Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Modello di bilanciamento nel procedimento sanzionatorio: efficienza e tutela dei diritti.
di Elisa Arbia
Il procedimento sanzionatorio per violazione degli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) di fronte all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) trae la propria fonte normativa nella legge 287 del 1990, nel D.P.R. 30 aprile 1998 n. 217 e, in via sussidiaria, nel regolamento europeo 1/2003. Si tratta di un procedimento che può condurre all’adozione di sanzioni particolarmente ingenti, destinate, in determinati casi, ad avere una portata particolarmente afflittiva nei confronti delle imprese. Partendo da una breve disanima della natura delle sanzioni antitrust, il presente contributo intende analizzare brevemente i modelli di enforcement presenti a livello comparato, per poi soffermarsi sulle peculiarità del modello italiano e in particolare sulle garanzie difensionali accordate alle parti, in ottemperanza ai principi espressi dall’articolo 6 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo (CEDU) .
Sommario: 1. Cenni sulla natura delle sanzioni irrogate dall’AGCM - 2. Modelli di enforcement in una prospettiva comparatistica - 3. Il procedimento sanzionatorio di fronte all’AGCM e garanzie defensionali - 3.1. Garanzie strutturali: ripartizione di competenze e full judicial review - 3.2. Garanzie procedimentali.
1. Cenni sulla natura delle sanzioni irrogate dall’AGCM
Il tema della natura delle sanzioni irrogate dall’AGCM alla luce della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è da anni oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza nazionale ed europea. L’evoluzione interpretativa che ne è emersa ha portato all’estensione ai procedimenti di fronte all’AGCM delle garanzie previste dalla CEDU in materia di giusto processo.
A ben vedere, infatti, sebbene la CEDU sia concepita per proteggere "le persone fisiche dall'esercizio arbitrario o eccessivo del potere statale", secondo la tesi ad oggi prevalente, essa rappresenta uno strumento per la protezione di tutti i soggetti, persone fisiche o giuridiche, dall'arbitrario ed eccessivo esercizio del potere pubblico, ivi comprese le imprese.
In particolare, con la nota sentenza Engel[1] la Corte ha evidenziato come ai fini dell’individuazione della reale natura di una sanzione sia necessario un approccio non solo formale ma anche funzionale. La Corte infatti stabilisce quattro criteri, di natura alternativa e non cumulativa, quali: la qualificazione giuridica da parte del legislatore nazionale; gli interessi giuridici tutelati; la funzione svolta dalla sanzione; la severità delle stesse. In questo senso, sono riconducibili a natura penale quei procedimenti sanzionatori che perseguono una finalità di interesse generale, e che prevedono sanzioni contraddistinte da uno scopo preventivo e repressivo e non solo riparatorio.
Alla luce di questi criteri, la dottrina e la giurisprudenza, CEDU e nazionale, sono concordi nel considerare il procedimento sanzionatorio AGCM come un procedimento para-penale soggetto alle norme CEDU in materia di garanzie del giusto processo e tutela dei diritti di difesa. A tale conclusione è, infatti, pervenuta la Corte in due storiche sentenze, che negli ultimi anni hanno arricchito il dibattito in materia di garanzie defensionali nell’ambito dei procedimenti sanzionatori delle autorità amministrative indipendenti, e che, come si vedrà nel proseguo hanno avuto importanti ripercussioni in termini di garanzie di equo processo: il caso Menarini e il caso Grande Stevens[2].
Dall’altronde tale linee interpretativa emerge chiaramente dagli orientamenti comunitari attualmente in vigore[3] i quali militano a favore del carattere dissuasivo e repressivo delle sanzioni laddove prevedono che: “le ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo, allo scopo non solo di sanzionare le imprese in causa (effetto dissuasivo specifico), ma anche di dissuadere altre imprese dall'assumere o dal continuare comportamenti contrari agli articoli [101 e 102 del TFEU]”.
Allo stesso modo l’art. 15 Legge 287/1990, stabilisce che “l’Autorità può imporre sanzioni pecuniarie ove la condotta illecita sia qualificata da gravità. Le sanzioni antitrust non hanno “natura di misura patrimoniale civilistica (…) bensì di sanzione amministrativa con connotati punitivi (affini a quelli della sanzione penale)”.
2. Modelli di enforcement in una prospettiva comparatistica
È alla luce di tali premesse che deve essere vagliato il modello procedimentale dell’AGCM al fine di comprendere in che modo lo stesso sia conforme ai principi sanciti dalla CEDU[4].
A livello di teoria generale, i modelli di enforcement antitrust, possono essere distinti in base al rapporto intercorrente tra il potere di indagine e quello decisorio, e in riferimento a due aspetti essenziali: rendimento dell'agenzia e tutela del diritto di difesa. L’analisi comparatistica rileva come in alcuni paesi sia previsto un secondo grado da parte di un’autorità (giudiziale o non) che può compiere un giudizio "ex novo" mentre, in altri, l’autorità di secondo grado può solo vagliare la correttezza delle valutazioni di fatto compiute dall'agenzia. Nel primo caso, la revisione "ex novo" garantisce l'indipendenza dalla decisione, ma richiede più tempo e maggior livello di competenza. Nel secondo caso, invece, sebbene l’autorità di seconda istanza possa prendere una decisione più rapidamente, il suo giudizio è limitato e di tipo meramente estrinseco.
In particolare, si suole distinguere tra modello “biforcato giurisdizionale”, il cui esempio tipico è quello degli USA, in cui il Department of Justice (DOJ) nella sua sezione specializzata antitrust è competente per la fase di indagine, mentre la decisione finale circa l’irrogazione o meno di una sanzione è demandata agli organi di giurisdizione ordinaria, le Corti Federali; e il modello “biforcato specializzato”. Un esempio è quello del modello di enforcement presente in Sud Africa dove vi è una separazione tra poteri inquirenti e poteri decisori, demandati rispettivamente ad un’autorità specializzata e un tribunale specializzato.
Infine, modello, solo apparentemente diametralmente opposto, è quello “integrato” al quale è improntato il procedimento sanzionatorio del AGCM, dove le funzioni inquirenti e giudicanti sono entrambe attribuite ad unico organismo, sebbene con una serie di correttivi al fine di una più pregnante tutela dei soggetti sottoposti a procedimento.
Da questi brevi cenni, è possibile trarre quelli che sono i pro e i contro di ciascuno degli evidenziati modelli. A ben vedere, infatti, il modello integrato garantisce prestazioni migliori in termini generali poiché l'adozione della decisione avviene con modalità che assicurano massima efficienza, coerenza interna del procedimento, e decisioni rapide. Tuttavia, l’autorità è "giudice nel suo caso" e la decisione può essere influenzata da possibili pregiudizi investigativi.
Il modello di agenzia / tribunale biforcato garantisce una maggiore tutela dei diritti di difesa poiché la decisione è adottata da un tribunale diverso e specializzato. Tuttavia, la separazione tra le funzioni investigative e decisorie può ridurre l'efficienza, e non sempre condurre a decisioni maggiormente ponderate: i membri del tribunale non possono sviluppare una significativa esperienza, poiché spesso la disciplina antitrust rappresenta un segmento di nicchia rispetto ai settori più ampi in cui il tribunale è chiamato ad intervenire[5].
Infine, il modello giudiziario biforcato garantisce un livello molto elevato di “judicial review” poiché il giudizio della corte non è in alcun modo influenzato dal giudizio di chi ha posto in essere l’attività investigativa. Tuttavia, la mancanza di esperienza può portare a decisioni incoerenti tra loro o in parziale contrasto con i principi del diritto della concorrenza a causa dell'assenza di una corretta prospettiva economica di analisi. Infine, se il sistema giudiziario nazionale è afflitto da ritardi costanti, incardinare la competenza in materia antitrust in capo ai tribunali ordinari potrebbe peggiorare le prestazioni dell'intero sistema.
3. Il procedimento sanzionatorio di fronte all’AGCM e garanzie defensionali
Il procedimento sanzionatorio di fronte all’AGCM, come del resto quello centralizzato a livello Europeo di fronte alla Direzione Generale della Commissione Europea, è caratterizzato dalla concentrazione delle funzioni inquirenti e giudicanti in capo ad un unico organismo con una serie di garanzie per le imprese sottoposte ad investigazione, al fine di assicurare il rispetto dei principi del giusto procedimento di cui all’articolo 6 CEDU.
In particolare, sono previste garanzie di tipo “strutturale” e di tipo “procedimentale”.
3.1. Garanzie strutturali: ripartizione di competenze e full judicial review
Sotto il primo profilo è utile evidenziare che il procedimento prevede una ripartizione delle competenze all’interno dell’autorità al fine di scongiurare il rischio del c.d. presecuterial bias. In dottrina infatti è stato rilevato come vi sia una naturale inclinazione del collegio inquirente a concludere il procedimento con un provvedimento sanzionatorio. Tale pregiudizio trarrebbe origine da una serie di constatazioni: da una parte, a livello psicologico, l’ufficio inquirente sarebbe incline alla colpevolezza dell’impresa per giustificare e non vanificare le energie devolute alle indagini, facendo prevalere una lettura delle prove in senso negativo per l’impresa, dall’altra numerosi provvedimenti sanzionatori, potrebbero essere percepiti come sintomo di un alto livello di enforcement e di efficacia del sistema antitrust.
A tale fine è pertanto previsto che l’ufficio designato sia competente all’attività istruttoria, e che le decisioni di apertura del procedimento, di invio della comunicazione delle risultanze istruttorie, e di adozione delle sanzioni siano invece adottate dal collegio sulla base delle risultanze istruttorie presentate dall’ufficio.
La previsione della possibilità di impugnare le decisioni adottate dall’AGCM di fronte ad un giudice terzo e imparziale, quale il giudice amministrativo, rappresenta però la garanzia strutturale più rilevante.
Secondo quanto disposto dal codice del processo amministrativo, le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori, adottati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (articolo 133, comma 1, lett. l, c.p.a.), la quale - a differenza della giurisdizione di merito, che conosce delle sanzione pecuniarie (articolo 134 c.p.a.) – trova il proprio limite esterno nel fatto che nell’esercizio di essa il giudice amministrativo non possa sostituirsi all’amministrazione. Ancorché esclusiva, la giurisdizione che spetta al giudice amministrativo è infatti una giurisdizione di legittimità e non sul merito. Il fatto che nella materia antitrust il potere amministrativo sia caratterizzato da c.d. discrezionalità tecnica implica però l’ammissibilità, come affermato dalla giurisprudenza più recente, di un più forte ed incisivo sindacato del giudice, orientato ad una piena ed effettiva tutela delle situazioni giuridiche soggettive dedotte in controversia. Questo “intrinseco” sindacato del giudice è stato ritenuto tale da includere anche il riesame delle valutazioni tecniche fatte dall’Autorità come pure dei principi economici e dei concetti giuridici indeterminati utilizzati, facendo ricorso e regole e conoscenze tecniche appartenenti alle stesse discipline applicate dall’amministrazione.
In particolare, nella già richiamata pronuncia Menarini[6], dopo aver riconosciuto la natura penale delle sanzioni dell’AGCM, la Corte ha precisato che le garanzie dell’equo processo, che si applicano in maniera meno stringente nel caso dei procedimenti para penali come nel caso in esame, sono rispettate alla luce della “full judicial review” esercitata da parte del giudice amministrativo italiano. In riferimento al caso in esame la Corte ha affermato che “la competenza del giudice amministrativo non si è limitata ad un semplice controllo di legittimità. I giudici amministrativi hanno potuto verificare se, in relazione alle particolari circostanze della causa, l’AGCM aveva fatto uso appropriato dei suoi poteri. Hanno potuto esaminare l’adeguatezza e la proporzionalità della misura della AGCM e anche controllarne le valutazioni di ordine tecnico. Inoltre, il controllo effettuato sulla sanzione è stato di piena giurisdizione nella misura in cui il TAR ed il Consiglio di Stato hanno potuto verificare l’adeguatezza della pena all’infrazione commessa e, ove necessario, avrebbero potuto sostituirla”. In questo senso, secondo la Corte il momento di terzietà è spostato al di fuori del procedimento in sé, attraverso una tutela aggiuntiva apprestata dalla giurisdizione amministrativa. Con la sentenza Grande Stevens[7], invece, la Corte si è espressa in materia di doppio binario sanzionatorio escludendo l’ammissibilità di una doppia punibilità mediante procedimento penale e amministrativo di una medesima condotta integrante un abuso di mercato[8].
Il Consiglio di Stato sulla scia della richiamata giurisprudenza CEDU[9], ha in varie occasioni ritenuto di poter effettuare un controllo in sede giurisdizionale dei fatti posti a fondamento dei provvedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti[10] ritenendo che l’accesso al fatto non possa subire alcuna limitazione anche in relazione ad ipotesi complesse, caratterizzate da particolare tecnicismo. Il giudice amministrativo è legittimato a sindacare senza alcun limite tutte le valutazioni tecniche risultando il relativo sindacato pieno e particolarmente penetrante, fino ad estendersi al controllo dell’analisi economica o di altro tipo compiuta dall’Autorità, potendo sia rivalutare le scelte tecniche compiute da quest’ultima, sia “applicare la corretta interpretazione dei concetti giuridici indeterminati alla fattispecie concreta in esame”[11]. Tale ultimo orientamento “esclude limiti alla tutela giurisdizionale dei soggetti coinvolti dall’attività dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, individuando quale unica preclusione l’impossibilità per il giudice di esercitare direttamente il potere rimesso dal legislatore all’Autorità” [12].
In questo senso, dunque, questo tipo di controllo, come rilevato, è stato considerato soddisfacente dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo e finisce per avere importanti ricadute, rendendo un modello, apparentemente integrato, in un modello biforcato in cui la decisione di una agenzia specializzata può essere rivista, seppure con i limiti del caso, da organo di giustizia ordinaria.
3.2. Garanzie procedimentali
Sotto il profilo “procedimentale” sono assicurati una serie di diritti in capo alle imprese oggetto del procedimento, che si sostanziano nel diritto di accesso al fascicolo istruttorio, la possibilità di depositare memorie, di essere ascoltati in audizione, di proporre impegni in contraddittorio per rimuovere il pregiudizio alla concorrenza ed evitare l’inflizione di una sanzione.
In prospettiva di maggior approfondimento il procedimento sanzionatorio antitrust prende avvio da un “provvedimento di avvio del procedimento” adottato dal collegio su proposta dell’ufficio inquirente. Tale provvedimento deve essere notificato alle parti, e ai terzi interessati che, presentando un interesse immediato e attuale, hanno denunciato i fatti nei confronti dei quali si procede. Il provvedimento deve indicare il nome del responsabile del procedimento, il termine di chiusura del procedimento, le accuse, l’ufficio presso il quale è possibile prendere visione degli atti. Come è evidente, il provvedimento di avvio risponde alla duplice finalità di assicurare un più pregnante diritto di difesa e favorire la massima collaborazione delle parti al fine di fornire all’AGCM tutti gli elementi per adottare la decisione.
La garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio è, assicurata dall’ Art. 14 della Legge 10 ottobre 1990, n. 287 che prevede che l’AGCM, nei casi di presunta infrazione, notifichi l’apertura dell’istruttoria alle imprese e agli enti interessati. I titolari o legali rappresentanti delle imprese ed enti hanno diritto di essere sentiti, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, nel termine fissato contestualmente alla notifica ed hanno facoltà di presentare deduzioni e pareri in ogni stadio dell’istruttoria, nonché́ di essere nuovamente sentiti prima della chiusura di questa.
Ad integrazione di tale disposizione il D.P.R. 30 aprile 1998, n. 217 all’ Art. 7 prevede che sia assicurata la partecipazione all’istruttoria in capo a i soggetti ai quali è stato notificato il provvedimento di avvio dell’istruttoria, i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonché́ le associazioni rappresentative dei consumatori, cui possa derivare un pregiudizio diretto, immediato ed attuale dalle infrazioni oggetto dell’istruttoria o dai provvedimenti adottati in esito alla stessa e che facciano motivata richiesta di intervenire entro trenta giorni dalla pubblicazione nel bollettino del provvedimento di avvio dell’istruttoria.
La partecipazione all’istruttoria permette l’esercizio di una serie di facoltà. In particolare, i soggetti che partecipano all’istruttoria possono presentare memorie scritte, documenti, deduzioni e pareri; e accedere ai documenti. I soggetti ai quali è stato notificato il provvedimento di avvio dell’istruttoria, hanno diritto di essere sentiti in ogni fase del procedimento e in ogni caso prima della chiusura dello stesso e di presentare memorie.
Due istituti concorrono poi ad assicurare un più pregnante diritto di difesa. Da una parte l’istituto dei rimedi in forza del quale che entro tre mesi dal provvedimento di avvio del procedimento le imprese possono instaurare un contradditorio sulla proposta di impegni, al fine di porre rimedio ai pregiudizi alla concorrenza individuati dall’AGCM. Dall’altro l’istituto dell’accesso agli atti disciplinato dal DPR 30 aprile 1998, n. 217 Art. 13, assicura che il diritto di partecipazione sia effettivo e consapevole.
Allo stesso tempo, da contraltare al diritto di accesso è garantita la riservatezza delle informazioni raccolte, dal momento che il diritto di accesso ai documenti formati o stabilmente detenuti dall’AGCM può essere limitato qualora i documenti contenuti nel fascicolo contengano informazioni riservate di carattere personale, commerciale, industriale e finanziario, relative a persone ed imprese coinvolte nei procedimenti. In ogni caso i documenti che contengono segreti commerciali sono sottratti all’accesso, su apposita istanza delle parti interessate e qualora essi forniscano elementi di prova di un’infrazione o elementi essenziali per la difesa di un’impresa, gli uffici ne consentono l’accesso, limitatamente a tali elementi.
Le investigazioni sono condotte dall’ AGCM attraverso l’uso di una serie di strumenti: il potere di effettuare dawn raids, di chiedere l’esibizione di documenti, di presentare richieste di informazioni, alle quali l’impresa deve rispondere in modo completo e veritiero, pena l’inflizione di una sanzione. Anche in questo contesto è riconosciuto alle imprese oggetto di investigazione il diritto di riservatezza, tutelato a livello CEDU dall’articolo 8, alla luce del privilegio legale professionale, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia nel caso Akzo [13]. L’articolo 8 CEDU prevede una duplice garanzia. Da una parte la possibilità di opporre istanza di confidenzialità negli scambi con il legale esterno, dall’altra la possibilità di chiedere lo stralcio e l’oscuramento di quelle parti dei provvedimenti che possano contenere segreti di impresa.
Acquisito il materiale istruttorio l’ufficio relaziona al collegio, il quale, laddove non ritenga le allegazioni degli uffici manifestamente infondate e il materiale probatorio sufficiente a fondarle, autorizza l’invio di una CRI – comunicazione delle risultanze istruttorie, in cui viene comunicato il termine di conclusione delle indagini, e la possibilità per le imprese sottoposte al procedimento di essere ulteriormente ascoltate e di presentare memorie conclusive.
Gli uffici su approvazione del collegio adottano il provvedimento sanzionatorio, contenente l’ordine di sospendere la condotta lesiva della concorrenza, e l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Si tratta di sanzioni particolarmente gravose, per la fissazione delle quali l’AGCM gode di ampia discrezionalità, nel rispetto di alcuni parametri stabiliti dalla legge, a garanzia di una maggior certezza del diritto. In questo senso le linee Guida sulle modalità̀ di applicazione dei criteri di quantificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’AGCM in applicazione dell’articolo 15, comma 1, della legge n. 287/1990, dettano dei canoni precise.
[1] Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, 8 giugno 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi; e Corte Europea dei diritti dell’uomo, 21 febbraio 1984, Ozturk e altri c. Germania.
[2] Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, 27 settembre 2011, Menarini Diagnostics Srl c. Italia; Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia.
[3] Guidelines on the method of setting fines imposed pursuant to Article 23(2)(a) of Regulation No 1/2003 (Text with EEA relevance), Gazzetta Ufficiale C 210, 1.9.2006, p. 2–5
[4] Sul punto si rinvia a A. Jones and B. Sufrin, EU Competition Law Text Cases and Materials, Oxford University Press 2014; A. Andreangeli, Towards an EU competition Court: “Article-6-Proofring” Antitrust Proceedings before the Commission?, World Competition 4/2007, 595; A. Andreangeli, EU Competition enforcement and Human rights, Edward Elgar 2008.
[5] Si rinvia a E. Fox, e M.J Trebilcock, The Design of Competition law institutions, Oxford University Press 2013.
[6] Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, 27 settembre 2011, Menarini Diagnostics Srl c. Italia.
[7] Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia.
[8] F. Caringella, Manuale di Diritto Amministrativo, (Dike 2018); W. Wills, The Increased Level of Antitrust Fines, Judicial Review, and the European Convention on Human Rights, World Competition, 33(1)/2010, 5
G. Tesauro, Diritto dell’Unione Europea, (Cedam 2012)
[9] In particolare, Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 26 marzo 2015, n. 1596, ha ritenuto che “nei casi in cui, come accade negli ordinamenti di molti Stati membri, il procedimento amministrativo non offra garanzie equiparabili a quelle del processo giurisdizionale, allora l’art. 6, par. 1 CEDU postula che l’interessato che subisce la sanzione abbia la concreta possibilità di sottoporre la questione relativa alla fondatezza dell’accusa penale contro di lui mossa ad un organo indipendente e imparziale dotato del potere di esercitare un sindacato di full jurisdiction. Il sindacato di full jurisdiction implica, secondo la Corte Europea dei diritti dell’uomo, il potere del giudice di sindacare la fondatezza, l’esattezza e la correttezza delle scelte amministrative così realizzando, di fatto, un continuum tra procedimento amministrativo e procedimento giurisdizionale”.
[10] Consiglio di Stato sentenza del 6 maggio 2014, n. 2302; Consiglio di Stato sentenza del 24 febbraio 2016, nn. 743 e 744; Consiglio di Stato sentenza del 2 ottobre 2015, n. 4616.
[11] Consiglio di Stato sentenza del 8 febbraio 2007, n. 515; Consiglio di Stato sentenza del 29 settembre 2009, n. 5864, ove si è dato atto che la giurisdizione amministrativa di ultima istanza “…ha inteso abbandonare la terminologia, utilizzata in precedenza, “sindacato forte o debole”, per porre l’attenzione unicamente sulla ricerca di un sindacato, certamente non debole, tendente ad un modello comune a livello comunitario, in cui il principio di effettività della tutela giurisdizionale sia coniugato con la specificità di controversie, in cui è attribuito al giudice il compito non di esercitare un potere in materia antitrust, ma di verificare – senza alcuna limitazione – se il potere a tal fine attribuito all’Autorità antitrust sia stato correttamente esercitato”
[12] Da ultimo Cassazione Sezione Unite, Ordinanza n. 11929 del 07 maggio 2019, “Il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, pur non estendendosi al merito con conseguente sostituzione di un proprio provvedimento con quello impugnato, comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento dell'atto e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne della legittimità, salvo non includano valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità nel qual caso il sindacato è limitato alla verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell' Autorità Garante”.
[13] Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 14 settembre 2010, Causa C-550/07 P, Akzo Nobel Chemicals Ltd v. Commissione.