Sommario: 1. Premessa - 2. Il ricorso - 3. La giurisdizione della Corte - 4. I diritti violati - 5. Le misure adottate - 6. Le implicazioni.
1. Premessa
Dopo le risoluzioni dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza[1], anche la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia si è pronunciata lo scorso 24 gennaio sulle operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza conseguenti all’attacco terroristico del 7 ottobre 2023, su ricorso presentato dal Sud Africa per presunte violazioni della Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio. La decisione, assunta in sede cautelare, ha riconosciuto il rischio di violazioni dei diritti protetti dalla Convenzione. Sono state altresì disposte misure cautelari nelle more dell’istruttoria sebbene, come spesso sottolineato nei giorni scorsi sulla stampa non specialistica, la Corte non abbia incluso tra queste un ordine di cessate il fuoco. La stessa Corte in più punti della motivazione ha sottolineato quale sia il quadro procedurale e sostanziale in cui la decisione si inscrive, e conseguentemente la portata della stessa, sia dal punto di vista delle misure adottate – non necessariamente coincidenti con quelle richieste in ricorso, ma comunque vincolate ai presupposti cautelari della pertinenza ai diritti invocati e dell’urgenza – sia dal punto di vista dell’ambito applicativo della Convenzione, esclusivamente relativo alla materia del genocidio e non direttamente a quella del diritto umanitario.
2. Il ricorso
La causa è stata incardinata il 29 dicembre 2023 su ricorso del Sud Africa, che ha denunciato presunte violazioni della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio da parte di Israele nell’ambito del conflitto a Gaza. La tesi è che Israele abbia infranto, e continui ad infrangere, le proprie obbligazioni derivanti dagli articoli da I a VI della Convenzione.
Le norme richiamate dichiarano che il genocidio, commesso sia in tempo di pace che in tempo di guerra, costituisce un crimine di diritto internazionale, e definiscono lo stesso come ogni atto consistente nell’uccisione di membri di un determinato gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, nel ledere gravemente l’integrità fisica o mentale di membri del gruppo, nel sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale, in misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo o il trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro. I crimini che possono essere commessi in tal senso consistono non soltanto nel compiere direttamente i suddetti atti genocidiari, ma anche nell’intesa mirante a commettere genocidio, nell’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, nel tentativo di genocidio o nella complicità nel genocidio. Gli stati firmatari si impegnano a punire i soggetti colpevoli di genocidio, prevedendo normativamente sanzioni efficaci ed assicurando la persecuzione delle infrazioni, davanti alle giurisdizioni nazionali o internazionali.
Sulla base di tali presupposti, il Sud Africa ha adito la Corte chiedendo che sia accertato il compimento da parte di Israele di atti di genocidio nei confronti del popolo palestinese a Gaza, invocando l’applicazione di misure cautelari volte a far desistere qualsiasi forza militare, paramilitare o gruppo su cui Israele possa avere influenza dal compimento di atti genocidiari quali uccisioni, gravi lesioni dell’integrità fisica e morale, espulsioni, privazione di accesso alle risorse essenziali come acqua o medicinali.
3. La giurisdizione della Corte
La Corte è stata invocata con riferimento alla presunta violazione della Convenzione sul genocidio in ragione del fatto che sia Israele che il Sud Africa ne sono firmatari, rispettivamente dal 1950 e dal 1998. La sua giurisdizione è quindi limitata al contenuto di detta Convenzione, sicché la stessa Corte rinvia alle decisioni assunte da altre agenzie dell’ONU con riguardo a vari aspetti del conflitto[2].
Gli ulteriori presupposti fondanti la giurisdizione della Corte sono l’esistenza di una controversia tra le parti e che l’oggetto della controversia ricada nell’ambito di applicazione della Convenzione.
a) Esiste una controversia
La Corte ha ritenuto sussistente una controversia sostanziale tra il Sud Africa e Israele circa la riconducibilità o meno all’ambito applicativo della Convenzione di determinate azioni compiute in occasione del conflitto a Gaza, a fronte delle dichiarazioni pubblicamente rese da entrambi gli Stati.
In particolare, l’accusa di genocidio è stata mossa per la prima volta dal Sud Africa nel novembre 2023 in un incontro diplomatico, e reiterata in occasione della Decima sessione speciale dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 12 dicembre 2023, nella quale Israele era rappresentato (e che si è conclusa con la richiesta di un immediato cessate il fuoco, rimasto tristemente inascoltato), ed ancora in una successiva ulteriore nota indirizzata all’Ambasciata israeliana.
A tali dichiarazioni si oppongono quelle di Israele, il cui Ministro degli esteri, in un documento del 6-8 dicembre 2023, ha preso posizione sull’accusa di genocidio ritenendola non soltanto infondata ma “moralmente ripugnante”[3], dichiarazione analoga a quella pubblicata il 15 dicembre 2023 sul sito della Difesa, in cui l’accusa viene inoltre definita “oltraggiosa” [4].
b) L’oggetto della controversia ricade nell’ambito di applicazione della Convenzione
A fronte delle accuse mosse dal Sud Africa, Israele ha sostenuto dinanzi alla Corte che le azioni a Gaza non ricadrebbero nell’ambito di applicazione della Convenzione, in base al vaglio preliminare proprio della fase cautelare, difettando la prova di una intenzione specifica di distruggere in tutto o in parte il popolo palestinese, trattandosi di azioni difensive e volte al salvataggio degli ostaggi. Ha inoltre rappresentato di aver intrapreso azioni per assicurare gli aiuti umanitari a Gaza e prevenire i danni per la popolazione civile.
La Corte ha ribadito che in questa fase non si tratta di accertare se vi siano state o meno violazioni della Convenzione, ma soltanto di verificare se ciò appaia plausibile alla stregua di una valutazione preliminare. La Corte ha peraltro ricordato che tra le accuse c’è anche quella relativa al fallimento di Israele nel prevenire e punire atti genocidiari (inclusi quelli consistenti nell’intesa mirante a commettere genocidio, nell’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, nel tentativo di genocidio o nella complicità nel genocidio), per concludere che almeno alcune delle violazioni denunciate dal Sud Africa appaiono idonee a ricadere nell’ambito di applicazione della Convenzione.
4. I diritti violati
Presupposti per l’adozione di misure cautelari nell’ambito della giurisdizione della Corte sono la connessione tra i diritti protetti e le misure richieste e l’urgenza della decisione a fronte del rischio di pregiudizio irreparabile di tali diritti nelle more dell’istruttoria.
a) La connessione tra i diritti protetti e le misure invocate
I diritti considerati dalla Corte – sempre alla stregua della valutazione preliminare e non ai fini di un loro definitivo accertamento – sono quelli del popolo palestinese presente nella striscia di Gaza, inteso come singoli individui e come gruppo, nonché quelli dello stesso Sud Africa, la cui legittimazione ad adire la Corte consegue al carattere erga omnes degli obblighi sanciti dalla Convenzione, da cui discende l’interesse di ciascuno stato firmatario ad invocarne l’applicazione e la cessazione delle infrazioni rilevate.
L’intento genocidiario è ritenuto sussistente dal Sud Africa in ragione delle modalità con cui l’azione militare israeliana è condotta, nonché in relazione alla comunicazione ufficiale di Israele rispetto alle operazioni militari ed al fallimento (ritenuto intenzionale) nel prevenire e punire l’incitamento al genocidio[5].
Israele ha invece insistito nel riportare la questione sul terreno del diritto umanitario, sottolineando che i danni per la popolazione civile sono conseguenze di attacchi legittimi ad obiettivi militari[6] e prendendo le distanze da dichiarazioni militari sul campo[7], affermando la consapevolezza del carattere criminale di dichiarazioni incitanti alla violenza contro i civili ed annunciando azioni repressive di simili condotte. Ha infine posto il tema del proprio diritto di difesa come elemento determinante nel bilanciamento di diritti tra Israele e Sud Africa rilevanti nella presente sede cautelare[8].
La Corte ha ricordato che il genocidio implica ontologicamente un elemento intenzionale, ossia la finalizzazione alla distruzione di un gruppo o di una parte sostanziale di esso in modo da impattare sul gruppo nella sua interezza. Ha riconosciuto che i palestinesi sono un gruppo etnico ai sensi della Convenzione e, ritenuto che a Gaza ci sono circa 2 milioni di palestinesi, che essi possono ritenersi parte sostanziale di questo gruppo.
In uno dei passaggi più significativi della pronuncia, la Corte ha richiamato le fonti ufficiali ONU ed i report stilati dagli osservatori a Gaza, per delineare attraverso le loro parole un quadro drammaticamente vivo della situazione, dando conto di un enorme numero di morti e feriti, della distruzione massiva delle case e del danneggiamento estensivo delle infrastrutture civili, del trasferimento forzoso di gran parte della popolazione. La Corte ha riportato i dati disponibili, pur nella consapevolezza dell’impossibilità allo stato attuale di una loro verifica indipendente: tra i palestinesi risulterebbero al momento della decisione 25.700 morti, oltre 63.000 feriti, oltre 360.000 unità abitative distrutte o danneggiate e circa 1,7 milioni di persone trasferite internamente alla striscia di Gaza[9]. Ha quindi descritto lo scenario di assoluta devastazione cui si assiste a Gaza, dove la popolazione è costretta a vivere in condizioni traumatizzanti, privata delle risorse più essenziali, a rischio infezioni e fame, trasferita forzosamente verso zone a loro volta soggette a bombardamento o comunque ugualmente insicure[10], a fronte della catastrofica condizione cui sono ridotte le proprie case ed i propri averi[11], in quello che è stato definito il più vasto trasferimento forzoso di palestinesi dal 1948, destinato ad avere conseguenze a lungo termine soprattutto su quella che viene definita come un’intera generazione traumatizzata: i bambini, che più di tutti risentono delle condizioni “disumane” in cui si trovano a vivere[12].
Sotto altro profilo, la Corte ha analizzato alcune dichiarazioni pubbliche rese da ufficiali israeliani. Tra queste, quelle del Ministro della difesa con cui è stato ordinato alle forze armate di porre in essere un assedio totale di Gaza City, affermando che non vi sarebbe stata elettricità, cibo, carburante, e tutto sarebbe stato chiuso[13], a fronte di una guerra da combattersi contro “animali umani”, mediante la distruzione totale[14]. O quelle del Presidente Herzog, che ha ritenuto sussistente la responsabilità del popolo palestinese di Gaza, accusando direttamente i civili di essere coinvolti, colpevoli di non essersi opposti ad Hamas, invocando il proprio diritto di difesa e di combattere per esso, fino a “rompergli l’osso del collo”[15]. O ancora quelle del ministro dell’Energia e delle infrastrutture, che ha dichiarato che tutta la popolazione civile di Gaza avrebbe dovuto spostarsi immediatamente, che non avrebbe ricevuto una goccia d’acqua o una singola batteria finche non avesse lasciato “il mondo”[16].
La Corte ha riportato le parole pronunciate dal gruppo di Reporter speciali, esperti indipendenti dei gruppi di lavoro dell’UNHCR in una conferenza stampa del 16 novembre 2023, con cui era stata denunciata una riconoscibile retorica genocidiaria e disumanizzante proveniente da ufficiali di governo israeliani, nonché nelle parole del Comitato dell’ONU sull’eliminazione delle discriminazioni razziali, preoccupato per l’impennata di toni connotati da odio razziale e contenuti disumanizzanti diretti nei confronti dei palestinesi successivamente al 7 ottobre.
La Corte ha concluso quindi affermando che almeno alcuni dei diritti invocati dal Sud Africa appaiono fondati alla stregua della Convenzione, in riferimento al diritto dei palestinesi a Gaza ad essere protetti da atti di genocidio ed atti ad esso connessi, nonché in riferimento al diritto del Sud Africa all’ottemperanza da parte di Israele delle proprie obbligazioni derivanti dalla Convenzione[17].
b) Il rischio di danno irreparabile e l’urgenza
La Corte ha infine ritenuto sussistente il requisito del rischio di danno irreparabile e dell’urgenza.
Il carattere irreparabile dei possibili pregiudizi è stato accertato sulla base della natura stessa dei diritti in gioco. In tal senso, la Corte ha sottolineato i rischi di una degenerazione con conseguenze irreversibili, innanzitutto dal punto di vista umanitario, ma anche in termini di stabilità dell’area, rischi che sono stati già evidenziati nelle sedi ufficiali.
La Corte ha nuovamente richiamato lo scenario di devastazione osservabile ad inizio dicembre[18], rispetto al quale alcun miglioramento era registrato a gennaio[19], come del resto confermato dal Primo Ministro israeliano che ha affermato, il 18 gennaio 2024, che la guerra durerà ancora mesi, in contrato con le stesse dichiarazioni rese da Israele dinanzi alla Corte in base alle quali l’intensità del conflitto starebbe scemando.
La Corte, pur dando atto ed incoraggiando le iniziative intraprese da Israele a tutela della popolazione palestinese (in termini di facilitazione degli aiuti, sostegno infrastrutturale e persecuzione di atti di violenza), ha concluso ritenendo che la situazione umanitaria catastrofica di Gaza è suscettibile di peggiorare ulteriormente nelle more del giudizio.
5. Le misure adottate
Sussistendone quindi tutte le condizioni, la Corte ha ritenuto di adottare alcune misure, premettendo il proprio potere di indicarne di diverse rispetto a quelle richieste dal ricorrente, in applicazione delle proprie regole procedurali (ed in particolare dell’art. 75 par. 2).
La Corte ha quindi statuito:
- che Israele prenda tutte le misure in proprio potere per prevenire la commissione di atti di genocidio ai sensi della Convenzione;
- che Israele assicuri con effetto immediato che i suoi militari non commettano alcuno dei comportamenti costituenti genocidio;
- che Israele assuma tutte le misure in proprio potere per prevenire e punire l’incitamento pubblico e diretto a commettere genocidio rispetto alla popolazione palestinese di Gaza;
- che Israele prenda misure immediate ed effettive per consentire l’approvvigionamento di servizi essenziali ed assistenza umanitaria per far fronte alle avverse condizioni di vita della popolazione di gaza;
- che Israele prenda misure effettive per prevenire la distruzione e preservare prove relative ai fatti connessi all’ambito di applicazione della Convenzione;
- che Israele sottoponga alla Corte un report con tutte le misure intraprese per dare effettività ai suddetti ordini entro un mese.
6. Le implicazioni
La Corte si è espressa nei limiti della propria giurisdizione cautelare, esclusivamente volta a delibare la verosimiglianza delle infrazioni lamentate – passibili di verificarsi anche in un quadro di guerra come quello attualmente in corso a Gaza – e all’adozione di misure cautelari strettamente correlate coi diritti di cui sia ritenuta plausibile la violazione. In alcun modo in questa sede avrebbe potuto essere disposto un cessate il fuoco.
Nonostante detti limiti, i frequenti rinvii al diritto umanitario, alle altre sedi ufficiali che hanno preso in carico la questione, l’ampio impiego dei virgolettati, attraverso i quali la Corte ha temporaneamente dismesso i propri toni istituzionali per aderire ad una ben diversa enfasi, sottolineano la stretta interconnessione con le altre, molteplici questioni relative al conflitto israelo-palestinese.
E del resto non può sfuggire la profondità delle implicazioni di questa decisione se solo si considera il contesto storico in cui la Convenzione sul genocidio è stata adottata.
La Corte ha significativamente richiamato la risoluzione dell’Assemblea Generale n. 96 dell’11 dicembre 1946, laddove si dichiara che il genocidio, inteso come negazione del diritto di esistere di interi gruppi, “sciocca la coscienza dell’umanità”, ed è contrario allo spirito ed agli scopi delle nazioni Unite. La Corte ha ancora attinto ai testi ufficiali dell’epoca, facendo proprio l’intento dichiarato della Convenzione, puramente umanitario e “civilizzatore”, volto non solo a proteggere l’esistenza di determinati gruppi, ma a sostenere i “più elementari principi della morale”[20].
Il tema è allora quello, amplissimo, delle basi della cultura giuridica e morale sottesa all’intero sistema delle Nazioni Unite, che poggia proprio sulla reazione all’Olocausto, e nel cui quadro la Convenzione sul genocidio assume quindi valore fondante.
Il ricorso proposto dal Sud Africa, già connotato di valore simbolico per evidenti ragioni inerenti la storia di quel Paese, al di là del sostegno da lungo tempo portato alla causa palestinese si carica di contenuto universalistico, inverando la reazione di sdegno morale di fronte a qualsiasi atto di genocidio ufficializzata nella Convenzione.
La reazione di Israele a fronte delle accuse mossegli, l’oltraggio dichiarato dinanzi all’opinione pubblica, il diritto alla difesa invocato dinanzi alla Corte riportano invece il discorso alla concretezza e alla specificità della situazione israeliana, ugualmente ben comprensibili storicamente. Tali reazioni, infatti, non possono che essere lette tenendo a mente le vicende del periodo che va dal 1933 al 1945, indelebili nella memoria collettiva. E, tuttavia, non possono che essere lette anche in relazione alle vicende successive al 1947, forse meno universalmente conosciute ed interiorizzate, assumendone una luce ben diversa. In questa prospettiva, la decisione della Corte costituisce quantomeno un pungolo all’ambiguità che sulla questione israelo-palestinese da sempre inquina il dibattito istituzionale internazionale.
[1] In particolare, sul conflitto si è già pronunciata l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione A/RES/ES-10/21 del 27 ottobre 2023 e la risoluzione A/RES/ES-10/22 del 12 dicembre 2023 ; nonché il Consiglio di Sicurezza, con la risoluzione S/RES/2712 (2023) del 15 novembre 2023 e la risoluzione S/RES/2720 (2023) del 22 dicembre 2023.
[2] Il riferimento è alle decisioni già citate nella nota precedente.
[3] “Hamas-Israel Conflict 2023: Frequently Asked Questions”, in cui si legge che “[t]he accusation of genocide against Israel is not only wholly unfounded as a matter of fact and law, it is morally repugnant”.
[4] “The War Against Hamas: Answering Your Most Pressing Questions”, in cui si legge “[t]he accusation of genocide against Israel is not only wholly unfounded as a matter of fact and law, it is morally repugnant” e che “[t]he accusation of genocide . . . is not just legally and factually incoherent, it is obscene” and that there was “no . . . valid basis, in fact or law, for the outrageous charge of genocide”.
[5] “Intentional failure of the Government of Israel to condemn, prevent and punish such genocidal incitement constitutes in itself a grave violation of the Genocide Convention”.
[6] “In situations of urban warfare, civilian casualties may be an unintended consequence of lawful use of force against military objects, and do not constitute genocidal acts”.
[7] Le dichiarazioni degli ufficiali israeliani riportate dal Sud Africa sarebbero “misleading at best” e “not in conformity with government policy”.
[8] "In any event, Israel contends, since the purpose of provisional measures is to preserve the rights of both parties, the Court must, in the present case, consider and “balance” the respective rights of South Africa and Israel. The Respondent emphasizes that it bears the responsibility to protect its citizens, including those captured and held hostage as a result of the attack that took place on 7 October 2023. As a consequence, it claims that its right to self-defence is critical to any evaluation of the present situation.”
[9] United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), Hostilities in the Gaza Strip and Israel reported impact, Day 109 (24 Jan. 2024)
[10] “Gaza has become a place of death and despair. . . . Families are sleeping in the open as temperatures plummet. Areas where civilians were told to relocate for their safety have come under bombardment. Medical facilities are under relentless attack. The few hospitals that are partially functional are overwhelmed with trauma cases, critically short of all supplies, and inundated by desperate people seeking safety. A public health disaster is unfolding. Infectious diseases are spreading in overcrowded shelters as sewers spill over. Some 180 Palestinian women are giving birth daily amidst this chaos. People are facing the highest levels of food insecurity ever recorded. Famine is around the corner. For children in particular, the past 12 weeks have been traumatic: No food. No water. No school. Nothing but the terrifying sounds of war, day in and day out. Gaza has simply become uninhabitable. Its people are witnessing daily threats to their very existence — while the world watches on.” (OCHA, “UN relief chief: The war in Gaza must end”, Statement by Martin Griffiths, Under-Secretary-General for Humanitarian Affairs and Emergency Relief Coordinator, 5 Jan. 2024.)
[11] WHO, “Lethal combination of hunger and disease to lead to more deaths in Gaza”, 21 Dec. 2023; si veda anche World Food Programme, “Gaza on the brink as one in four people face extreme hunger”, 20 Dec. 2023.
[12] "In the past 100 days, sustained bombardment across the Gaza Strip caused the mass displacement of a population that is in a state of flux constantly uprooted and forced to leave overnight, only to move to places which are just as unsafe. This has been the largest displacement of the Palestinian people since 1948. This war affected more than 2 million people, the entire population of Gaza. Many will carry lifelong scars, both physical and psychological. The vast majority, including children, are deeply traumatized. Overcrowded and unsanitary UNRWA shelters have now become ‘home’ to more than 1.4 million people. They lack everything, from food to hygiene to privacy. People live in inhumane conditions, where diseases are spreading, including among children. They live through the unlivable, with the clock ticking fast towards famine. The plight of children in Gaza is especially heartbreaking. An entire generation of children is traumatized and will take years to heal. Thousands have been killed, maimed, and orphaned. Hundreds of thousands are deprived of education. Their future is in jeopardy, with far-reaching and long-lasting consequences.” (UNRWA, “The Gaza Strip: 100 days of death, destruction and displacement”, Statement by Philippe Lazzarini, Commissioner-General of UNRWA, 13 Jan. 2024).
[13] La Corte cita l’annuncio del 9 ottobre 2023 di Yoav Gallant, Ministro della Difesa israeliano.
[14] La Corte cita il discorso tenuto dal Ministro il giorno successivo, parlando alle truppe israeliane sul confine di Gaza: “I have released all restraints . . . You saw what we are fighting against. We are fighting human animals. This is the ISIS of Gaza. This is what we are fighting against . . . Gaza won’t return to what it was before. There will be no Hamas. We will eliminate everything. If it doesn’t take one day, it will take a week, it will take weeks or even months, we will reach all places.”
[15] La Corte cita il discorso del 12 ottobre 2023 di Isaac Herzog, presidente di Israele, in cui egli riferendosi a Gaza ha dichiarato: “We are working, operating militarily according to rules of international law. Unequivocally. It is an entire nation out there that is responsible. It is not true this rhetoric about civilians not aware, not involved. It is absolutely not true. They could have risen up. They could have fought against that evil regime which took over Gaza in a coup d’état. But we are at war. We are at war. We are at war. We are defending our homes. We are protecting our homes. That’s the truth. And when a nation protects its home, it fights. And we will fight until we’ll break their backbone.”
[16] La Corte riporta un tweet del 13 ottobre 2023 del seguente tenore: “We will fight the terrorist organization Hamas and destroy it. All the civilian population in [G]aza is ordered to leave immediately. We will win. They will not receive a drop of water or a single battery until they leave the world.”
[17] “In the Court’s view, the facts and circumstances mentioned above are sufficient to conclude that at least some of the rights claimed by South Africa and for which it is seeking protection are plausible. This is the case with respect to the right of the Palestinians in Gaza to be protected from acts of genocide and related prohibited acts identified in Article III, and the right of South Africa to seek Israel’s compliance with the latter’s obligations under the Convention”.
[18] La corte fa riferimento alla lettera del 6 dicembre 2023 del Segretario Generale delle Nazioni Unite al Consiglio di Sicurezza (United Nations Security Council, doc. S/2023/962, 6 Dec. 2023).
[19] La corte fa riferimento alla successiva lettera del 5 gennaio 2024: “[s]adly, devastating levels of death and destruction continue” (Letter dated 5 January 2024 from the Secretary-General addressed to the President of the Security Council, United Nations Security Council, doc. S/2024/26, 8 Jan. 2024). E ancora: “Every time I visit Gaza, I witness how people have sunk further into despair, with the struggle for survival consuming every hour.” (UNRWA, “The Gaza Strip: a struggle for daily survival amid death, exhaustion and despair”, Statement by Philippe Lazzarini, Commissioner-General of UNRWA, 17 Jan. 2024.)
[20] La Convenzione sul Genocidio “was manifestly adopted for a purely humanitarian and civilizing purpose”, since “its object on the one hand is to safeguard the very existence of certain human groups and on the other to confirm and endorse the most elementary principles of morality” (Reservations to the Convention on the Prevention and Punishment of the Crime of Genocide, Advisory Opinion, I.C.J. Reports 1951, p. 23).
(Immagine: UN Photo/Shareef Sarhan, A Palestinian searches through rubble of his destroyed home hit by Israeli strikes in Towers Al-andaa - the northern Gaza Strip, 7 agosto 2014)