Pubblichiamo il discorso augurale del vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Fabio Pinelli, pronunciato all’incontro di presentazione dei Magistrati ordinari in tirocinio.
Al Presidente della Repubblica.
Roma, 15 giugno 2023
È motivo di orgoglio incontrare e poter incoraggiare Voi giovani che – con l’entusiasmo che leggo sui vostri volti – Vi accingete ad esercitare una delle funzioni pubbliche tra le più nobili e rilevanti per il Paese: essere magistrato.
La scelta fondamentale che sta alla base dell’essere magistrato è di aver risposto ad una vocazione morale, ad una spinta etica: si potrebbe dire, per questo, che magistrati si nasce, non si diventa. È, insomma, un modo di intendere la vita, di scelta da quale parte stare, di orientarsi al bene, di servire la comunità e di molto altro.
Per questo credo sia giusto – per certi aspetti – chiedere al magistrato qualcosa in più rispetto a quello che viene richiesto normalmente a chi è investito di funzioni pubbliche, e di sentire il peso della responsabilità della funzione.
Il diritto naturale non conferisce l’attribuzione in favore di un uomo o di una donna di giudicare un altro uomo o un’altra donna. È un potere immenso, concesso dal diritto positivo in un contesto democratico, quello di poter privare un proprio eguale della libertà e cioè del bene più grande che appartiene a ciascun uomo. L’uomo – lo dobbiamo ricordare – nasce libero, è un prerequisito della sua esistenza, non lo diventa per “gentile concessione” dello Stato. L’invasione nella sua sfera di libertà deve essere un evento caratterizzato dalla straordinarietà e ancorato rigidamente al dettato normativo.
Ecco perché nell’esercizio legittimo del potere deve prevalere sempre la dimensione del servizio. E perché l’autonomia e l’indipendenza non debbono mai essere vissute come una posizione giuridica di privilegio ma essere una garanzia per il rispetto dei diritti dei cittadini. E poi, certo, essere ossequiosi alla legge, non cadere in letture normative isolate e forzate, metabolizzare che il sistema rifugge da interpretazioni creative e tende alla prevedibilità della decisione.
Al contempo, però, è necessario non scadere in un approccio formalistico della giurisdizione: bisogna sì applicare la legge, ma saper capire – nel rispetto della legge – le persone e le loro vicende umane. Non assopitevi, dunque, sul vostro lavoro perché, come ha affermato Umberto Eco, «Il magistrato, come un bambino, deve mantenere lo stupore e la fame di conoscenza».
Solo così potrete comprendere fino in fondo l’umanità del caso concreto che si nasconde dietro al dato normativo. D'altronde, il fine ultimo dell'azione della magistratura è la risposta di giustizia al cittadino, la cui domanda resta inevasa tutte le volte in cui una decisione, pur all'esito di un ragionato percorso argomentativo e di una valida ricostruzione normativa, non risulti adeguata alle sottese vicende, sempre piene d'umanità. Sappiate dunque coltivare la cultura del dubbio, perché ogni persona che giudicate ha una storia degna di essere compresa, qualcosa da spiegare e, per voi, qualcosa da capire.
Gli avvocati leggeranno il dubbio nei vostri occhi e lo apprezzeranno.
Il dubbio significa capacità di ascolto, assenza di pregiudizi, rifiuto del rischio della superbia, errata illusione di comprensione del tema decidendum, prima e oltre la rappresentazione degli altri attori del processo, con un contradditorio ridotto a forma.
Vedo nei vostri volti entusiasmo, non perdetelo. E abbiate coraggio.
Coraggio di rimanere autenticamente liberi, non protesi all’ideologia, aperti al cambiamento di opinione; di riconoscere i vostri errori, di evitare personalismi e arroccamenti su posizioni precostituite; sottraetevi alla pericolosa percezione di voi stessi quali autorità morali: potrete riuscirci coniugando la vostra missione di tutela dei diritti all'esecuzione dei doveri, che la Repubblica richiede a ciascun di noi.
La Costituzione traccia un modello di società fondato sui diritti ma, nel quotidiano, richiede l’adempimento dei doveri: di questo modello voi dovrete essere i primi custodi e i primi esempi, fuori e dentro le funzioni giudiziarie.
Abbiate l'umiltà di confrontarvi con gli altri: è un segno di forza e non di debolezza. Siate disponibili a recepire le osservazioni e i consigli dei colleghi di maggiore esperienza e sappiate cogliere gli spunti, le istanze e persino le critiche provenienti dagli altri operatori della giustizia, nella consapevolezza che l'esercizio della funzione giudiziaria è anche frutto di una interazione tra soggetti portatori di una comune responsabilità istituzionale. Ricordate che la vostra decisione sarà tanto più solida e coerente quanto più ampio sarà stato il confronto di cui si sarà potuta avvalere.
Mi compiaccio, infine, che l’altissima maggioranza di Voi è donna, a sessant’anni dall’entrata in vigore della legge n. 66 del 1963, in cui si stabiliva finalmente che «La donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura» e a solo qualche mese dalla nomina della Prima Presidente della Corte di Cassazione. D’altronde, oltre alle leggi, al processo da tempo in atto nella società civile e nelle istituzioni democratiche – volto alla piena parità di genere e alle qualità del singolo –, la storia ci insegna che donna è sinonimo di coraggio, di determinazione, di equilibrio, di saggezza. Questo deve rendervi particolarmente orgogliose: voi qui rappresentate idealmente tutte le donne del Paese che ancora lottano contro stereotipi e pregiudizi d'ogni natura, ma siete al tempo stesso la prova che in questi decenni la Repubblica ha fatto progressi enormi, sul piano legislativo e su quello della diffusione di una cultura della parità.
Ho parlato, in apertura di questo breve saluto, del mio orgoglio di potervi incontrare e salutare. Consentitemi, da ultimo, di parlare del vostro orgoglio. Orgoglio e passione.
Conservate sempre l'orgoglio e la passione di essere magistrati, senza perdere lo spirito iniziale: è un mestiere meraviglioso, è un onore – non dimenticatelo – avere la possibilità di servire l’Italia indossando la toga.
Un sincero augurio a ciascuno di voi.