Marisa Rodano se n’è andata «sobriamente, come ha vissuto» [1] lo scorso 2 dicembre, alla soglia dei centotré anni. Della sua lunghissima vita possiamo qui ricordare solo alcuni tratti, per fissarli e riportarli alla luce, a partire dalla data di nascita, che condivideva con il Partito Comunista Italiano: Marisa Cinciari era nata a Roma il 21 gennaio 1921.
«L’esistenza del Partito Comunista Italiano, da me conosciuta solo verso i 18 anni, era destinata ad avere un’influenza determinante sulla mia vita» [2]. La famiglia, piuttosto benestante, di tradizione cattolica da parte di padre ed ebraica da parte di madre, non mette mai davvero in discussione il fascismo - il padre fu anche podestà di Civitavecchia - e senz’altro non prima delle Leggi razziali. «Le prime incrinature nel placido sonno dogmatico dell’infanzia» [3] arrivano quando Marisa frequenta il Liceo Visconti di Roma, dove grazie a docenti in disaccordo con il regime prende i primi contatti con la cultura antifascista e inizia ad avere consapevolezza della realtà nazionale e internazionale, fino ad allora per lei soffusa e vaga. A questo proposito bisogna considerare che le informazioni erano difficili da reperire e in ogni caso giungevano mediate dalla censura fascista, oltre che da quella familiare. Al Visconti conosce anche Franco Rodano e con lui una fede cattolica razionale, profonda, diversa da quella convenzionale sperimentata fino a quel momento. Nel suo libro di memorie ricorda l’arrivo di Hitler a Roma nel maggio del 1938 - celebre la visita del Führer ai monumenti della città sotto la guida di Ranuccio Bianchi Bandinelli [4] - come il momento in cui ha avuto la percezione non solo della fine della pace, ma più in generale del mondo e della società di allora. Da lì in poi la sua adesione all’antifascismo, processo iniziato anni prima e sempre di nascosto dai genitori, in un gruppo di cattolici comunisti e insieme al compagno Franco Rodano, con cui viene arrestata a causa di una delazione nel maggio del ‘43 e detenuta fino alla vigilia del 25 luglio; l’occupazione nazifascista di Roma, della quale ricorda la solidarietà della gente, la vita clandestina - le cui abitudini al segreto, alla cautela, alla scrittura cifrata, resteranno per tutta la vita in lei e nel marito; l’impegno nei movimenti delle donne, a cominciare dai Gruppi di difesa della donna [5], che contribuisce a organizzare nella città di Roma, e poi nell’Udi (Unione donne italiane), di cui sarà a lungo presidente. Insomma la politica, nelle istituzioni e nelle piazze, è stata la sua vita.
Eletta nel Consiglio comunale di Roma nel 1946, racconta gli anni successivi alla Liberazione come un’epoca convulsa e di autentica miseria. Dal 1948 è deputata - era l’unico membro della Prima Legislatura ancora vivente - e lo sarà per i successivi vent’anni, prima donna vice-presidente della Camera dal ‘63 al ‘68 («presiedere mi piaceva» [6]), poi senatrice, poi parlamentare europea e sempre parallelamente attiva nelle istituzioni locali romane e nei vertici nazionali del PCI, conducendo ovunque un lavoro intensissimo, attento alle diverse prospettive, colto. Non è semplice oggi immaginare la difficoltà che comportava essere cattolici e comunisti nell’Italia degli anni Cinquanta, ma è necessario ricordare che si tratta di un momento di grandi complessità e contraddizioni, dove certo il fascismo era caduto, e la monarchia destituita, ma le istituzioni - statali e cattoliche - non avevano ancora cominciato quel processo di profondo rinnovamento iniziato negli anni Sessanta e per certi versi ancora in corso [7].
La vita di Marisa Rodano riassume tutta l’essenza del Novecento, e tuttavia stupisce il piglio quasi lieve, ma sempre fattivo, con cui sembra aver attraversato la storia, e anche da questo si comprende la sua grandezza. Le istanze femministe, l’importanza delle trame inscindibili tra privato e pubblico, personale e politico, di cui ha fatto esperienza anche come madre di cinque figli, hanno costituito «in fondo, la [sua] vera passione» [8]. Leggendone la biografia e ascoltandone la voce si percepiscono l’entusiasmo autentico per la vita «assaporata fino all’ultima stilla» [9], la visione lucida, la generosità intellettuale.
«È nella Resistenza - ha affermato Marisa Rodano alla Camera dei deputati in occasione del 70° anniversario della Liberazione - che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto “nello stato fascista la donna non deve contare” (...) entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto - indipendenza, libertà, pace - e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare».
La luce del pensiero e dell’impegno di Marisa Cinciari Rodano vive nel nostro ricordo e nelle nostre pratiche.
[1] Dalle parole di una delle figlie, Giulia Rodano.
[2] Marisa Rodano, Del mutare dei tempi. Volume primo. L’età dell’inconsapevolezza. Il tempo della speranza. 1921-1948, Memori, Roma, 2008, pag. 19.
[3] Marisa Rodano, Del mutare dei tempi. Volume primo. L’età dell’inconsapevolezza. Il tempo della speranza. 1921-1948, Memori, Roma, 2008, pag. 111.
[4] L’episodio è raccontato nel film L’uomo che non cambiò la storia di Enrico Caria, 2016.
[5] I Gruppi di difesa della donna sono formazioni di donne di diversi partiti che nascono a partire dal 1943 per sostenere le attività della Resistenza e promuovere i diritti delle donne. (F. Pieroni Bortolotti, Le donne della Resistenza antifascista e la questione femminile in Emilia (1943-45), in Donne e Resistenza in Emilia-Romagna, v. 2, Milano, Vangelista, 1978). «Il movimento si dichiara aperto a ogni fede religiosa e a ogni ceto sociale; il suo obiettivo risiede non tanto nell'istituzione di una federazione femminile dei diversi partiti, quanto in una vasta alleanza tra donne» (P. Gabrielli, Il 1946, le donne, la Repubblica, Roma, Donzelli, 2009, p. 45). I GDD sono ufficialmente riconosciuti dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) nel giugno 1944. Le donne che vi partecipano sono almeno 70.000. (M. Renosio, Noi donne, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 642).
[6] Marisa Rodano, Del mutare dei tempi. Volume secondo. L’ora dell’azione. La stagione del raccolto. 1948-1968, Memori, Roma, 2008, pag. 337.
[7] C. Pavone, La continuità dello stato, in Id., Alle origini della Repubblica, Bollati Boringhieri, Torino, 1995.
[8] Marisa Rodano, Del mutare dei tempi. Volume secondo. L’ora dell’azione. La stagione del raccolto. 1948-1968, Memori, Roma, 2008, pag. 343.
[9] Dalle parole di uno dei figli, Giorgio Rodano.
[10] Marisa Rodano, discorso alla Camera dei deputati, 16 aprile 2015.
(Nella foto Marisa Rodano il 17 dicembre 1946 alla prima seduta del Consiglio Comunale di Roma in cui è stata eletta. Fonte: Archivio Diaristico Nazionale)