Nel mondo c’è una tendenza visibile in atto, che non solo percorre le guerre in corso, le quali ne sono l’effetto, ma che sta nel cuore dell’Occidente e dell’Europa. È la deriva autoritaria, che si manifesta insofferente ai controlli propri delle democrazie liberali e tra questi, naturalmente, a quello affidato dalle Costituzioni alla magistratura. In Italia è questo in gioco con la riforma della giustizia, che è diretta non tanto alla separazione delle carriere, quanto all’organo che garantisce l’indipendenza di giudici e pubblici ministeri, il CSM. Così il consigliere laico Ernesto Carbone nel suo intervento al congresso nazionale di Area Democratica per la Giustizia tenutosi a Genova nell'ottobre del 2025, che qui riportiamo.
Vorrei proporvi un esercizio: quello di inquadrare i tempi in cui viviamo.
Penso al 2022, quando l’Ucraina è stata invasa dalla Russia di Putin, con l’UE completamente assente e con un presidente degli USA che umilia l’aggredito e legittima l’aggressore. Per me gli USA hanno sempre rappresentato un modello di democrazia, eppure è successo questo.
Abbiamo visto Putin, che, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, fa volare droni e aerei a sconfinare sul territorio europeo, tanto che alcuni Paesi della NATO invocano l’art. 5 del Trattato NATO, in forza del quale se uno Stato appartenente viene aggredito, tutti gli altri devono reagire. Questo articolo lo studiavo al liceo, nelle lezioni di educazione civica: mai avrei pensato che nella realtà venisse invocato.
Se ci spostiamo geograficamente, incontriamo Gaza e quello che è successo il 7 ottobre: un attentato terroristico, un attacco che va contro alla pace che a quel tempo stava quasi per essere siglata. La pace di Abramo. Abbiamo la reazione di Israele. Al proposito, ho sempre sostenuto che Israele non ha il diritto, ma il dovere di difendersi.
Però, il governo Netanyahu è andato ben oltre, come sappiamo.
Poi, abbiamo tutta un’altra serie di guerre che definirei guerre invisibili. In Donbass, in Sudan, in Congo, in Nigeria col massacro dei cristiani, in Birmania col massacro dei musulmani.
Sempre nelle ultime settimane, abbiamo visto, dall’altra parte del mondo, quattro Paesi, Cina, Russia, Corea del nord, India, che formano una nuova alleanza mondiale.
Sia chiaro che l’UE e gli USA, con i dazi da una parte e l’assenza della Von der Leyen dall’altra, hanno “regalato” l’India a questi altri tre soggetti.
Abbiamo problemi anche in Europa: l’Ungheria di Orban, la Serbia, dove ogni fine settimana centinaia, anzi migliaia di studenti scendono in piazza per contrastare il governo. E ahimé nessuno ne parla.
Se mettiamo insieme il tutto, può essere riassunto in una sola parola: autoritarismo.
E cosa fa l’autoritarismo? Fa quello che sta facendo Trump negli USA: manda via i direttori della CIA e della FBI non graditi, così anche i procuratori che hanno indagato su di lui. In città come Washington e Chicago, San Francisco e Los Angeles manda la guardia nazionale a commissariare la polizia.
L’autoritarismo, in particolare, è allergico al controllo. E quando si è allergici al controllo, occorre controllare due categorie: i giornalisti e i magistrati.
Vediamo cosa è successo in Italia: con un software molto potente, vengono spiati un “pericolosissimo sovversivo ed estremista” come don Mattia Ferrari, un sacerdote di 30 anni che dedica la sua vita agli ultimi del mondo, e spiati e intercettati giornalisti: non qualsiasi, ma quelli che, guarda caso, indagano su ciò che accade nel Partito di maggioranza. Questo software, Paragon, è israeliano, possono utilizzarlo soltanto i governi ed ha delle regole di ingaggio precise. Noi oggi, a distanza di un anno, non sappiamo chi ha utilizzato questo software e perché, ma soprattutto il motivo per il quale il contratto è stato rescisso. Il governo italiano ha speso milioni di euro per acquistare questo software; poi gli israeliani hanno detto che ha sbagliato a utilizzarlo. Perché? Che cosa è successo? Ad oggi non lo sappiamo.
E arriviamo alla magistratura. Il problema non è nella separazione delle carriere. Questo è un finto problema. Nei fatti la separazione esiste già. Il vero nodo di questa riforma è il doppio C.S.M. e il sorteggio.
Il C.S.M. non è una “stanza delle compensazioni e delle correnti” (come affermato da Francesco Greco, presidente del Consiglio nazionale forense): è composto da 30 persone – 20 togati scelti dai magistrati e 10 laici scelti dal Parlamento – ed è un luogo in cui si lavora non per il bene dei magistrati, ma per il bene della magistratura e quindi per il bene del Paese. E quando è stato chiesto dal governo di dare aiuto per il PNRR, il C.S.M. non si è tirato indietro e poteva farlo, perché l’eventuale non raggiungimento degli obbiettivi è solo responsabilità del governo e non del Consiglio Superiore.
Il cuore del problema, quindi, è costituito dal doppio C.S.M. e dal sorteggio, perché è evidente che con queste condizioni è agevole il passaggio allo stadio successivo: portare il pubblico ministero sotto il controllo dell’esecutivo.
Ricordiamo che questa riforma ha la propria genesi come un decreto, senza alcuna possibilità di modifica. A nessun parlamentare della maggioranza di governo è stato consentito presentare emendamenti.
Non si parla mai del merito di questa riforma, di ciò che cambia. Si parla solo di magistrati e si mira a delegittimare la Magistratura. Riporto soltanto alcuni dei plurimi esempi al riguardo.
Nell’agosto del 2024 la presidente del Consiglio dice che è in atto un complotto della magistratura per fare cadere il governo.
Nell’ottobre 2024 il sottosegretario Delmastro dice che i magistrati sono come gli ayatollah, proprio nel momento in cui era in corso la rivolta delle donne a Teheran, che venivano uccise e seviziate.
Poi abbiamo avuto il periodo dei giudici bolognesi, attaccati per avere legittimamente svolto il proprio lavoro.
Quindi, il sottosegretario di Stato, peraltro magistrato, Alfredo Mantovano, che dice che la Cassazione deve rispettare la volontà popolare.
A luglio il ministro Nordio minaccia un magistrato con azione disciplinare, perché si è permesso di criticare una legge.
Ad agosto il ministro Musumeci, in Sicilia, proprio in quella terra, dice che i magistrati sono come i killer. E lo fa proprio a 100 km da dove Falcone e Borsellino sono stati uccisi e a 200 km da dove è stato ucciso Livatino. Un ministro della Repubblica che definisce un magistrato killer. Gravissimo.
Per finire, nel settembre 2025, a New York, c’è stata la più importante assemblea generale ONU degli ultimi 20 anni: erano presenti premier e leader di tutti i Paesi del mondo. Hanno parlato di Gaza e di Ucraina. È arrivato il turno della nostra presidente del Consiglio: negli ultimi minuti del suo discorso ha parlato del problema dei magistrati politicizzati.
Se questo non è delegittimare, cos’è?
Penso che manchi un anno al referendum. La difesa della Magistratura non va fatta solo all’interno della giurisdizione (come affermato dal vice presidente del C.S.M., Fabio Pinelli). Ma sempre, in ogni luogo. Anche quando viene tirata in ballo nel conflitto politico.
Credo che il referendum lo vinciamo. Vi invito con il cuore: facciamo campagna casa per casa, nelle scuole. Spieghiamo che il rischio reale è il rischio per la democrazia: dove non c’è una magistratura indipendente, non c’è democrazia e dove non c’è democrazia, non c’è libertà.
