LE TABELLE DEGLI UFFICI GIUDIZIARI - prima parte -
Il sistema tabellare di Gianfranco Gilardi
Sommario : 1. Il Consiglio superiore della magistratura come vertice dell’organizzazione giudiziaria. - 2. Organizzazione degli uffici giudiziari e funzione delle direttive del Consiglio superiore della magistratura in materia tabellare. – 3. Le prime circolari in materia tabellare e gli sviluppi successivi. - 4. Il sistema tabellare e la riforma dell’ordinamento giudiziario.
1. Il Consiglio superiore della magistratura come vertice dell’organizzazione giudiziaria
Dell’insieme di norme e garanzie che costituiscono l’assetto costituzionale della magistratura assumono specifico rilievo quelle relative al Consiglio superiore della magistratura, concepito dal Costituente quale barriera contro i rischi di condizionamento che, nell'assetto dello Stato pre-repubblicano, derivavano dalla conformazione gerarchico - burocratica della carriere e dalla sua riconduzione alla sfera del controllo politico attraverso il circuito Ministro/Corte di cassazione/capi degli uffici giudiziari[1]. Sono stati così devoluti al Consiglio superiore della magistratura (art. 105 Cost.) i poteri in tema di assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati prima spettanti al Ministro, al quale rimangono attribuiti - ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, ed in una logica di leale cooperazione istituzionale più volte sottolineata dalla stessa Corte Costituzionale – l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (art. 110 Cost.).
Il sistema “tabellare”[2] è nato dall’intreccio dei due fattori più sopra indicati, e trova fondamento nel principio secondo cui l’organizzazione del lavoro giudiziario deve ispirarsi all’esigenza - comune a ogni ramo della pubblica amministrazione - di garantire il buon funzionamento e l’imparzialità del servizio e, insieme, a quella di assicurare che lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali avvenga al riparo da ogni condizionamento non solo esterno, ma anche interno alla magistratura. L’intera trama delle norme costituzionali sull’indipendenza dell’ordine giudiziario è posta a presidio di questa finalità ed è diretta ad evitare che la scelta del giudice nella singola controversia possa essere influenzata dagli interessi in gioco o dalla qualità delle parti. Pertanto, come l’assegnazione di ciascun magistrato a questo o a quel posto dell’organico deve avvenire in base a concorsi interni diretti a garantite la trasparenza delle procedure, l’obiettività delle scelte e la funzionalità del servizio, così i singoli affari debbono essere distribuiti in base a criteri oggettivi, predeterminati e insuscettibili di deroghe che non siano a loro volta obiettivamente motivate.
Per assicurare le indicate finalità, che attingono direttamente ai principi costituzionali del giudice naturale (art. 25 della Costituzione) e del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 della Costituzione), il Consiglio Superiore della magistratura emana periodicamente (salvo che non si rendano necessari specifici interventi per far fronte a particolari esigenze) apposite circolari contenenti i criteri cui attenersi nella formazione delle proposte di organizzazione degli uffici giudiziari e, cioè, nella formazione delle c. d. “tabelle”. Come si legge nelle diverse circolari che nel corso del tempo hanno disciplinato la formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti, il «sistema tabellare» costituisce il cardine della struttura organizzativa degli uffici, configurandosi come il primo essenziale atto organizzatorio degli uffici giurisdizionali, in quanto le tabelle delineano l'organigramma dell'ufficio, la sua ripartizione in sezioni, l'assegnazione alle stesse dei singoli magistrati ed i criteri di assegnazione degli affari giudiziari e, quindi, stabiliscono le linee informatrici dell'attività di organizzazione e ne consentono il controllo. Il procedimento di formazione delle tabelle, ed in particolare l'assegnazione degli affari effettuata secondo criteri obiettivi e predeterminati indicati in via generale, consente l'effettiva precostituzione del giudice naturale così come stabilito dall'art. 25 Costituzione[3], nonché la tendenziale attuazione dei valori di indipendenza interna (nel senso di assenza di ogni condizionamento proveniente dall'interno della stessa struttura giudiziaria), di inamovibilità ed imparzialità del giudice, nella consapevolezza che ogni assetto organizzativo non soltanto condiziona la funzionalità e l’efficienza del servizio, ma è altresì in grado di influenzare gli indirizzi, i modi di svolgimento e gli esiti stessi della giurisdizione: sicché la fisiologica discrezionalità spettante ai magistrati dirigenti nell’organizzazione degli uffici deve esercitarsi all’interno dei binari posti dalla normativa primaria e secondaria, anche allo scopo di garantire il principi per cui i magistrati non si distinguono tra loro se non per funzioni[4].
2. Organizzazione degli uffici giudiziari e funzione delle direttive del Consiglio superiore della magistratura in materia tabellare
I poteri del Csm in materia di organizzazione degli uffici giudiziari, discendenti dall’art. 105 della Costituzione e peraltro inseriti in un complesso sistema di garanzie tutte preordinate a tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, hanno natura amministrativa e sono diretti unicamente ad assicurare continuità ed unitarietà di indirizzo organizzativo. Neppure il Consiglio, infatti, potrebbe incidere sui contenuti della giurisdizione interferendo nell’attività interpretativa dei giudici. Si tratta invece di fare in modo che l’esercizio delle funzioni amministrative strumentali all’esercizio della giurisdizione, quali sono appunto le attività inerenti all’organizzazione degli uffici giudiziari, si svolgono in modo coerente e secondo indirizzi unitari, proprio allo scopo di tutelare l’indipendenza c. d. “interna” e la parità di trattamento dei magistrati contro possibili discriminazioni o arbitri nell’assegnazione dei posti o degli affari e, ad un tempo, di assicurare criteri di buona amministrazione nell’uso degli strumenti e delle risorse. Di qui l’esigenza che il Consiglio si ponga come momento di vertice rispetto ai dirigenti degli uffici giudiziari in capo ai quali (nonostante lo smantellamento del sistema gerarchico - burocratico delle carriere) sono rimasti concentrati per lungo tempo amplissimi poteri amministrativi ed organizzativi (dall'assegnazione dei processi alla sostituzione dei giudici, dalla gestione del personale a quella dei mezzi materiali) esercitabili e di fatto esercitati, in modo assolutamente discrezionale ed al riparo da efficaci controlli[5], e che sia ad esso attribuito il potere di impartire direttive vincolanti. Il Csm, beninteso, non può imporre direttamente moduli organizzativi, sostituendosi al potere di proposta spettante ai singoli dirigenti degli uffici, ma deve verificare che le proposte da questi formulate siano rispettose, oltre che delle norme di legge, delle direttive generali e dei principi di razionalità organizzativa. Le proposte tabellari, infatti, debbono costituire un vero e proprio progetto organizzativo funzionale all’esigenza di fornire una risposta tempestiva alla domanda di giustizia presente in ciascuna realtà territoriale, con l’obiettivo di massima efficienza che i dirigenti degli uffici giudiziari hanno il dovere di perseguire nel rispetto dei principi generali, delle norme sull’ordinamento giudiziario e delle direttive del Consiglio, che a partire dalla circolare relativa all’organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2002/2003 ha fatto esplicito richiamo, tra l’altro, al principio della ragionevole durata del processo poi anche formalmente enunciato dall’articolo 111 della Costituzione, e con la circolare relativa al biennio 2006 - 2007 ha introdotto le Commissioni per l’analisi dei flussi e delle pendenze, più comunemente denominate “Commissioni Flussi” che, in posizione strumentale rispetto all’operato del Consiglio giudiziario (ma con possibilità anche per il dirigente dell’ufficio di avvalersi del loro contributo), hanno il compito di valutare la correttezza dell’analisi dei flussi posta a base del programma organizzativo e l’idoneità della proposta tabellare al raggiungimento degli obbiettivi fissati[6].
Con delibera del CSM in data 23 luglio 2008 è stata inoltre istituita la Struttura Tecnica per l’Organizzazione (STO) prevista di cui all’art. 18 del Regolamento interno del Consiglio 2008 [7].
A proposito dei poteri regolamentari del Csm (di cui quelli in materia tabellare costituiscono una delle manifestazioni più significative) si è talvolta parlato di attività “paranormativa”, utilizzando un’espressione in qualche modo ambigua in quanto evocatrice di una sorta di sconfinamento del Consiglio dalle sue competenze istituzionali a quelle proprie del legislatore. In realtà tali poteri costituiscono naturale espressione della specifica collocazione istituzionale dell’organo quale vertice della magistratura dal punto di vista delle funzioni amministrative inerenti all’esercizio della giurisdizione e - risolvendosi nella preventiva determinazione dei criteri che il Consiglio intende applicare nell’esercizio dei propri compiti - si manifestano come momenti di autolimitazione della discrezionalità amministrativa e di certezza del comportamenti futuro cui si atterrà il titolare delle suddette competenze[8].
3. Le prime circolari in materia tabellare e gli sviluppi successivi
L'assetto normativo vigente costituisce il risultato di una evoluzione lunga e complessa che ha portato al formale e definitivo riconoscimento dell'esclusiva appartenenza al Consiglio superiore del potere di formazione delle tabelle degli uffici e della disciplina pressoché integrale del relativo procedimento. Il potere del Csm di emettere direttive per l'organizzazione ed il funzionamento degli uffici, oltre che nell’art. 105 della Cost., trova fondamento nelle disposizioni contenute nell'art. 10 bis della legge 195/1958 (introdotto dall’art. 4 d.l. 394/1987 conv., con modificazioni, nella legge 479/1987) e negli artt. 7 bis e ter del r.d. 12/1941, aggiunti dall’art. 3 d.p.r. 449/1988, con le successive modifiche di cui al d. lg. 51/1998, alla legge 63/2001, al d. lg. 106/2006 ed alla legge 111/2007.
L’importanza e la centralità della disciplina tabellare in vista della realizzazione del principio del giudice naturale è stata espressamente affermata dalla Corte costituzionale che nella sentenza 14 gennaio 1986, n. 4 evidenziò il ruolo di “pietra angolare” del Consiglio superiore della magistratura nell’ordinamento giudiziario, posto che, “per espresso dettato della Costituzione (artt. 104 -107) sono riservati al Consiglio superiore tutti i poteri in ordine allo status di tutti i magistrati ordinari, siano giudicanti o requirenti, collegiali o monocratici, professionali od onorari. Ed in coerenza con l'attribuzione della totalità dei poteri sui singoli magistrati si deve riconoscere che spetta ad esso di deliberare anche i provvedimenti riflettenti gli organi giudiziari oltre che il pubblico ministero”[9].
Le funzioni del Csm in materia tabellare hanno avuto una prima, significativa esplicazione con la circolare n. 81 del 1969. Dopo aver ribadito, alla stregua di un’interpretazione sistematica della normativa vigente, la propria competenza a provvedere sulla composizione di tutti gli uffici giudiziari (e, quindi, anche degli allora esistenti uffici della pretura che si volevano sottratti a tale competenza in base ad una lettura restrittiva dell’art. 63, 1° co. d.p.r. 916/1958), il Consiglio dispose che prima di formulare le proposte di assegnazione dei magistrati, i capi degli uffici dovessero interpellare gli interessati invitandoli ad esprimere eventuali rilievi, osservazioni e richieste, e stabilì che copia delle proposte fosse depositata nelle cancellerie delle corti d’appello, dei tribunali e delle preture divise in sezioni per consentire a tutti i magistrati di inoltrare direttamente al Consiglio le proprie richieste ed osservazioni. Con tale circolare venne tra l’altro prescritto che le assegnazioni tabellari, modificabili in corso d’anno solo previa adeguata motivazione, fossero effettuate unicamente in base ad esigenze di servizio, al fine di evitare ingiustificate trasmigrazioni da una sezione all’altra o, peggio, trasferimenti punitivi dei magistrati dal ramo civile a quello penale” in ragione del merito dei provvedimenti da loro adottati o delle opinioni da loro espresse[10] e furono indicati criteri per la salvaguardia di alcune esigenze fondamentali tra cui, in particolare, quella di ridimensionare le (allora) pletoriche sezioni civili nella prospettiva di rivalutazione della giurisdizione penale; quella di distribuire le eventuali carenze dell’organico proporzionalmente su ciascuna sezione e di operare un certo avvicendamento dei magistrati, al fine di evitare specializzazioni limitate a settori circoscritti; di seguire fra le sezioni civili e penali il criterio di un’equa distribuzione qualitativa; di costituire sezioni promiscue nei tribunale e nella preture divise in sezioni, sulla base tuttavia di una attribuzione rigidamente predeterminata e di una composizione precostituita. Di tale circolare meritano di essere segnalati l’esplicito riconoscimento che l’”attività dell’organo di autogoverno risulterà tanto più efficace nella misura in cui ciascun magistrato potrà responsabilmente contribuire all’elaborazione dei fondamentali indirizzi di gestione dell’apparato giudiziario”, e la sottolineatura della stretta connessione intercorrente tra i provvedimenti di organizzazione e le “fondamentali guarentigie dei giudici”, in particolare la garanzia dell’inamovibilità da intendersi tutelata alla stregua dell’art. 107 Cost. – come già precisato dallo stesso Consiglio nella circolare n. 7640 del 1971 – quale garanzia di stabilità nella carica, nella sede e nelle funzioni”. Tale disciplina non subì modifiche nel corso della 4^ consiliatura (1972-1976), caratterizzata dalla composizione non pluralistica dell’organo e dall’assoluta prevalenza che il sistema elettorale allora vigente riuscì ad assicurare ad un gruppo associativo. Mutata, nella successiva consiliatura (1976-1981) la composizione dei componenti elettivi, l’accresciuta e più incisiva consapevolezza del proprio ruolo da parte del Consiglio, la riconduzione del principio di inamovibilità al più complesso sistema dei valori costituzionali che tutelano l’indipendenza, anche interna, della magistratura[11], la tragica emersione del terrorismo nel Paese furono all’origine delle importanti innovazioni introdotte con la circolare 7 ottobre 1977, n. 5520 e della successiva integrazione del 13 febbraio 1979[12].
L’insieme dei principi organizzativi risultanti dalla circolare n. 5520/1977, e dalla sua integrazione del 1979, fu ulteriormente arricchito nel corso della successiva attività consiliare. I più significativi sviluppi si sono avuti lungo quattro direzioni fondamentali: una più dettagliata disciplina della precostituzione dei collegi; una più specifica e garantistica regolamentazione delle procedure relative ai tramutamenti interni dei magistrati, opportunamente estesa ed adattata anche alle assegnazioni degli uditori (ora, magistrati di prima nomina); un’esplicita attuazione del principio del giudice naturale anche con riferimento ai criteri di distribuzione degli affari; l’estensione delle regole tabellari – con i dovuti adattamenti – alla Corte di cassazione ed agli uffici delle Procure.
Il significato della regola relativa alla precostituzione – che aveva suscitato osservazioni da parte di alcuni presidenti di Corte d’appello – fu illustrato dal Csm già in una delibera del 20 luglio 1978 ove si metteva in luce che la precostituzione dei collegi giudicanti ed i criteri subordinati per un avvicendamento precostituito (o sostituzione) dei relativi componenti, trovavano
La mancanza di regole procedimentali chiare ed esplicite sul delicato punto relativo ai tramutamenti interni dei magistrati, aveva consentito il permanere di larghi spazi di discrezionalità nelle scelte dei dirigenti, scelte che venivano non di rado attuate secondo logiche cooptatorie ed in base a criteri personali che variavano a seconda delle circostanze. A partire dalla circolare n. 8745/1984, fu pertanto stabilito che i dirigenti, prima di formulare le proposte di tramutamento, dovessero dare comunicazione dei posti da coprire a tutti i magistrati dell’ufficio, assegnando loro un congruo termine per proporre domanda. Con la stessa circolare venne inoltre precisato che i dirigenti avrebbero provveduto all’assegnazione degli uditori alle sezioni o ai settori di servizio proponendo, non appena il Csm avesse deliberato sulla destinazione alle sedi, le relative variazioni tabellari destinate ad avere effetto con il conferimento delle funzioni in modo tale da consentire un efficace svolgimento del tirocinio mirato, salva diversa destinazione per comprovate esigenze di servizio. Quanto ai parametri di valutazione ad adottare ai fini delle proposte di tramutamento, i congiunti criteri delle attitudini, dell’anzianità di servizio nell’Ufficio e dell’anzianità nel ruolo, su cui le direttive avevano finito per assestarsi fin dal 1981 (circ. n. 7252/1981), vennero precisati, con la circolare n. 7551/1986, nel senso di dare la prevalenza al criterio dell’anzianità nel ruolo, con la specificazione che ove fosse stato preferito il più anziano nel ruolo nel caso di tramutamento a domanda, ovvero il meno anziano nel caso di tramutamento d’ufficio, avrebbero dovuto essere esplicitamente motivate le ragioni per le quali non si fosse ritenuto prevalente un altro criterio. Pur consapevole della inadeguatezza del criterio dell’anzianità come strumento capace di assicurare in ogni caso la scelta più opportuna sotto il profilo del miglior svolgimento del servizio, a tale precisazione il Consiglio era stato indotto dalla considerazione della non manipolabilità del criterio in esame e, quindi, dalla sua funzione garantistica in un contesto caratterizzato dalla radicale insufficienza degli strumenti di formazione e di rilevazione della professionalità dei magistrati[13]. Di qui l’esigenza di specifica motivazione per le proposte di tramutamento fondate su criteri diversi dall’anzianità nel ruolo, con l’ulteriore prescrizione secondo cui “i criteri orientativi delle proposte dei dirigenti avrebbero dovuto essere essenzialmente coerenti e uniformi, e cioè validi per tutti e non modificati da caso a caso in relazione alle singole proposte di variazione tabellare” (circ. n. 7551/1986; n. 6308/1987).
Ma non meno significativi e rilevanti furono gli sviluppi assunti dalle circolari nell’ulteriore, duplice direzione dianzi segnalata. Al graduale emergere, nel dibattito culturale e dottrinario, dei valori racchiusi nel principio del “giudice naturale”, che da norma preordinata a porre la magistratura al riparo da interferenze di poteri esterni e da principio regolatore di un ordinato sistema di competenze, era stato finalmente recepito nel suo significato di garanzia anche contro possibili deviazioni imputabili alla stessa struttura giudiziaria (come espressiva, cioè, dell’esigenza che nessun giudice sia designato successivamente all’insorgere della regiudicanda) fece riscontro nel Consiglio superiore la circolare n. 8745/1984 nella quale venne per la prima volta precisato che, nell’esercizio delle funzioni di loro competenza in materia di distribuzione degli affari tra le sezioni e di assegnazione di essi ai singoli magistrati, i capi di tutti gli uffici dovessero adottare ed indicare nelle proposte tabellari criteri oggettivi e predeterminati, individuati e formulati in modo tale da consentire la successiva verifica della loro osservanza, così come avrebbero dovuto essere analiticamente specificati i criteri correttivi eventualmente previsti in relazione agli inconvenienti che si presume potessero verificarsi nell’applicazione concreta dei criteri di assegnazione.
Anche tali direttive, costituenti lo sbocco di un’evoluzione nella quale il Csm ha saputo esercitare un ruolo più avanzato rispetto a quello svolto sul punto dalla stessa Corte costituzionale, hanno suscitato vivaci reazioni, rimproverandosi da taluni al Consiglio di avere sconfinato in campi estranei alla propria competenza; ma è bene sottolineare che le circolari del Csm si astengono dal prescrivere i criteri che dovranno essere adottati in concreto all’interno dei singoli uffici giudiziari, e si limitano semplicemente a ribadire l’esigenza che l’assegnazione degli affari avvenga nel rispetto dell’art. 25 della Costituzione, il quale costituisce la fonte diretta e primaria degli obblighi imposti in materia ai dirigenti degli uffici. Conseguentemente, le direttive in esame hanno il solo scopo di controllare e assicurare che l’esercizio delle corrispondenti funzioni da parte dei dirigenti si svolga nel rispetto dei principi costituzionali.
Se nell’ottica dell’art. 25 Cost. è in gioco, in definitiva, “la capacità di uno dei fondamentali poteri dello Stato a venir gestito altrettanto pluralisticamente quanto eterogeneo è il novero delle forze sociali che compongono la collettività"[14], e se ai cittadini non è possibile assicurare la certezza del diritto, ma è doveroso garantire la certezza del giudice, l’anomalia del sistema non poteva non emergere a livello di quegli uffici, come la Corte di cassazione e le Procure, che avevano sempre usufruito di una sorta di extraterritorialità rispetto alle funzioni di governo e di controllo del Csm[15] I trasferimenti di tanti processi (dalle vicende di Piazza Fontana alla P2 ai fondi neri dell’IRI[16]) stavano a dimostrare quale sia il valore garantistico del principio del giudice relativo alla precostituzione del giudice. Ed è perciò che il Csm, con una direttiva di grande rilievo politico-istituzionale che incontrò le resistenze del presidente e del procuratore generale della Cassazione, nella circolare n. 6308/1987 sulle tabelle per il 1988 estese la procedura tabellare anche a quest’ultimo ufficio, sebbene la mancanza – sino all’istituzione del gruppo consultivo e, successivamente, del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione: cfr., infra, par. 7 - di un organo consultivo competente ad esprimere pareri in ordine a quell’ufficio, avesse reso inevitabile demandare la funzione consultiva sulle tabelle allo stesso Presidente della Cassazione e, cioè, allo stesso organo che formula le proposte.
Per gli uffici della Procura, più di ogni altro segnati da una concezione gerarchico - burocratica dell’istituzione e dall’ambigua commistione nel Pubblico Ministero (con riguardo alla legislazione allora vigente) della figura di parte e quella di giudice, la sola estensione ritenuta possibile fu quella risultante dall’art. 8 della circolare che apparve nondimeno, anche sul punto, dirompente e innovativa.
4. Il sistema tabellare e la riforma dell’ordinamento giudiziario
Quelle indicate sono le linee fondamentali lungo le quali si sono andate sviluppando le direttive tabellari del Csm, che l’esperienza concreta del governo autonomo, l’apporto dei consigli giudiziari e le osservazioni dei magistrati, gli incontri di formazione professionale hanno consentito nel corso degli anni di precisare e di rendere sempre più articolate e complesse, anche per la necessità di far fronte ad interventi legislativi che hanno influito in vario modo sull’organizzazione degli uffici.
La riforma dell’ordinamento giudiziario di cui alle leggi n. 150/2005 e successive[17], a parte quanto si dirà infra, al par. 11 per gli Uffici di Procura (che il d. lg. 106/2006 voleva caratterizzare nuovamente con un’impronta in senso fortemente gerarchico, non venuta del tutto meno neppure a seguito della legge 269/2007, limitatasi a cancellare solo gli aspetti più pericolosi figuranti nella legge n. 150), non ha alterato nella sostanza il sistema tabellare così come si era venuto delineando nel corso di un’esperienza ormai pluridecennale[18], pur essendo numerosi gli aspetti della riforma che, direttamente o indirettamente, lo hanno interessato: dalle disposizioni che hanno inciso sugli uffici delle Procure e sulla relativa organizzazione, tra cui in particolare l’abrogazione dell’art. 7 ter, terzo comma ord. giud., alla norma che ha elevato a tre anni la durata delle tabelle[19], con effetti anche su quelle relative al biennio 2007/2008[20], dalle modifiche concernenti gli organi ausiliari preposti al sistema dei controlli tabellari (composizione, durata, sistema elettorale, compiti e funzioni dei consigli giudiziari; istituzione del consiglio direttivo presso la Corte di cassazione), a quelle relative alle incompatibilità nei tramutamenti[21], alla temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi[22] ed ai limiti di permanenza massima nelle medesime funzioni o nel medesimo incarico nell’ambito delle stesse funzioni[23], destinate ad avere ripercussioni immediate, già nella fase transitoria, sugli assetti tabellari; dalle previsioni del d. lg. 240/2006 in tema di c.d. “doppia dirigenza”[24] e di “programma delle attività” che il magistrato capo dell’ufficio giudiziario ed il dirigente amministrativo dovranno redigere annualmente; a quelle sul divieto per i magistrati ordinari al termine del tirocinio di essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare, anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità (ma vedi, già, da ultimo, le indicazioni contenute nell’art. 35 della circolare sulla formazione delle tabelle per il biennio 2006/2007), alle norme sulle valutazioni di professionalità e sui tramutamenti, di cui sono evidenti i possibili risvolti anche nella materia tabellare.
[1] Cfr. in generale, anche con riferimento alla situazione della magistratura negli anni cinquanta ed alla storia dell’associazionismo giudiziario, Storia della magistratura italiana, Il Mulino, Bologna, 2012; id., La storia dell’associazionismo giudiziario: alcune notazioni, in Questione Giustizia, n. 4/2015, http://questionegiustizia.it/rivista/2015/4/la-storia-dell-associazionismo-giudiziario_alcune-notazioni_303.php; Scarpari, I magistrati, il fascismo, la guerra, in Questione Giustizia, 2008, 71 ss.; Scarselli, Ordinamento giudiziario e forense, Milano, 48 ss., 75 ss.; Bruti Liberati, La magistratura dall'attuazione della Costituzione agli anni Novanta, in Storia d’Italia Einaudi in 10 cd - rom, nono cd – rom; Palombarini, Giudici a sinistra, Napoli, 2000, 29 ss.; V. Zagrebelsky, La magistratura ordinaria dalla Costituzione a oggi, in Legge, Diritto, Giustizia, Einaudi, 1998; Bruti Liberati-Pepino, Autogoverno o controllo della magistratura?Il modello italiano del Consiglio superiore, Milano, 1998, 13 ss.; Onida, La posizione costituzionale del Csm e i rapporti con gli altri poteri, in Magistratura, Csm e principi costituzionali, a cura di B. Carovita, Bari 1994; Pizzorusso, L’organizzazione della giustizia in Italia. La magistratura nel sistema politico e istituzionale, Torino 1990 (terza ed.); Bonifacio – Giacobbe, Art. 104 – 107, in Commentario della Costituzione, Bologna - Roma 1986; Treves, Giustizia e giudici nella società italiana, Bari1975; Canosa – Federico, La magistratura in Italia dal 1945 ad oggi, Bologna, 1975; Magistrati o funzionari? (a cura di G. Maranini), Milano 1962. Tra i più recenti cfr. Paciotti, Breve storia della magistratura italiana, ad uso di chi non sa o non ricorda, in Questione Giustizia, 7 marzo 2018; Bruti Liberati, Magistratura e società nell’Italia repubblicana, Edizioni Laterza, 2018; Scarpari, Giustizia politica e magistratura dalla Grande Guerra al fascismo, Il Mulino, 2019; R. Rordorf, Magistratura Giustizia Società, Cacucci Editore, Bari 2020 nonché - anche per ulteriori riferimenti - il mio La crisi dell’associazionismo giudiziario e la necessità di risalire la china, in Questione Giustizia, 30 ottobre 2020 https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-crisi-dell-associazionismo-giudiziario-e-la-necessita-di-risalire-la-china
[2] Cfr., in generale,Viazzi, Natura, funzione e principali problematiche del sistema tabellare, Relazione alle giornate di studio del Csm su temi interdisciplinari per uditori giudiziari nominati con D.M. 19.10.2004 (I gruppo), Roma, 17 – 19 ottobre 2005; Garzia, Natura, funzioni e principali problematiche del sistema tabellare, Relazione alle giornate di studio del Csm su temi interdisciplinari per uditori giudiziari nominati con D.M. 19.10.2004 (IV gruppo), Roma, 24 – 26 ottobre 2005; Scarselli, cit., 116 ss.; Galoppi, Il sistema tabellare come strumento di garanzia e di efficienza; diritti e doveri nel procedimento tabellare, Relazione alla prima settimana di studio del Csm relativa al tirocinio ordinario in materia ordinamentale riservata agli uditori giudiziari nominati con D.M. 19.11.2002, Roma, 15 – 17 settembre 2003; Genovese, Storia e funzione del diritto tabellare (dalle previsioni ordinamentali del 1865 all’ordinamento Grandi, dalla Costituzione all’attuale disciplina), Relazione alle giornate di studio del Csm su temi interdisciplinari nell'ambito del tirocinio ordinario per gli uditori giudiziari nominati con D.M. 18.01.2002, Roma, 30 settembre – 3 ottobre 2002; Fantacchiotti, Il sistema tabellare degli uffici giudiziari; il programma Valeria. La mobilità dei giudici: tramutamenti, applicazioni e supplenze, coassegnazione e supplenza infradistrettuale, la pianta organica dei magistrati infradistrettuali, Relazione alle giornate di studio del Csm su temi interdisciplinari per gli uditori giudiziari nominati con D.M. 18.01.2002, Roma, 8 – 11 luglio 2002; Diotallevi, L’immediata esecutività delle variazioni tabellari tra giudice unico e sezioni stralcio, in Dir. pen. proc., 2000, 636.
[3] Cfr. tra gli altri, anche per un’analisi dello sviluppo dottrinario, legislativo e giurisprudenziale sul principio del giudice naturale, Scarselli, Ordinamento giudiziario e forense, cit., 113 ss.; Viazzi, Ordinamento giudiziario, organizzazione degli uffici, distribuzione degli affari, questioni tabellari, Relazione all’incontro di studio del Csm nell’ambito della formazione decentrata, Palermo 20 dicembre 2003; Conti, Sistema tabellare e precostituzione del giudice: una disciplina solo apparentemente innocua, nota a Cass. 11 giugno 1999, in Dir. pen. proc., 1999, 1286; Salvato, L’organizzazione degli uffici giudiziari: il sistema tabellare, in Cass. pen., 1999, 1045; Salmè, Disciplina tabellare e funzionamento della corte di cassazione, in Gazz. Giur., 1999, fasc. 29, 3; Romboli, Giudice naturale, voce dell’Enc. del diritto, Milano, 1998, II, Agg., 365; Id., Teoria e prassi del principio di precostituzione del giudice, in Il principio di precostituzione del giudice, in Quaderni del Csm, 1995, n. 66; Id., Il giudice naturale, Milano, 1981; Nobili, Commentario della Costituzione a cura si G. Branca, Bologna - Roma, 1981, sub. art. 25, 135 ss.; Mattone, Il giudice naturale, in La professione del giudice, Milano, 1986, 23 ss.
[4] Cfr. Gilardi, La gestione degli uffici giudiziari a Milano, in Questione Giustizia, 1986, 331 ss.
[5] Da tempo la dottrina aveva definito il rapporto tra Consiglio superiore della magistratura e dirigenti degli uffici giudiziari in termini di relazione gerarchica: vedi, già, Pizzorusso, Organi giudiziari, in Enc. del diritto, vol. XXXI, Milano, 1981, 83 ss.; Id., L’organizzazione della giustizia in Italia, Torino, 1985, 85- 86; Viazzi, I consigli giudiziari. Natura, poteri e prospettive, in Quaderni della giustizia, n. 52, 31 ss.
[6] Si tratta di organismi ausiliari dei Consigli giudiziari istituiti presso ogni distretto di corte d’appello. La loro composizione (che prevede anche la presenza di avvocati) varia a seconda delle dimensioni del distretto, ed il relativo funzionamento è disciplinato dalla Circolare sulla formazione delle tabelle e dai regolamenti dei singoli Consigli giudiziari.
[7] Si tratta di un organo consiliare permanente composto da dieci magistrati nominati dal Consiglio, previo interpello, tra coloro che abbiano maturato esperienza in tema di organizzazione e informatizzazione degli uffici, di analisi dei flussi, di carichi di lavoro e di pendenze dei procedimenti e dei processi, con i seguenti compiti:
- acquisire ed analizzare informazioni sui carichi di lavoro, sui flussi e sulle pendenze dei procedimenti e dei processi sia a livello nazionale sia provenienti dalle Commissioni flussi distrettuali, al fine di verificare l’efficienza e l’efficacia dei progetti di organizzazione degli uffici giudiziari e di effettuare adeguate comparazioni tra gli stessi;
- promuovere il confronto e la diffusione delle buone prassi metodologiche e operative anche attraverso la sperimentazione e l’utilizzazione di tecniche innovative;
- favorire omogeneità e qualità delle attività e delle strumentazioni anche informatiche a livello nazionale;
- fornire supporto al Consiglio sia per la verifica dei risultati operativi ottenuti attraverso le attività di indirizzo e di regolamentazione, sia per la definizione periodica del fabbisogno informativo e formativo in questo settore, sia per l’interscambio di dati con il Ministero della Giustizia e le sue articolazioni;
offrire servizi di assistenza a specifiche richieste di intervento locale;
- diffondere gli indirizzi e le deliberazioni del Consiglio Superiore della Magistratura a tutti i responsabili di riferimento a livello locale;
- curare i rapporti con il Consiglio direttivo della Corte di cassazione e i Consigli giudiziari e, in particolare, con i rispettivi referenti distrettuali per l'informatica;
- curare, su indicazione della Settima commissione, l'implementazione del portale unico istituzionale con apposite sezioni relative al processo civile telematico, al processo penale telematico e alle buone prassi di organizzazione.
La STO è disciplinata dal Regolamento approvato dal CSM con delibera del 18 luglio 2018, ed divenuta operativa per la prima volta dopo la nomina dei componenti, avvenuta con delibera plenaria del 10 febbraio 2010.
[8] La Commissione Paladin (istituita dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga con il compito di indagare, fra l’altro, in ordine al fondamento normativo delle circolari consiliari) e presieduta dal prof. Livio Paladin, nella sua Relazione del 1° gennaio 1991, a proposito delle “circolari indirizzate dal Consiglio…agli altri organi dotati di poteri in tema di amministrazione della giurisdizione” sottolineava la difficoltà di immaginare interventi normativi la cui disciplina fosse “così dettagliata e stringente da annichilire il ruolo che, per una serie di aspetti, compete al Consiglio quale vertice organizzativo della magistratura ordinaria”. Sul testo del messaggio alle Camere del 26 luglio 1990 (pubblicato - insieme al testo del decreto istitutivo della Commissione - in Questione giustizia, 1990, 499 ss.) cfr. Borrè, Csm e presidente. Il messaggio alle camere del 26 luglio 1990, ivi, 548 ss. Amplius, sul potere regolamentare del Csm, Bruti Liberati – Pepino, Autogoverno o controllo della magistratura, cit., 90 ss. ed ivi, ampi richiami di dottrina.
Sul ruolo del CSM quale organo non meramente amministrativo cfr., tra gli altri contributi, quelli richiamati nel mio Magistrati e “carriera”: ritrovare l'orgoglio delle funzioni "ordinarie", in giudicedonna.it, n. 2/2020, nota 16 http://www.giudicedonna.it/ cui adde i pareri del CSM sul disegno di legge AC 2681 richiamati in nota 1 del mio Ancora sulle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, del funzionamento e della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura, ivi, n. 1/2021. Vedi altresì, tra i più recenti, Guglielmi, Dalla crisi e dalle cadute nel governo della magistratura all’attacco alla Giurisdizione, in Questione Giustizia, 22 marzo 2021 https://www.questionegiustizia.it/articolo/dalla-crisi-e-dalle-cadute-nel-governo-della-magistratura-all-attacco-alla-giurisdizione
[9] Vedi, altresì, la sentenza 23 dicembre 1998, n. 419 ove è stato sottolineato come l’individuazione dell’organo giudicante debba “rispondere a regole e criteri che escludano la possibilità di arbitrio anche nella specificazione dell’articolazione interna dell’ufficio cui sia rimesso il giudizio”, e la sentenza 17 luglio 1998, n. 272 con la quale la Corte costituzionale ha puntualizzato che proprio il sistema tabellare, la definizione dei criteri organizzativi da parte del Consiglio superiore della magistratura ed il conseguente controllo ad esso riservato in ordine alla correttezza delle loro applicazioni concorrono ad assicurare il rispetto della garanzia costituzionale.
[10] In occasione della formazione annuale delle tabelle degli uffici giudiziari, il presidente della corte d’appello di Milano, ad esempio, aveva proposto la rimozione di tre pretori del lavoro ed il procuratore generale di Firenze aveva chiesto la rimozione di quattro giudici dalle funzioni penali (cfr. Pappalardo, Gli iconoclasti. Magistratura Democratica nel quadro dell’Associazione Nazionale Magistrati, Milano, 1987, 286 - 287). Cfr. altresì – per l’uso della sanzione disciplinare come strumento di repressione delle opinioni espresse dai magistrati - Palombarini, cit., 175 ss.
[11] Cfr. Csm, Relazione al Parlamento del 1976 sullo stato della giustizia., 73 - 74.
[12] Nel par. 1 vennero enunciate direttive per razionalizzare e potenziare il settore penale. In particolare, allo scopo di assicurare la sollecita trattazione dei procedimenti relativi alla criminalità organizzata ed ai reati di maggiore allarme sociale, fu stabilito che i dirigenti dovessero assegnare a tale settore almeno la metà dei magistrati in organico, salva la possibilità di una diversa distribuzione sulla base di reali e motivate esigenze di servizio. Nel par. 2 venne inserito il limite del biennio di permanenza nella precedente sezione o settore di servizio come requisito di legittimazione per i tramutamenti interni dei magistrati e furono indicati i criteri di valutazione da seguire per la copertura dei posti vacanti (maggiore anzianità di servizio ed attitudini nel caso di più aspiranti al tramutamento; minore anzianità nel servizio in caso di mancanza di aspiranti). Nei par. 3 e 4 furono dettati i criteri per l’assegnazione dei presidenti di sezione, per la precostituzione dei collegi e la composizione degli Uffici Istruzione specificandosi, rispetto a questi ultimi, che alle esigenze relative avrebbe dovuto provvedersi con l’assegnazione di magistrati aventi almeno un anno di anzianità nell’esercizio delle funzioni (circolare 13 febbraio 1979). Seguiva, quindi, un paragrafo relativo al deposito delle proposte tabellari, al parere dei Consigli giudiziari, utilizzati per la prima volta dal Csm come organi consultivi nella materia in esame ed alle procedure da adottare per i tramutamenti in corso d’anno. Nel par. 6, infine, veniva precisato come il principio del giudice naturale postulasse, per un verso, che i componenti delle singole unità operative fossero individuati in modo stabile e senza alternative lasciate alla discrezionalità del “caso per caso”; per l’altro verso un sistema di distribuzione degli affari capace di non vanificare il principio della naturalità del giudice, ma di rispettarlo e potenziarlo.
La direttiva con la quale, a cominciare dal 1977 in poi, si era stabilito che al settore penale fosse da assegnare, in linea di principio, la metà dei magistrati in organico, era stata da taluni criticata sotto il profilo che il Consiglio, esorbitando dalla propria competenza, aveva assunto un ruolo d’indirizzo suscettibile di interferire sui concreti contenuti delle attività giurisdizionali. In realtà si trattava di interventi pur sempre relativi all’organizzazione del servizio ed alla individuazione delle priorità nell’impiego delle risorse disponibili, quelle priorità che nel 1969 indussero giustamente a privilegiare l’esigenza di definizione delle controversie di lavoro, ed a partire dalla circolare n. 7582 del 1981 anche la sollecita trattazione dei procedimenti a carico dei detenuti. Piuttosto è da osservare che la scelta del Consiglio è stata certamente influenzata da quel clima dell’”emergenza” che nell’ultimo decennio aveva sbilanciato il sistema della giurisdizione in Italia a tutto danno della giustizia civile. Molto opportunamente, pertanto, il Csm, pur ribadendo come prioritaria l’esigenza di assicurare la sollecita trattazione dei procedimenti penali relativi alla criminalità organizzata, ai reati di maggior allarme e di quelli a carico dei detenuti, a partire dalla circolare n. 6308 del 1987 non ha più confermato la direttiva in questione, scegliendo la strada della ripartizione proporzionata tra il settore penale e quello civile, secondo le esigenze determinate dalla qualità e quantità degli affari giudiziari.
[13] Cfr., successivamente, la nuova disciplina regolamentare di cui alla delibera del 21 novembre 2007, integrativa della circolare n.13000/1999 in tema di conferimento di uffici direttivi, adottata dal Consiglio anche sul rilievo che la riforma dell’ord. giud. e, in particolare, l’art. 12 del d lg. 160/2006, come modificato dalla legge 111/2007, avesse configurato l’anzianità fondamentalmente come requisito di legittimazione, e cioè come presupposto per la partecipazione al concorso, restringendone notevolmente la valenza quale criterio di valutazione, nel senso che il fattore “tempo”, o meglio il fattore “durata”, diviene criterio di validazione dei parametri del merito e delle attitudini dei quali attesta la costanza e la persistenza e perciò lo specifico valore.
Per gli incarichi semidirettivi cfr. la circolare n. P11036/08 di cui alla delibera del 30 aprile 2008, con la quale venne modificata la circolare n. 15098 del 30 novembre 1993 e succ. mod. rilevandosi come anche per gli incarichi semidirettivi il valore dell’anzianità quale parametro di valutazione può residuare solo in termini di “indice dell’esperienza professionale acquisita” e che, effettuata la selezione dei candidati in possesso del requisito legittimante costituito dal conseguimento della necessaria valutazione di professionalità, la durata della positiva esperienza professionale potrà rilevare come criterio di validazione dei requisiti delle attitudini e del merito.
Con la Circolare n. P-14858-2015, approvata con deliberazione del 28 luglio 2015 il CSM ha adottato il “Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria” che, sostituendo la previgente circolare n. P. 19244 del 3 agosto 2010, ha messo a punto un articolato sistema di “indicatori generali” (artt. 6-13) e di “indicatori specifici” delle attitudini direttive (artt. 14-23), parametrati ai diversi incarichi oggetto di conferimento. Sul T.U. cfr. Campanelli, Il Nuovo Testo unico sulla Dirigenza giudiziaria: possibili effetti sui limiti del sindacato giurisdizionale, in Questione Giustizia, 9 aprile 2016.
Si rinvia - per le ulteriori modificazioni che si prospettano in materia con il ddl di riforma dell’ord. giud. – infra, al contributo di prossima pubblicazione "Le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario".
[15] L’attuazione del Csm (e quella della stessa Corte costituzionale) non è stata immediata ed ha incontrato resistenze anche all’interno del corpo giudiziario, in particolare da parte della Corte di cassazione che, esercitando un rilevante potere di conformazione attraverso il sistema delle carriere, pur dopo la nascita dei Consiglio vi ebbe per molto tempo un peso dominante, anche per effetto del sistema elettorale allora vigente. Amplius, Pepino - Bruti Liberati, cit., 20 ss., 28 ss
Sul tentativo dell’ex Ministro della giustizia Castelli di ristabilire la Corte di cassazione come vertice anche ordinamentale dell’ordine giudiziario cfr., tra gli altri, AA.VV., in Obiettivo: La corte di cassazione tra istanze di riforma e trasformazione del ruolo, Questione Giustizia, 2005, 949 ss.
[16]Cfr. sul punto, Palombarini, cit., 30-31.
[17] Su riforma vedi, tra gli altri, AA.VV., La “riforma della riforma” dell’ordinamento giudiziario, in Foro it., 2008, V, 87; Pepino, Quale giudice dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario? in Questione Giustizia, 2008, 651 ss.; Fazio, La sfida dell’ordinamento giudiziario (Considerazioni realistiche sul “progetto Mastella”), in Questione Giustizia, 2007, 217 ss.; Civinini - Proto Pisani – Salmè - Scarselli, La riforma dell’ordinamento giudiziario tra il ministro Castelli e il ministro Mastella, in Foro it., 2007, 12; Corrado, Le principali novità della legge 111/2007, in Guida al dir., 2007, 33, 115; AA.VV., “Restyling” per la progressione in carriera, in Gli speciali di Guida al diritto, 2007, 34, 14; Patarnello, La dirigenza in magistratura, in Questione giustizia, 2007, 475; Piraccini, La temporaneità delle funzioni e degli incarichi direttivi e semidirettivi, Relazione all’incontro di studio del C.S.M. sulla riforma dell’ordinamento giudiziario, Roma 8 – 10 ottobre 2007; Castelli (C.), La progressione in carriera, in La controriforma dell’ordinamento giudiziario alla prova dei decreti delegati (una questione ed uno scontro ancora aperti, in Questione Giustizia, 2006, 72 ss.; Erbani, La giustizia disciplinare, ivi, 128 ss.; Giangiacomo, I consigli giudiziari, ivi, 93 ss.; Gilardi, La Corte di cassazione, ivi, 119 ss; Marini, La dirigenza degli uffici giudiziari e il decentramento del Ministero, ivi, 139 ss.; Menditto, L'organizzazione delle Procure nella stagione della controriforma, ivi, 890 ss.; Morosini, La scuola della magistratura, ivi, 85 ss.; Pepino, Introduzione a La controriforma dell'ordinamento giudiziario alla prova dei decreti delegati (una questione e uno scontro ancora aperti), ivi, 53 ss.; Pepino, La buona politica e l'ordinamento giudiziario (editoriale), ivi, V; Santalucia, L'accesso alla magistratura ordinaria, ivi, 57 ss.; Id., Il pubblico ministero, ivi. 103 ss.; Rossi, Il futuro dell'ordinamento giudiziario, ivi, 2006, 219 ss. Cfr., altresì, La giustizia secondo il ministro Castelli, in Questione Giustizia, 2002, Obiettivo, 781 ss. con scritti di Erbani, Pizzorusso, Rossi, Salmè, Civinini, Proto Pisani.
Sull’ordinamento giudiziario, più in generale, cfr. tra gli altri S. Petralia, Compendio di ordinamento giudiziario, Neldiritto Editore, 2021; Dal Canto, Lezioni di ordinamento giudiziario, Giappichelli, 2020; Pizzorusso, L'ordinamento giudiziario, Vol. 1, Editoriale Scientifica, 2019; Guarnieri-Insolera-Zilletti, Anatomia del potere giudiziario. Nuove concezioni, nuove sfide, Carocci, 2016; Pomodoro – Pretti, Manuale di ordinamento giudiziario, Giappichelli, 2015; Vietti, Codice dell'ordinamento giudiziario, EGEA. 2013; Scarselli, Ordinamento giudiziario e forense, Giuffrè, IV edizione, 2013; M. Cassano, Ordinamento giudiziario: organizzazione e profili processuali, a cura di D. Carcano, Giuffrè, 2009.
[18] Anche in questi giorni, tuttavia, tornano ad agitarsi altri e gravi venti di modifica che vanno dalla separazione delle carriere, di cui costituisce un aspetto specifico la proposta di istituire Consigli superiori distinti per i magistrati giudicanti e per quelli delle procure, ad una Sezione disciplinare collocata al di fuori del Csm, alla discrezionalità dell’azione penale, ed altro ancora. Sula recentissima iniziativa referendaria in tema di giustizia, cfr. Rossi, Referendum sulla giustizia. E’ possibile parlarne nel “merito”? in Questione Giustizia, 9 giugno2021 https://www.questionegiustizia.it/articolo/referendum-sulla-giustizia-e-possibile-parlarne-nel-mer
[19] Richiamato art. 4, 19° co. della legge 111/2007, che ha modificato l’art. 7 bis dell’ordinamento giudiziario di cui al r.d. 12/1941. Con le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario menzionate infra, al par. 13, si intende elevare la durata delle tabelle a quattro anni.
[20] Risoluzione 10 ottobre 2007 del Csm in materia di durata delle tabelle degli uffici giudicanti e dei criteri di organizzazione degli uffici requirenti, ove si precisò che in conseguenza delle nuove disposizioni fosse da considerare prorogata di diritto fino al 31 dicembre 2008 l’efficacia di tutte le tabelle relative al biennio 2006/2007, sia di quelle già approvate dal Consiglio, sia di quelle in corso di approvazione, ferma per i dirigenti degli uffici la possibilità di proporre per le tabelle in vigore (seguendo l’ordinaria procedura prevista dalla vigente circolare in materia) modifiche ed integrazioni rese necessarie o dimostratesi comunque opportune per adeguare le scelte organizzative alla più lunga durata di cui all’art. 4 della legge 111/2007.
[21] Art. 13, 4° co. d.l. 106/2006, come modificato dalla legge 111/ 2007, che ha disciplinato il passaggio di funzioni da requirenti a giudicanti e viceversa. Con delibera del 4 ottobre 2007 (“Direttive generali in relazione all'applicazione dell'art. 13 del D. Lgs. 160/06 come modificato dalla Legge 111 del 30 luglio 2007 ai procedimenti di nomina per uffici direttivi e semidirettivi in corso alla data del 31 luglio 2007”) il Csm, occupandosi del problema dell’applicabilità della nuova normativa ai procedimenti in corso di trattazione per posti direttivi e semidirettivi già banditi prima dell’entrata in vigore della legge, chiarì che - in assenza di una normativa transitoria - l’applicabilità dello ius superveniens nell’ambito delle procedure concorsuali in itinere trovasse il solo limite dell’intangibilità delle situazioni giuridiche definite. Ove, pertanto, la procedura di concorso si fosse divisa in varie fasi coordinate, la nuova norma avrebbe potuto trovare applicazione per le fasi che all’atto della sua entrata in vigore non si fossero ancora realizzate, tenendo presente comunque che la nuova legge avrebbe dovuto trovare applicazione immediata in tutte le ipotesi in cui non si fosse esaurita la fase dispositiva, e restando esclusa la possibilità di emettere un provvedimento finale in contrasto con le disposizioni di legge immediatamente ed autonomamente applicabili. Da tale premessa il Consiglio trasse il corollario che in base all’art. 13, 4° co. d. lg. 160/2006 vi è un divieto assoluto per il passaggio da funzioni giudicanti a requirenti e viceversa, all’interno del medesimo circondario e della stessa provincia (nonché per i trasferimenti in secondo grado all’interno del distretto), e che la disposizione integra una norma interdittiva autonomamente ed immediatamente applicabile.
[22] Gli artt. 45 e 46 d. lg. 160/2006, nell’introdurre e disciplinare la temporaneità delle funzioni direttive e semidirettive, dispongono che esse siano conferite per la durata di quattro anni, al termine dei quali il magistrato può essere confermato, per un’ulteriore sola volta, per un eguale periodo, a seguito di valutazione - da parte del Csm - dell’attività svolta. In caso di valutazione negativa, nei successivi cinque anni, il dirigente non può partecipare a concorsi per il conferimento di altri incarichi direttivi. Analoga previsione è contenuta nell’ art. 46, che ha esteso la preclusione ai concorsi per il conferimento di funzioni semidirettive. Sulla materia il Csm, all’indomani della riforma, è intervenuto con la ricordata delibera del 21 novembre 2007 di integrazione e modifica della circolare n. 13000/1999 in tema di conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, al fine di adeguarla alla nuova normativa in ciò che concerne, in particolare, i requisiti per la nomina; con la risoluzione del 10 aprile 2008, mediante la quale sono stati fissati, d’intesa con il Ministero della giustizia, gli indicatori da cui desumere l’attitudine direttiva; con la ricordata delibera del 30 aprile 2008, mediante la quale è stata modificata la normativa secondaria relativa al conferimento degli incarichi semidirettivi, rimodulando in particolare i criteri di selezione, ridimensionando il peso specifico da attribuire al parametro dell’anzianità e valorizzando maggiormente l’esperienza organizzativa; con la delibera del 24 luglio 2008, specificamente relativa alla procedura di conferma nell’incarico direttivo o semidirettivo.
Sul tema della temporaneità degli incarichi direttivi e semidirettivi il CSM è poi intervenuto con varie delibere di risposte a quesiti, e con delibera del 28 luglio 2015 è stato approvato il T.U. sulla dirigenza giudiziaria (cfr. circolare n. P-14858-2015 del 28 luglio 2015 e succ. mod.), al quale con la recentissima delibera del 16 giugno 2021 sono state apportate ulteriori modificazioni nella parte relativa al procedimento di conferma di direttivi e semidirettivi; e ciò allo scopo di dare affidabilità e concretezza alla valutazione delle attitudini direttive dimostrate all’esito del primo quadriennio di esercizio delle relative funzioni. In particolare la riforma prevede una approfondita istruttoria del Consiglio - anche mediante il coinvolgimento dei magistrati dell’ufficio - in ordine all’attività svolta dal dirigente in conferma, istruttoria favorita da Format (specifici con riguardo ad ogni tipologia di ufficio) per la redazione dell’autorelazione, del rapporto informativo e del parere del Consiglio Giudiziario. Ciò consentirà, in modo omogeneo e semplificato, uno scrutinio dell’attività svolta dai direttivi e semidirettivi basato su elementi obiettivi e non su valutazioni ed aggettivi, spesso altisonanti, ma disancorati dai risultati dell’attività organizzativa.
Per le valutazioni relative al conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi cfr., tra i contributi di poco successivi alla riforma, Maccora, La selezione dei dirigenti degli uffici giudiziari, in Questione Giustizia, 2008, 25 ss. e, più recentemente, Patarnello - Maccora, La dirigenza descritta dalla proposta di Riforma del Ministro Bonafede, in Questione Giustizia, 15 luglio 2019; Castelli, La nomina dei dirigenti: problema dei magistrati o del servizio? in Questione Giustizia, 9 giugno 2020 http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-nomina-dei-dirigenti-problema-dei-magistrati-o-del-servizio_09-06-2020.php
Sulle proposte di riforma in tema di incarichi direttivi e semidirettivi contenute nel ddl AC 2681 (ddl “Bonafede”) approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 agosto 2020 e recante “Deleghe al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario e per l'adeguamento giudiziario militare, nonché disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura”, cfr. il mio Ancora sulle proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, del funzionamento e della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura, in giudicedonna.it, n. 1/2021 www.giudicedonna.it proposte che hanno costituito oggetto di modifica da parte della Commissione ”Luciani” richiamata infra, nel par. 13 del testo.
[23] In base all’art. 19 d.lg. 160/2006, come modificato dalla legge 111/ 2007, i magistrati che esercitavano funzioni di primo e secondo grado avrebbero potuto rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, avrebbero potuto restare nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio superiore con proprio regolamento tra un minimo di cinque ed un massimo di dieci anni a seconda delle diverse funzioni. Il magistrato che alla scadenza del periodo massimo di permanenza non avesse presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all’interno dell’ufficio o ad altro ufficio, sarebbe stato assegnato ad altra posizione tabellare o altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell’ufficio immediatamente esecutivo. Il regolamento in questione è stato approvato dal Csm in data 13 marzo 2008. Lo stesso Consiglio, con risoluzione del 15 novembre 2007, aveva chiarito che, nel frattempo, la nuova disciplina non fosse applicabile in alcuna sua parte e che i tempi massimi di permanenza nei posti “tabellari” coincidessero con quelli decennali di cui al par. 46 della circolare sulle tabelle per il biennio 2006/2007, da intendersi “prorogate” sino al 2008.
[24] Sulla c.d. “doppia dirigenza” e, più in generale, sui rapporti tra magistrato dirigente e dirigente amministrativo cfr., tra gli altri, Aprile, La gestione delle risorse esistenti: i modelli organizzativi proponibili. Il rapporto tra produttività, organizzazione del lavoro e gestione del personale amministrativo. Gestione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e strumentali, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riconversione da magistrati giudicanti a direttivi requirenti, Roma 17 – 18 marzo 2008; Castelli (C.), La gestione delle risorse esistenti: i modelli proponibili. Il rapporto tra produttività, organizzazione del lavoro e gestione personale amministrativo. Gestione delle risorse umane e gestione delle risorse finanziarie e strumentali, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La riconversione dei direttivi da magistrati giudicanti a requirenti, Roma 28 – 29 gennaio 2008; Id., La direzione degli uffici giudiziari: dirigenza unica, doppia dirigenza, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La dirigenza degli uffici giudiziari, Roma, 16 – 17 aprile 2007; Barbuto, Programmazione delle attività annuali e patologie nella programmazione, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La dirigenza degli uffici giudiziari, Roma, 16 – 17 aprile 2007; Guarda, La dirigenza degli uffici giudiziari, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La dirigenza degli uffici giudiziari, Roma, 16 – 17 aprile 2007; Romano, La gestione delle risorse umane, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La dirigenza degli uffici giudiziari, Roma, 16 – 17 aprile 2007; Sciascia, Gestione delle risorse umane, Relazione all’incontro di studio del Csm sul tema La dirigenza degli uffici giudiziari, Roma, 16 – 17 aprile 2007; AA.VV., Le competenze dei dirigenti amministrativi negli uffici giudiziari, in Rivista delle cancellerie, 2006, 647; Sarao, Dirigenza degli uffici giudiziari – Ancora luci ed ombre, in Rivista delle cancellerie, 2006, 648; Abate, I rapporti con la dirigenza amministrativa. La prospettiva del magistrato: i poteri di direzione e di intervento del magistrato dirigente, Relazione all’incontro formativo del Csm dedicato ai magistrati con funzioni direttive e semidirettive di nuova nomina, Roma, 24 – 26 novembre 2003; Ippolito, In favore della dirigenza amministrativa negli uffici giudiziari, in Rivista delle cancellerie, 2001, 30; Marinelli - Olivieri, Problemi interpretativi ed attuativi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, in Documenti e giustizia, 1993, 809.