La discussione scritta della causa nel processo ammistrativo*
di Carlo Emanuele Gallo
Sommario: 1. La trattazione scritta della causa nella disciplina processuale anti-covid - 2. L’incremento della trattazione scritta nel codice del processo amministrativo - 3. La trattazione scritta e l’oralità. – 4. I caratteri dell’oralità. – 5. L’oralità e il processo amministrativo. – 6. La trattazione scritta e la trattazione orale nel processo amministrativo: una ricostruzione aggiornata. – 7. Principi fondamentali e trattazione scritta.
1. La trattazione scritta della causa nella disciplina processuale anti-covid. – La disciplina del processo amministrativo contenuta nei decreti legge emanati a seguito dell’emergenza covid – 19, oltre ad avere prima soppresso e poi limitato o modificato la trattazione orale della causa, ha anche introdotto nuovi momenti di trattazione scritta: si è trattato, in particolare, della introduzione di due ipotesi di presentazione di brevi note scritte, con diversa scansione temporale, sempre a ridosso dell’udienza o della camera di consiglio, e perciò in sostituzione della trattazione orale stessa: a’ sensi dell’art. 84, c. 5 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, se nessuna parte ha chiesto la discussione orale, ciascuna può presentare brevi note sino a due giorni prima dell’udienza; a’ sensi dell’art. 4, c. 2 del d.l. n. 30 aprile 2020, n. 28, se è richiesta la discussione orale (i dl parlano sempre di udienza: già il cpa, all’art. 60, nella rubrica indica “udienza cautelare”, mentre l’art. 87 distingue) da una delle parti, l’altra, in alternativa alla partecipazione, può depositare note d’udienza fino alle ore 9 del giorno dell’udienza[1]. Quest’ultimo termine è stato modificato dalla legge di conversione 25 giugno 2020, n. 70, nelle ore 12 del giorno antecedente a quello dell’udienza.
Si tratta, in sostanza, delle note di udienza, istituto non sconosciuto, in passato, come si vedrà, al processo amministrativo e al giudizio avanti la Corte di Cassazione.
Sul punto, la disciplina introdotta dai decreti legge richiamati non è completa: la medesima, infatti, non indica quale dev’essere il contenuto delle note né la loro dimensione. Né è utile il riferimento a quanto parimenti disposto per il processo civile, ove si consideri che, in quel caso, a’sensi dell’art. 83, le note sono soltanto la sostituzione scritta della partecipazione del difensore all’udienza e debbono contenere le richieste e le istanze rivolte al giudice, e cioè quello che il difensore verbalizzerebbe nel verbale d’udienza.
Riflettendo, però, sulla collocazione delle note, è evidente che alle medesime va attribuito il significato non di nuovi scritti difensivi[2] ma, invece, di trascrizione di quanto altrimenti la parte avrebbe dedotto in udienza o in camera di consiglio[3].
Va, a questo proposito, perciò, effettuata una distinzione. Se le note sono depositate in vista dell’udienza, posto che il contraddittorio scritto disciplinato dal Codice del processo amministrativo è articolato, consistendo nelle memorie e nelle repliche, e posto che le repliche debbono contenere soltanto la risposta alle argomentazioni sviluppate da controparte nella memoria e non possono introdurre elementi nuovi, se ne deve trarre che le note sono semplicemente una estrema sintesi degli argomenti già dibattuti oppure una contestazione di quanto controparte abbia illustrato in modo non corretto nella replica.
Non sarebbe possibile introdurre questioni nuove in precedenza non dibattute.
Se viceversa le note sono depositate in vista della camera di consiglio, posto che per la camera di consiglio non è previsto il deposito di repliche non perché sia vietato ma perché è temporalmente impossibile, e posto che nella discussione in camera di consiglio viceversa le repliche orali sono normalmente il contenuto della trattazione, nelle note sarà possibile per il ricorrente replicare all’atto di costituzione delle controparti e per le controparti puntualizzare quanto già dedotto nella comparsa o quanto ulteriormente ritengono di introdurre in sede di discussione orale (in vista della camera di consiglio infatti non vi è nessuna previsione dalla quale possa emergere che non è possibile sollevare questioni nuove).
In entrambi i casi ovviamente si deve trattare di atti sintetici (anche se non possono essere riprese le indicazioni che taluno[4] ha formulato per il processo civile di limitazione ad una pagina proprio perché la natura e il contenuto delle note sono diversi nei due processi).
Meno agevole è la soluzione con riferimento al rapporto fra le note che possono essere depositate due giorni prima a’ sensi dell’art. 84 quinto comma del d.l. n. 18 del 2020 e le note che possono essere presentate sino alle ore 9 del giorno dell’udienza o della camera di consiglio a’ sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020 (ora alle ore 12 del giorno antecedente l’udienza). Le prime note sono previste nel caso in cui nessuno abbia chiesto l’udienza di discussione; con riferimento all’udienza di merito, e cioè all’udienza in senso proprio, la regola potrebbe accettarsi, poiché in quel caso la richiesta della discussione può essere formulata fino alla scadenza del termine per il deposito delle repliche cosicché dopo quella data tendenzialmente la discussione non può essere richiesta.
La regola si comprende molto meno per quanto concerne invece la fase cautelare, perché, in questo caso, il termine per la richiesta della trattazione orale, cinque giorni prima della camera di consiglio, viene a scadere antecedentemente alla scadenza del termine per la costituzione in giudizio delle controparti del ricorrente. Ne consegue che se si volesse applicare rigidamente la regola in forza della quale le note scritte possono essere depositate due giorni prima e le note d’udienza possono essere depositate il giorno stesso (o il giorno prima) soltanto nel caso in cui sia stata richiesta e disposta la discussione orale, il risultato sarebbe che inevitabilmente la parte più scrupolosa sarebbe indotta a richiedere comunque la discussione in sede cautelare per potere valutare, una volta depositato l’atto di costituzione delle controparti, se replicare o meno con le note scritte[5].
La richiesta della trattazione orale in camera di consiglio sarebbe perciò null’altro se non uno strumento per ottenere di potere depositare note scritte. Questo costituirebbe un evidente appesantimento privo di significato. Se ne deve dedurre, perciò, che per quanto concerne la tutela cautelare le note scritte sino alle ore 9 o alle ore 12 del giorno prima del giorno della trattazione devono essere comunque consentite[6]. Questa soluzione è quella che dal punto di vista della economicità è più praticabile.
Un’altra questione è stata sollevata questa volta con riferimento all’udienza e cioè se le note scritte d’udienza siano depositabili anche da chi non si sia costituito in giudizio e in ipotesi voglia partecipare alla discussione orale e non l’abbia richiesta entro i termini.
Chi non si è costituito tempestivamente in giudizio e non ha rispettato i termini dell’attività defensionale in vista dell’udienza non è abilitato a depositare nessuna trattazione scritta; questo soggetto potrebbe soltanto discutere oralmente ma, evidentemente, nella discussione orale si discute se possa sollevare eccezioni, proprio perché per le eccezioni è riservata la trattazione scritta (tanto che vi è stato chi ha ipotizzato in questo caso la necessità di un rinvio dell’udienza). Se le brevi note depositate due giorni prima sono la sostituzione della discussione, non può però rifiutarsi a colui che si costituisca tardivamente la possibilità di questo deposito e se le note d’udienza sono ugualmente sostitutive della discussione, non può nemmeno negarsi la possibilità di deposito delle note d’udienza. In fin dei conti, così facendo, il soggetto che si costituisce tardivamente non farebbe altro che utilizzare la facoltà defensionale che è consentita in generale dell’ordinamento e la sua controparte si trova soltanto esposta alla possibilità di una discussione orale della controparte non preceduta da trattazione scritta, cosa che di norma può verificarsi[7].
A questo punto però non essendovi la possibilità di replica scritta, è gioco forza che la trattazione debba essere differita[8], vuoi che si tratti di un’udienza vuoi che tratti di una camera di consiglio per consentire la replica del ricorrente e delle altre parti contrapposte. Il rinvio potrà essere anche breve, poiché l’unico termine da rispettare è appunto i due giorni prima dell’udienza di merito o il giorno prima per l’udienza cautelare. Nient’altro è previsto trattandosi di quanto potrebbe verificarsi in una pubblica udienza. Non può essere disposto un rinvio ad horas, perché nel caso in cui la discussione non sia richiesta il soggetto coinvolto nell’udienza non può collegarsi telematicamente né sarebbe tenuto a farlo. Poiché ora il termine è quello delle ore 12 del giorno antecedente, la necessità di rinvio è ridotta.
È più che evidente che una situazione di questo genere, assai complessa, giustifica l’atteggiamento più rigido e restrittivo assunto dal Presidente del Consiglio di Stato, che però non può risolvere i casi limite che si sono prospettati; la soluzione del problema sta in un comportamento responsabile e collaborativo di tutti i soggetti del processo, che limiti al massimo queste situazioni critiche, comportamento che peraltro è ragionevole aspettarsi si generalizzi, posto che ha avuto successo il protocollo d’intesa sottoscritto dal Consiglio di Stato, dall’Avvocatura Generale dello Stato, dal Consiglio Nazionale Forense, dall’Ordine degli Avvocati di Roma e dalle Associazioni degli Avvocati Amministrativisti: nelle udienze e camere di consiglio che si sono tenute nel mese di giugno avanti il Consiglio di Stato, come emerge da una lettura dei decreti dei singoli presidenti di sezione pubblicati sul sito ufficiale, la discussione è stata richiesta per un numero molto ridotto di controversie.
Ne discende che la gestione coordinata e consensualmente partecipata del processo è indispensabile: ma il processo è proprio il luogo nel quale i difensori delle parti e il giudice, tutti legati tra di loro dall’esigenza di rispettare il contraddittorio, cooperano, pur da posizioni differenti, affinché sia fatta giustizia[9].
L’osservazione ora svolta può rendere meno ardua e impegnativa la valutazione della normazione anti-covid: si è trattato di una normazione molto frequente, spesso contraddittoria, che ha dato luogo a un regime particolare per il processo amministrativo, che ha indotto a ricordare come molto spesso l’opzione zero, cioè la non introduzione di elementi di modificazione, possa essere il miglior antidoto rispetto alle emergenze[10] e ad evidenziare una differenza rispetto a quanto si è verificato per il processo civile.
In realtà, come emerge dalla rassegna cronologica degli interventi che taluno ha effettuato[11], per quanto concerne il processo amministrativo il legislatore ha tentato di inseguire l’evoluzione del contagio e quindi la percezione della sempre crescente gravità della epidemia, fino al momento in cui la medesima è parsa in qualche misura ridurre la sua pervasività. È stato perciò un inseguirsi della normativa dovuto proprio alla esigenza di essere tempestivi rispetto all’evoluzione della pandemia. D’altro canto, nel processo amministrativo la trattazione è sempre davanti a un giudice collegiale, e l’udienza di discussione o la camera di consiglio di discussione hanno un ruolo particolare, cosicché non vi era la possibilità di interventi marginali quali quelli introdotti per il processo civile, nel quale la trattazione avviene normalmente davanti a un giudice monocratico e i momenti di effettiva discussione sono rari.
Ciò non toglie che la normativa in più occasioni, e forse sempre, sia risultata oscura e perciò di incerta interpretazione, con conseguenze particolarmente pericolose per le parti e per i loro difensori laddove sono stati introdotti o già vi erano termini perentori[12]. L’antidoto a questa situazione è la non enfatizzazione della perentorietà dei termini oltre ragione ove le esigenze siano altrimenti soddisfatte (il termine dei cinque giorni per la richiesta della fissazione d’udienza, per esempio, non è un termine perentorio, perché è connesso soltanto a esigenze organizzative e può perciò essere superato), nella interpretazione ragionevole delle fattispecie che eviti di introdurre eccezioni a regole generali (quale quella della sospensione dei termini per tutti i ricorsi, indipendentemente dal contenuto della domanda proposta)[13] o decadenze non espressamente comminate e infine nel prudente esercizio del potere di riconoscere l’errore scusabile, e la conseguente rimessione in termini, anche oltre rispetto ai casi letteralmente stabili dalla normativa anti-covid.
D’altro canto, in questa situazione, i presupposti per la concessione dell’errore scusabile vi sono tutti[14]: la successione di norme diverse in un arco brevissimo di tempo, l’inesistenza di una disciplina consolidata, una situazione di urgenza e di difficoltà in precedenza mai verificatasi. Non è il caso di aggiungere alla pandemia e al turbamento che tutto questo ha arrecato nell’attività dei giudizi, dei giudici e degli avvocati anche delle preclusioni e delle decadenze inaspettate ed imprevedibili.
2. L’incremento della trattazione scritta nel codice del processo amministrativo. – La tendenza all’incremento della trattazione scritta era già presente nel codice del processo amministrativo, ove era configurata come un arricchimento della possibilità di contraddittorio tra le parti.
Il codice infatti ha introdotto, dopo la memoria, la possibilità di depositare repliche, così ovviando ad un contraddittorio claudicante, conseguente alla non perentorietà del termine per la costituzione in giudizio delle controparti del ricorrente, ed ha previsto l’obbligo per il collegio, che si avveda dell’esistenza di una questione rilevabile d’ufficio non discussa tra le parti e che potrebbe risolvere il giudizio dopo la conclusione dell’udienza, di assegnare un termine alle parti per una trattazione scritta sulla medesima.
Il processo amministrativo, con questi innovazioni, è diventato sicuramente più strutturato e la possibilità di discutere argomenti sempre più complessi in fatto e in diritto certamente è cresciuta.
In questo senso militano le riforme introdotte nel codice e in norme esterne ma connesse relative al contenuto del ricorso: dalla previsione che stabilisce che i motivi di ricorso debbano essere indicati distintamente, contenuta nel codice, alla previsione relativa alle dimensioni degli atti del ricorso e difensivi delle parti. Queste due innovazioni, lette in modo corretto, giovano alla formulazione degli atti e perciò al contraddittorio, perché un ricorso redatto in modo strutturalmente adeguato consente alla controparte e al giudice di comprenderlo esattamente e un ricorso contenuto in termini ragionevoli ugualmente consente alla controparte e al giudice di valutarlo nella sua interezza (del resto, proprio con riferimento alle dimensioni del ricorso l’Adunanza plenaria ha interpretato la normativa relativa nel senso che il rispetto delle dimensioni del ricorso comporta l’obbligo del giudice di esaminare tutte le censure contenute nello spazio dimensionale assegnato senza possibilità di assorbimento)[15].
La stessa formalizzazione della graduazione dei motivi di ricorso, richiesta dall’Adunanza plenaria[16], va nello stesso senso, nel senso cioè di rendere più rilevante la trattazione scritta anche per profili che nell’impostazione originaria del processo amministrativo non erano valorizzati.
Rimane non risolto il problema della rilevanza del termine per la costituzione in giudizio, che l’Adunanza plenaria[17] ha qualificato come non perentorio: in realtà, il termine dovrebbe essere qualificato come perentorio e dovrebbe anche essere riferito ad una trattazione contenutisticamente precisa, come è richiesto ormai nel processo civile, e non solo nel processo del lavoro. Così facendo, tutto lo sviluppo successivo del processo e il contraddittorio sarebbero valorizzati. Una scelta di questo genere comporta l’adeguamento dell’amministrazione alla tempistica della giustizia, ma l’amministrazione deve essere in grado di procedere celermente così come non solo l’ordinamento ma le esigenze della comunità nazionale richiedono.
3. La trattazione scritta e l’oralità. – Il problema che si pone è se l’ampliamento della trattazione scritta comporti una modificazione del processo amministrativo dal punto di vista dell’oralità.
Vi è una certa incertezza su quale sia la connotazione tipica del processo amministrativo.
Vi sono autori che sottolineano come il processo amministrativo sia un processo scritto: in questi termini V. CAIANIELLO[18], che afferma espressamente che il processo amministrativo è dominato dal principio della scrittura e che l’udienza pubblica può risolversi anche soltanto nella formalità della chiamata della causa[19].
Diversa è la posizione di Mario NIGRO, che ritiene che nel processo amministrativo viga il principio dell’oralità ma “in senso attenuato”, poiché l’udienza di discussione orale è centrale ma ha luogo dopo lo scambio di difese scritte tra le parti[20].
Anche altri autori estremamente importanti valorizzano il ruolo dell’udienza sia pure senza prendere posizione sulla qualificazione del processo amministrativo come un processo ispirato al principio di generalità o no. Così, A. M. SANDULLI[21] dedica un’ampia trattazione alla udienza di discussione, all’interno del paragrafo intitolato “La discussione orale”, nel quale esamina analiticamente l’andamento dell’udienza peraltro, come suo uso, senza esprimere giudizi; nello stesso senso, F. G. SCOCA[22] tratta ampiamente dell’udienza che, afferma, “consiste in un’attività di relazione tipica del giudice … che si concreta nell’incontrare in luogo e tempo predeterminato, le parti processuali”.
Non manca, però, chi alla discussione in udienza non dedica cenno alcuno, pur trattando degli articoli del codice del processo amministrativo che la regolano[23].
In realtà fra i vari autori richiamati non vi è contrasto, poiché da tutti emerge che nei fatti il ruolo dell’udienza esiste perché l’udienza è celebrata ma che nella medesima la trattazione è di norma estremamente sintetica[24]; in questo senso si è pronunciato ora il Presidente del Consiglio di Stato, che ha affermato che “il processo amministrativo è storicamente un processo scritto, basato su prove scritte e precostituite, come dimostra anche la ridotta percentuale delle cause in cui viene chiesta dalle parti la discussione orale”[25]. La tendenza sarà accentuata posto che l’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020 prevede che le parti in alternativa alla discussione, possano depositare una “richiesta di passaggio in decisione” e che il difensore che depositi questa istanza è considerato presente a tutti gli effetti in udienza o in camera di consiglio. L’utilizzazione di questa modalità, per non sovraccaricare le udienze da remoto, è consigliata nel Protocollo d’intesa sottoscritto il 25 maggio 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato, l’Avvocatura dello Stato, il Consiglio Nazionale Forense e la Associazione Avvocati Amministrativisti.
Si tratta invero di una situazione assai risalente, posto che già E. GUCCIARDI[26], indicava che all’udienza il relatore espone i motivi “senza aggiungere alcun apprezzamento o giudizio proprio” e che “di regola per ciascuna parte può parlare brevemente un solo avvocato e non vi è possibilità di replica”.
Questo autore, peraltro, anticipando quanto verrà poi stabilito nella disciplina anti-covid richiamata all’inizio, dava per consolidata la possibilità di replica per iscritto, mediante brevi note di udienza, alle deduzioni avversarie presentate o nella memoria depositata alla scadenza del termine assegnato oppure per la prima volta nella discussione orale.
Può dirsi, a questo punto, che l’abitudine che si è diffusa nel processo amministrativo negli ultimi decenni è frutto della innovazione conseguente alla istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali, che hanno portato nel giudizio amministrativo non solo un numero ben più elevato di avvocati, ma anche professionisti con diverse abitudini all’udienza e magistrati che, forse per la maggior vicinanza territoriale rispetto alle parti e perciò maggiormente sensibili alla dimensione anche sociale dei conflitti, sono risultati più disponibili ad una trattazione allargata.
Questo tipo di atteggiamento, che ha connotato i primi trent’anni di esperienza dei T.A.R., è ormai alle spalle, poiché anche in questi Tribunali, come in Consiglio di Stato, l’esigenza di contenere in tempi ragionevoli la celebrazione dell’udienza a fronte di un contenzioso certamente cresciuto rispetto ai tempi di GUCCIARDI ha condotto ad un contingentamento della discussione.
Non può negarsi che questo contingentamento è anche una conseguenza della sempre più ampia trattazione scritta svolta nei giudizi, sia nel ricorso che nelle memorie, conseguente alla diffusione delle modalità elettroniche di scrittura e delle banche dati informatiche, che consentono una illustrazione più agevole degli argomenti e un richiamo molto più numeroso dei precedenti, che ha fatto sì che molto più spesso la discussione orale sia in realtà, inevitabilmente, una ripresa di argomenti già illustrati ampiamente per iscritto.
4. I caratteri dell’oralità. – Le considerazioni sopra svolte debbono essere a questo punto saggiate valutando quali sono le caratteristiche dell’oralità nel processo, tenendo conto del fatto che è opinione diffusa anche ora che l’oralità sia una connotazione positiva, che deve essere perciò non solo garantita ma addirittura incrementata (si tratta da questo punto di vista di un tipo di impostazione ormai risalente, dal momento che è stata sostenuta per le prime volte all’inizio del 1900, e che ha costituito addirittura, come è ben noto, l’oggetto della celebre prolusione di Giuseppe CHIOVENDA.
Ora, la connotazione dell’oralità[27] ha questi tratti caratteristici: la centralità dell’udienza, il che non significa che gli scritti non vi debbano essere e che sono soprattutto richiesti nella fase iniziale del giudizio, ma che la trattazione davanti al giudice è essenziale; l’immediatezza, e cioè un rapporto diretto tra le parti e il giudice, rapporto di carattere fisico e cioè in presenza; l’identità fisica del giudice durante tutto il giudizio; un rapporto diretto con le prove, da assumere nel processo; la concentrazione in un’unica udienza o in poche udienze ravvicinate di tutta la trattazione della causa e della sua decisione.
Se si considerano queste caratteristiche dell’oralità ne risulta evidente che l’aspetto della discussione orale dell’udienza è soltanto uno degli elementi caratterizzanti e forse nemmeno in sé il più importante, in quanto l’oralità è uno strumento per consentire al giudice di pervenire direttamente alla conoscenza della realtà di fatto e degli argomenti che le parti discutono ed alle parti di poter rappresentare al giudicante nello stesso modo diretto la loro posizione rispetto sia alla questione di fatto che alla questione di diritto.
L’oralità è cioè uno strumento per pervenire ad una decisione giusta, non è un valore in sé; valutando l’insieme dei tratti caratteristici dell’oralità che si sono ricordati, risulta che l’elemento più significativo è il contatto delle parti con il giudice non tanto per la discussione degli argomenti di diritto e cioè delle rispettive tesi, quanto per la rappresentazione della situazione di fatto e cioè per la prova della situazione di fatto che è alla base delle reciproche domande. In effetti la discussione degli argomenti giuridici ben può essere sviluppata per iscritto e la riflessione su questi argomenti ben può essere compiuta dal giudice in disparte dalle parti, nel segreto della camera di consiglio, sulla base della disamina degli scritti dalle parti medesime presentati. Ciò che invece è importante che avvenga nell’immediatezza dell’udienza, davanti al giudice persona fisica presente, in un rapporto con le parti, è l’accertamento del fatto, poiché l’accertamento del fatto più difficilmente può essere colto soltanto sulla base degli scritti in quanto vi sono profili che emergono soltanto da un approfondimento che deve essere compiuto di volta in volta, non essendovi elementi predeterminati, nel confronto tra le parti sotto la guida del giudice. Ogni situazione dal punto di vista del fatto è unica e nuova, mentre le questioni giuridiche sono molto spesso ripetitive.
Non per nulla vi sono stati autori[28] che proprio sulla funzione istruttoria dell’oralità hanno molto insistito.
Se l’attività istruttoria è centrale, poi, sono superate quelle preoccupazioni relative alle oralità che già in passato erano state avanzate circa la possibile incidenza sulle sorti del giudizio della capacità oratoria di uno dei legali delle parti: la capacità oratoria può essere massima ma se ciò che conta è l’accertamento del fatto questo può risultare anche sulla base dell’introduzione di elementi da parte di un difensore di pochissime parole e di scarsa incisività dialettica.
5. L’oralità e il processo amministrativo. – Così configurata, secondo la letteratura più autorevole, l’oralità nel processo, può dirsi che il processo amministrativo nell’impostazione originaria, quella antecedente ai Tribunali Amministrativi Regionali, era fondato sull’oralità. In quel processo, nella generalità dei casi, le questioni dibattute concernevano esclusivamente l’interpretazione del provvedimento e il suo raffronto con le regole giuridiche. L’attività istruttoria era sostanzialmente limitata all’acquisizione del provvedimento di modo che l’illustrazione del contenuto del provvedimento in sede di discussione orale era insieme istruzione e trattazione della causa. Se nell’udienza i difensori di fronte al giudice discutono il contenuto del provvedimento, in diritto e in fatto, lo criticano e lo raffrontano con le norme, l’oralità del processo si manifesta appieno perché tutti i profili di fatto e di diritto possono essere sviscerati.
Nel processo avanti il Consiglio di Stato, questa oralità era ancor più evidente negli anni ’20 del secolo scorso, allorché i motivi aggiunti al ricorso originario potevano essere addirittura dedotti oralmente all’udienza; l’esistenza di un’udienza più articolata, del resto, è dimostrata anche dal fatto che non vi era una disciplina delle memorie in prossimità dell’udienza, che, come è noto, è stata introdotta prima dai Presidenti di Sezione nel 1946 e poi dal Presidente del Consiglio di Stato con un proprio decreto nel 1953.
Dopodiché, però, sono noti i riferimenti a discussioni anche particolarmente sintetiche e per questo incisive (si ricordano gli interventi dell’Avv. SORRENTINO) e sono noti anche gli atteggiamenti più sbrigativi assunti da taluni presidenti particolarmente rapidi (si ricorda il Presidente A. BARRA CARACCIOLO).
Quando la situazione cambia, perché, non tanto per l’intervento dei Tribunali Amministrativi Regionali, quanto per la modificazione della disciplina legislativa (è sufficiente il richiamo alla disciplina in materia di contratti per la pubblica amministrazione) il rilievo del fatto aumenta ed il provvedimento non è più in grado di costituire l’unico punto di riferimento della contestazione, dal momento che vi è una serie di elementi di fatto accertati o non accertati nel procedimento che nel provvedimento possono non riflettersi, la centralità dell’udienza viene inevitabilmente meno. I difensori delle parti non sono in grado davanti al giudice di discutere nell’udienza sia l’istruzione che la trattazione della causa, perché l’istruzione della causa deve essere effettuata altrimenti, con l’acquisizione di elementi di fatto e con la loro valutazione dal punto di vista tecnico, che sono qualcosa di diverso dalla considerazione dal punto di vista giuridico.
Il processo amministrativo non è più un processo improntato all’oralità, ma si avvicina al processo in Cassazione nel quale certo che c’è la centralità dell’udienza di discussione (salvo il caso in cui, come ora avviene assai spesso, vi sia soltanto la camera di consiglio) ma la discussione è una discussione su elementi di puro diritto (anche se è noto nell’esperienza comune che vi sono moltissimi avvocati che anche avanti la Corte di Cassazione trattano ampiamente il fatto durante la discussione approfittando del garbo normalmente usato dai presidenti).
Ma l’oralità non è il processo avanti la Suprema Corte di Cassazione, l’oralità è il processo del lavoro avanti il giudice monocratico.
6. La trattazione scritta e la trattazione orale nel processo amministrativo: una ricostruzione aggiornata. – Alla luce di tutto quanto detto le regole sulla trattazione scritta hanno un effetto anche sull’oralità del processo amministrativo e possono essere utili per ricondurla nel suo ambito naturale. La trattazione scritta è la trattazione nella quale le parti sviluppano nel modo più ampio e adeguato possibile gli argomenti che sono in grado di trattare per iscritto e cioè sicuramente tutti gli argomenti giuridici e in parte anche gli argomenti di fatto laddove questi argomenti in fatto non siano contestati oppure laddove questi argomenti di fatto siano in qualche modo comprovati nelle rispettive produzioni, sulle quali perciò anche per iscritto ci si può diffondere al fine di sottolineare gli elementi più significativi. Se l’istruttoria procedimentale è stata effettuata in modo completo e corretto, la trattazione scritta sarà senz’altro sufficiente. Se le parti sono riuscite sia nella loro istruzione primaria, e cioè antecedente alla proposizione del ricorso o alla redazione della comparsa di costituzione in giudizio, a ricostruire esattamente tutta la situazione di fatto, tanto da rappresentarla nei loro atti, la trattazione scritta sarà sufficiente. La trattazione scritta sarà ugualmente sufficiente se nel corso del processo le parti, esercitando ciascuna in modo attento e responsabile le facoltà che sono conferite dalla disciplina processuale, hanno introdotto tutti gli elementi di prova necessari per la decisione.
Se è così, è ragionevole immaginare che la trattazione scritta sia adeguata e sufficiente: le note d’udienza, prima non previste ed ora introdotte con la disciplina anti-covid, sono perciò bastanti per superare una qualunque discussione orale.
Anzi, in questo caso, la trattazione scritta più facilmente può essere ritenuta dal relatore e dai componenti del collegio e quindi considerata nella successiva camera di consiglio dedicata alla decisione della controversia.
Ma se viceversa non è così, se cioè il fatto non è adeguatamente chiarito, se l’attività istruttoria dell’amministrazione non era completa o non sufficientemente imparziale, se gli elementi di prova non erano nella disponibilità del ricorrente e il medesimo non ha potuto perciò introdurli nel giudizio, se le istanze istruttorie non sono state valutate dal giudice amministrativo prima dell’udienza e le prove perciò non sono state disposte ed acquisite, la discussione è indispensabile.
La discussione è indispensabile non per chiarire gli elementi di diritto, è indispensabile per chiarire gli elementi di fatto e se si vuole anche per connotare gli elementi di fatto con riferimento all’ambiente nel quale l’amministrazione opera e il ricorrente si trova. Questi elementi non possono emergere in modo così preciso ed efficace nella trattazione scritta e invece possono essere rappresentati dialetticamente nella discussione orale. Ne discende che la discussione deve dar luogo ad un approfondimento istruttorio che il collegio, se non lo ritrova negli atti, e secondo la tesi sopra esposta negli atti non lo può trovare, deve disporre utilizzando i propri poteri istruttori.
Alla luce di quanto detto la disciplina processuale amministrativa non è adeguata, e non è adeguata innanzitutto perché prevede che l’escussione dei testimoni avvenga soltanto per iscritto che è il contrario dell’oralità, e perché prevede come possibile soltanto in casi non frequenti l’esperimento della consulenza tecnica d’ufficio, che è lo strumento con il quale il giudice acquisisce una realtà di fatto connotata tecnicamente (la consulenza tecnica d’ufficio più utile è la consulenza tecnica percipiente). Per rendere il processo amministrativo effettivamente un processo orale, tenuto conto che l’oralità è un valore riconosciuto, occorre perciò che il codice venga adeguato o venga interpretato in modo adeguato e che il giudice amministrativo disponga l’attività istruttoria che è utile per una decisione approfondita della causa.
A maggior ragione una decisione approfondita è indispensabile tenuto conto dei poteri che il codice attribuisce al giudice amministrativo, che giungono, anche dalla giurisdizione generale di legittimità, alla possibilità di sostituirsi all’amministrazione fin dalla fase del giudizio di cognizione. In una situazione di questo genere provvedere senza avere una piena conoscenza del fatto è un rischio elevatissimo sia per il ricorrente che per l’amministrazione, perché può comportare l’adozione di pronunzie giurisdizionali vincolanti per l’amministrazione che non sono adeguate alla realtà di fatto.
Il rischio che si è paventato può essere scongiurato soltanto in un dibattito tra le parti nel quale le medesime, stimolate eventualmente dal presidente del collegio, possano rappresentare le loro rispettive posizioni e fare emergere perciò quali sono i connotati significativi della realtà di fatto sulla base della quale il giudice deve provvedere.
Il giudice amministrativo deve, perciò, assumere un atteggiamento diverso rispetto all’udienza e all’esercizio dei poteri istruttori; un atteggiamento diverso devono assumerlo anche gli avvocati delle parti, che non possono pensare che l’udienza debba servire per la dimostrazione delle proprie qualità oratorie, o per soddisfare le esigenze dei clienti, pur non presenti (per i quali tutta la vita sia personale che dell’impresa o dell’ente che rappresentano deve essere oralmente illustrata al giudice) e che debbono perciò limitarsi a rappresentare al giudice amministrativo gli aspetti più significativi della controversia. Talvolta può anche verificarsi che si tratti di aspetti di diritto, allorché vi è una situazione nella quale la normativa di cui si discute è nuova oppure vi è un contrasto di giurisprudenza o vi è la volontà di ottenere la revisione di un orientamento che non si ritiene corretto, ma di norma così non succede.
È corretta perciò l’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato nelle recenti ordinanze della VI Sezione[29] nelle quali si afferma che nel processo amministrativo l’udienza non ha la centralità indispensabile del processo penale, ma un rilievo tale da non poter essere del tutto eliminata[30].
L’oralità del processo amministrativo è perciò una sfida ancora oggi sia per il giudice che per gli avvocati. Parallelamente, la trattazione scritta, che costituisce il completamento e il contraltare rispetto alla trattazione orale, deve essere ugualmente articolata in modo sintetico e convincente.
7. Principi fondamentali e trattazione scritta. – I principi fondamentali che sono stati in più occasioni richiamati sono quelli del rispetto del contraddittorio che è il cardine di tutto il processo e che, come si è detto, lega le parti tra di loro e le parti e il giudice. Il principio del contraddittorio trova la sua espressione più rilevante nel momento finale del processo che è l’udienza, perché è in quel momento che le parti possono entrambe, se sono due, o tutte se sono più, rappresentare davanti al giudice in posizione di assoluta uguaglianza (la toga che l’avvocato indossa dimostra appunto l’uguaglianza tra le parti e il giudice) le proprie tesi. L’udienza è il momento nel quale gli argomenti che le parti hanno faticosamente illustrato nei loro atti difensivi, a seguito di riflessioni e ricerche, vengono rappresentate nella esposizione più limpida e ciascuno spera convincente. È evidente perciò che un momento di questo genere non può mai venire meno.
Nei rapporti fra le persone umane, il dato della fisicità è inevitabile e irrinunciabile, perché costituisce uno degli aspetti della persona, che non è puro spirito[31]. Proprio durante la pandemia ci si è resi conto del resto che la presenza, il contatto fisico, o anche soltanto la vicinanza sono indispensabili perché le relazioni umane possano svilupparsi al meglio. Il processo si fonda su relazioni umane e perciò l’udienza dev’essere prevista. Il principio fondamentale dell’udienza è un principio irrinunciabile[32].
L’udienza di per sé è un’udienza pubblica, perché il processo è una vicenda sociale, è la vicenda sociale più importante insieme alla consultazione elettorale, e deve potersi svolgere nella conoscibilità di tutti i consociati eccezion fatta per quegli aspetti rispetto ai quali la conoscibilità potrebbe costituire un condizionamento (l’espressione materiale del voto nella consultazione elettorale, la formazione della volontà del giudice nel processo).
Non sarebbe perciò legittimo un processo nel quale la trattazione orale in udienza fosse esclusa: e nel processo amministrativo, anche di appello, non è replicabile il rito attuale del giudizio in Cassazione.
Questo non significa però che sempre e comunque la trattazione orale debba esservi, perché è ben possibile che le parti ritengano la trattazione orale superflua o che l’ordinamento in certi casi a fronte di prevalenti esigenze possa introdurre delle deroghe o delle eccezioni: deroghe ed eccezioni sono ammesse, purché in modo ragionevole e sempre finalizzato al medesimo risultato che è il perseguimento della giustizia. Tra queste deroghe ed eccezioni vi può essere la trattazione soltanto scritta oppure la trattazione a distanza, in udienza telematica.
Del resto con la telematica la conoscibilità dell’attività del giudice è ben più reale di quanto non fosse con la presenza del pubblico all’udienza.
L’esperienza che la pandemia porta è quella della possibilità di definire le controversie con trattazione soltanto scritta con il consenso delle parti e con limitate ipotesi di trattazione telematica[33]. Come si è già detto, dall’esame dei decreti dei Presidenti delle Sezioni del Consiglio di Stato del mese di giugno emerge come nelle varie udienze e camere di consiglio i ricorsi per i quali è stata chiesta e disposta la trattazione scritta siano stati pochi, non oltre il 10% delle cause a ruolo. L’esito dei processi, quanto meno per il rito cautelare per il quale il dato è stato fornito[34], non è stato diverso da quello raggiunto con la discussione orale (la fase cautelare è sempre favorevole per l’amministrazione, posto che in sede cautelare soltanto il 30% delle sospensive chieste viene accordato).
Ne consegue che finita, al più presto, la fase dell’emergenza, qualcosa di quanto ora acquisito potrà essere mantenuto.
Il processo amministrativo come già si è detto in realtà si svolge quasi sempre soltanto sugli scritti e le udienze di discussione sono poche: l’affollarsi degli avvocati per le istanze preliminari, perciò, è assolutamente ingiustificato. Ne consegue che può essere mantenuta l’impostazione in forza della quale l’udienza di discussione orale dev’essere richiesta espressamente (come del resto si verifica per il processo tributario)[35] anche se le modalità di richiesta devono essere modificate quanto meno per la trattazione cautelare, nel senso di ammettere la richiesta fino al giorno antecedente la camera di consiglio.
Se gestito in modo corretto, e cioè in un’ottica di ragionevole collaborazione, il processo amministrativo così potrà essere più snello, meno dispendioso e di conseguenza più efficace al fine di conseguire la giustizia nell’amministrazione.
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L'articolo rielabora e completa con note la relazione presentata alle Giornate di studio sulla giustizia amministrativa, webinar 30 giugno -1 luglio 2020 "L'emergenza Covid 19 e i suoi riflessi sul processo amministrativo. Principi processuali e tecniche di tutela tra passato e futuro".
[1] Così la disciplina è riassunta dal Presidente del Consiglio di Stato, Linee guida sull’applicazione dell’art. 4 del d.l. 28/2020 e sulla discussione da remoto, in data 25 maggio 2020, che ha ammesso, nel caso di deposito il giorno dell’udienza, che il presidente possa posticipare l’orario di trattazione o concedere un breve rinvio; negli stessi termini N. DURANTE, Il procedimento cautelare ai tempi dell’emergenza, in www.giustizia-amministrativa.it, 19 maggio 2020.
[2] F. VOLPE, Riflessioni dopo una prima lettura dell’art. 84, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 in materia di processo amministrativo, in www.LexItalia.it, 18 marzo 2020.
[3] F. FRANCARIO, L’emergenza coronavirus e la “cura” per la giustizia amministrativa. Le nuove disposizioni straordinarie per il processo amministrativo, in www.federalismi.it, 23 marzo 2020; G. GRASSO, Sull’opposizione alla discussione e allegazione documentale alternativa nel regime della oralità mediata eventuale, in www.giustizia-amministrativa.it.
[4] R. JONTA e F. CAROLEO, Trattazione scritta. Un’impalcatura, in www.giustiziainsieme.it, 1° aprile 2020, che propongono di contenere le note in una pagina.
[5] F. VOLPE, Ancora sulla disciplina emergenziale del processo amministrativo, in www.LexItalia.it, 1° maggio 2020.
[6] Così anche C. VOLPE, Il superamento del “processo cartolare coatto”. Legislazione della pandemia o pandemia della legislazione?, in www.giustizia-amministrativa.it, 12 luglio 2020.
[7] Così anche M. A. SANDULLI, Un brutto risveglio? L’oralità “condizionata” del processo amministrativo, l’Amministrativista, 1° maggio 2020; C. CACCIAVILLANI, Controcanto sulla disciplina emergenziale del processo amministrativo (con riferimento all’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28), in www.Giustamm.it, giugno 2020.
[8] Come già ammetteva Cons. Stato, Ad. plen, 25 febbraio 2013, n. 5, cit..
[9] Perciò utile, ma non decisivo, è il bilanciamento affidato al giudice, proposto da N. DURANTE, Il lockdown del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 28 aprile 2020; evidenzia la necessità di regole interne C. VOLPE, Il superamento del “processo cartolare coatto”, cit..
[10] Così M. LIPARI, L’art. 36, comma 3, del decreto legge n. 23/2020: la sospensione parziale dei termini processuali è giustificata? Verso una lettura ragionevole della norma, in www.federalismi.it, 29 aprile 2020.
[11] R. DE NICTOLIS, Il processo amministrativo ai tempi della pandemia, in www.federalismi.it, 15 aprile 2020; C. ZUCCHELLI, Sull’udienza telematica, in www.federalismi.it, 13 maggio 2020; C. VOLPE, Il superamento, cit..
[12] Come sottolinea F. FRANCARIO, Diritto dell’emergenza e giustizia nell’amministrazione. No a false semplificazioni e a false riforme, in www.federalismi.it, 15 aprile 2020.
[13] E perciò anche per i ricorsi cautelari, anche in appello, come evidenzia M. LIPARI, L’art. 36, cit..
[14] Come suggerisce M. LIPARI, L’art. 36, cit.
[15] Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5, in Dir. proc. amm., 2016, p. 205 ss., con nota di L. R. PERFETTI – G. TROPEA, “Heart of darkness”: l’Adunanza plenaria tra ordine di esame e assorbimento dei motivi.
[16] Ancora Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5.
[17] Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2013, n. 5, con nota di G. URBANO, La costituzione tardiva delle parti intimate, in Dir. proc. amm., 2014, p. 185 ss..
[18] V. CAIANIELLO, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, Utet, 1994, pag. 413.
[19] Identica è l’opinione espressa nella precedente pubblicazione Lineamenti del processo amministrativo, Torino, Utet, 1976, pag. 241.
[20] M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, Il Mulino, 1983, pag. 333; identica è la posizione nella prima edizione del 1976, pag. 291.
[21] M. A. SANDULLI, Il giudizio avanti al Consiglio di Stato, Napoli, Morano, 1963, pag. 367.
[22] F. G. SCOCA, Gli atti processuali, in Giustizia amministrativa, a cura di F. G. SCOCA, Torino, Giappichelli, 2011, pag. 256 ss.
[23] Così F. CARINGELLA – M. PROTTO, Codice del nuovo processo amministrativo, 2012, Roma, Dike, pag. 759; A. POLICE, La riunione, la discussione, la decisione dei ricorsi, in Il nuovo diritto processuale amministrativo, a cura di G. P. CIRILLO, Milano – Padova, Walter Kluwer – CEDAM, 2014, pag. 531.
[24] Come si è già segnalato commentando l’art. 73 del codice: C.E. GALLO, Udienza di discussione, in Il processo amministrativo, a cura di A. QUARANTA – V. LOPILATO, Giuffrè, Milano, 2011, pag. 581.
[25] F. PATRONI GRIFFI, Direttive del Presidente del Consiglio di Stato – Secondi chiarimenti su alcuni profili relativi all’attività giurisdizionale nel periodo di emergenza covid – 19, 20 marzo 2020, prot. 7400.
[26] E. GUICCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1942, pag. 200.
[27] Volendo fare riferimento alla trattazione riassuntiva ma molto elaborata di C. VOCINO, Oralità nel processo (dir. proc. civ.), Enc. dir., vol. XXX, Milano, Giuffrè, 1980, pag. 592 ss..
[28] Il più rilevante è M. CAPPELLETTI, La testimonianza della parte nel sistema dell’oralità, Milano, Giuffrè, 1962, p. 189 ss..
[29] Cons. Stato, Sez. VI, 21 aprile 2020, n. 2358 e 2359.
[30] Pronunzie apprezzate da C. ZUCCHELLI, Sull’udienza telematica, cit., e da S. TARULLO, Contraddittorio orale e bilanciamento presidenziale. Prime osservazioni sull’art. 4 del D.L. n. 28 del 2020, in www.federalismi.it, 13 maggio 2020.
[31] Come sottolinea C. ZUCCHELLI, Sull’udienza telematica, cit..
[32] F. SAITTA, Da Palazzo Spada un ragionevole no al “contraddittorio cartolare coatto” in sede cautelare, in www.federalismi.it, 5 maggio 2020.
[33] Ritengono utile il processo telematico per il risparmio di tempo che consente F. SAITTA e S. TARULLO, negli scritti già citati.
[34] Da R. DE NICTOLIS, Il processo amministrativo ai tempi della pandemia, cit., 15 aprile 2020.
[35] Così anche M. A. SANDULLI, Un brutto risveglio? cit..