La zanzara molesta di Marco Guida
Uno dei problemi endemici dalle nostre parti è rappresentato dalle zanzare. Ricordo da sempre l’eterna lotta con quel fastidioso ronzio notturno che non riesci a superare, che ti costringe o a soffocare sotto le lenzuola durante le nostre caldissime estati oppure ad iniziare improbabili e tragicomiche cacce notturne, armati di improvvisate armi i cui segni si vedranno la mattina successiva sulle incolpevoli mura della stanza da letto.
Ho un vivido ricordo della mia infanzia, una passeggiata fatta con i miei genitori, per fortuna in auto, in una zona di mare periferica; ad un certo punto l’auto venne letteralmente sopraffatta da una nuvola di zanzare che si assieparono intorno ai fanali accesi dell’auto; per fortuna i finestrini erano tutti chiusi, salvo il deflettore dello sportello anteriore (una seicento vecchio modello) da cui sporgeva la mano di mio padre che in breve tempo venne assalita dagli insetti.
Per fortuna l’opera di disinfestazione ha evitato tali fenomeni così evidenti, almeno nelle città, ma anche la natura si è evoluta ed ha inventato le zanzare tigre che lavorano h.24, non più al solo tramonto come ai bei vecchi tempi.
Questi ricordi mi sono recentemente tornati in mente per una vicenda giudiziaria, una delle tante che costellano i nostri tribunali ogni giorno.
I Carabinieri vengono chiamati un giorno dal Pronto Soccorso di un ospedale in quanto era stata da poco ricoverata una donna con una ferita d’arma da fuco alla gola.
Esiste, per fortuna, in tal senso un preciso obbligo di denuncia per i sanitari.
Accorsi sul luogo i Carabinieri non hanno potuto interrogare la donna in quanto sottoposta ad un delicato intervento chirurgico, ma trovano sul luogo il marito, una loro vecchia conoscenza, mille volte arrestato per vari episodi di spaccio di droga, furtarelli, ricettazioni. In alcuni casi coinvolto in qualche associazione criminale del luogo piuttosto pericolosa, uscito sempre indenne da queste accuse probabilmente perché era uno dei pesci più piccoli, l’ultimissima ruota del carro.
L’uomo consegna spontaneamente un borsetto all’interno del quale viene rinvenuta una pistola, risultata rubata in precedenza, da cui era stato esploso il colpo che aveva ferito la donna.
L’uomo viene tratto in arresto. La donna supera indenne l’operazione.
Le indagini appurano che nessun contrasto esisteva tra i due coniugi; benché pregiudicato, l’uomo non era considerato avere un’indole violenta, non aveva precedenti per lesioni, rissa, o maltrattamenti nei confronti della moglie o dei figli.
Atteso che era considerato un pesce piccolo gli investigatori giungono ad ipotizzare che gli fosse stata consegnata in custodia la pistola da parte di qualche esponente di rilievo di una qualche associazione.
Inspiegabile, però, il ferimento della donna che, ripresasi per fortuna dall’intervento, non solo non ha sporto denuncia ma ha anche inviato al tribunale una missiva dichiarando di essere disponibile a riprendersi il marito in casa.
Missiva, invero, dal tenore vagamente minaccioso nei confronti del coniuge, tanto da essere considerata dal difensore di questi un ottimo deterrente per evitare nuovi similari episodi.
In occasione dell’interrogatorio di garanzia, a sorpresa, l’uomo ha deciso di fornire la sua versione dei fatti. Normalmente quelli che hanno già una certa esperienza del mondo criminale, della giustizia e dintorni, insomma i laureati in criminologia attiva, avendo almeno tre o più esperienze carcerarie, non parlano mai davanti ai giudici.
Nel nostro ordinamento, infatti, la parola dell’imputato vale processualmente poco, avendo egli “diritto” di non dire la verità, non dovendo prestare, infatti, alcun giuramento preventivo, ma quanto egli dice innanzi al giudice può essere sempre utilizzato contro di lui.
Il consiglio che spesso e volentieri i difensori danno, pertanto, specie durante le prime fasi delle indagini, è quello di non parlare.
A sorpresa, pertanto, il nostro indagato ha fornito la sua versione dei fatti, ovviamente nella sua lingua madre che qui si traduce:
“Dottò! È stato un incidente. Io avevo in mano il borsello con all’interno la pistola. Stavo impazzendo per il caldo e per una benedetta zanzara che aveva ronzato sulle nostre cape tutta la notte senza farci chiudere occhio. L’ho vista sul muro e non ci ho pensato su e gli ho tirato contro il borsello. Quello ha sbattuto sul muro ed è partito il colpo di pistola che ha pigliato quella sventurata e santa donna di mia moglie. Dottò, sono dispiaciutissimo!”
Sul fondo del borsello, in effetti, è stato ritrovato il buco provocato dal proiettile.
Non il cadavere della zanzara molesta.
FB 13 settembre 2013