È stata resa nota la decisione del Governo di prevedere test psicoattitudinali per l’accesso alla magistratura. Non è ancora disponibile il testo del preannunciato decreto legislativo (che dovrebbe provvedervi in attuazione della legge 17 giugno 2022, n. 71, di delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario); ma la riforma viene giustificata con l’esigenza di verificare preventivamente l’equilibrio degli aspiranti magistrati.
Ho lavorato come giudice per 45 anni: ne avevo 25 quando ho iniziato.
Da giovane, quando mi si diceva che la principale qualità del giudice è l’equilibrio, pensavo che si volesse solo attenuare così il peso della più recente preparazione teorica dei nuovi magistrati nel confronto con i magistrati più anziani ed esperti, talora non più avvezzi allo studio, quantomeno a quello manualistico.
Con il trascorrere degli anni mi sono poi reso conto che l’equilibrio è davvero un’esigenza imprescindibile per il lavoro di ogni giurista, non solo del giudice.
Ma cos’è l’equilibrio?
Secondo il dizionario medico Treccani «l’equilibrio psichico denota la capacità di un individuo o di un gruppo di giungere (anche con sforzo prolungato e mediante un ragionamento intenzionale) a una sintesi tra moventi opposti: per es., tra bisogno di attaccamento e motivazione all’esplorazione, tra coesione e individualismo o tra altruismo e narcisismo».
Tuttavia, quando la sua carenza non si manifesti in patologie psichiatriche ben definite, con deliri più o meno sistematizzati, come la paranoia o la schizofrenia, la misura di questa attitudine non è ovviamente quantificabile.
Anche senza ricordare esempi specifici, che potrebbero risultare inutilmente polemici, la quotidiana esperienza dei discorsi pubblici dimostra che l’enfasi e i paradossi sono talora intenzionalmente destinati ad accrescere l’efficacia della comunicazione politica. E in molti casi sarebbe possibile solo esprimere opinioni personali, non qualificazioni giuridicamente rilevanti, su quanto siano equilibrate queste frequenti posizioni eccentriche e inusitate o di ammiccante trasgressività, che tutt’al più possono essere occasioni di riflessione o di approfondimento rispetto a vicende socialmente o politicamente significative.
Per qualsiasi giurista, e in particolare per il giudice poi, l’equilibrio è la capacità di contemperare interessi ed esigenze spesso contrapposte, di mediare tra l’universalità della legge e la singolarità del caso, perseguendo questa sintesi attraverso il contraddittorio, che è il vero paradigma deontologico di un’etica del giudice.
Non si potrebbe certo sostenere che le posizioni espresse da ciascuna delle parti in contraddittorio siano sempre espressione di squilibri psichici benché sostenute talora da un magistrato del pubblico ministero o avallate da giuristi professionali quali gli avvocati. Si tratta appunto di contrapposizioni di interesse, talora di visioni del mondo, che, confrontate e contemperate nel quadro di una comunità di norme e di valori, vanno ricondotte a un equilibrio non predeterminabile in astratto. Ed è un equilibrio, quello del giudice, che si coltiva attraverso l’esperienza dei casi e un incessante e sempre rinnovato studio del diritto, un sistema linguistico estremamente complesso e articolato, composto di norme legislative, di interpretazioni giurisprudenziali, di ricostruzioni dottrinali accumulate in secoli di esperienze e di confronti.
Secondo l’onorevole Bongiorno, avvocata e presidente della commissione Giustizia del Senato, «non ha senso che diventi giudice chi è più bravo a imparare a memoria i codici o la giurisprudenza», «oggi il concorso è su base mnemonica», mentre sarebbe «giusto che i giudici siano valutati anche sotto il profilo della capacità di autocritica, dell’attitudine a lavorare in gruppo e della disposizione a reggere lo stress».
Non so se l’avvocata Bongiorno abbia mai partecipato, come esaminatrice o come esaminanda, a un concorso per l’accesso in magistratura; ma è noto che durante le prove scritte i candidati possono consultare i codici, sicché non hanno alcun bisogno di impararli a memoria. Si tratta infatti di prove che hanno «la prevalente funzione di verificare la capacità di inquadramento teorico-sistematico dei candidati», come ora espressamente prescrive la legge delega cui il Governo intende dare attuazione.
Quanto a capacità di autocritica, attitudine a lavorare in gruppo e disposizione a reggere lo stress, si apprendono sul campo. E la camera di consiglio è un’esperienza estremamente formativa, appunto perché la soluzione auspicabilmente equilibrata risulta dal confronto tra approcci diversi, talora anche radicalmente opposti, che non sono per ciò solo squilibrati.
La composizione nell’equilibrio non rimuove uno squilibrio dei componenti.
Contraddittorio delle parti e collegialità della decisione sono garanzie processuali fondamentali perché presuppongono necessariamente, non escludono affatto, pluralità di atteggiamenti, orientamenti, opzioni.
Escluse le patologie psichiatriche, non è pertanto possibile ipotizzare uno standard di equilibrio psichico fisiologico, cui tutti i magistrati dovrebbero risultare conformi. Il conformismo è il vero rischio professionale dei magistrati, perché li esonera da quella “responsabilità empatica” che è indispensabile per riconoscere l’effettivo significato dei comportamenti altrui nel contesto di una comune costellazione di valori.
Del resto non sarebbe accettabile, e non potrà mai accadere in un Paese democratico costituzionalmente garantito, che un candidato meritevole, in quanto capace di argomentazione e ricostruzione sistematica, venga preventivamente escluso dall’ordine giudiziario perché, pur non avendo patologie psichiatriche, qualcuno, sia pure il C.S.M., ritiene che non ha capacità di autocritica, attitudine a lavorare in gruppo e disposizione a reggere lo stress.
È dunque prevedibile che la preannunciata riforma si ridurrà all’ennesima operazione di equilibrismo propagandistico. E sarebbe preferibile che l’Associazione nazionale magistrati evitasse di enfatizzarne il messaggio.
(Immagine: Daniel Firman, Nasutamanus, 2012, via Domus)