Il nostro "romanzo civile" è scritto sopratutto dalle donne
di Andrea Apolloni
Nello straordinario film "Una giornata particolare", ambientato nel 1938, Marcello Mastroianni sfoglia l'album dei ritagli di giornale raccolti da una donna della piccola borghesia italiana, innamorata (lei assieme a tutta la borghesia del tempo) di Mussolini. Si imbatte quindi in una frase, che legge ad alta voce: "Inconciliabile con la fisiologia e la psicologia femminile, il Genio è soltanto maschio. M.". La sequenza successiva rimarrà nella storia del cinema: lui, Mastroianni, chiede alla splendida Sophia Loren, la borghese, fascistissima convinta, cosa ne pensasse, e lei, incredula e impacciata ma ricordandosi che era pur sempre una frase di Mussolini, risponde: "E certo che sono d'accordo".
L'8 marzo non solo vuole ricordarci che è davvero esistita quella mentalità primitiva - che se esistesse oggi dovrebbe qualificarsi pura demenza; e non vogliamo credere che esista -, ma anche invogliare a guardarci attorno, per prendere atto di una realtà in cui la componente più attiva, determinata, più credibile e carica di futuro è proprio quella femminile. I cui modelli, tuttavia, molto spesso non trovano risalto nella sfera pubblica, un po' perché ancora dobbiamo smaltire tutta la risulta di quella mentalità primitiva, un po' perché l'esempio, se è tale, è anche a sé bastevole: in fondo, non ha bisogno di proiezioni né di appendici.
Ho in mente due storie, per l'appunto poco - anzi affatto - citate: quelle di Giuliana Saladino e di Susanna Crispino. Due storie molto diverse, anzitutto per generazione (quando Giuliana moriva, nel 1999, a 74 anni, Susanna frequentava ancora la scuola elementare), ma accomunate da un luogo (Palermo) e da una stessa, travolgente e fattiva passione civile.
Giuliana, giornalista, è stata la voce più graffiante del quotidiano siciliano L'Ora, l'unico foglio che, senza infingimenti, ha avversato Cosa nostra, dileggiandola; e nonostante le minacce, le rappresaglie, la tragica fine del cronista Mauro de Mauro, e nonostante l'essere donna in Sicilia negli anni Settanta, ha scritto sulla mafia le pagine più dure e abrasive. Quasi nessuno sa che fu lei a guidare il "Comitato dei lenzuoli", quella rivoluzione gentile che dopo la morte di Giovanni Falcone voleva cambiare la città di Palermo e il suo modo di rassegnarsi, puntualmente, dopo ogni strage. Dicevamo che spesso i modelli femminili non sono autoreferenziali. Ebbene, l'anno dopo la sua morte uscì "Romanzo civile", la biografia di Lillo Roxas, suo amico fraterno, tenuta nel cassetto fino alla fine; e tra quelle pagine traspare che è stata lei ad aver scritto un romanzo civile, sì, ma con la sua stessa vita.
E in coda a questa storia, o piuttosto a proseguirla, sta Susanna Crispino, giovanissima giurista, attivista antimafia, tragicamente scomparsa un anno fa: il 4 marzo 2018. Da Caserta, sbarcata a Palermo per studiare giurisprudenza cavalcando un sogno che è anche un ideale, era entrata nelle associazioni antimafia siciliane più attive: seguiva i processi sulle stragi mafiose, rendeva testimonianza concreta del cambiamento, nel frattempo conseguiva la laurea con lode per proseguire il percorso: quel 4 marzo stava chiudendo un dottorato, e poi - ne sono certo - sarebbe entrata in magistratura, perché questo voleva. Il suo esempio - oggi si direbbe: lo spirito-guida - era Paolo Borsellino; e lei si è resa esempio, a sua volta.
Due donne - due tra tutte - che non ci sono più; ma si tratta soltanto di non poterle più riabbracciare, di non poterci più parlare. Esse sono, infatti, protagoniste assolute del nostro "romanzo civile", che ci raccoglie tutti, senza eccezione: perché se le mafie, siciliane e non, sono ridotte al lumicino, se oggi sappiamo - anzi, siamo certi - che la malapianta mafiosa può essere estirpata, per sempre e dovunque, se oggi ci riconosciamo in una collettività migliore, consapevole dei propri diritti, primo tra tutti quello di non lasciarsi intimorire né corrompere, lo dobbiamo anche a Giuliana e Susanna, e poi a tutti coloro che hanno seguito e seguono il loro esempio "civile".
Lo dobbiamo sopratutto alle donne. E a proposito: quando penso alla figura femminile, la mente torna sempre ad un quadro di Tintoretto, Susanna e i vecchioni, che racconta l'episodio biblico di Susanna, insidiata da due uomini anziani, che intendono approfittare di lei. Il pittore veneziano declina la scena a suo modo: i vecchioni vengono ridicolizzati, ritratti cioè in pose assurde, mentre la donna, per nulla impaurita (come invece la si ritraeva di solito in quest'episodio), occupa con la sua bellezza il centro del quadro. E' indifferente, ma non inconsapevole, indaffarata a prepararsi per qualcosa: e quel qualcosa, per la donna, è il futuro. Non per caso Susanna è anche una delle donne che ho voluto ricordare, poiché anche lei si stava preparando per il futuro; non ha potuto continuare a scrivere il suo "romanzo civile", ma ha lasciato dopo di sé indicazioni precise, e dietro di sé tracce luminose.