GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    ​Intervista a Maurizio Carbone, candidato al C.S.M. per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    ​Intervista a Maurizio Carbone, candidato al C.S.M. per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    Intervista a Maurizio Carbone, candidato al C.S.M. per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    di Donatella Palumbo

    Maurizio Carbone è procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Taranto dal mese di novembre 2017, ufficio nel quale ha assunto le sue prime funzioni di sostituto procuratore dal dicembre 1995, dopo avere svolto il periodo di tirocinio presso gli Uffici giudiziari di Napoli. È stato Segretario Generale dell’Associazione Nazionale Magistrati dal 2012 al 2016 e Presidente nazionale del gruppo Area Democratica per la Giustizia nel biennio 2017/2019. Il 18 e il 19 settembre 2022 si vota per il rinnovo della componente togata del Consiglio Superiore della Magistratura e Maurizio Carbone propone la sua candidatura per la categoria P.M. nel collegio 2.

    L’immagine della magistratura e la sua credibilità agli occhi dei cittadini risultano in parte offuscate dopo la vicenda dell’Hotel Champagne. Ciò ha comportato anche l’acuirsi della diffidenza e della disaffezione rispetto alla vita associativa, specialmente nei magistrati più giovani. Come è possibile recuperare la fiducia dei cittadini nella magistratura e, in particolare, nel governo autonomo della stessa da parte degli stessi magistrati?

    I prossimi eletti al C.S.M. avranno il compito di restituire piena autorevolezza al sistema di autogoverno della Magistratura, quale massima garanzia per la tutela dell’autonomia e dell’indipendenza, nell’interesse di tutti i cittadini. Tale obiettivo andrà perseguito assicurando la massima trasparenza e una maggiore tempestività nella trattazione delle pratiche, valorizzando il lavoro dei consigli giudiziari, con i quali andrà realizzata una costante interlocuzione anche istituendo una struttura apposita, che assicuri il collegamento e la rapida ed effettiva comunicazione istituzionale fra Consiglio e organi periferici. Questo percorso passa anche attraverso una attenta e democratica selezione delle candidature. Il passaggio dal collegio unico nazionale a collegi più piccoli per i giudici di merito e i due macro collegi per la categoria dei P.M. potrà favorire una maggiore conoscenza dei candidati da parte degli elettori e un maggiore collegamento con i territori di riferimento. Questo consentirà ai magistrati di esprimere un voto consapevole e informato tra una pluralità di candidati, potendo meglio conoscere il loro percorso professionale e associativo, evitando gli errori del passato che ancora oggi stiamo pagando.

    Spesso i colleghi si lamentano della scarsa trasparenza delle decisioni consiliari, ad esempio per la difficoltà di conoscere gli esiti delle partecipazioni agli interpelli. Quale deve essere il metodo di lavoro del Consiglio Superiore della Magistratura per ovviare a tali criticità?

    L’obiettivo di assicurare la massima trasparenza delle procedure e dei tempi di ogni pratica passa anche attraverso una corretta ed uniforme comunicazione istituzionale. Appare in tal senso necessario operare con urgenza per migliorare il sito internet, con l’adozione di un canale informativo ufficiale che consenta agevolmente di seguire l’iter delle pratiche, inibendo così il ricorso a canali informali. Anche in questo modo si superano certe cattive prassi che costituiscono una degenerazione del correntismo. Con riferimento, in particolare, al conferimento degli incarichi, occorrerà dare massima applicazione alle positive indicazioni provenienti dalla riforma che prevede tra l’altro la pubblicazione di tutti gli atti del procedimento, comprese le autorelazioni, con la sola deroga dei dati sensibili.

    Il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura nei prossimi anni si rivelerà essenziale perché dovrà attuare la riforma ordinamentale appena approvata con legge n. 71/2022, valorizzandone al massimo le parti positive e vigilando attentamente sulla stesura dei decreti delegati, disincentivando in particolare carrierismo e burocratizzazione. In particolare, quali sono gli aspetti su cui riporre maggiore attenzione in ordine all’organizzazione degli Uffici di Procura?

    La riforma Cartabia delinea un modello di magistrato burocrate, timoroso, che tende ad uniformarsi agli indirizzi giurisprudenziali prevalenti, piuttosto che concorrere alla evoluzione del diritto vivente. Sarà compito del prossimo C.S.M. opporsi a questo modello e valorizzare la professionalità e la passione dei tanti magistrati italiani, respingendo il rischio di un approccio difensivo nell’esercizio di una giurisdizione sempre più schiacciata dai numeri e dal timore di sanzioni disciplinari, comunicando fiducia ai colleghi più giovani. Il Consiglio dovrà intervenire con atti di normazione secondaria per cercare di arginare e depotenziare gli aspetti negativi della riforma, impedendo possibili interpretazioni deteriori, eccentriche rispetto all’assetto costituzionale. Occorre contrastare anche il principio di sempre maggiore gerarchizzazione degli Uffici, specie quelli di Procura ma non solo, per affermare un’idea di magistratura orizzontale. Si potrà contrastare in questo modo la tendenza alla gerarchizzazione, anche utilizzando al meglio la modifica normativa che impone l’approvazione dei Progetti organizzativi degli uffici requirenti, vigliando però che la prevista interlocuzione del Ministro della Giustizia sia limitata alle sole parti di sua competenza che riguardano la distribuzione di beni e risorse.

    Il 17 e 18 maggio 2019 il gruppo di Area Democratica per la Giustizia organizzò a Bari un seminario dal titolo “A Sud. Pensieri meridiani della giurisdizione” ove emersero una serie di criticità nell’esercizio della giurisdizione nel meridione d’Italia. Agli inizi di giugno, come coordinamenti territoriali pugliesi di Area Democratica per la Giustizia, avete promosso il documento “Giudici al sud” con l’auspicio di trasformare la “questione meridionale” in “occasione meridionale” dando nuovo slancio alle sedi di frontiera, ove lavorano la maggior parte dei magistrati di prima nomina. Come si prefigura l’azione del prossimo Consiglio Superiore della Magistratura al fine di migliorare l’esercizio della giurisdizione e le condizioni di lavoro nella difficile realtà meridionale e quali sono gli ambiti ove è prioritario agire?

    La problematica degli uffici giudiziari meridionali non può ridursi al solo problema della carenza degli organici che purtroppo affligge tutta la Penisola o alle questioni che riguardano il processo penale. Non c’è dubbio che il problema maggiore è quello della lentezza dei processi e in tal senso, ancora una volta, il legislatore con la Riforma Cartabia ha dato una risposta ampiamente insoddisfacente. L’introduzione dell’istituto della improcedibilità non solo non costituisce una soluzione a tale problema, ma anzi rischia concretamente di vanificare quanto raccolto nella fase investigativa, nonché il lavoro dei giudici di primo grado, i più impegnati sul fronte della formazione della prova. La fase emergenziale seguita al diffondersi della pandemia ha dato una forte accelerazione alla informatizzazione, ma restano enormi problemi nel settore dell’edilizia giudiziaria. È un grave errore strategico dimenticare inoltre che l'affermazione della legalità costituzionale passa anche dalla effettiva rapidità della giustizia civile e dalla probita’ di tutti gli attori pubblici e privati. Siamo consapevoli che soprattutto al Sud un’edilizia giudiziaria inadeguata, le condizioni di lavoro opprimenti, il continuo ricambio e le carenze di organico rendono l’esercizio della giurisdizione, specie nelle sedi di frontiera, quasi un atto di quotidiano eroismo giudiziario. Conosco da anni la realtà pugliese e meridionale e in queste settimane ho incontrato tanti colleghi impegnati in sedi giudiziarie complesse. Le esperienze vissute da molti di loro ci raccontano di grandi sfide raccolte con coraggio, di uffici giovani dove si respira entusiasmo e solidarietà. Ribadisco, sarà compito del prossimo C.S.M. valorizzare la professionalità e la passione dei tanti magistrati italiani, restituendo loro serenità e fiducia. Per realizzare tale obiettivo sarà di primaria importanza instaurare un dialogo proficuo con il Ministero della Giustizia in vista della stesura dei decreti delegati, anche con riferimento all’attuazione del P.N.R.R., evidenziando tempestivamente le carenze organizzative e di mezzi e contrastando la deriva produttivistica diretta a raggiungere gli ambiziosissimi obiettivi che sono stati fissati.

    Quali sono i valori a cui deve ispirarsi, oggi, un magistrato progressista e quale sarà la cifra peculiare dell’azione progressista in seno al prossimo Consiglio Superiore della Magistratura?

    La credibilità del nostro sistema si tutela certamente assicurando un metodo di selezione dei dirigenti degli uffici basato su criteri trasparenti che sappiano valorizzare il merito, le capacità organizzative, le attitudini, attraverso un corretto circuito di informazioni che sappia valutare e premiare soprattutto il lavoro giurisdizionale rispetto alle cd. “carriere parallele”, ma per realizzare concretamente l’obiettivo di una svolta che tutti auspichiamo oggi è determinante interrogarci sulla necessità di un radicale mutamento culturale, che richiede una seria riflessione sul nostro modo di essere e di interpretare il ruolo che ognuno di noi è chiamato a svolgere nell’associazionismo e nella professione. Appare necessario il diffondersi di una modello di magistrato attento ai valori della giurisdizione che rifugga dalla tentazione del carrierismo. La legittima aspirazione ad un incarico non può trasformarsi in incontrollata ansia di carriera: la nomina alla dirigenza di un ufficio non può essere considerata né vissuta come un premio alla carriera, ma deve rispondere a un effettivo bisogno di efficienza della giurisdizione. Anche il C.S.M. con il proprio operato dovrà seguire questa direttiva, attraverso una valorizzazione del concreto lavoro giudiziario, respingendo le forme di esasperato carrierismo. Solo se maturiamo tutti questa convinzione, questa coscienza, potremo davvero restituire credibilità all’intera magistratura. Allo stesso tempo si impone sempre maggiore attenzione e rigore per le condotte che ledono gravemente l’etica del magistrato. Molte vicende giudiziarie ripropongono drammaticamente l’attualità della questione morale e l’esigenza, mai trascurata, di combattere con rapidità e fermezza ogni opacità di condotta, soprattutto nell’esercizio delle funzioni.

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