Il diritto penale italiano verso una pericolosa svolta securitaria.
Il Consiglio direttivo dell’Associazione Italiana del Professori di diritto penale con il documento che pubblichiamo ha espresso forti preoccupazioni in relazione al disegno di legge n. 1236 (Senato) “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”.
L'Organismo Congressuale Forense (OCF) con il comunicato stampa che pubblichiamo, formula critiche di analogo tenore. Carlo Morace, responsabile del Gruppo Penale dell’OCF, afferma: «Con questo ddl Sicurezza, il Governo sta promuovendo un diritto penale autoritario, che colpisce le fasce più deboli della società: senzatetto, immigrati, detenuti e persino chi manifesta dissenso. Queste modifiche non affrontano i veri problemi, come il sovraffollamento carcerario o i suicidi tra i detenuti, ma rafforzano un sistema repressivo fondato sul carcere come strumento di controllo sociale.»
L’allarme dei professori di diritto penale è destato dall’ampliamento delle fattispecie penali e dall’aggravamento delle pene secondo un procedere panpenalistico che confligge con i principi di proporzionalità della repressione e necessaria sussidiarietà della tutela penale. Si tratta peraltro di un processo di penalizzazione in palese contrasto con la depenalizzazione dell’abuso d’ufficio. Contesto di “penalizzazione” nel rientra l’introduzione del reato universale di maternità surrogata.
L’obiettivo dell’intervento normativo in itinere – come si legge nel documento – è simbolico-comunicativo: nessuno dei nuovi crimini è idoneo ad assicurare una maggiore tutela della sicurezza individuale e collettiva.
All’allarme dei professori aggiungiamo che il fenomeno della “penalizzazione” è in contrasto con il principio della certezza della pena, e ciò in quanto all’aumento dei reati non corrisponde un adeguato aumento delle risorse necessarie a celebrare i processi.
Il disegno di legge prosegue il percorso iniziato con l’introduzione dell’art. 633 bis c.p. reato di rave-party(introdotto con il dl n. 162/22) con l’effetto dell’espansione del c.d. diritto penale d’autore. Gli autori da punire sono i dissenzienti e gli emarginati. L’aumento delle pene edittali poi, questo è bene chiarirlo, non è affatto idoneo a determinare una maggiore deterrenza dei precetti in ottica generalpreventiva.
L’attenzione del legislatore panpenalista è puntata verso settori di emarginazione: gli emarginati minacciati di punizione o punizione più grave; tutta qui la promessa di un Italia più sicura. Non è nelle corde del governo tentare di rimuovere, attraverso strumenti adeguati, le situazioni di grave diseguaglianza sociale che generano le condotte criminalizzate e più duramente quali l’occupazione di immobili e il ricorso all’elemosina.
In contesti economici di estremo disagio sociale la risposta è dunque quella dello strumento penale in funzione repressiva; è in quest’ottica che si inaspriscono le pene per l’accattonaggio, senza alcuna riflessione in ordine alla circostanza che la mendicità sia fonte di sostentamento, in mancanza di interventi di sostegno dello Stato.
È allarmante, secondo quanto messo in luce dagli accademici, la criminalizzazione delle manifestazioni di dissenso: il blocco stradale da illecito amministrativo, nella prospettiva del disegno di legge, diviene illecito penale.
Sono proposte aggravanti ai delitti di violenza e resistenza a pubblico ufficiale in ragione della finalità della contestazione in relazione alle quali sono realizzate, ovvero quando i fatti sono connessi al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o un’infrastruttura strategica. Il deturpamento e l’imbrattamento di cose mobili altrui è aggravato in ragione della finalità di contestazione e di dissenso.
Eppure come è scritto nel documento «in un contesto democratico, il dissenso può talvolta esprimersi attraverso condotte violente che integrano fattispecie di reato e in quanto tali vanno represse: contrasta, invece, con i principii del diritti penale del fatto e di offensività la repressione più severa di reati solo perché alla base hanno una motivazione di contestazione politica».
Un giudizio fortemente critico è espresso infine per le nuove fattispecie di rivolta, rispettivamente negli istituti penitenziari e nei centri di permanenza e di rimpatrio per immigranti irregolari, che puniscono chi all’interno di tali contesti «partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia, di resistenza all'esecuzione degli ordini impartiti commessi da più o tre persone riunite».
Particolarmente allarmante è l’attribuzione di rilevanza penale alla resistenza passiva che determina l’incriminazione di ogni atto di ribellione non connotato da violenza o minaccia – quali ad esempio il rifiuto del cibo o dell’ora d’aria – ma che impedisce il compimento di atti d’ufficio di gestione dell’ordine e della sicurezza.
«Il giudizio negativo si aggrava quanto più si considera la situazione emergenziale di sovraffollamento nei centri per migranti e nelle carceri che la legge 8 agosto 2024, numero 112 di conversione del decreto legge numero 92. 2024 su “Misure urgenti in materia penitenziaria” non ha fatto contribuito ad allentare».
Si riportano in calce il documento dei Professori di diritto penale e il comunicato stampa dell'Organismo congressuale forense.
Immagine: Vincent van Gogh, Road in Etten, gesso, matita e acquerello, 1881, Robert Lehman Collection, 1975, Metropolitan Museum of Art, New York.