Magistratura onoraria e Ufficio per il Processo: (ulteriori) spunti per un sistema
di Carlo Sabatini*
Con questo breve scritto si intendono proseguire le riflessioni già pubblicate su questa rivista (Magistratura onoraria e Ufficio per il processo: spunti per un sistema - Giustizia Insieme) tenendo conto delle linee di intervento preannunciate dal legislatore e del vivace dibattito che ne è seguito: proponendo possibili soluzioni concrete, che valorizzino il preannunciato concorso di strumenti, normativi e finanziari, dedicati al settore giustizia.
Deve allora subito nuovamente sottolinearsi come il dichiarato intento del legislatore, di realizzare un salto di qualità nell’esercizio della giurisdizione, non può non passare dall’assicurare una dignitosa soluzione alla questione del ruolo cui è chiamata la magistratura onoraria e, in particolare, alla regolazione dello status degli onorari attualmente in servizio: le cui condizioni di riconosciuta (e non più protraibile) precarietà sono state più volte denunciate – oltre che con forza dalle associazioni di categoria, che hanno adìto anche gli organismi dell’UE (pronuncia del 16/7/20 della CGUE[1], con la quale è stata riconosciuta la qualifica di lavoratore a tempo determinato ai magistrati onorari; il 15/7/21 è stato poi preannunciato l’avvio di procedura di infrazione dalla Commissione Europea) - da ultimo anche dall’ANM, in un comunicato del 20/11.[2]
Si ritiene però che la normativa primaria e secondaria, ancora in larga parte in fieri, debba considerare attentamente alcuni caratteri, per evitare che questi fattori di potenziale innovazione vengano vanificati.
Il primo e centrale argomento è dato indubbiamente dalla peculiare condizione di chi si è trovato per anni ad assicurare, in un quadro normativo confuso e contraddittorio, un apporto essenziale alla giurisdizione: che è stata dai magistrati onorari reso in prima persona, svolgendo cioè essi direttamente alcune funzioni giudiziarie (giudicanti e requirenti) con la piena autonomia che ad ogni magistrato deve essere riconosciuta.
Non può allora non rilevarsi che qualunque forma di interruzione di tale apporto si risolverebbe in un grave danno soprattutto al servizio giustizia che – in un momento in cui viceversa si mira a ridurre arretrati e tempi di definizione - si troverebbe privato di tali suoi attori; e che eventuali ‘demansionamenti’ potrebbero trovare censure (oltre che nella giustizia dell’UE) anche nelle corti lavoristiche nazionali.
Dunque, impregiudicato ogni ruolo (anche diverso e vicario) che certamente potrebbe essere disegnato per la futura magistratura onoraria, si ritiene debba essere garantito a chi attualmente svolge tale servizio la possibilità di proseguirlo con le stesse caratteristiche.
A tale forma di essenziale apporto si ritiene rispondano bene alcune delle proposte (in parte già rese note) che la ‘Commissione Castelli’ ha offerto alla Ministra Cartabia.
La previsione per cui ‘A ciascun magistrato onorario non può essere richiesto di svolgere attività in favore dell’ufficio giudiziario per un tempo superiore rispettivamente alle tredici, nove o cinque giornate mensili’ sembra cioè individuare un minimum di apporto (cinque giornate mensili) che potrebbe corrispondere appunto allo svolgimento dell’attività giudiziaria in senso proprio, in continuità con quanto svolto sinora, allineando su tale modalità ‘di base’ le eventuali prassi diverse vigenti nei diversi Uffici. Verrebbe così garantita ai magistrati onorari già in servizio la possibilità di proseguire l’attività giudiziaria ‘tout court’, da svolgere con le medesime garanzie di indipendenza ed autonomia ora riconosciute: garanzie che – va debitamente sottolineato, a fronte di alcune opinioni espresse anche su questa Rivista[3] - non possono ritenersi incise dall’attribuzione di poteri di direzione e coordinamento da parte dei giudici professionali, che sono già noti nel sistema, contenuti ad esempio negli artt. 8 e 10 del D.Lgs 116/17, quali espressioni delle più generali e sovraordinate esigenze di efficienza e funzionalità dell'ufficio richiamate dall’art. 2 della stessa norma [4]. Con la ulteriore precisazione che tale opzione di base – che dunque escluderebbe la possibilità di assegnazione all’UPP – dovrebbe essere consentita appunto a tutte le categorie di magistrati onorari in servizio, non essendo ragionevole nella prospettiva di unificazione delle figure in quella unica del giudice onorario di pace la distinzione tra GOT e GDP operata dall’art. 30 co. 1 lett. a) del D.Lvo 116/17.
Proprio la previsione di un (facoltativo) impiego più ampio, di nove o tredici giornate, potrebbe invece essere correlato all’impiego nell’UPP: nel senso che alla dichiarata disponibilità a tale maggiore coinvolgimento, dunque su base volontaria, potrebbero corrispondere – secondo le necessità dei singoli Tribunali, disegnate per ogni triennio nei DOG - modalità di impiego diverse dall’esercizio della giurisdizione, anche con forme di vicariato e ausilio che sarebbero liberamente scelte dai magistrati onorari: variabilità di impegno sulla quale potrebbe essere modulata anche la disciplina delle incompatibilità con altre attività lavorative.
Proprio perché è necessario assicurare ragionevole certezza sulla formazione degli organici, non appare viceversa rispondente a tali esigenze la previsione – che sembrerebbe contenuta nell’art. 196 della legge di bilancio – di ingresso in ruolo degli onorari già in servizio attraverso concorsi: sistema che penalizzerebbe irragionevolmente operatori di giustizia che da tempo svolgono le loro funzioni, per i quali dunque sembrerebbe più congruo prevedere il meccanismo della conferma. Tra l’altro, la prevista protrazione di tali procedure concorsuali fino al 2024, ove accompagnata da incompatibilità assolute con altre forme di impiego e da livelli retributivi non congrui all’impegno richiesto, rischierebbe per un verso di sottrarre i magistrati onorari dallo svolgimento della loro funzione, dovendosi dedicare alla preparazione di tale concorso; per altro di allontanarli definitivamente da tali ruoli, trattandosi di persone che anche per ragioni anagrafiche potrebbero non trovare conveniente attendere che venga consolidato tale assetto. In parallelo al previsto percorso concorsuale (che assorbirebbe peraltro di per se stesso non poche risorse) potrebbe in definitiva assistersi a un progressivo impoverimento e svuotamento dei ruoli onorari, abbandono che rischierebbe di essere accompagnato comunque da azioni giudiziarie volte a riconoscere la pregressa attività svolta: meccanismo dunque che non risolverebbe i citati contenziosi.
La forma flessibile e variabile di impiego dei magistrati onorari già in servizio, proposta dalla Commissione Castelli, sembra a chi scrive invece molto più in linea con gli scenari futuri: a cominciare dalla previsione, per il quadriennio 2022-2025, dell’ingresso delle figure previste (a tempo determinato) dalla legge 113/21. Esclusa per tali neo assunti ogni forma di esercizio diretto della giurisdizione agli stessi potrebbero essere assegnati compiti che appaiono pienamente compatibili, e anzi complementari, con tutti quelli che potrebbero svolgere i magistrati onorari.
Provando a concretizzare quella che, per troppo tempo, è stata una mera formula, per l’UPP si potrebbe infatti immaginare[5] un catalogo di funzioni (di complessità crescente in relazione alla graduale acquisizione di competenze specifiche che potrebbero non esserci in partenza) che siano di ausilio all’intero ufficio - dunque ai magistrati onorari e togati ma anche di ‘trait d’union’ con le strutture amministrative che forse sono l’anello più debole della catena - passando progressivamente da attività materiali ad attività più propriamente concettuali e di elaborazione: dunque (pensando soprattutto al penale, che ancora vede una gestione prevalentemente cartacea di atti: e anzi, sfruttando tale momento proprio per avviarne a sua volta la dematerializzazione, il PPT più volte annunciato ma in larga misura inattuato) si potrebbe partire da una collaborazione nella materiale tenuta del fascicolo (con creazione ad esempio per i fascicoli più complessi di cartelle tematiche: notifiche, documenti allegati dalle parti ecc.), con una sua sempre maggiore informatizzazione; nella formazione dei ruoli di udienza (verificando per ciascun fascicolo quali adempimenti erano stati previsti e segnalando al giudice eventuali criticità); nella verifica delle attività prevista in udienza.
Si potrebbe poi passare ad un maggiore apporto alla fase di preparazione della decisione, ad esempio la redazione di schede che sintetizzino lo svolgimento dei processi e le relative risultanze istruttorie, affiancando tale attività anche ad attività di ricerca, inclusa la creazione di massimari tematici che consentano il consolidarsi di orientamenti dell’ufficio: con istituzione, ad esempio, di cartelle condivise tra i vari operatori. Potrebbero inoltre essere affidati la redazione della intestazione e il controllo del fascicolo per l’invio in appello, fase di transizione che spesso impegna le cancellerie giudicanti.
Soprattutto con la presenza a tempo pieno nell’UPP di magistrati onorari (che recupererebbero così la vocazione ‘conciliativa’ che era uno dei tratti iniziali di tale ruolo) se ne potrebbero poi potenziare le attività deflattive: dunque lo svolgimento di attività di verifica preventiva di definizioni anche stragiudiziali (nel penale remissioni di querele¸ condotte riparative, riti premiali, MAP; nel civile le conciliazioni ante causa).
Il meccanismo sopra descritto a parere di chi scrive è pienamente compatibile non solo con le funzioni giudicanti, civili (che già vedono, proprio in ragione della maggiore informatizzazione, una migliore interazione tra i vari attori del processo) e penali: ma può trovare piena applicazione anche nelle funzioni requirenti. Anche per gli attuali VPO l’adesione alla ‘formula base’ potrebbe corrispondere alla mera partecipazione in udienza, mentre le opzioni di maggiore impiego consentirebbero di rendere oggettive e ‘numerabili’ tutte quelle ulteriori forme di collaborazione – la predisposizione di provvedimenti seriali o degli strumenti deflattivi più propriamente demandati ai P.M., come i decreti penali; il controllo preventivo del fascicolo, prima della trasmissione al dibattimento - che finora stentavano a trovare una esatta collocazione.
L’esperienza così maturata potrebbe infine essere proiettata sui nuovi ruoli della magistratura onoraria: il meccanismo dell’affiancamento tra magistrati togati e magistrati onorari di maggiore esperienza, con figure che approdano all’esercizio diretto della giurisdizione solo dopo un congruo periodo di collaborazione nel sistema giustizia, appare infatti del tutto in linea con il sistema disegnato dall’art. 9 co. 4 del D.Lgs 116[6], in definitiva con l’acquisita consapevolezza del legislatore per cui lo sforzo individuale non è ormai più in grado di migliorare in maniera apprezzabile la risposta rispetto a carichi di lavoro che – oltre ad una auspicabile migliore delimitazione di ciò che deve trovare risposta giurisdizionale - una volta inseriti nel sistema giustizia devono essere gestiti in maniera collettiva, come recita la menzionata circolare del CSM, con uno staff dotato anche di competenze non strettamente giuridiche, che sia al servizio del magistrato e dell’ufficio.
E, ci si permette di aggiungere, del cittadino.
*Tribunale di Rieti
[1] Corte di Giustizia, caso UX iC-658/18, in CURIA - Documenti (europa.eu)
[2] “…Le preoccupazioni dei magistrati onorari vanno tenute in seria considerazione, sia perché le loro istanze, come lo stesso Ministero ha più volte affermato, hanno solido fondamento, sia perché inevitabilmente si ripercuotono in termini negativi sulle già difficili condizioni organizzative degli uffici giudiziari, che saranno aggravate da una settimana di astensione dalle udienze dei magistrati onorari.
Il forte auspicio è che il Ministero della giustizia apra ad un confronto anche con l’Associazione nazionale magistrati sulle soluzioni allo studio, ivi comprese quelle prospettate dalla commissione ministeriale incaricata di elaborare proposte di interventi in materia di magistratura onoraria, e che sappia assicurare le giuste tutele ai magistrati onorari in servizio da molti e molti anni, senza trascurare lo statuto costituzionale di onorarietà del loro prezioso impegno….”
[3] Sandra Leo, Ufficio per il Processo. Criticità costituzionali - Giustizia Insieme
[4] D.LVo 116/17 art. 1 co. 4 “Il magistrato onorario esercita le funzioni giudiziarie secondo principi di autoorganizzazione dell'attività, nel rispetto dei termini e delle modalità imposti dalla legge e dalle esigenze di efficienza e funzionalità dell'ufficio”.
[5] Le indicazioni che seguono tengono conto anche di quanto previsto nella circolare del CSM n. 19094 del 20/10/21
[6] “Nel corso dei primi due anni dal conferimento dell'incarico i giudici onorari di pace devono essere assegnati all'ufficio per il processo e possono svolgere esclusivamente i compiti e le attività allo stesso inerenti”.