Lezioni silenziose
di Antonella Marrone*
Era sabato 13 marzo 2004.
Mi trovavo in aeroporto a Bari, in attesa del mio volo per Roma, ferma al gate giusto.
Studiavo con la forza disperata di chi deve scegliere aghi tra la paglia, con il Manuale di Procedura Penale aperto sotto gli occhi: i riti alternativi, che non avevo mai inquadrato perfettamente poiché avevo frequentato i tribunali solo come praticante di un Avvocato civilista.
Ed i riti alternativi, si sa, sono qualcosa di molto semplice, ma solo nel concreto della applicazione quotidiana; astrattamente, possono risultare complessi.
Quando fu annunciato l’inizio dell’imbarco, tentai di infilarmi la giacca facendo dei movimenti ampi con le braccia, all’indietro, come per nuotare; con un po’ di fortuna avrei fatto la mossa giusta, senza perdermi un passaggio e rompere il filo del discorso.
Una voce maschile, bassa, ferma ma gentile, mi chiese: “posso aiutarla?”.
Avevo 27 anni, tutto ancora davanti, e non mi preoccupai di voltarmi indietro; risposi di sì, distrattamente, facendomi aiutare ad infilare le braccia nella giacca dallo sconosciuto gentile e continuando a leggere con la pervicacia tipica di chi si pone forse ancora poche domande.
Lui guardò il mio manuale, visto che era quello ad aver impedito addirittura un “grazie”, e mi chiese: “studia procedura penale?”.
Anche in quel caso risposi di sì, infastidita, continuando a non guardarlo.
Poi alzai gli occhi e chiesi “ma perché, lei chi è?”, giusto in tempo per guardarlo e sentirmi rispondere “io sono Francesco Saverio Borrelli”.
Pensai immediatamente che doveva essere un caso assai strano se quel manuale di Procedura Penale, quasi umanizzato, comunque posto al centro del mio infinito del tempo, mi aveva addirittura posta nelle condizioni di chiedere chi fosse a Francesco Saverio Borrelli.
E sempre lo stesso manuale di Procedura Penale, dimostrando assai scarsa eleganza, mi aveva indotta a farmi aiutare ad infilare la giacca da lui.
Gli chiesi scusa, dicendomi molto presa dallo studio per l’orale del concorso in magistratura che avrei sostenuto il lunedì successivo, dopo appena due giorni.
Mi disse che mi capiva, e che al posto mio avrebbe fatto la stessa cosa; era stato impegnato fino al mattino dalle mie parti per partecipare ad un convegno, ed in ogni caso non avrebbe voluto disturbare il mio studio, e quindi si sarebbe seduto più lontano.
In realtà a quel punto era accaduto che il Signor Manuale di Procedura Penale venisse superato in valore e prestigio, ed io pregai con tutte le mie forze quell’Uomo gentile, se fosse stato possibile, di non sedersi lontano per lasciarmi studiare.
Gli dissi che meno di un’ora chiacchierando con lui mi avrebbe portato tanta più fortuna il lunedì successivo rispetto a qualunque ripetizione di concetti mandati un po’ a memoria che potessi ormai fare a quel punto.
Si convinse.
Viaggiava nello stesso nostro aereo un famoso partecipante alla edizione appena conclusa del “Grande Fratello”; glielo indicai, ma lui (comprensibilmente) non lo conosceva; gli parlai di quella trasmissione televisiva, e ridemmo.
Parlammo delle sue dimissioni dalla Presidenza della Commissione di Concorso, senza peraltro mai fare riferimenti diretti a persone o fatti.
Parlammo dei suoi impegni di quel periodo, ed anche un po’ di quello che era stato prima, e di quanto difficile fosse stato dal suo punto di vista fare ciò che era stato chiamato a fare.
Il tempo del volo fu rapidissimo, e quando arrivammo a Roma il Procuratore Borrelli di nuovo fece ciò che aveva fatto quando mi aveva aiutata con la giacca: mi chiese se potesse per caso darmi un suo bigliettino da visita, così che - se mi fosse capitato di ricordarmi - potessi notiziarlo circa l’esito del mio esame.
Poi volle che uscissimo insieme dalla zona arrivi, dove mi attendeva il fidanzato e collega di concorso, per dirgli personalmente di prendersi cura di me, perché in me aveva visto del buono.
Studiai le due notti ed il giorno che mancavano con il suo bigliettino da visita davanti a me ed ai libri, ben esposto.
Il lunedì mi sentivo serena come non mai, forte di quella forza delle cose che sappiamo già appartenerci da sempre, per motivi non noti ma profondamente conosciuti.
Questo è uno dei più cari ricordi che possiedo, nulla per la vita di un Uomo grande ma moltissimo per me.
Il Procuratore Borrelli, la mia giacca, il suo tempo donato con generosità ad una persona qualunque come me, la sua tristezza di quei tempi.
La compostezza, l’eleganza, ancora qualche strascico di dolore raccontato ad una giovane persona che non poteva capire, ma lui vide che poteva sentire.
Avremmo avuto tanto da imparare dal Procuratore Francesco Saverio Borrelli noi magistrati, noi tutti; ma la vita risponde a leggi strane, e capita che chi può insegnare l’umiltà che fa grande l’Uomo e la compostezza che concorre a costruire l’equilibrio del Magistrato vada via quando ne abbiamo più bisogno.
Quando avremmo tutti così tanto bisogno di prendere lezioni silenziose e dirompenti da una persona come lui.
Grazie Procuratore, non ti dimenticherò mai.
*Giudice penale presso il Tribunale di Pesaro