GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Intervista ad Antonello Cosentino, candidato al CSM per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    Intervista ad Antonello Cosentino, candidato al CSM per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    Intervista ad Antonello Cosentino, candidato al CSM per le elezioni del 18 e 19 settembre 2022

    di Federica Salvatore 

    Quali sono le tue pregresse esperienze professionali, anche in ambito associativo e istituzionale? Pensi che possano costituire un utile bagaglio per affrontare le sfide del futuro Consiglio?

    Sono in magistratura dal 1986.

    Nei primi anni ho fatto il pretore, prima a Siena e poi a Prato, svolgendo funzioni sia civili che penali; ho fatto anche il giudice del lavoro e il giudice tutelare. Fu una esperienza professionale molto arricchente, anche da un punto di vista umano. Il pretore era un giudice di prossimità, aveva un rapporto diretto con le persone, incideva in modo immediato nel territorio dove operava.

    Dopo la soppressione delle preture ho fatto per undici anni il giudice civile presso il Tribunale di Firenze e, dal 2010, lavoro presso la Corte di cassazione; attualmente faccio parte della seconda sezione civile della Corte e delle Sezioni Unite Civili.

    Per rispondere alla tua domanda, raggrupperei in cinque capitoli le esperienze che - portandomi ad incrociare temi e riflessioni legati all’ordinamento della magistratura, alla sua organizzazione, ai suoi rapporti con le altre giurisdizioni e con gli altri Poteri dello Stato – penso di poter valorizzare qualora fossi eletto al CSM; proprio tali esperienze, del resto, hanno maggiormente pesato sulla mia scelta di candidarmi.

    Il primo capitolo è quello delle esperienze nel campo dell’organizzazione del lavoro giudiziario.

    Nel 2004, presso il Tribunale di Firenze, ho coordinato la prima, artigianale, “Commissione Flussi” interna al tribunale, costituita per perequare il carico delle diverse sezioni civili; quando, nel 2006, il CSM istituì le Commissioni Flussi Distrettuali, sono stato presidente della Commissione Flussi del distretto della Corte di appello di Firenze negli anni 2006/2008 e componente della stessa negli anni 2008/2010.

    Nel 2008 ho partecipato, quale referente per il Tribunale di Firenze, al Progetto interregionale/transnazionale “Diffusione di best practices presso gli uffici giudiziari italiani” e ho seguito l’introduzione presso il medesimo Tribunale della Cancelleria telematica (piattaforma informatica che la Regione Toscana aveva messo a disposizione degli uffici giudiziari del suo territorio e che offriva utilità parzialmente paragonabili a quelle successivamente offerte dal programma ministeriale del Processo Civile Telematico).

    Ho poi fatto parte della S.T.O. - Struttura Tecnica per l’Organizzazione - per il periodo dal 2010 al 2013, rivivendo, su scala maggiore, i medesimi motivi di difficoltà e, al contempo, di interesse dell’esperienza della prima Commissione Flussi distrettuale: si trattò, in entrambe le situazioni, di far partire da zero l’attività di un organismo collegiale di nuova costituzione, dedicato all’osservazione e all’analisi dei problemi dell’organizzazione del lavoro giudiziario.

    L’esperienza della S.T.O. è stata di straordinaria ricchezza perché la sua attività incrociava tutti i nodi dai quali si dipanano i fili che oggi muovono la governance degli uffici giudiziari, dalla rilevazione, lettura e gestione dei dati relativi ai flussi di lavoro degli uffici (anche nel rapporto tra CSM, uffici giudiziari e Ministero della giustizia, nella duplice articolazione DGSTAT e DGSIA) all’ utilizzo di piattaforme informatiche ministeriali e non ministeriali, dalla creazione di banche dati delle buone prassi all’attuazione dell’articolo 37 d.l. 98/2011 in materia di definizione del “carico esigibile” di lavoro per i magistrati.

    Il secondo capitolo riguarda le esperienze ordinamentali.

    Sono sempre stato convinto che l’autogoverno della magistratura sia un onere, oltre che un onore, che non riguarda solo il circuito  CSM - Consigli giudiziari - dirigenti degli uffici, ma riguarda tutti noi; ogni magistrato porta su di sé la propria parte di responsabilità nell’autogoverno, che si esercita, in primo luogo, partecipando attivamente alle scelte relative all’organizzazione e  gestione del proprio  ufficio, ma anche partecipando agli organismi istituzionali: sono stato membro supplente del Consiglio Giudiziario presso la Corte d'Appello di Firenze per due consiliature, ho fatto parte, sempre presso la Corte d'Appello di Firenze,  della Commissione Uditori, sono stato componente della Commissione per il conferimento delle funzioni legittimità per il biennio 2019 – 2021, operando in relazione ai concorsi per posti di Sostituto Procuratore Generale e di Consigliere di Cassazione banditi nel 2019 e nel 2020.

    Inserisco tra le esperienze ordinamentali anche quella di difensore in sede disciplinare; prima di entrare a far parte delle Sezioni Unite Civili, ho difeso diversi colleghi davanti alla Sezione disciplinare del CSM, prevalentemente in procedimenti per ritardo nei depositi dei provvedimenti. Si è trattato di esperienze importanti, anche emotivamente, che mi hanno consentito di guardare da una prospettiva peculiare molti temi ordinamentali, a partire da quelli organizzativi. Proprio la difesa disciplinare di un collega – nel procedimento nei cui ambito le Sezioni Unite hanno operato, con la sentenza n. 2948/16, uno storico revirement in materia di responsabilità per ritardi nel deposito di provvedimenti - mi ha offerto l’occasione per affrontare a fondo i temi del rapporto tra la responsabilità del singolo e la responsabilità dell’ufficio e della necessità di leggere la responsabilità del singolo alla luce delle complessive modalità di gestione del suo ruolo in tutte le fasi del processo.

    Il terzo capitolo è quello delle esperienze nel campo della formazione.

    Ho collaborato molto spesso, e con molto entusiasmo, alle attività di formazione dei colleghi, nel solco tracciato dalla straordinaria personalità di Carlo Verardi, fin da quando la formazione era gestita dalla IX Commissione del CSM, prima della costituzione della Scuola Superiore della Magistratura. Ritengo che la qualità e la ricchezza della formazione permanente dei magistrati italiani sia da preservare e potenziare, nella costruzione di una dialettica sempre più articolata e costruttiva tra CSM e SSM, perché credo che un adeguato sistema formativo costituisca un potente fattore di salvaguardia della autonomia e indipendenza della Magistratura. Penso, anzi, che sia necessario aprire una concreta riflessione sulla necessità che la Scuola Superiore della Magistratura si faccia carico anche della formazione antecedente al concorso e che venga in qualche forma coinvolta nella stessa procedura concorsuale.

    Il quarto capitolo riguarda il rapporto con l’Avvocatura

    Sono sempre stato convinto della necessità di un dialogo serrato con l’Avvocatura. Ho partecipato con grande convinzione, fin dagli esordi, alla esperienza degli Osservatori per la giustizia civile, concorrendo alla costituzione dell’Osservatorio per la giustizia civile di Firenze ed alla redazione del suo primo Protocollo e collaborando alla creazione della rete degli Osservatori. Pur consapevole della diversità di contesti tra il civile ed il penale, ritengo che l’Avvocatura sia un interlocutore naturale, e ineludibile, di una Magistratura che intenda farsi pienamente carico della funzione di tutela dei diritti affidatale dalla Costituzione.

    Infine, le esperienze associative.

    Mi sono costantemente impegnato, a livello locale, nell'Associazione Nazionale Magistrati, ritenendo doveroso salvaguardarne e valorizzarne la storica funzione di casa comune dei magistrati italiani. Sono stato quindi Presidente della G.E.S. Toscana dell’A.N.M. nel 2002; in quella veste promossi incontri e dibattiti con esponenti dell'associazionismo forense e del mondo accademico, oltre che con partiti, sindacati e associazioni culturali, per allargare il fronte del contrasto alla riforma dell’ordinamento proposta dal ministro Castelli e per sensibilizzare l'opinione pubblica alla protesta culminata nello sciopero all'epoca indetto A.N.M.

    Sono stato altresì Presidente della G.E.S. Cassazione dell’A.N.M. negli anni 2016/2017, quando la Giunta sezionale della Cassazione si è dovuta confrontare con la riforma del giudizio civile di cassazione, con l’abolizione dell’appello nei procedimenti di protezione internazionale e con il Memorandum sulle tre giurisdizioni, presentato al Capo dello Stato dai presidenti della Corte di cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti e tendente ad integrare la composizione delle Sezioni Unite Civili della Cassazione con la presenza di Consiglieri di Stato e di Consiglieri della Corte dei conti  quando vengano in decisione questioni di interesse comune al giudice ordinario ed ai  giudici speciali. Proprio quest’ultima occasione, insieme con l’attività giurisdizionale svolta nelle Sezioni Unite Civili in materia di riparto di giurisdizione, mi ha fatto toccare con mano la rilevanza del tema dei rapporti tra la magistratura ordinaria e le altre magistrature dello Stato.

    La magistratura vive una profonda crisi di credibilità, sia esterna che interna: quali sono le ragioni che ti hanno indotto a candidarti in un momento così difficile? Cosa ritieni che il prossimo Consiglio possa fare per recuperare una diversa opinione nei cittadini?

    Il prossimo CSM dovrà lavorare su tre versanti, uno rivolto alla magistratura, uno rivolto al mondo politico-istituzionale e uno rivolto alla società.

    Sul primo versante, io credo sia necessario attuare tre parole d’ordine: trasparenza, efficienza, autorevolezza.

    La trasparenza è la precondizione della fiducia. Trasparenza significa molte cose. Significa adottare procedure che consentano ad ogni magistrato di ricevere le informazioni relative allo stato dei procedimenti amministrativi che lo riguardano attraverso canali istituzionali. Significa rendere accessibili, nel rispetto della disciplina sulla tutela della riservatezza, gli atti su cui si fondano le valutazioni consiliari. Significa rendere le ragioni delle decisioni consiliari chiaramente comprensibili agli occhi dei colleghi e dell’opinione pubblica.

    L’efficienza si misura dalla capacità di provvedere tempestivamente all’attività di autogoverno. Il CSM è quotidianamente investito da una enorme quantità di decisioni da prendere e le sue strutture sono oggettivamente limitate. Si dovrebbe, a mio avviso, potenziare il raccordo tra CSM e consigli giudiziari, in modo da valorizzare il ruolo di questi ultimi nella trattazione delle pratiche che non presentino particolari   problemi, così da consentire al Consiglio di concentrare le proprie energie per affrontare celermente le questioni che maggiormente richiedono la spendita di poteri discrezionali.

    L’autorevolezza, infine, si guadagna affidando la credibilità delle decisioni consiliari più alla loro intrinseca ragionevolezza che al rispetto di un reticolo di regole minute derivanti da una normazione secondaria che andrebbe sfoltita e semplificata.

    Sul secondo versante, quello del rapporto con il mondo politico-istituzionale, il CSM dovrà difendere fermamente - nel contesto, presumibilmente difficile, che risulterà dall’esito delle prossime elezioni politiche - il modello di magistratura disegnato la nostra Costituzione, costituita come un “ordine” non gerarchico, autonomo e indipendente da ogni altro “potere”, legittimato dalla soggezione “soltanto” alla legge.

    Tale difesa non passa soltanto dall’elaborazione della normazione secondaria conseguente alla riforma Cartabia, dove si tratterà di garantire l'indipendenza interna del magistrato, contrastando la tendenza al ripristino di modelli di organizzazione gerarchica all'interno degli uffici e battendosi contro la indebita sovrapposizione tra sistema delle impugnazioni e organizzazione della magistratura in uffici sovraordinate sottordinati; ma passa anche da un  efficace contrasto all’ ipotesi di creazione di un’ Alta Corte disciplinare (oggetto di una proposta di legge di revisione costituzionale presentata dal Partito democratico); dal contenimento delle spinte alla ridefinizione della posizione della Cassazione nei confronti del Consiglio di Stato; dalla regolazione dei rapporti con il Ministero della giustizia, anche - e soprattutto - nella materia disciplinare  e in quella delle scelte organizzative degli uffici.

    Sul terzo versante, quello del rapporto con la società, è necessario un rinnovato sforzo di dialogo con altri segmenti della società italiana disposti a farsi carico del tema della tutela dei diritti; penso, in primo luogo, all'Avvocatura ed al mondo accademico. La magistratura, e in essa il CSM, deve parlare e deve ascoltare.

    Il nuovo Consiglio avrà il delicato compito di dare un contributo sulle misure di attuazione della riforma Cartabia. Quali sono gli aspetti che ritieni più delicati per gli uffici giudicanti e su quali punti ritieni che il nuovo CSM debba concentrare maggiormente l’attenzione?

    Come già ho accennato, la riforma Cartabia tende ad inserire elementi di verticismo nella struttura della magistratura italiana; lo si coglie, ad esempio, nella norma che prevede la valutazione del rispetto, da parte del magistrato, dei programmi annuali di gestione ex art. 37 d.l. n. 98/2011, o nella norma che valorizza, a fini valutativi, l’esito degli affari nelle fasi o nei gradi successivi del procedimento; lo si coglie anche nella enfatica indeterminatezza di talune previsioni disciplinari,  come quella che sanziona il ricorso allo strumento comunicativo della conferenze stampa al di fuori dei casi   «di  particolare  rilevanza  pubblica  dei fatti». Il CSM dovrà offrire una interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni - ovviamente nei limiti del rispetto del loro tenore letterale - tanto nella normazione secondaria di sua competenza quanto in sede di giurisprudenza disciplinare.

    La magistratura è composta da numerosi colleghi che non hanno ancora conseguito la seconda valutazione di professionalità, i quali si trovano ad operare in Tribunali dove i carichi e le condizioni di lavoro sono spesso più pesanti che in altri Uffici. Quale ritieni debba essere, in generale e con specifico riferimento alla posizione di tali colleghi, il contributo del nuovo consiglio in materia di valutazioni di professionalità e miglioramento delle condizioni di lavoro?

    Spesso i colleghi entrati in servizio da poco si trovano in uffici distanti dalle loro sedi di origine, gravati da carichi di lavoro molto pesanti, pressati dall’esigenza di rispettare gli obbiettivi quantitativi fissati dai dirigenti, intimoriti dalla prospettiva delle valutazioni di professionalità. 

    Io credo che il CSM debba impegnarsi per dare serenità a questi colleghi, favorirne i percorsi formativi, moltiplicare le occasioni di confronto, valorizzare le loro iniziative di partecipazione ai meccanismi dell’autogoverno; in sintesi: ascoltarli.

    C’è poi il tema - che riguarda tutti i magistrati, non solo i più giovani - del benessere organizzativo; so bene che in molte realtà (non solo in quelle più periferiche e non solo negli uffici di primo grado) i carichi di lavoro sono così gravosi da assorbire la maggior parte del tempo e delle energie dei colleghi; bisogna intervenire coprendo gli organici degli uffici, diffondendo le buone prassi organizzative, utilizzando al meglio l’ufficio del processo.  I magistrati devono poter trovare il tempo per leggere un romanzo, ascoltare un concerto, vedere un film; perché non sa niente di diritto chi sa solo di diritto.

    Spesso i colleghi si lamentano della scarsa trasparenza dell’attività consiliare. Ritieni che questo sia un punto sul quale il prossimo consiglio debba intervenire e se sì, con quali misure?

    Trasparenza, come accennavo prima, significa molte cose. Due mi sembrano quelle su cui il prossimo CSM dovrà intervenire prioritariamente.

    La prima consiste nell’aggiornare e rendere più fruibile la propria piattaforma informatica, così da consentire a tutti i colleghi di avere in tempo reale notizie sullo stato dei procedimenti che li riguardano e, comunque, di seguire, ovviamente nel rispetto della disciplina sulla tutela della riservatezza, i lavori consiliari.

    La seconda consiste nell’operare sullo stile redazionale dei propri atti, soprattutto quelli di normazione secondaria. So che è molto complicato (il tema del drafting dei testi normativi è un tema dibattuto da decenni) ma bisogna fare ogni sforzo per pervenire a testi agili, sintetici, facilmente leggibili.

    Visti gli ambiziosi obiettivi richiesti dal PNRR, ritieni che una diversa e più efficace distribuzione delle risorse possa contribuire in modo più efficiente al raggiungimento degli obiettivi? Quali sono a tuo avviso gli strumenti possibili nell’azione consiliare per coniugare qualità e produttività?

    Mi pare difficile ipotizzare una nuova revisione della geografia giudiziaria, a dieci anni da quella di cui al decreto legislativo n. 165 del 2012.

    Il tema della produttività, d’altra parte, va necessariamente coniugato, come tu giustamente sottolinei, con quello della qualità. Noi dobbiamo sempre ricordarci che, dietro le carte che troviamo sulle nostre scrivanie, ci sono persone, sofferenze, speranze.

    Io credo che sia necessario

    - puntare sulla piena copertura degli organici, sollecitando il Ministero ad una regolare calendarizzazione dei concorsi in magistratura (meglio, a mio avviso, uno o due concorsi all’anno, tutti gli anni, per un numero contenuto di posti, che non concorsi sporadici per moltissimi posti);

    - valorizzare le possibilità offerte dall’impiego dei magistrati distrettuali;

    - sviluppare, tramite la SSM, un forte impegno formativo nei confronti dei magistrati onorari. 

    Il CSM, infine, dovrà concorrere, anche favorendo la circolazione delle best practices, alla uniforme valorizzazione delle utilità che si possono trarre dell’Ufficio per il processo. Quest’ultimo può infatti rappresentare, pur con suoi i limiti (temporaneità del rapporto di lavoro degli addetti, carenza di spazi, difficoltà della formazione) uno strumento prezioso per alleggerire il lavoro quotidiano del magistrato, liberando tempo da destinare allo studio, all’aggiornamento giurisprudenziale e, in ultima analisi, alla qualità del prodotto giurisprudenziale.

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