Riportiamo il breve ma intenso intervento di Antonello Cosentino durante l’adunanza plenaria del CSM che il 7 febbraio scorso ha deliberato di intitolare la propria sede all’ex-vicepresidente, ucciso il 12 febbraio 1980 da un commando brigatista. Oggi, alla presenza di Mattarella, la cerimonia.
Ho assistito all’omicidio di Vittorio Bachelet.
Nel 1980 ero iscritto a Giurisprudenza nell’Università di Roma, la Sapienza. Quella mattina mi stavo recando in facoltà.
Chi conosce la Sapienza sa che l’edificio della facoltà di Giurisprudenza è contiguo a quello della facoltà di Scienze politiche e Bachelet fu ucciso sulle scale di Scienze politiche.
Io stavo entrando a Giurisprudenza e vidi confusione davanti a Scienze politiche, vidi Rosy Bindi uscire piangente… tanta polizia… venne bloccato tutto in un attimo; a quel punto mi allontano.
Qui in Plenum siamo una comunità di persone che hanno storia, estrazioni, esperienze professionali diverse; ma siamo una comunità, prima di tutto, di uomini. Per questo sento il desiderio di condividere con voi questa emozione, che è un’emozione forte.
Intanto, soggettivamente, per il pensare che oggi sono in quest’aula, che a Bachelet è intitolata. Ma soprattutto perché credo che questa emozione serva a richiamare tutti noi al valore della storia.
Vedete, io per ragioni culturali non sono molto propenso a cambiare i nomi alle strade, alle piazze, ai monumenti. Penso che quello che resta scolpito nel marmo tendenzialmente sia bene che permanga anche, se vogliamo, come monito o elemento di riflessione; non mi piace quando si cambia ogni trent’anni il nome di una strada o di una città.
Però il cambiamento del nome della sede del C.S.M. è un cambiamento che mi pare che la Repubblica aspettasse da troppi anni; e credo che, veramente, questo palazzo non possa avere nome migliore che quello di Vittorio Bachelet.