Il potere giudiziario in Marocco: il processo di concretizzazione istituzionale del principio costituzionale dell’indipendenza
di Mustapha Zarrouki, Magistrato di collegamento dell’Ambasciata del Regno del Marocco in Italia
Sommario: 1.Introduzione – 2. Il Consiglio superiore del potere giudiziario - 3. L’Ufficio di Presidenza del pubblico ministero.
1. Introduzione
Come frutto per eccellenza della filosofia del secolo dei lumi, l'applicazione della teoria della separazione dei poteri è da sempre, fonte di ispirazione per pensatori e difensori dei diritti umani.
L'idea di giustizia è intimamente legata alla libera decisione di chi dovrebbe renderla. I giudici devono quindi essere dotati dei necessari elementi giuridici e istituzionali in grado di proteggerli da ogni influenza o pressione e di stabilire le condizioni minime idonee per permettere loro di esercitare la funzione di applicare la legge in piena indipendenza, essendo soggetti solo alla legge.
La realizzazione dell'idea di separazione dei poteri, quindi, richiede che la giustizia sia considerata in primo luogo, come un potere e non un semplice servizio pubblico, o una semplice autorità dello Stato. Ciò esige quindi, che l'indipendenza di questo potere dal potere esecutivo e dal potere legislativo, sia espressamente dichiarata, in modo chiaro e solenne, nella carta costituzionale.
In Marocco, prima dell'avvento della Costituzione del 2011 e, a differenza del potere esecutivo e del potere legislativo, la Magistratura non è stata considerata un potere.
Nel precedente sistema, infatti, sebbene l’autorità giudiziaria fosse considerata indipendente ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione del 1996[1], tuttavia era qualificata come una semplice autorità e non come un potere. Peggio ancora, la versione araba del suddetto articolo, non le attribuiva nemmeno questa qualità di autorità e la traduzione della norma affermava lapidariamente che: “La Magistratura è indipendente dal potere esecutivo e dal potere legislativo”.
A parte questa confusione dovuta alla scelta della terminologia, in quell’assetto del sistema, la presenza del Ministro della giustizia, in qualità di membro del Governo, nella composizione del Consiglio superiore della magistratura in qualità di Vicepresidente, non poteva che accentuare il carattere mitigato dell'indipendenza dei giudici[2].
A ciò contribuiva, naturalmente, il rapporto di subordinazione gerarchica, allora previsto, tra il Ministro della giustizia e l’ufficio del pubblico ministero.
La Costituzione del 2011 è stata chiamata a rispondere alle aspettative e alle aspirazioni della società marocchina e quindi, a mutare questa debole situazione giuridica. Doveva allora, pronunciarsi con chiarezza sulla natura della magistratura come vero e proprio potere, investito della missione di applicare le leggi vigenti in completa indipendenza dagli altri poteri. E così è stato: attualmente, difatti, la magistratura è dotata della qualità di potere giudiziario indipendente dal potere legislativo e dal potere esecutivo e il Re è il garante di questa indipendenza[3].
In quest’ordine di idee, è stato necessario ripensare anche il meccanismo istituzionale che assicura la garanzia di questa indipendenza e ciò è avvenuto, con la creazione del Consiglio superiore del potere giudiziario. D’altra parte, è stato necessario anche recidere il legame di subordinazione che vedeva il pubblico ministero soggetto al controllo (?) del Ministro della Giustizia; attribuzioni che sono state trasferite all'Ufficio della Presidenza del pubblico ministero, di nuova istituzione.
2. Il Consiglio superiore del potere giudiziario
Per evidenziare il ruolo del Consiglio superiore del potere giudiziario quale garante della affermata indipendenza dei magistrati, è senza dubbio interessante evidenziare alcune novità introdotte dalla Carta costituzionale del 2011. Sotto l'egida di quest'ultima, possiamo ritenere di stare assistendo all'emergere di un vero potere giudiziario marocchino.
In proposito, un Autore non ha esitato ad osservare che, se ammettiamo che l'affermazione di un potere si traduce nell'esistenza, all'interno del sistema costituzionale nazionale, di organi indipendenti dotati di una funzione specifica, al di là della formulazione costituzionale marocchina che, espressamente riconosce l'esistenza del potere giudiziario e, quasi in modo ridondante, l'indipendenza della giustizia, le funzioni dei giudici, l'organizzazione della giustizia e la riconosciuta indipendenza dei magistrati contribuiscono a forgiare la giustizia come un potere[4]..
Una delle principali osservazioni da fare al riguardo, risiede nella forza che si sprigiona da queste regole, prescritte per la prima volta, volte a valorizzare i diritti degli individui e a contribuire in modo più efficiente al funzionamento della giustizia. Si tratta di un messaggio tacito con cui, il legislatore costituzionale ha cercato di far intendere che il odimento dell'indipendenza da parte della magistratura può essere interpretato e tradursi nel senso di un puro e semplice rispetto dei diritti dei cittadini.
In questa logica, il giudice è invitato ad allinearsi alla volontà del legislatore in quanto preposto alla tutela dei diritti, delle libertà e della sicurezza giudiziaria delle persone e dei gruppi, nonché dell'applicazione della legge[5].
Oltre alla consacrazione del principio di presunzione di innocenza[6], la nuova Costituzione ha avuto anche il merito di sottolineare il diritto di ciascuno ad un giusto processo e ad una sentenza emessa in tempi ragionevoli, senza peraltro trascurare l'importanza dei diritti della difesa che restano garantiti davanti a tutti gli uffici giudiziari [7].Quanto a questi ultimi, la Costituzione è stata ferma. L’articolo 117 precisa che, per legge, possono essere create solo giurisdizioni ordinarie o specializzate e nessuna giurisdizione eccezionale.
Oltre a queste novità relative alla tutela dei diritti dei litiganti, la Costituzione non ha mancato di innovare anche in termini di norme e regole relative al Consiglio superiore della magistratura.
Leggendo queste regole, possiamo notare che l'innovazione ha mirato sia alla funzione stessa del Consiglio che alla sua composizione.
Infatti, oltre alla sua tradizionale funzione di assicurare l'applicazione delle garanzie concesse ai magistrati, in particolare per quanto riguarda la loro indipendenza, nomina, promozione, pensionamento e disciplina[8] , il Consiglio ha ora la funzione di preparare, di propria iniziativa, relazioni sullo stato della giustizia e del sistema giudiziario e di formulare adeguate raccomandazioni al riguardo.
In questa stessa prospettiva, il Consiglio si pone come un vero e proprio organo consultivo , sia nei confronti del Re (che ne è anche il Presidente), sia del Governo o del Parlamento, in grado di emettere pareri dettagliati su qualsiasi questione relativa alla giustizia, fatto salvo il principio della separazione dei poteri[9].
Questa revisione che il Consiglio ha subìto per quanto riguarda la percezione stessa della sua funzione, doveva estendersi alla sua composizione. Conseguenza che sembra logica, dal momento che la consacrazione dell'indipendenza della magistratura non poteva ammettere la preminenza di un membro del Governo nella composizione di un organo supposto per difendere e assicurare le garanzie concesse ai magistrati. Il Ministro della giustizia è stato quindi estromesso dalla nuova composizione per cedere la carica di vicepresidente, al Primo Presidente della Corte di cassazione, in qualità di Presidente delegato del Consiglio.
Allo stesso modo, la nuova composizione ha veduto l'ingresso anche di alcune personalità che non appartengono all'organo della magistratura.
L'articolo 115 della Costituzione prevede, a tal fine, che: Il Consiglio superiore del potere giudiziario è presieduto dal Re ed è composto:
- dal Primo Presidente della Corte di cassazione in qualità di Presidente delegato;
- dal Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione;
- dal Presidente della Prima camera (camera civile) della Corte di cassazione;
- da quattro rappresentanti eletti tra loro dai magistrati delle Corti d'appello;
- da sei rappresentanti eletti, tra loro, dai magistrati delle giurisdizioni di primo grado, deve essere assicurata una rappresentanza delle magistrate donna, tra i dieci membri eletti, in proporzione alla loro presenza nel corpo della magistratura;
- dal Mediatore[10];
- dal Presidente del Consiglio nazionale dei diritti umani[11];
- da cinque personalità nominate dal Re, riconosciute per la loro competenza, imparzialità e integrità, nonché per il loro distinto contributo a favore dell'indipendenza della Giustizia e del primato del diritto, di cui un membro è proposto dal Segretario generale del Consiglio superiore di Ulema[12].
Per quanto riguarda le norme relative all'elezione, organizzazione e funzionamento del Consiglio, nonché i criteri relativi alla gestione della carriera dei magistrati e le norme di procedura disciplinare, sono state fissate dalla legge ordinaria (cioè non costituzionale?), in conformità con le disposizioni dell'articolo 116 della Costituzione. Difatti è stata emanata la legge n. 100-1324[13]. Quest'ultima specifica all’articolo 65 che il Consiglio vigila sull'applicazione delle garanzie concesse ai magistrati. A tal fine, assicura la gestione della loro carriera secondo i principi di pari opportunità, merito, competenza, trasparenza, imparzialità e ricerca della parità e secondo i criteri previsti dalla stessa legge e le condizioni fissate dalla legge ordinamentale sullo statuto dei magistrati.
Viene altresì previsto che tutte le decisioni, relative alla carriera dei magistrati rese dal Consiglio o dal suo Presidente delegato, devono essere motivate.
Quanto all'organizzazione del Consiglio, la legge n. 100-1324 prevede l'istituzione di un regolamento interno che il Consiglio deve trasmettere prima di essere attuato, alla Corte costituzionale che ne delibera la conformità alle disposizioni della Costituzione, alla citata legge e alle disposizioni di quella sullo statuto dei magistrati.
Il regolamento interno del Consiglio è pubblicato nel “Bollettino Ufficiale” e ogni modifica ad esso apportata è sottoposta alla stessa procedura seguita per la sua elaborazione.
Convalidato dalla Corte Costituzionale[14], il regolamento interno prevede, oltre all'organizzazione e al funzionamento del Consiglio, la pubblicazione dei risultati finali dei suoi lavori, il funzionamento e l'organizzazione dei suoi comitati nonché il numero dei loro componenti. Il sudetto regolamento definisce inoltre, le strutture amministrative e finanziarie del Consiglio per quanto concerne loro numero, attribuzioni, organizzazione e funzionamento. Per altro verso, lo stesso regolamento fissa:
- le modalità per la gestione e il trattamento dei ricorsi e dei reclami che riceve;
- i termini necessari per l'iscrizione nelle liste per l'avanzamento in carriera, per i magistrati che hanno subito l'esclusione temporanea sanzionatoria;
- stabilisce le condizioni e criteri per il trasferimento da una giurisdizione all'altra;
- stabilisce la procedura relativa all'accesso ai rapporti di valutazione delle prestazioni specifici per i magistrati.
Per quanto riguarda la sua organizzazione, il Consiglio dispone di una Segreteria generale composta da magistrati e funzionari messi a sua disposizione o distaccati da altre amministrazioni e istituzioni pubbliche, nonché personale amministrativo e tecnico nominato secondo lo Statuto del Consiglio stabilito in via regolamentare[15].
Giova, dal punto di vista della cooperazione giudiziaria internazionale, mettere in luce il contributo reso dal Consiglio in materia. Al riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 113 della Legge n. 100.13, il Consiglio può, nella sua sfera di competenza, stabilire rapporti di cooperazione e partenariato con analoghe istituzioni estere nonché con organizzazioni straniere interessate alle questioni di giustizia al fine di scambiare conoscenze, esperienze e trasferire competenze, in coordinamento con l’autorità governativa incaricata degli affari esteri e della cooperazione e, previa notifica al Ministero della Giustizia[16]. A sua volta, l'art. 5 del Regolamento interno, ha affidato al Presidente delegato del Consiglio, il compito di seguire l'esecuzione degli accordi conclusi con il Consiglio e di vigilare sulla comunicazione ai suoi componenti di tutte le fasi di tale esecuzione.
Sul piano pratico, non possiamo non menzionare l'Accordo di gemellaggio tra il Consiglio superiore della magistratura del Regno del Marocco e il Consiglio superiore della Giustizia del Belgio, firmata il 2 maggio 2019, sul tema: "Sostegno e rafforzamento delle capacità del Consiglio superiore del potere giudiziario ". L’Accordo costituisce una componente complementare al programma di sostegno al bilancio dell'Unione europea e mira a consolidare le istituzioni attraverso una stretta cooperazione e partenariato tra le amministrazioni belghe e il Consiglio superiore del potere giudiziario[17].
3.L’Ufficio di Presidenza del pubblico ministero
Indubbiamente, la consacrazione costituzionale del principio di indipendenza della magistratura, dovrebbe avere un impatto positivo anche sullo status del pubblico ministero perché, prima di tale consacrazione, il ministero della giustizia rappresentava emblematicamente l'ingerenza dell'esecutivo nella "magistratura". Con la nuova Costituzione, il Ministro della giustizia perde sia il suo ruolo di Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, sia quello di superiore gerarchico del pubblico ministero. Per tracciare le linee del nuovo quadro giuridico attribuito alla Presidenza del pubblico ministero, è necessario fare riferimento a diversi testi.
In primo luogo, la Costituzione prevede, all’articolo 110, comma 2, che i magistrati del pubblico ministero sono tenuti ad applicare la legge e devono attenersi alle istruzioni scritte, in conformità alla legge, impartite dall'autorità gerarchica. D'altra parte, l'articolo 116, nel suo ultimo comma, stabilisce che, nei casi riguardanti i magistrati del pubblico ministero, il Consiglio superiore del potere giudiziario prende in considerazione i rapporti di valutazione professionale stabiliti dall'autorità gerarchica di appartenenza.
Oltre alla Costituzione, la legge n. 100-03 contiene anche alcune regole che specificano il ruolo della Presidenza del pubblico ministero. Così, ad esempio, l'articolo 66 prevede che in applicazione delle disposizioni dell'ultimo comma dell'articolo 116 della Costituzione, il Consiglio (superiore del potere giudiziario) prende in considerazione, in merito ai magistrati del pubblico ministero, le valutazioni di professionalità presentate dal Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione nella sua qualità di Capo del pubblico ministero. Ulteriori norme sono contenute anche nella legge n. 106-13 relativa allo statuto dei magistrati. Ad esempio, l'articolo 25 prevede che i magistrati del pubblico ministero sono posti sotto l'autorità e il controllo del Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione e dei loro superiori gerarchici.
È importante anche, sottolineare che questa formulazione dell'articolo 25, che pone i magistrati del pubblico ministero sotto l'autorità del Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, è stata oggetto, di recente, di vaglio costituzionale.
Il Consiglio costituzionale[18] ha deciso che: Considerato che il lavoro del pubblico ministero è un atto costituzionale che rientra nel dominio del potere giudiziario, e tenendo conto del attribuzioni di autorità costituzionali competenti per elaborare e rivedere la politica penale alla luce di tale prassi, la Presidenza del pubblico ministero - i cui magistrati fanno parte del potere giudiziario - può essere attribuita soltanto ad un organo che fa parte di tale potere, pertanto, il dettato dell’'articolo 25 - che pone i magistrati del pubblico ministero sotto l'autorità e il controllo del Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione- è conforme alla Costituzione[19].
Il controllo di costituzionalità ha riguardato anche le disposizioni dell'articolo 43 della legge n. 106-13 sullo statuto dei magistrati. L'articolo in questione specifica che in applicazione delle disposizioni del comma 2 dell'articolo 110 della Costituzione, i magistrati del pubblico ministero sono tenuti ad applicare la legge e devono attenersi alle istruzioni scritte in conformità con la legge emanate dall'autorità da cui dipendono alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalla legge. I magistrati del pubblico ministero sono inoltre tenuti a rispettare gli ordini e le osservazioni legali emessi dai loro superiori. Il Consiglio costituzionale ha pure confermato la conformità costituzionale di queste disposizioni con una serie di rilevanti affermazioni:
“Considerato che, la Costituzione prevede nell'ultimo comma del suo articolo 110 che i magistrati del pubblico ministero sono tenuti prima di tutto ad applicare la legge e che, nei limiti di tale applicazione, sono obbligati ad attenersi alle istruzioni emanate dalla loro autorità gerarchica, a condizione che queste istruzioni siano scritte e legali allo stesso tempo;
Considerato che, in casi diversi da quelli concernenti la gestione degli affari del pubblico ministero e l'organizzazione delle sue funzioni, le istruzioni di cui all'articolo 43, ultimo comma, di cui sopra, indirizzate ai magistrati del pubblico ministero dai loro capi gerarchici, non possono obbligare questi magistrati quando riguardano l'adozione delle decisioni, solo se sono emesse sotto forma di istruzioni scritte;
Pertanto, alla luce di questa osservazione, la disposizione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 43 non è contraria alla Costituzione”.
Non è senza interesse ricordare che, il Consiglio costituzionale ha avuto anche l’occasione di pronunciarsi sulla costituzionalità delle disposizioni dell'articolo 110 della legge n. 100-03 relative al Consiglio superiore del potere giudiziario. Si trattava di sapere, dal punto di vista costituzionale, se il Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, doveva presentare le sue relazioni relative all'esecuzione della politica penale e al funzionamento del pubblico ministero, davanti al Parlamento. Il Consiglio costituzionale in proposito ha deciso che:
“Considerando che, se il Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, che è il Presidente del pubblico ministero, rimane responsabile dell'attuazione della politica penale, e questo principalmente di fronte al potere che lo ha nominato vale a dire il Presidente del Consiglio superiore del potere giudiziario nonché dinanzi a questo stesso Consiglio al quale è tenuto a presentare relazioni periodiche riguardanti l'esecuzione della politica penale e il funzionamento del pubblico ministero, essendo il legislatore competente a stabilire detta politica, ha il diritto di perseguire i mezzi per attuare tale politica al fine di rivederne le disposizioni e promuoverle, se necessario ;
Considerato che le relazioni emanate dal Consiglio superiore del potere giudiziario sullo stato della giustizia e sull'ordinamento giudiziario previste dall'articolo 113 della Costituzione, comprese le relazioni del Procuratore generale alla Corte di cassazione nella sua qualità di capo del pubblico ministero, relative all'esecuzione della politica e al funzionamento del pubblico ministero, sono relazioni che interessano gli affari pubblici giudiziari che tutti, e in particolare il Parlamento, possono studiare e trarne le raccomandazioni che potrebbero essere ivi contenute, tenendo conto del principio della separazione dei poteri e del rispetto della magistratura indipendente;
Considerato che, dato che il citato articolo 110 non richiede la presentazione da parte del Procuratore del Re presso la Corte di cassazione delle sue relazioni relative all'esecuzione della politica penale e al funzionamento del pubblico ministero, né la sua presenza al momento della loro discussione davanti le due commissioni competenti per la legislazione nelle due camere del Parlamento, non c'è nulla di contrario alla Costituzione” [20].
Infine, la consacrazione a livello costituzionale del principio di indipendenza del pubblico ministero nei confronti dell'esecutivo, ha comportato il trasferimento dei poteri dell'autorità governativa incaricata della giustizia al Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, in qualità di capo del pubblico ministero, che è stato oggetto della legge n. 33-17[21].
Infatti, ai sensi dell'articolo 1 di detta legge, il Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, in qualità di capo del pubblico ministero, esercita la sua autorità sui magistrati del pubblico ministero posti sotto la sua autorità nelle diverse giurisdizioni del Regno. In questo contesto, i magistrati del pubblico ministero esercitano i loro compiti e le attribuzioni previste dalla normativa vigente, sotto l'autorità, la supervisione e il controllo del capo del pubblico ministero e del loro superiore gerarchico. d'altra parte, l'articolo 2 della stessa legge specifica che il Procuratore generale è surrogato al Ministro della giustizia nell'esercizio dei poteri a quest'ultimo devoluti, relativi all'autorità e alla vigilanza esercitata sul pubblico ministero e i suoi magistrati, compresi gli ordini e le istruzioni scritte, secondo la legge in vigore.
Oltre ai poteri devoluti in virtù dei testi legislativi in vigore, al Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, nella sua qualità di Capo del pubblico ministero, vengono attribuiti in surroga anche altri poteri spettanti nel sistema precedente al Ministro della giustizia e, precisamente:
- la supervisione dell'attività del pubblico ministero, il controllo di quest'ultimo nell'esercizio delle prerogative relative all'azione pubblica e il controllo del suo svolgimento, nell'ambito del rispetto del contenuto della politica penale, in conformità con la legislazione in vigore;
- il controllo del corretto svolgimento delle azioni di sua competenza;
- l'esercizio dei ricorsi relativi alle azioni di cui al precedente paragrafo 2;
- il seguito dei casi sottoposti ai tribunali, di cui il pubblico ministero è parte.
L'articolo 3 della stessa legge prevede inoltre che, in applicazione delle disposizioni dell'articolo 80 della legge n. 100-13 relativa al Consiglio superiore del potere giudiziario, i magistrati del pubblico ministero chiamati a presiedere un organo o una commissione, per ricoprire una carica di membro o per svolgere qualsiasi missione temporanea o permanente, sono nominati o proposti da detto Consiglio, a seconda dei casi, in conformità con le leggi e i regolamenti in vigore, previa consultazione con il Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, in qualità di capo del pubblico ministero.
[1] - L’art. 82 della Costituzione del 1996 prevedeva che: “L'autorità giudiziaria è indipendente dal potere legislativo e dal potere esecutivo”.
[2] L’articolo 86 della Costituzione del 1996 precisava quanto segue:
Il Consiglio superiore della Magistratura è presieduto dal Re. ne sono componenti inoltre:
- il Ministro della Giustizia, Vice presidente;
- il Primo Presidente della Corte Suprema;
- il Procuratore generale del Re presso la Corte Suprema;
- il Presidente della Prima camera della Corte Suprema;
- due rappresentanti eletti dai magistrati delle Corti d’appello;
- e quattro rappresentanti eletti dai magistrati delle Giurisdizioni di primo grado.
[3] - L’articolo 107 della Costituzione prevede che:
Il potere giudiziario è indipendente dal potere legislativo ed esecutivo.
Il Re è il garante dell’indipendenza del potere giudiziario.
[4] - Bertrand Mathieu, « L'émergence du pouvoir judiciaire dans la Constitution marocaine de 2011 », le Seuil « Pouvoirs », 2013/2, n. 145, pages 47 à 58, in https://www.cairn.info/revue-pouvoirs-2013-2-page-47.
[5] - L’articolo 117 della Costituzione prevede che:
Il giudice è incaricato di salvaguardare i diritti e le libertà e la sicurezza giudiziaria delle persone e dei gruppi, nonché dell’applicazione della legge.
[6] - L’articolo 119 della Costituzione prevede che:
Qualsiasi accusato o imputato è considerato innocente fino alla sua condanna con decisione della giustizia che abbia acquisito forza di cosa giudicata.
[7] - L’articolo 120 della Costituzione prevede che:
Ogni individuo ha diritto a un giusto processo e a una sentenza emessa entro un termine ragionevole. I diritti della difesa sono garantiti davanti a tutti i tribunali.
[8] - Ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione, le singole decisioni del Consiglio superiore del potere giudiziario sono soggette a ricorso per abuso di potere dinanzi al più alto tribunale amministrativo del Regno.
[9] - L’articolo 113 della Costituzione prevede:
il Consiglio superiore del potere giudiziario vigila sull’applicazione delle garanzie concesse ai giudici in merito alla loro carriera e disciplina.
Su sua iniziativa, elabora i rapporti sullo stato della giustizia e del sistema giudiziario e presenta le raccomandazioni appropriate in materia.
Su richiesta del Re, del Governo o del Parlamento, il Consiglio esprime pareri circostanziati su ogni questione relativa alla giustizia, nel rispetto del principio di separazione dei poteri.
[10] - Secondo l’articolo 162 della Costituzione, il Mediatore è un'istituzione nazionale indipendente e specializzata la cui missione, nell'ambito dei rapporti tra amministrazione e utenti, è quella di difendere i diritti, contribuire a rafforzare lo Stato di diritto e diffondere i principi di giustizia e equità, ei valori di moralizzazione e trasparenza nella gestione delle amministrazioni, degli enti pubblici, delle collectività territoriali locali e degli organismi dotati delle prerogative del potere pubblico. L’istituzione è stata creata per Dahir del 17 marzo 2011, B.U. (bollettino ufficial) n. 5926 del 17/03/2011.
Un Dahir o Sherifian Dahir è un regio decreto munito nella legislazione marocchina del sigillo del Re apposto ai testi legislativi votati in parlamento.
[11] - Secondo l’articolo 161 della Costituzione, il Consiglio nazionale dei diritti umani è un'istituzione nazionale pluralista e indipendente, responsabile di trattare tutte le questioni relative alla difesa e protezione dei diritti umani e delle libertà, à alla garanzia del loro pieno esercizio e della loro promozione, nonché la salvaguardia della dignità e dei diritti e libertà individuali e collettive dei cittadini, nel rigoroso rispetto degli standard nazionali e universali in questo settore.
[12] - Il Consiglio Superiore degli Ulemas, creato dal Dahir n. 1.80.270 del 08 aprile 1981 e riorganizzato secondo le disposizioni del Dahir n. 1.03.300 del 22 aprile 2004 è posto sotto l'Alta tutela del Re.
La parola Ulemas è il plurale di Alem chi significa in lingua araba, una persona studiosa nella la giurisprudenza islamica.
Secondo il Dahir n. 1.03.300, il Consiglio Superiore degli Ulemas ha per missione:
- Studiare le domande che gli sottopone il Re;
- Redigere un programma d'azione annuale che includa le attività da svolgere per i consigli locali di Ulema;
- Sovrintendere al lavoro dei consigli locali degli Ulema e gestirne le attività;
- Emanare linee guida e raccomandazioni locali volte a razionalizzare il lavoro dei consigli degli Ulema e ad attivare il loro ruolo nella vigilanza sulla vita religiosa dei cittadini musulmani marocchini;
- Redigere e accettare il regolamento interno dell'organismo scientifico preposto alla consultazione religiosa (fatwa);
- Trasmettere all'organo preposto alla consultazione religiosa (fatwa) le richieste concernenti le materie sottoposte allo studio ed emanare consultazioni su di esse;
- Mantenere i rapporti di cooperazione scientifica con istituzioni e organizzazioni islamiche che perseguono gli stessi obiettivi a livello nazionale e internazionale.
[13] - Questa legge è stata promulgata con Dahir n. 1-16-40 del 24 marzo 2016, B.U. n. 6492, del 18/08/2016, p. 1299.
[14] - Il regolamento interno del Consiglio superiore del potere giudiziario così come stabilito da detto Consiglio, è stato dichiarato dalla Corte costituzionale, in conformità alle disposizioni della Costituzione, con quelli della Legge Organica n. 100.13 relativa al Consiglio superiore del potere giudiziario e quelli della legge organica n. 106.13 relativa allo statuto speciale dei magistrati e ciò, in virtù della sua sentenza n. 55.17 del 16/10/2017, B.U. n. 6620 del 09/11/2017.
[15] - E ciò, in conformità con le disposizioni dell'articolo 50 della legge organica n. 100.03. Questo articolo specifica anche che la Segreteria generale del Consiglio è diretta da un Segretario generale nominato con Dahir tra tre magistrati aventi almeno il grado eccezionale, su proposta del Presidente delegato del Consiglio, previa consultazione con i membri del Consiglio, per un periodo di sei (6) anni, rinnovabile una volta; tuttavia, tale incarico potrà essere revocato prima della scadenza del predetto termine.
Il Segretario generale del Consiglio esercita le sue funzioni sotto l'autorità del Presidente delegato. Le strutture amministrative e finanziarie del Consiglio, il loro numero, le loro attribuzioni, la loro organizzazione e le modalità del loro funzionamento sono fissate dal regolamento interno del Consiglio.
[16] - Art. 113 della legge organica n. 100.13.
[17] - Secondo il sito web del Consiglio superiore della Giustizia (C.S.P.G.), l'obiettivo specifico del gemellaggio è quindi quello di sostenere le capacità istituzionali, gestionali e organizzative del C.S.P.G. traendo ispirazione dalle buone pratiche e dall'acquis comunitario europeo.
Per raggiungere questo obiettivo, sono previsti quattro risultati:
1. Contribuire allo sviluppo di un quadro giuridico e regolamentare in armonia con le buone pratiche europee;
2. Contribuire allo sviluppo del C.S.P.G., promuovendo la convergenza della sua pratica con il sistema di riferimento europeo in materia;
3. Partecipare allo sviluppo delle capacità dei dirigenti del C.S.P.G. e di altre organizzazioni responsabili della magistratura, sulla base degli standard europei;
4. Promuovere la presa in considerazione dei principi derivanti dall'indipendenza della magistratura da parte di coloro che sono coinvolti nella riforma del sistema giudiziario.
Si veda in tale senso: https://csj.be/fr/international/cspj. Pagina consultata, il 24/01/2021.
[18] - Attualmente è la Corte costituzionale.
[19] - Consiglio costituzionale, sentenza n. 992/16, Doss. n. 1474/16 del 15/03/2016.
[20] - Consiglio costituzionale, sentenza n. 991/16, fascicolo n. 1473/16 del 15/03/2016.
[21] - Dahir n. 1-17-45 del 30 agosto 2017 che promulgava la legge n. 33-17 relativa al trasferimento delle attribuzioni dell'autorità governativa incaricata della giustizia al Procuratore generale del Re presso la Corte di cassazione, nella sua qualità di capo del pubblico ministero, B.U. n. 6632 del 21/12/2017, p. 1352 (versione francese).