Intervista a Beatrice Secchi, candidata al C.S.M. per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022
di Antonella Magaraggia
Come ti racconteresti a un elettore che non ti conosce?
Sono entrata in magistratura nell’ottobre del 1991 e ho sempre svolto le mie funzioni come giudice presso il Tribunale di Milano, occupandomi per oltre 25 anni del settore penale (prima al GIP, poi al dibattimento dove, tra l’altro, per dieci anni ho trattato reati contro i soggetti deboli). In passato sono stata membro del Consiglio Giudiziario di Milano. Dalla fine del 2019 svolgo le mie funzioni presso la sezione civile che si occupa di diritto di famiglia. Ho sempre avuto particolare interesse per i settori nei quali più evidente è la necessità di tutela dei diritti fondamentali delle persone e delle fasce deboli (benché sia evidente che ognuno di noi, in qualunque settore operi, tutela diritti). In questa prospettiva, ho dedicato particolare attenzione non solo alle problematiche afferenti la migliore tutela dei cd. soggetti deboli, ma anche a quelle relative alla tutela dei diritti degli imputati con disagio psichico e ho collaborato sia per la predisposizione di un Protocollo operativo in tema di misure di sicurezza psichiatriche sia per la formazione nella relativa materia. Ho sempre cercato di evitare un approccio burocratico al lavoro, cercando di cogliere le vicende umane sottese ad ogni fascicolo.
La consiliatura che volge al termine è stata travolta dalla cd. questione morale, che ha portato la magistratura a un minimo storico di credibilità, sia all’interno che nella valutazione dei cittadini. In che modo si può invertire la rotta?
Gli eventi della primavera del 2019 sono stati assolutamente dirompenti e hanno reso palese una realtà drammatica, della quale peraltro si avevano vari segnali. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Una delle più gravi è -secondo me- l’ attuale disaffezione di molti colleghi (soprattutto i più giovani) per qualsiasi forma di partecipazione alla vita associativa, l’astensionismo dal voto, la sfiducia profonda nell’organo di autogoverno. E’ assolutamente necessario, anche in considerazione della ritrovata possibilità di svolgere di nuovo riunioni in presenza, iniziare nuovamente a confrontarsi negli uffici (e non solo tra appartenenti allo stesso gruppo), parlare con i colleghi più giovani (che guardano ai più anziani con forte sospetto), spiegare loro, da un lato, le ragioni della necessità di impegno nella vita associativa e , dall’altro, aiutarli ad elaborare una visione del nostro lavoro non burocratica, ma realmente impegnata. Sarà poi imprescindibile un’azione estremamente chiara e trasparente del Consiglio, come dirò di seguito.
L’attività del Consiglio è spesso - e ingiustamente - ricondotta alle nomine dei direttivi e dei semidirettivi. In realtà riguarda molto altro (l’organizzazione degli uffici, le condizioni di lavoro, le valutazioni di professionalità, i carichi di lavoro ecc.). Ritieni che ci siano cambiamenti da portare?
Nelle condizioni che si sono venute a determinare questo Consiglio ha svolto un’opera per molti versi meritoria, confrontandosi con le numerose vicende interne ed esterne con grande trasparenza. Si è però chiaramente pagato un prezzo sul piano della efficienza, perché i tempi delle nomine o delle valutazioni di professionalità si sono dilatati oltremodo rispetto al passato, con criticità nella percezione dei colleghi.
Per quanto riguarda le altre materie, andrà affinata la riflessione ordinamentale sugli uffici requirenti, proseguendo nell’adozione di strumenti di normazione secondaria rispondenti alle peculiarità degli uffici, temperando l’ organizzazione gerarchica voluta dal legislatore sin dal 2006 e adattandola ai principi costituzionali di soggezione dei magistrati solo alla legge.
Sono anni che sento i colleghi lamentarsi del fatto che le Procure dal 2006 in poi sono diventate “caserme”; la gestione dell’ufficio requirente non può essere assembleare, ma nemmeno autocratica; il Consiglio deve lavorare su questo crinale sia per eventuali miglioramenti della circolare sia in settima commissione sui casi concreti che non di rado presentano importanti criticità. E’ però necessario che il nuovo Consiglio sappia affrontare e reagire a narrazioni, sempre più diffuse, che vedono gli Uffici delle Procure come “partito dei p.m.” che partecipa alla lotta politica adottando decisioni non nell’ambito delle proprie attribuzioni e responsabilità, ma in vista della tutela di questa o quella parte politica o interesse economico-finanziario. Si tratta di una deriva che ha gravi meccanismi distorsivi.
Per quanto attiene agli uffici giudicanti, la cultura tabellare può dirsi ormai radicata, anche se forse -nei limiti del possibile- sarebbe necessaria una maggiore semplificazione.
Più in generale, quello della semplificazione -delle procedure, delle circolari, persino, direi, del “linguaggio”- è un tema sensibile, che può fare recuperare credibilità al Consiglio.
Nei programmi di ogni tornata elettorale si parla di trasparenza dell’attività del Consiglio e di semplificazione delle procedure, finalità solo in parte raggiunte. Quali le tue proposte?
In punto “trasparenza attività del consiglio” innanzitutto sarà necessario proseguire nella via tracciata da questo CSM con la rigida calendarizzazione delle varie pratiche (in primo luogo quelle di nomina dei direttivi e semi direttivi) secondo criteri oggettivi e predeterminati, la velocità nelle nomine, la massima attenzione alle difficoltà specifiche di ogni singolo ufficio. Tutto questo nella certezza che solo un lavoro intenso, di qualità, efficiente e verificabile potrà consentirci di acquisire, come è stato in tante stagioni passate, la fiducia dei cittadini.
Più nello specifico, sarà necessario continuare con la notifica settimanale degli ordini del giorno sulla posta elettronica di tutti i magistrati e con un’informazione capillare su qualsiasi intervenuta modifica tabellare nell’ufficio di appartenenza consentendo di seguire l’attività consiliare pressoché quotidianamente.
Il “Diario” è anche riuscito a fornire spiegazioni in ordine alle dinamiche consiliari. La mia proposta per mantenere questo stesso livello di qualità e puntualità nell’ informazione è quella di garantire la pubblicazione della calendarizzazione dei lavori delle commissioni e rendere noto lo stato delle singole pratiche per fare in modo che ogni magistrato possa accedere alle necessarie informazioni, senza dovere acquisirle con modalità “informali” (insomma creare un sistema di tracciabilità tipo “pacco Amazon”).
Per la semplificazione mi riporto a quanto ho detto sopra.
Gli uffici sono attualmente impegnati nell’attuazione del programma riguardante PNRR, anche tramite gli Uffici per il processo. Come pensi debba muoversi il Consiglio nel monitorare/valutare i risultati e nei rapporti con il Ministero della giustizia?
L’Ufficio per il processo rappresenta una grande opportunità per migliorare il nostro modo di lavorare, ma perché questo possa veramente accadere è necessaria la disponibilità dei magistrati a modificare alcune abitudini lavorative e una dirigenza capace di organizzare l’attività degli UPP. Pur trattandosi di assunzioni temporanee, destinate al solo settore giudicante, un loro appropriato utilizzo potrebbe apportare consistenti miglioramenti, consentendo che l’attività del giudice si concentri sugli aspetti essenziali. E’ però necessario un valido coordinamento nell’organizzazione di queste attività, per fare in modo che risorse fondamenti non vengano disperse o utilizzate in modo inappropriato (per lo svolgimento di incombenze non strettamente funzionali all’ obiettivo). Lo scopo fondamentale del PNRR è sicuramente la riduzione dei tempi del processo e, dunque, l’abbattimento dell’arretrato: è quindi necessario, e ormai assolutamente urgente, offrire agli UPP un’adeguata formazione, dotarli di risorse tecnologiche e materiali e inserirli in uno schema organizzativo attentamente pensato e ben definito.
Proprio in riferimento all’informatizzazione degli Uffici e alla dotazione delle risorse, dovrà essere sempre più proficua la collaborazione fra le strutture del Consiglio ed il Ministero, nel rispetto della rigida ripartizione delle competenze voluta dalla Costituzione. E’ infatti necessario evitare sconfinamenti delle competenze ministeriali che tendono, secondo la normativa ordinaria ed la riforma dell’ordinamento giudiziario, ad ampliarsi.
In tre parole, come vorresti definire il Consiglio che verrà?
Indipendenza, rigore morale, semplificazione.