Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ieri conferito alla signora Rosa Oliva l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, alla quale si deve l'iniziativa giudiziaria, patrocinata dall''Avvocato Costantino Mortati, di impugnare il diniego di partecipazione al concorso per accedere alla carriera prefettizia.
Fu grazie a quel ricorso che il Consiglio di Stato sollevò questione di legittimità costituzionale delle disposizioni contenute nella legge n.1176 del 1919 che impedivano l'accesso agli impieghi pubblici delle donne. Divieto che la storica sentenza della Corte costituzionale n.33 del 1960 sradicò dal sistema.
Lo stesso Presidente della Repubblica, in occasione della celebrazione al Quirinale della Giornata internazionale della donna, ha sottolineato che proprio quel ricorso "...di una donna tenace e coraggiosa, Rosa Oliva, a provocare la cancellazione di una norma ingiusta e discriminatoria, in palese contrasto con la Costituzione. Per sanare una ferita così grave sul piano dei diritti intervenne la Corte costituzionale, non il Parlamento: una circostanza che fa riflettere e fa comprendere quanti ritardi e resistenze culturali abbiano costellato la via dell'effettiva parità".
A chiusura delle moltissime iniziative accademiche e culturali che anche quest'anno hanno ricordato quell'evento, Giustizia insieme offre nuovamente ai suoi lettori, con le parole di Antonietta Carestia, la testimonianza ed il ricordo di Ruth Bader Ginsburg, donna che può essere presa ad essemplo di quanto la società, la cultura e il mondo del diritto abbiano bisogno estremo di essere alimentati dalle donne e da un'effettiva parità di genere.
I dissent, la voce dissenziente di Ruth Bader Ginsburg
di Antonietta Carestia
Giustizia Insieme rivolge un particolare ringraziamento ad Antonietta Carestia, direttore responsabile della Rivista on line giudicedonna, per avere tracciato un profilo magistrale della Giudice Ruth Bader Ginsburg.
1. “Ero ebrea, ero donna, ero madre”, così Ruth Bader Ginsburg, in una intervista alla BBC, si raccontava e spiegava il perché dei pregiudizi e delle discriminazioni che ancora attraversavano nel profondo la società americana e che avevano condizionato le sue prime scelte di vita professionale.
Nata a New York nel 1933 da ebrei immigrati russi, Ruth Bader dopo il diploma di scuola superiore si laureò in diritto, con il massimo dei voti, alla Cornell University, usufruendo di una borsa di studio, e successivamente nel 1956, dopo il matrimonio e la nascita della sua prima figlia, si iscrisse alla Harvard Law School, entrando poi nel comitato di redazione della Harvard Law Review, che per la prima volta vedeva una donna tra i suoi componenti.
Ma proprio nella prestigiosa Harvard Ruth Bader Ginsburg si scontrò con diffusi pregiudizi e stereotipi culturali; come ha più volte ricordato, pur rientrando nel ristretto numero delle studentesse di legge, complessivamente nove rispetto agli oltre cinquecento uomini, a tutte in un incontro conviviale fu richiesto dal preside di esplicitare le ragioni di una scelta così impegnativa per una donna, di fatto togliendo il posto ad un uomo.
Un episodio che rivela l’ambiente di ostilità culturale che non risparmiava neppure una delle più accreditate Law School americane, una ostilità diffusa nella società e che più tardi impedì alla giovane e brillante laureata in legge, con studi di perfezionamento ai più alti livelli, di inserirsi in uno dei tanti studi legali contattati.
Ripeteva spesso che l’essere ebrea e donna aveva costituito un grave ostacolo al suo ingresso nel mondo dell’avvocatura, ma che fu soprattutto il suo essere madre di una figlia in tenera età a motivare sostanzialmente il rifiuto che ripetutamente le fu opposto.
Per niente demotivata da tali chiusure, ma anzi rafforzata nei suoi propositi di combattere contro le disuguaglianze sociali e le discriminazioni di genere, la Ginsburg partecipò ad un importante progetto di ricerca della Columbia University in diritto processuale comparato e si dedicò poi all’insegnamento presso una piccola università, la Rutgers Law School, cercando di nascondere la sua seconda maternità con larghi camicioni per timore di perdere l’incarico di docenza per il quale aveva accettato una retribuzione più bassa rispetto a quella dei colleghi.
Ma non distolse mai lo sguardo dalla sua originaria vocazione e prima come volontaria e poi come corresponsabile dell’A.C.L.U. - American Civil Liberties Union seguì alcuni casi di norme discriminatorie , tra i quali nel 1971 il caso Reed v. Reed (404.US 71- 1971) [1] che segnò la sua prima grande vittoria presso la Corte Suprema.
Trattasi di una decisione storica, come da tutti riconosciuto, perché per la prima volta la Corte Suprema stabilì che la clausola di uguale protezione contenuta nel quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti vieta un trattamento differenziato fondato sul sesso.
Il caso riguardava la richiesta avanzata da entrambi i genitori di un figlio deceduto, tra di loro in conflitto per la nomina ad amministratore dei beni caduti in successione; in tutti i gradi di giudizio erano prevalse le ragioni del padre in base al diritto successorio dello Stato dell’Idaho che, nel caso di più soggetti legittimati, stabiliva la regola preferenziale a favore degli uomini rispetto alle donne.
La Ginsburg, quale corresponsabile dell’A.C.L.U., collaborò con un ruolo preminente alla stesura della memoria per la ricorrente Sally Reed, sostenendo che i trattamenti differenziati per il sesso costituivano una violazione del quattordicesimo emendamento e che era necessario depurare il diritto e la sua concreta applicazione da antichi pregiudizi che alimentavano i processi di esclusione delle donne dai luoghi della responsabilità all’interno della famiglia e nella società.
La pronuncia della Corte Suprema ebbe un forte impatto, spingendo ad una revisione delle leggi statali e federali che recepivano il criterio preferenziale del sesso; la stessa Ginsburg, nel frattempo divenuta direttrice dell’A.C.L.U., potè avviare nel 1972 il piano d’azione Women’s Rights Project, con l’obiettivo di curare la difesa di casi emblematici in grado di far emergere le gravi discriminazioni di genere che operavano nel sistema.
2. La grande intuizione della Ginsburg, che ne fece l’antesignana del moderno femminismo, fu quella di decostruire il dato normativo che era attraversato, sia a livello federale che statale, da forti discriminazioni sessiste, per restituire la norma alla sua funzione regolatrice dei conflitti, nel segno della parità di tutela applicabile a tutti gli individui in quanto persone.
Non dunque una battaglia per costruire un nuovo ordine femminile separato e contrapposto a quello maschile, come pure teorizzato da alcune filosofe del femminismo, soprattutto in Europa, ma un ordine neutrale incentrato sulla persona, ricomponendosi in tal modo la dualità uomo-donna mediante il riconoscimento e la pratica del principio della parità di protezione ( equal protection under the law) contenuto nel quattordicesimo emendamento della Costituzione americana, che richiama espressamente la clausola del giusto processo ( due process of law) contemplata dal quinto emendamento.
Forte dell’affermazione professionale ottenuta con il caso Reed v. Reed, la Ginsburg diede impulso al Progetto A.C.L.U. approntando la difesa in numerosi casi di discriminazione di genere e privilegiando strategicamente le cause promosse da uomini o che riguardavano posizioni nelle quali il campo di operatività delle discriminazioni fondate sul sesso era molto ampio, per gli effetti dannosi prodotti e che di fatto coinvolgevano sia gli uomini che le donne, al di là dell’apparente previsione.
E’ il caso Frontiero c. Richardson [2] del 1973, in cui la Ginsburg è intervenuta per l’A.C.L.U., come amicus curiae.
La ricorrente, in servizio presso l’Air Force degli USA , aveva chiesto i benefici dell’indennità di alloggio e delle prestazioni mediche per il coniuge, ma la richiesta era stata respinta perché i benefici erano previsti per la moglie in quanto soggetto a carico, indipendentemente dalla effettiva dipendenza economica dal marito, mentre nell’ipotesi inversa era necessario fornire la prova che il marito era economicamente dipendente dalla moglie per oltre la metà delle sue necessità, e nella specie tale prova non era stata fornita.
La Corte Suprema, accogliendo la tesi sostenuta dalla difesa, affermò che la normativa applicata violava la clausola del giusto processo del quinto emendamento della Costituzione americana, in quanto poneva solo a carico della donna l’onere di provare la dipendenza economica del marito.
Fu un successo anche la difesa sostenuta nel caso Weinberger v. Wiesenfield [3] , in cui la Corte, rigettando all’unanimità il ricorso proposto dalla Pubblica Amministrazione, confermò che l’attribuzione di prestazioni previdenziali solo a favore dei figli nel caso di morte della madre lavoratrice, con esclusione del marito rimasto vedovo, integrava un trattamento discriminatorio in violazione del diritto alla parità di protezione garantito dal quinto emendamento, in quanto per la vedova non era prevista alcuna preclusione di carattere sostanziale o processuale.
La motivazione offre un quadro dell’acceso dibattito svoltosi all’interno del collegio giudicante, con specifico riferimento alle argomentazioni sostenute dalla Ginsburg, lì dove si afferma che la disposizione denunciata, a parità di contributi previdenziali versati dalle donne, produceva meno protezione per le loro famiglie.
Numerosi i casi di cui continuò ad occuparsi nella veste di difensore o come amicus curiae o semplicemente collaborando al Progetto dell’A.C.L.U., avendo nel frattempo lasciato la Rutgers Law School per un incarico di docente di primo livello alla Columbia University.
Svolse la sua ultima difesa come avvocato dinanzi alla Corte Suprema nel caso Duren v. Missouri[4], deciso il 9 gennaio 1979 con una pronuncia di accoglimento del ricorso che recepiva le tesi difensive della Ginzburg, la quale aveva sostenuto la illegittimità del criterio di selezione e formazione della giuria per violazione del sesto e quattordicesimo emendamento , in quanto nel Missouri la partecipazione delle donne era per legge meramente facoltativa, il che, oltre a svalutare la loro presenza e il servizio reso nelle giurie, costituiva anche una discriminazione in danno degli uomini, cui non era consentita analoga facoltà.
Fu l’addio all’avvocatura, che pure era stata la sua grande passione, ma la Ginsburg continuò ad occuparsi di diritto e di giustizia prima come giudice della Corte d’appello degli Stati Uniti per il distretto della Columbia ( nomina del 1980) e poi come giudice della Corte Suprema, nominata nel giugno 1993 dal presidente Bill Clinton dopo iniziali incertezze dovute ad alcune posizioni conservatrici in materia di aborto erroneamente attribuitele: in sede di audizione al Senato la giudice chiarì che non era affatto contraria alla legalizzazione dell’aborto e che di diverso tenore erano le critiche a suo tempo mosse alla sentenza con la quale la Corte Suprema, nel gennaio 1973, aveva ritenuto incostituzionale la regolamentazione restrittiva dell’aborto in vigore nello Stato del Texas ( caso Roe v. Wad - 410 US 113 - 1973 ).
3. Nei ventisette anni di permanenza alla Corte Suprema la Ginsburg , avvalendosi della non comune preparazione e dell’esperienza acquisita nei lunghi anni di insegnamento e di avvocatura, ha rivoluzionato il mondo del diritto e della giustizia, battendosi apertamente per il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona e per la eliminazione di quelle arretratezze culturali e incrostazioni del sistema giudiziario che continuavano ad operare sul fronte dell’uguaglianza dei diritti e della parità di trattamento, con l’effetto di ridurre per tutti, non solo per le donne, gli spazi di libertà e di autodeterminazione necessari per una piena cittadinanza.
Storiche alcune decisioni relative a casi di discriminazioni di genere che segnarono punti di non ritorno nella storia del difficile cammino delle donne per l’uguaglianza e la parità dei diritti.
Tra le più significative la decisione United States v. Virginia 518 US 515[5] del 1996, con la quale la Corte Suprema a maggioranza ( con il voto favorevole della Ginsburg) ribaltò la decisione di appello con la quale era stata ritenuta non discriminatoria la esclusione delle donne dall’Istituto VMI ( Virginia Military Institute ) sul rilievo che le opzioni educative di genere costituivano un obiettivo legittimo e che nella specie lo Stato della Virginia aveva realizzato altra struttura similare riservata alle donne (VWIL - Virginia Women’s Institute for Leadership), con opportunità educative sufficientemente comparabili.
La Corte ritenne violato il quattordicesimo emendamento perché, come scriveva la Ginzburg, estensore della motivazione, “una legge o una politica che nega alle donne, semplicemente perché donne, piena cittadinanza, pari opportunità di aspirare, raggiungere, partecipare e contribuire alla società in base ai loro talenti individuali e capacità” è in contrasto con il principio costituzionale della parità di protezione.
Un’esposizione puntuale dei fatti, un’argomentazione serrata, una ricostruzione storica della lunga esclusione delle donne americane dal godimento di diritti civili e politici fanno di questa motivazione un documento di studio in molte università.
Più di recente, determinante è stato il suo apporto e il suo voto nel caso Obergefell v. Hodges n. 14.556 [6] - 2015 , in cui la Corte con una maggioranza di cinque voti a favore e quattro radicalmente contrari ha affermato che : 1) “ il diritto di sposarsi è un diritto fondamentale inerente alla libertà della persona … e le coppie dello stesso sesso non possono essere private di tale diritto e di tale libertà “; 2) il rifiuto di uno Stato di riconoscere un legittimo matrimonio omosessuale contratto in un altro Stato non ha alcuna base legale.
La copertura costituzionale è data sempre dai principi della parità di protezione e del giusto processo, applicabili non tanto in chiave antidiscriminatoria, in relazione al diverso orientamento sessuale, ma piuttosto come riconoscimento della libertà e dignità delle persone omosessuali. Un orizzonte dunque più ampio che ci riporta ai diritti fondamentale della persona, non coercibili e non negoziabili.
4. L’apporto della Ginsburg alla elaborazione di questi temi, sia sul piano del riconoscimento dei diritti che della loro tutela, è stato ampio ed importante, ma altrettanto importante è stata la sua capacità di dialogare con le altre istituzioni e di comunicare con i cittadini per richiamare l’attenzione e sollecitare il dibattito pubblico sulle questioni affrontate dalla Corte.
Un dialogo che la dissenting opinion prevista nel sistema americano, con la non segretezza del voto e delle relative motivazioni, ha reso possibile ed anzi ha promosso, consentendo non solo alla Corte ma anche ai singoli componenti di svolgere un ruolo incisivo per il cambiamento della società e delle sue regole di convivenza; peraltro, il dissenso può riguardare anche la sola motivazione, in tutto o in parte, dando vita in tal caso alla cd. concurring opinion.
Trattasi di istituto estraneo al nostro sistema[7], che alimenta da tempo un acceso dibattito anche nella società americana, perché proietta all’esterno una visione politicizzata della Corte, con una conseguente perdita di autorità morale delle decisioni, anche se rende più trasparente l’esercizio del potere giudiziario e promuove la discussione pubblica, sollecitando eventuali interventi legislativi di modifica o integrazione delle norme esistenti.
Alla dissenting opinion la Ginsburg ha fatto ampio ricorso, dissentendo non solo per iscritto, ma talvolta anche nella forma del dissenso orale (dissent from the bench) per sottolineare la erroneità della decisione e richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica.
E’ quanto avvenuto nel caso Ledbetter v. Goodyear Tire & Rubber Co. (2007) [8], in cui la Corte con una maggioranza di 5 a 4 rigettò il ricorso della Ledbetter che, dopo il pensionamento nel 1998, aveva agito per ottenere le differenze salariali e il risarcimento dei danni per il trattamento discriminatorio subito rispetto ai colleghi maschi con identiche mansioni, con riferimento all’intera durata del rapporto di lavoro che aveva avuto inizio nel 1979.
La decisione favorevole di primo grado era stata ribaltata in sede di appello, sul rilievo che, in base alle disposizioni del titolo VII del Civil Rights Act del 1964, la denuncia di atti discriminatori doveva essere presentata nel termine di 180 giorni dalla conoscenza della discriminazione praticata dal datore di lavoro, termine che nella specie era ampiamente decorso alla data di presentazione della denuncia (marzo 1998) , in quanto gli aumenti salariali erano stati decisi dalla Goodyear molto tempo prima dell’iniziale decorrenza del termine di legge.
La dissenting opinion [9] della Ginsburg, sostenuta anche oralmente con argomentazioni che dimostravano non solo padronanza tecnica ma anche sensibilità al tema delle discriminazioni salariali di cui le donne erano vittime, ebbe grande risonanza perché, oltre a dissentire aspramente con le conclusioni cui era giunta la maggioranza, sollecitò il Congresso ad intervenire per correggere la riduttiva lettura del titolo VII da parte della Corte Suprema.
Nel 2009, sotto la presidenza di Barack Obama, fu approvata dal Congresso una modifica della legge sui diritti civili, che anche nel titolo richiamava il caso Ledbetter (Lilly Ledbetter Fair Pay Act, approvata il 29.1.2009) e disciplinava compiutamente la materia delle discriminazioni salariali, fissando tempi congrui per il recupero delle somme non ricevute per effetto della pratica di lavoro illegale.
5. La reazione emotiva e la partecipazione corale da parte di più generazioni di donne e di uomini alla sua morte, avvenuta all’età di 87 anni, dà la misura di quanto la Ginsburg fosse una interprete dei tempi difficili e complessi della modernità e di come la sua visione fosse largamente anticipatrice di una esigenza sempre più diffusa di costruire una società di uguali, senza le discriminazioni di razza, di sesso e di censo che ancora inquinano il tessuto civile e i sistemi politici ed economici a qualsiasi latitudine nel mondo.
La sua irripetibile esperienza di vita come avvocata e giudice della Corte Suprema, già oggetto di documentari, film e saggi biografici, continuerà a fornire occasioni di approfondimento e di studio per l’alto valore teorico e professionale di tutta la sua attività. La sua morte, avvenuta in una delicata fase di elezioni presidenziali che si terranno a breve scadenza, riapre la difficile questione dell’equilibrio dei poteri nel sistema americano, sollevando seri interrogativi sull’autonomia del potere giudiziario.
Ancora un tema di diritto costituzionale sul quale la Ginsburg ci chiama a riflettere.
[1] https://www.law.cornell.edu/supremecourt/text/404/71
[2]https://caselaw.findlaw.com/us-supreme-court/420/636.html
[3] https://caselaw.findlaw.com/us-supreme-court/411/677.html
[4] https://supreme.justia.com/cases/federal/us/439/357/
[5] https://www.law.cornell.edu/supct/html/94-1941.ZO.html
[6] https://www.law.cornell.edu/supremecourt/text/14-556
[7] Sulla introduzione in Italiadelle opinioni dissenzienti nella giustizia costituzionale V. Sabino Cassese, Lezione sulla cosiddetta opinione dissenziente, in Quaderni di diritto costituzionale n. 4/2009; Silvia Niccolai, Dissenso e diritto costituzionale. Appunti per una riflessione, in Questione Giustizia n. 4/2015; G.Zagrebelsky, V. Marcenò, "Giustizia costituzionale", Il Mulino, Bologna, 2012.