate in dottrina differenti opzioni, da cui conseguono rilevanti effetti applicativi.
Secondo una ricostruzione, l’attività interpretativa necessaria a qualificare un determinato interesse come giuridicamente rilevante, o meno, ai fini del riconoscimento dell’interesse a ricorrere in giudizio, quand’anche dovesse ritenersi erronea, avrebbe una rilevanza in termini di error in iudicando, poiché attinente al merito della decisione. Conseguentemente, non potrebbe ritenersi integrata una ipotesi di violazione dei limiti esterni in termini di rifiuto di giurisdizione, invece deducibile in Cassazione ai sensi dell’art. 111, co. 8, Cost. [23]
Altra impostazione interpretativa, invece, con particolare riferimento al caso Randstad, evidenzia come il giudice amministrativo di seconde cure abbia di fatto integrato una ipotesi di diniego di giurisdizione, essendosi indebitamente sostituito al legislatore europeo. Ciò per aver qualificato come irrilevante un interesse che, ai sensi del diritto dell’Unione europea, è considerato giuridicamente tutelabile. [24]
Poste tali premesse, nel prosieguo del presente lavoro si affronteranno i rilievi ermeneutici effettuati dalle Sezioni Unite della Cassazione nell’Ordinanza n. 5636/2022 e, successivamente, ci si soffermerà, in particolare, sul riscontrato vizio di invasione della sfera riservata alla Pubblica Amministrazione.
4. La posizione delle Sezioni Unite sulle quaestiones oggetto del ricorso.
La prima questione affrontata dalla Cassazione concerne la verifica della sussistenza del vizio di difetto assoluto di giurisdizione per sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa nelle ipotesi in cui il Giudice amministrativo disponga, da un lato, l’annullamento dell’aggiudicazione, stante la pendenza di indagini dell’AGCM; dall’altro, evochi, incidentalmente, la necessità di sospendere la procedura di gara in attesa degli accertamenti dell’Autorità sull’attività anticoncorrenziale.
Al riguardo, le Sezioni Unite sostengono che le valutazioni effettuate dal Giudice amministrativo di seconde cure in merito all’aggiudicazione disposta dalla Consip non risultano censurabili in Cassazione ex art. 111, co.8, Cost., laddove dirette a rilevare l’ipotesi di eccesso di potere per irragionevolezza dell’agere pubblicistico a causa della pendenza di un’indagine dell’AGCM nei confronti dell’aggiudicataria.
Le argomentazioni poste alla base di tale rilievo si fondano sulla natura del controllo effettuato dal Giudice amministrativo in siffatta ipotesi, qualificato in termini di “vaglio ab externo dell’atto impugnato” inidoneo a travalicare i limiti esterni della sua giurisdizione. Si precisa, infatti, che all’uopo veniva utilizzato il parametro legale del buon andamento, unitamente ai relativi corollari dell’adeguatezza e proporzionalità dei mezzi impiegati per gli scopi pubblici, al fine di evidenziare il perseguimento, da parte della P.A., di fini diversi da quelli stabiliti dalla legge[25].
Alla luce della esplicazione di tali criteri legali utilizzati, la Cassazione procede poi ad evidenziare come il controllo giudiziale esercitato nel caso di specie sia conforme al potere tradizionalmente riconducibile al g.a., a tal fine essendo rilevante il “modo in cui la funzione amministrativa è stata in concreto esercitata, che, pur non spingendosi fino ad un riesame nel merito della valutazione compiuta dall’organo amministrativo, implica una verifica dell’effettiva sussistenza degl’interessi considerati e dell’eventuale pretermissione di elementi rilevanti, nonché della coerenza e logicità delle ragioni addotte, tale da consentire di appurare la divergenza dell’atto dalla sua funzione tipica” [26].
In tal senso, l’ordinanza richiama i rilievi effettuati nel caso di specie dal giudice amministrativo, ritenendoli perfettamente in linea con le sue prerogative giurisdizionali ai sensi dell’art. 111, co. 8, Cost. Ci si riferisce, in particolare, alla parte della sentenza impugnata in cui il giudicante, ravvisata la principale funzione dell’aggiudicazione nella scelta del contraente più affidabile ai fini della esecuzione del contratto oggetto della procedura pubblica, ritiene incoerente ed illogica la scelta della P.A. di adottare il provvedimento di aggiudicazione, in quanto idoneo a “favorire il risultato dell’alterazione della concorrenza”. Nonché, alla parte in cui si qualifica come “comprensibile” la mancata esclusione dalla procedura di gara degli operatori sottoposti alle indagini dell’AGCM, non potendosi considerare le segnalazioni effettuate all’Autorità quali elementi idonei a dimostrare la presenza di criticità concorrenziali nella condotta delle imprese.
Così, l’ordinanza in commento sancisce che la sentenza del Consiglio di Stato non è censurabile nella parte in cui ha annullato l’aggiudicazione sulla base del rilevato vizio di eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza dell’azione amministrativa.
Tuttavia, sempre con riferimento al primo motivo del ricorso, la Corte di Cassazione precisa che esso si profila parzialmente fondato nella parte in cui il Giudice amministrativo, oltre a disporre l’annullamento di cui sopra si è detto, esprime anche talune valutazioni in ordine alle modalità di prosecuzione della procedura di gara, di fatto evidenziando che sarebbe stata ragionevole la decisione di “soprassedere all’aggiudicazione fino a che non fossero stati resi noti gli esiti del procedimento sanzionatorio avviato dall’Autorità sulla propria segnalazione, previa eventuale adozione di adeguati provvedimenti interinali”.
Su punto, si aggiunge che tale “sospensione” dell’aggiudicazione sino all’intervento della decisione dell’AGCM configura una vera e propria ipotesi di invasione della sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, stante la indebita compressione dell’esercizio del potere discrezionale pubblicistico, per come invece espressamente previsto dal legislatore ai sensi dell’art. 81, comma terzo, d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile ratione temporis, che recita: “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto”.
In tal senso, si evidenzia che l’indebito condizionamento dell’agere pubblicistico discenderebbe, in particolare, dall’effetto conformativo promanante dalla sentenza di annullamento, laddove contenga (come nel caso di specie) sia le ragioni di illegittimità dell’atto impugnato sia talune regole di condotta riferite alla successiva attività della P.A., tenuta a rispettarle pena l’elusione del giudicato.
Ciò chiarito, le Sezioni Unite sanciscono poi che non risulta configurabile il vizio di eccesso di potere per invasione dell’area riservata al potere legislativo, trattandosi di ipotesi che presuppone l’applicazione di una norma creata dal giudice stesso nel contesto di una indebita attività di produzione normativa, mentre nel caso di specie si era in presenza di un’attività interpretativa delle leggi. Si aggiunge, peraltro, che siffatto vizio dovrebbe escludersi anche laddove il giudice dovesse interpretare le norme di legge applicabili al caso concreto non tanto sulla base del relativo tenore letterale, quanto piuttosto sulla base della ratio desumibile dal loro coordinamento sistematico. Ipotesi, quest’ultima, che potrebbe rilevare tutt’al più in termini di error in judicando, quale vizio della sentenza amministrativa non sindacabile in sede di Cassazione ai sensi dell’art. 111, ultimo comma, Cost[27].
Il Collegio, alla luce di tali coordinate ermeneutiche, evidenzia che nel caso in esame l’attività interpretativa del Giudice amministrativo si concentra, in particolare, sulle disposizioni di cui agli artt. 38 e 81, co. 3, d.lgs. n. 163 del 2006, ai sensi delle quali, da un lato, è riconosciuta alla Stazione Appaltante un margine di discrezionalità in relazione alla scelta di escludere i concorrenti che non presentino garanzie di affidabilità; dall’altro lato, è disciplinata la facoltà della P.A. di non procedure all’aggiudicazione qualora “nessuna delle offerti risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto”. E proprio la presenza di tale margine di discrezionalità nella scelta della P.A., si sostiene, rappresenterebbe il parametro in base al quale ritenere sindacabile, da parte del giudice amministrativo, l’operato pubblicistico sotto il profilo della irragionevolezza o manifesta illogicità[28].
Del pari, l’Ordinanza in commento esclude anche la configurabilità del vizio di eccesso di potere giurisdizionale per sconfinamento nel merito amministrativo. Come sancito dalla prevalente giurisprudenza, si prospetta che il vizio in esame debba rinvenirsi sia nelle ipotesi in cui il giudice effettui valutazioni sulla opportunità e convenienza dell’agere pubblicistico, sia nell’ambito delle decisioni (come nel caso delle decisioni c.d. autoesecutive) che, in concreto, non consentano alla P.A. di adottare ulteriori provvedimenti[29]. Se ne deduce, quindi, che il Giudice amministrativo ha svolto un sindacato di legittimità sulla disposta aggiudicazione, avendo effettuato una indagine ancorata ai parametri della razionalità e della ponderatezza.
Ulteriormente, il Collegio sancisce che non risultano deducibili le doglianze afferenti al rilievo attribuito dal Consiglio di Stato al provvedimento sanzionatorio dell’AGCM, nonché alla omessa pronuncia sulla posizione di altro operatore economico, la risoluzione delle quali presuppone, da un lato, l’interpretazione della portata applicativa dell’art. 81, comma terzo, d.lgs. n. 163 del 2006; dall’altro lato, le regole processuali sui limiti della domanda. Trattandosi, rispettivamente, di errores in judicando ed in procedendo, quindi non rientranti nell’alveo dei motivi di giurisdizione di cui all’art. 111, ultimo comma, Cost[30].
Infine, l’Ordinanza delle Sezioni Unite evidenzia la non deducibilità dell’asserita violazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale, del giusto processo e della presunzione di innocenza, promananti dalle norme della CEDU e del TFUE.
A sostegno di tali rilievi, si invoca anzitutto l’orientamento della stessa Cassazione ai sensi del quale la fattispecie di eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione non si configurerebbe nei casi di erronea interpretazione normativa e conseguente negazione, in concreto, della tutela giurisdizionale. Dovendosi, infatti, tale ipotesi rinvenire soltanto ove il giudice amministrativo sostenga che la situazione soggettiva sia, in astratto, completamente sfornita di tutela[31].
Con riferimento alla ritenuta violazione del principio della effettività della tutela delle posizioni garantite anche dal diritto dell’Unione europea, si sostiene che essa non sia deducibile in questa sede, potendo tutt’al più essere fatta valere con altri strumenti[32].
Analogamente, secondo il Collegio si profila non deducibile anche l’asserita violazione del principio della presunzione di innocenza, essendo stati utilizzati gli elementi indiziari non tanto per irrogare una sanzione, quanto piuttosto per valutare la sussistenza dei requisiti di partecipazioni alla gara pubblica e la idoneità delle offerte ai fini della aggiudicazione.
5. Lo sconfinamento del giudice nell’ambito della discrezionalità amministrativa.
Come anticipato nell’ambito dei precedenti paragrafi, il sindacato delle Sezioni Unite della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato si ritiene operante soltanto nelle ipotesi di superamento dei limiti “esterni” della giurisdizione del giudice amministrativo.
Per ciò che qui rileva, una di queste ipotesi è proprio quella in cui l’intervento del giudice finisce con il sostituirsi indebitamente al potere pubblicistico che, come noto, trova fondamento nelle norme in ossequio al principio di legalità[33]. Norme che, nell’enucleare il contenuto e le modalità di esercizio di siffatte prerogative tese al perseguimento degli interessi pubblici, consentono di distinguere la natura vincolata o discrezionale del potere pubblicistico[34].
Nel primo caso, i limiti imposti dalla norma sono tanto ampi da non lasciare residuare margini di scelta tra diverse soluzioni amministrative possibili. Ciò si verificherebbe, infatti, laddove a livello normativo siano previsti con precisione tutti gli elementi che debbono essere acquisiti e valutati ai fini della adozione della decisione finale, dovendo la P.A. limitarsi a verificare la sussistenza, in concreto, dei presupposti necessari per l’esercizio del potere.
Nel secondo caso, invece, la norma attributiva del potere non impone limiti tanto stringenti, riconoscendo quindi in capo alla P.A. uno spazio decisionale che le consente di individuare, tra più opzioni lecite e nel rispetto dell’art. 97 Cost. e delle regole procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990, quella maggiormente idonea a soddisfare l’interesse pubblico che viene in rilievo nel caso concreto[35]. In altri termini, come sostenuto dalla recente dottrina, si evidenzia che nell’esercizio del potere discrezionale la P.A. debba perseguire l’interesse pubblico primario arrecando il minor sacrificio possibile agli altri interessi compresenti[36].
Orbene, all’interno della nozione della discrezionalità si suole distinguere tra legittimità e merito[37]. Come noto, la valutazione della legittimità della condotta della P.A. è esercitabile, in via generale, dal giudice amministrativo, in quanto essa presuppone l’utilizzo di parametri di natura giuridica, ricavabili sia dalla norma attributiva del potere sia dai principi generali che (non delimitano ma) guidano[38] l’agerepubblicistico. Diversamente, le regole di merito non hanno natura giuridica ma sono riferibili a scelte di opportunità e convenienza, pur presupponendo, in ogni caso, la conformità alle leggi. Per tal ragione, tendenzialmente questa tipologia di scelte è sottratta al sindacato giurisdizionale, salve le ipotesi tassativamente previste dalla legge, come ad esempio avviene in sede di ottemperanza e negli altri casi di cui all’art. 134, c.p.a., ove gli ampi poteri del giudice si desumono anche dall’art. 34, co. 1, lett. d), c.p.a.
Ancor più nel dettaglio, nell’ambito delle attività di natura discrezionale la figura tradizionalmente utilizzata ai fini del sindacato giurisdizionale di legittimità è quella dell’eccesso di potere[39], dapprima individuato nella forma classica dello sviamento rispetto al perseguimento dell’interesse pubblico primario normativamente previsto; per poi approdare ad un controllo sulla discrezionalità fondato sul parametro della ragionevolezza della scelta[40]. Ciò al fine di consentire un sindacato che tenga conto di una pluralità di interessi, pubblici e privati, che vengono in rilievo nel caso concreto, alla luce della “relativizzazione dell’interesse primario”[41].
Ciò detto in termini generali, occorre evidenziare che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha individuato una serie di ipotesi di travalicamento del sindacato giurisdizionale nell’ambito delle prerogative riservate alla valutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione.
In via esemplificativa, all’interno di tale categoria viene in rilievo l’ipotesi in cui il giudice amministrativo, nei casi di giurisdizione di legittimità, effettui valutazioni dirette a verificare anche la convenienza e l’opportunità dell’agere pubblicistico, sconfinando indebitamente nel merito.
Inoltre, si ritiene ricorra il vizio di eccesso di potere giurisdizionale, di cui all’art. 111, co. 8, Cost., anche nei casi di adozione di sentenze di annullamento, laddove emerga una volontà del giudice amministrativo di elidere ogni spazio di esercizio del potere discrezionale della P.A., sostituendosi interamente ad essa con una pronuncia “autoesecutiva”. [42]
Un caso emblematico di superamento dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo è stato poi riscontrato con riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 38, comma 1, lettera f), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163[43]. Ed invero, in una ipotesi di annullamento di un provvedimento di esclusione dalla procedura di gara pubblica effettuato dal Consiglio di Stato per essere incorso l’operatore economico in un pregresso grave inadempimento professionale, le Sezioni Unite[44] hanno sancito che le decisioni della P.A. relative alla sussistenza, o meno, del requisito dell’affidabilità di cui all’art. 38, risultano connotate da un ampio margine di apprezzamento per espressa previsione normativa. Conseguentemente, se ne deduce che lo spazio affidato al sindacato del giudice amministrativo sulle motivazioni di questo apprezzamento risulta limitato alle considerazioni c.d. ab extrinseco, finalizzate a rilevare la presenza di gravi indizi di pretestuosità delle valutazioni degli elementi fattuali. Non potendosi, invece, ammettere un sindacato giurisdizionale avente ad oggetto la valutazione della condivisibilità[45] della scelta effettuata dalla pubblica amministrazione, dal quale scaturirebbe un potere giurisdizionale avente effetti sostitutivi e preclusivi dell’esercizio del potere pubblicistico.
Ulteriormente, in tema viene in rilievo anche l’ipotesi del sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti antitrust. Ai sensi del prevalente orientamento giurisprudenziale in subiecta materia, si sostiene che la cognizione dell’organo giudicante abbia ad oggetto sia la “verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato” sia l’esame dei profili tecnici, nella misura in cui questi ultimi risultino necessari ai fini della statuizione sulla legittimità dell’atto impugnato[46]. Tuttavia, qualora tali profili tecnici implichino l’adozione di valutazioni connotate da un margine di opinabilità, si precisa che il sindacato del giudice amministrativo dovrebbe consistere nella verifica del rispetto dei criteri della ragionevolezza, della logicità e coerenza della motivazione del provvedimento, dovendosi ulteriormente accertare che quest’ultimo non sia espressione di un potere che abbia in concreto travalicato i suddetti margini di opinabilità. Da ciò conseguendone che, laddove l’Autorità non abbia superato tali confini, il giudice amministrativo non potrebbe effettuare valutazioni aventi una portata sostitutiva rispetto agli apprezzamenti formulati dall’AGCM. [47]
A tal riguardo, è stato evidenziato come la natura del sindacato giurisdizionale de quo non debba definirsi “debole”, trattandosi piuttosto di una ipotesi in cui il principio della effettività della tutela giurisdizionale deve necessariamente tener conto delle caratteristiche proprie delle controversie in materia antitrust. Nel verificare che l’Autorità, con riferimento alla sanzione irrogata, abbia correttamente esercitato i poteri attribuitegli per legge[48], si ritiene che il giudice sia titolare di un potere di “full jurisdiction”, teso a verificare la fondatezza, l’esattezza e la correttezza delle scelte amministrative[49].
6. Considerazioni conclusive.
Come evidenziato in narrativa, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5636/2022, hanno affrontato taluni profili inerenti i motivi di giurisdizione di cui all’art. 111, co. 8, Cost., in conclusione evidenziando come la statuizione del giudice amministrativo di seconde cure abbia configurato una vera e propria ipotesi di invasione nella sfera della discrezionalità amministrativa. Ciò in quanto, oltre a disporre l’annullamento dell’aggiudicazione, la sentenza di fatto auspicava la sospensione dell’intera gara sino agli esiti del procedimento avviato di fronte all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Quanto al segmento della sentenza relativo all’annullamento dell’aggiudicazione, la Cassazione ha chiarito che esso non si profila sindacabile, essendo fondato sul riscontro del vizio di legittimità dell’eccesso di potere per irragionevolezza dell’agere pubblicistico. Ipotesi, quest’ultima, tradizionalmente annoverata nell’ambito delle prerogative giurisdizionali del giudice amministrativo, per tal ragione inidonea a configurare una violazione dei limiti esterni della giurisdizione.
Più nel dettaglio, l’irragionevolezza era stata riscontrata in relazione alla decisione della P.A. di disporre l’aggiudicazione in favore dell’operatore coinvolto in un procedimento per l’accertamento di illeciti antitrust, avviato sulla base della segnalazione precedentemente effettuata ma non ancora conclusosi.
Fermi i rilievi sui profili di giurisdizione sanciti dalle Sezioni Unite, la valutazione della ragionevolezza, o meno, di siffatta condotta pubblicistica evoca la dibattuta questione circa la rilevanza da attribuire agli illeciti concorrenziali nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, in assenza di una indicazione espressa del legislatore in tal senso. [50] Ciò in quanto, come noto, l’illecito antitrust non è annoverato direttamente tra le cause di esclusione né nel previgente art. 38, d. lgs. n. 163 del 2006 (applicabile ratione temporis nella fattispecie oggetto della pronuncia) né nell’ambito dell’attuale art. 80, co. 5, lett. c), Codice dei Contratti pubblici, pur ritenendosi in quest’ultima disposizione all’oggi pacificamente riconducibile, soprattutto alla luce delle direttive europee e della interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia. [51]
Ad ogni modo, i dubbi interpretativi sembrano acuirsi laddove occorra stabilire, come nel caso di specie, quale sia la rilevanza da attribuire ai meri indizi di un illecito concorrenziale ancora non accertato dall’Autorità[52], alla luce del carattere dicotomico che potrebbero assumere in concreto e della difficoltà di raccordo tra le successive risultanze dell’istruttoria dell’AGCM e le valutazioni della Amministrazione. [53]
Se da un lato, infatti, tali elementi indiziari non assurgono a vera e propria “prova” di una condotta che possa rendere dubbia l’affidabilità dell’operatore, quale ipotesi rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. art. 80, co. 5, lett. c), Codice dei Contratti pubblici; dall’altro lato occorre verificare quale sia la soglia minima indiziaria tale da precludere alla P.A. la scelta di procedere con l’aggiudicazione nei confronti dell’operatore coinvolto, tenuto conto anche della esigenza di non generare, su larga scala, effetti restrittivi sul funzionamento del mercato di riferimento.
Sotto ulteriore profilo, quanto al rilievo effettuato dal giudice amministrativo in merito alla sospensione della procedura di gara, le Sezioni Unite hanno riscontrato un’anomala sovrapposizione del potere giurisdizionale rispetto alle prerogative discrezionali pubblicistiche, per come espressamente riconosciute dal legislatore ai sensi dell’art. 81, comma terzo, d.lgs. n. 163 del 2006, ritenendo la questione sindacabile ex art. 111, co. 8, Cost.
Di talché, tale rilievo ermeneutico appare condivisibile, specie ove si consideri che il parametro formalistico della “ragionevolezza”, evocato dal giudice amministrativo a sostegno della auspicata sospensione della procedura di evidenza pubblica, non possa ritenersi idoneo ad azzerare completamente i margini di scelta invece riconosciuti alla P.A. direttamente dal diritto positivo ai sensi degli artt. 38 e 81, d. lgs. n. 163 del 2006. Tale prospettazione ricostruttiva risulterebbe avvalorata dalla ratio del principio in commento che, lungi dal vincolare la P.A. all’adozione di una condotta preventivamente determinata, mira a guidarne la scelta, nel rispetto dei canoni di buon andamento ed imparzialità di cui all’art. 97 della Carta costituzionale.
[1] Per approfondimenti, cfr. F. FRANCARIO, M.A. SANDULLI (a cura di), Profili oggettivi e soggettivi della giurisdizione amministrativa, Napoli, 2017, passim; F. FRANCARIO, Il sindacato della Cassazione sul rifiuto di giurisdizione, in Libro dell’Anno del Diritto Treccani 2017; M. MAZZAMUTO, Il riparto di giurisdizione, Napoli, 2008; M. LIPARI, Il sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione tra l’art. 111, co. 8, della Costituzione e il diritto dell’Unione Europea: la parola alla Corte di Giustizia, in Giustizia Insieme, 11 dicembre 2020; G. TROPEA, Il Golem europeo e i ‹‹motivi inerenti alla giurisdizione›› (nota a Cass., Sez. un., ord. 18 settembre 2020, n. 19598), inGiustizia Insieme, 7 ottobre 2020; A. LAMORGESE, Eccesso di potere giurisdizionale e sindacato della Cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, in Federalismi, n. 1, 3 gennaio 2018; E. CANNADA BARTOLI, Giurisdizione (conflitti di), in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 295 ss.; M. NIGRO, Giustizia amministrativa, II ed., Bologna, 1979, 151 ss.; S. CASSARINO, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giurisprudenza, Milano, 1984, I, 121 ss.
[2] Quanto al giudizio di impugnazione promosso avverso il provvedimento sanzionatorio de quo, il Collegio precisava l’insussistenza di profili di pregiudizialità rispetto alla controversia in oggetto.
[3] Per approfondimenti sui profili storici, cfr. F.G. SCOCA, La formazione del sistema, in Giustizia amministrativa, a cura di F.G. Scoca, Ottava Ed., 2020, p. 3 ss.; M. MAZZAMUTO, L’eccesso di potere giurisdizionale del giudice della giurisdizione, in DPA, 2012, 1677 ss.; G. AZZARITI, Dalla discrezionalità al potere, Padova, 1989; In tema si consulti V. CAIANIELLO, Il limite esterno della giurisdizione amministrativa ed i poteri della Cassazione, in Scritti in onore di G. Miele, Il processo amministrativo, Milano, 1979; M. NIGRO, Problemi veri e falsi della giustizia amministrativa dopo la legge sui Tribunali regionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, 1832; F. BENVENUTI, Mito e realtà nell’ordinamento amministrativo italiano, in L’unificazione amministrativa e i suoi protagonisti, Vicenza, 1969, 75; A. SALANDRA, La giustizia amministrativa nei Governi liberi, Torino, 1904, 325; V. SCIALOJA, Come il Consiglio di Stato divenne organo giurisdizionale, in Riv. dir. pubbl., 1931, I, 410; M. MINGHETTI, I partiti politici e la ingerenza loro nella giustizia e nell’amministrazione, Bologna, 1881; S. SPAVENTA, Giustizia amministrativa, Discorso pronunciato all’Associazione costituzionale di Bergamo il 7 maggio 1880, in S. SPAVENTA, La giustizia amministrativa, a cura di S. Ricci, Napoli 1993, 54-55; V.E. ORLANDO, La giustizia amministrativa, in Primo Trattato completo di diritto amministrativo italiano, a cura di V.E. Orlando, Milano, 1914, 722 -723.
[4] Ciò era previsto ai sensi dell’art. 10, l. n. 2248/1865, all. D).
[5] In tal caso continuandosi ad applicare l’art. 3, n. 3, legge n. 3761 del 1877.
[6] Ciò aggiungendosi all’ipotesi della denuncia dei conflitti positivi e negativi di giurisdizione.
[7] Ai sensi dell’art. 3, n. 3, di tale legge è sancita la competenza della Corte di Cassazione a “giudicare dei conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra tribunali ordinari ed altre giurisdizioni speciali, nonché della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni per in incompetenza ed eccesso di potere”.
[8] Formulazione che sembrerebbe enfatizzare il carattere restrittivo del sindacato della Cassazione.
[9] In tal senso si era espresso il Mortati nella seduta del 27 novembre 1947.
[10] Cfr. F. FRANCARIO, Quel pasticciaccio brutto di Piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro (la questione di giurisdizione), inGiustizia Insieme, 11 novembre 2020.
[11] Per approfondimenti sull’argomento, v. E. CANNADA-BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, Milano, 1968; F. FRANCARIO, Osservazioni a margine dello studio di Franco Scoca sulla figura dell’interesse legittimo, in Garanzie degli interessi protetti e della legalità dell’azione amministrativa. Saggi sulla giustizia amministrativa, Napoli, 2019, 497 ss.; M. MAZZAMUTO, Il riparto di giurisdizione. Apologia del diritto amministrativo e del suo giudice, Napoli, 2008, 219.
[12] Per un più approfondito esame dell’interpretazione dell’art. 111, co. 8, Cost., anche alla luce dei codici processuali, v. M.A. SANDULLI, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19598 del 2020, in Giustizia Insieme, 30 novembre 2020; nonché i rilievi espressi in occasione del convegno tenutosi presso l’Università di Roma Tre l’11 febbraio 2022 e consultabile su Giustizia Insieme, Il caso Randstad Italia s.p.a.: questione di giurisdizione o di giustizia?, 17 febbraio 2022.
[13] Cfr. R. DE NICTOLIS, L’eccesso di potere giurisdizionale (tra ricorso per “i soli motivi inerenti alla giurisdizione” e ricorso per “violazioni di legge”), in www.sipotra.it, 2017. Per un approfondimento sulle differenti opzioni interpretative emerse in dottrina, cfr. il convegno tenutosi presso l’Università di Roma Tre in data 11 febbraio 2022 e consultabile su Giustizia Insieme, Il caso Randstad Italia s.p.a.: questione di giurisdizione o di giustizia?, 17 febbraio 2022; M. MAZZAMUTO, Il dopo Randstad: se la Cassazione insiste, può sollevarsi un conflitto?, in Giustizia Insieme, 16 marzo 2022.
[14] Cfr. Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6, in Foro it., 2018, I, 373. Quanto all’interpretazione dell’eccesso di potere giurisdizionale ex art. 111, comma 8, Cost., offerta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione successivamente a tale pronuncia, cfr., tra le molte, Cass., Sez. Un., n. 18259.2021; Cass., Sez. Un., n. 7839.2020; Cass., Sez. Un., n. 19175.2020;
Cass., Sez. Un., n. 7926.2019; Cass., Sez. Un., n. 8311.2019; Cass., Sez. Un., n. 29082.2019. Per approfondimenti in dottrina, cfr. A. POLICE, F. CHIRICO, I soli motivi inerenti la giurisdizione nella giurisprudenza della Corte costituzionale, nota a Corte cost., 18 gennaio 2018, n.6, in Il processo, 2019, n. 1, p. 113 ss.; A. TRAVI, Un intervento della Corte costituzionale sulla concezione “funzionale” delle questioni di giurisdizione accolta dalla Corte di Cassazione, in Dir. proc. amm., 2018, n. 3, p. 1102.
[15] La questione de qua promanava da un ricorso per Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione avverso la sentenza del giudice amministrativo di seconde cure avente contenuto confermativo della decisione di primo grado che sanciva l’inammissibilità della domanda del ricorrente finalizzata all’accertamento del rapporto di impiego alle dipendenze della P.A., stante l’intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 69, co. 7, d.lgs. n. 165/2001.
[16] Trattasi delle sentenze del 4 febbraio 2014, Corte EDU, Mottola contro Italia e Staibano e altri contro Italia del 4 febbraio 2014, rese nell’ambito di un giudizio avviato da soggetti che versavano nella medesima condizione giuridica dei ricorrenti di cui sopra.
[17] Per completezza espositiva, si precisa che la Corte EDU, nel caso di specie, rilevava anche la violazione dell’art. 1, primo Protocollo addizionale alla Convenzione CEDU.
[18] Cfr. F. FRANCARIO, Il sindacato della Cassazione sul rifiuto di giurisdizione, cit.
[19] Per un più approfondito esame della questione, cfr. M.A. SANDULLI, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 19598 del 2020, in Giustizia Insieme, 30 novembre 2020.
[20] Cfr. F. FRANCARIO, Il pasticciaccio parte terza. Prime considerazioni su Corte di Giustizia UE, 21 dicembre 2021, C-497/20, Randstad Italia spa, in Federalismi, n. 5, 9.02.2022. In tema, si richiama anche il convegno tenutosi presso l’Università di Roma Tre in data 11 febbraio 2022 e consultabile su Giustizia Insieme, Il caso Randstad Italia s.p.a.: questione di giurisdizione o di giustizia?, 17 febbraio 2022.
[21] Per approfondimenti, v. M. MAGRI, Individuazione dell’interesse legittimo e accertamento della legittimazione ad agire nel processo amministrativo, dopo il caso “Randstad”, in Giustizia Insieme, 21 aprile 2022; R. ROLLI, M. MAGGIOLINI, Interdittiva antimafia e legittimazione all’impugnazione. La necessaria partecipazione dei soggetti direttamente coinvolti (nota a Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 3/2022), in Giustizia Insieme, 6 aprile 2022; F. FRANCARIO, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro (la questione di giurisdizione), in Giustizia Insieme, 11 novembre 2020.
[22] Cfr. nota n. 20.
[23] Cfr. M. MAZZAMUTO, Il dopo Ranstad: se la Cassazione insiste, può sollevarsi un conflitto?, in Giustizia Insieme, 16 marzo 2022.
[24] Cfr. M.A. SANDULLI, Guida alla lettura dell’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19598 del 2020, cit.; F. FRANCARIO, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro (la questione di giurisdizione), cit.
[25] Cfr. Cons. St., Sez. IV, 9.02.2015, n. 657; 30.04.1999, n. 753.
[26] Cfr. Cass. Sez. Unite, ordinanza n. 5636.2022, 21.02.2022, p. 7; nonché, per approfondimenti, Cons. St., Sez. III, 8.01.2013, n. 26; Cons. St., Sez. IV, 17.12.2003, n. 8306.
[27] Cfr., Cass. Sez. Un., 7.07.2021, n. 19244; 11.09.2019, n. 22711; 27.06.2018, n. 16974.
[28] Cfr. Cons. St., Sez. V, 28.07.2015, n. 3721; Cons. St., Sez. III, 4.09.2013, n. 4433; Cons. St., Sez. IV, 17.05.2012, n. 2848.
[29] Per approfondimenti, cfr. Cass., Sez. Un., 4.02.2021, n. 2604; 24.05.2019, n. 14264; 26.11.2018, n. 30526; 9.11.2011, n. 23302.
[30] Cfr. Cass. Sez. Un., 27.06.2018, n. 16974; 22.04.2013, n. 9687; 4.10.2012, n. 16848.
[31] Cfr. Cass., Sez. Un., 19.12.2018, n. 32773; 6.06.2017, n. 13976; 3.07.2012, n. 11075.
[32] Cfr. Cass., Sez. Un., 17.12.2018, n. 32622; 17.11.2015, n. 23460; 4.02.2014, n. 2403.
[33] Per approfondimenti sul principio di legalità, v. G. CORSO, Il principio di legalità, in Princìpi e regole dell’azione amministrativa, a cura di M.A. SANDULLI, 2020, p. 43 ss.; A. BARTOLINI, A. POGGIA, La legalità dei principi di diritto amministrativo e il principio di legalità, in M. RENNA, F. SAITTA(a cura di) Studi sui principi del diritto amministrativo, Milano, 2012, 79 ss.; N. BASSI, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano, 2001; V. CERULLI IRELLI, Principio di legalità e poteri straordinari dell’amministrazione, Atti del 53° Conv. Di Studi Amministrativi, “Il principio di legalità nel diritto amministrativo che cambia”, Varenna, 20-22 settembre 2008; F. CINTIOLI, La riserva di amministrazione e le materie trasversali. “Dove non può la Costituzione può la legge statale?” Ossia, “la trasversalità oltre se stessa”, in GC, 2008, 3072 ss.; P. CRAIG, Formal and Substantive Conceptions of the Rule of Law, in Public Law, 1997, 467 ss.
[34] Cfr. B. SORDI, Il controllo della discrezionalità nei modelli ottocenteschi di giustizia amministrativa. Qualche spunto per uno studio storico-comparativo, in Eccesso di potere e altre tecniche di sindacato sulla discrezionalità, a cura di S. TORRICELLI, 2018, p. 31 ss.; F.G. SCOCA, C’è spazio nel diritto amministrativo per l’abuso del diritto?, in G. FURGUELE (a cura di), Abuso del diritto, Significato e valore di una tecnica argomentativa in diversi settori dell’ordinamento, Napoli, 2017, p. 180; A. ORSI BATTAGLINI, Alla ricerca dello Stato di diritto. Per una giustizia “non amministrativa” (Sonntagsgedanken), 2005, p. 155; E. CANNADA BARTOLI, Giustizia amministrativa, in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. VII, 1992, p.529 ss.; A. CODACCI PISANELLI, L'eccesso di potere nel contenzioso amministrativo, in Giustizia amministrativa, III (1892), pt. IV, p. 1 ss.; L. AUCOC, Conférences sur l’administration et le droit administratif faites à l’école impériale des ponts et chaussées, Paris, Dunod, 1869.
[35] Cfr. P. VIRGA, Il provvedimento amministrativo, Milano, 1979. Per approfondimenti, v. A. PIRAS, Discrezionalità amministrativa, in Enciclopedia giuridica, XIII, 1964; E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2007.
[36] M. S. GIANNINI, Il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione, Milano, 1939.
[37] Cfr., per approfondimenti, C. MORTATI, Norme giuridiche e merito amministrativo, in Stato e diritto, 1941, 136.
[38] In tema, si consulti D. DE PRETIS, in P.L. PORTALURI (a cura di), L’amministrazione pubblica, i cittadini, la giustizia: il percorso delle riforme, Napoli, 2016, 210; Eccesso di potere e altre tecniche di sindacato sulla discrezionalità. Sistemi giuridici a confronto, a cura di S. TORRICELLI, Torino, 2018; A. POGGIA, Giudice e funzione amministrativa. Giudice ordinario e potere privato dell’amministrazione datore di lavoro, Milano, 2004, 236.
[39] Cfr. A. POLICE, L’eccesso di potere nel prisma della Costituzione repubblicana, in Eccesso di potere e altre tecniche di sindacato sulla discrezionalità, cit., p. 41 ss.
[40] Cfr. D. SORACE, Noterelle sullo spazio tra leggi e principi e tra ordinamento europeo e ordinamento nazionale, in G. PIZZANELLI (a cura di), Passato e presente del diritto amministrativo – Liber amicorum in onore di Alberto Massera, Napoli, 2017, p. 196.
[41] Cfr. S. TORRICELLI, Eccesso di potere e trasformazioni della discrezionalità: per introdurre una riflessione, in S. TORRICELLI (a cura di), Eccesso di potere e altre tecniche di sindacato sulla discrezionalità. Sistemi giuridici a confronto, Torino, 2018, p. 11; F. DONNAT, Le contrôle juridictionnel des institutions et de l’administration de l’Union, in J.B. AUBY, J. DUTHEIL DE LA ROCHERE, Traité de droit administratif européen, Paris, 2011, p. 247.
[42] Cfr. i rilievi espressi in Cass. Sez. Un., 8.04.2022, n. 11456; Cass. Sez. Un., 2.2.2018, n. 2582; Cass., Sez. Un., 28.4.2011, n. 9443; Cass., Sez. Un., 3.11.1998, n. 5922; Id., 3.7.1993, n. 7288; Id., 1.8.1994, n. 7148; 5.8.1994, n. 7261; Id., 14.1.1997, n. 313; Id., 22.9.1997, n. 9344.
[43] Cfr. G. AMOROSO, Il giudizio civile di cassazione, in Pratica giuridica, seconda serie diretta da O. Fanelli, 2019, Giuffrè, 2019, p. 120 ss.
[44] Cfr. Cass., Sez. Un., 17.02.2012, nn. 2312 e 2313.
[45] In chiave critica, cfr. R. DE NICTOLIS, L’eccesso di potere giurisdizionale (tra ricorso per “i soli motivi inerenti alla giurisdizione” e ricorso per “violazione di legge”), cit.
[46] Cfr. Cass. Sez. un., n. 1013.2014; nonché quanto sancito dall’art. 7, co. 1, d. lgs. n. 3.2017.
[47] Cfr., ex multis, Cass., Sez. Un., 8.04.2022, n. 11528; Cass., Sez. Un., n. 8093.2020; Cass., Sez. Un., n. 11929. 2019; Cass., Sez. Un., n. 30974.2017; Cass., Sez. Un., n. 1013.2014.
[48] Cfr. Cons. St., n. 4266.2016; Cons, St., n. 4616.2015.
[49] Cfr., in particolare, Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia; Corte EDU, Menarini Diagnostic s.r.l. c. Italia; nonché, tra gli altri, Cons. St., n. 1596.2015.
[50] Per approfondimenti, v. R. CHIEPPA, C.D. PIRO, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in Trattato sui Contratti pubblici, diretto da M.A. SANDULLI – R. DE NICTOLIS, I, 2019, p. 577 ss.; M. CLARICH, Contratti pubblici e concorrenza, in La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenza di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione (Atti del LXI Convegno di scienza dell’amministrazione, Varenna, 17-19 settembre 2015), Milano, Giuffrè, 2016, 263 ss.; A. HEIMLER, Appalti pubblici, prassi applicative e controlli: quale spazio per gli aspetti sostanziali?, in Mercato concorrenza regole, 2015, n. 1, 184.
[51] Cfr. l’art. 45, par. 2, lett. d), direttiva 2004/18/CE, nonché l’art. 57, direttiva 2014/24/UE.
[52] In altro settore dell’ordinamento, si profilano interessanti i rilievi promananti dal recente pronunciamento della Cassazione, Sezioni Unite, n. 41994 del 30 dicembre 2020, ove si giunge ad affermare la valenza di “prova privilegiata della condotta anticoncorrenziale” soltanto successivamente all’adozione di un provvedimento definitivo da parte dell’Authority (provv. n. 55/2005). Per approfondimenti sul tema, tra gli altri, v. G. MORA, La fideiussione in violazione della disciplina antitrust, in Banca borsa e titoli cred., VI, 2021, p. 838 ss.
[53] Sul tema della rilevanza da attribuire al provvedimento di accertamento dell’illecito concorrenziale, si consulti, tra gli altri, il parere dell’AGCM del 13 febbraio 2018, AS1474 – Linee guida n. 6 dell’Autorità nazionale anticorruzione – contrattualistica pubblica, in Bollettino, n. 6/2018.